LA RELIGIONE PAGANA

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Le dodici fatiche di Beppi

I filosofi, gli Dèi e gli arbitri nella Partita di calcio mondiale della filosofia

Religione Pagana al congresso WCER di Atene 2004
Nel 2010 la Federazione Pagana esce dal WCER
rifiutando l'ideologia razzista e nazista
troppo diffusa all'interno del WCER poi ECER

Hera e i filosofi esistenzialisti contro rinascimentali
azione 5
Partita Mondiale di Calcio della Filosofia e gli Dèi

testi di Claudio Simeoni

Continua dal precedente...

Sei capace di giocare a calcio?

I grandi passi fecero tremare lo stadio. Calzari poderosi schiacciavano l'erba che subito dopo ricresceva rigogliosa e ricca di fiori. Atena sobbalzò per quella presenza che le incuteva paura. Anche Hera era scesa dall'Olimpo. Anche Hera aveva qualcosa da dire a Yahweh, Fanes, Beppi di (o da) Lusiana e Allahu Akbar. Capire la partita di calcio che si era appena svolta, per loro non era facile eppure, agli Dèi dell'Olimpo tutto era chiaro come lo era agli Dèi Titani e agli Dèi dell'Ade e del Tartaro.

"Che cos'è la libertà per un Dio?" chiese Hera rivolta sia agli arbitri che agli Dèi olimpi che l'avevano preceduta. Dopo un attimo proseguì "E' il nulla! Quando giacevo nel ventre di Cronos ero immobile ed ero libera perché nulla turbava la mia assoluta quiete. Nel ventre di Cronos io non ero. Non esistevo. Non pensavo né potevo agire. Nel mondo di Cronos non c'è trasformazione, non c'è sostanza, c'è solo la realtà priva di mutamento. Ed io giacevo immobile e libera. Non avevi bisogni, non avevo doveri, non avevo necessità. Poi, un frammento di materia, forse infinitamente piccolo, divenne consapevole di sé e iniziò ad usare la sua volontà per continuare ad esistere. Fu allora che Cronos mi vomitò e fuori dal tempo c'è il mutamento. Fuori dal tempo c'è la necessità d'esistenza. Fuori dal tempo ci sono i bisogni e le necessità. Quel piccolo frammento di materia voleva continuare ad esistere, voleva dilatarsi, voleva duplicare sé stesso, moltiplicarsi. Quel piccolo frammento ero io, vomitata da Cronos e gettata nel mondo della forma e della quantità con la precisa volontà di voler esistere".

"Questo punto di partenza è la libertà assoluta di Dio nella creazione del mondo. Era in suo potere, abbiamo detto, mantenere nell'occulto o sollevare a realtà effettiva quel principio che è in Lui pura possibilità ed è quindi nulla senza la sua volontà, questo principio che Egli scorge come pura possibilità nel più profondo del suo essere."

Schelling, Filosofia della Rivelazione, Rusconi, 1997, p. 519

"Il primo essere che prese consapevolezza di sé in una terra giovane fu il costruttore della vita della natura." Continuò Hera "Io sono la vita della natura e il primo essere che prese coscienza di sé in quell'antico brodo primordiale, che per lui fu la Nera Notte dell'inconsapevolezza, con il venir consapevole mi portò fuori dall'oblio in cui il tempo, padre Cronos, mi teneva relegata per proteggermi. Quella coscienza entrò nei mutamenti ed io entrai nei mutamenti, nel tempo della ragione. Quella coscienza manifestava la sua volontà d'esistenza ed io Hera divenni cosciente e iniziai a progettare il mutamento."

E ancora, disse Hera: "Che cos'è la libertà del Dio? Non certo quella di "creare dal nulla" perché ogni Dio che viene vissuto dagli Esseri della Natura è figlio degli Esseri della Natura. Ma gli Esseri della Natura e gli Dèi creano nel senso che continuamente modificano il loro presente facendo germinare un nuovo e diverso presente."

"Come comunità dello spirito questo regno è l'associazione dei membri, in base al sapere di un tutto, con questo tutto in quanto loro idea. Ma lo spirito è sempre solo un tutto, non il tutto. In quanto tutto, esso deve legarsi ad un altro tutto e rimane sempre di fatto incompleto, anche nella propria realtà."

Karl Jaspers, Della verità, Bompiani, 2015, p. 759

"Questa idea" commentò Hera "di soggetti che formano una comunità, un'associazione dei membri è quanto di più depravato si possa pensare. Sembra quasi che i soggetti abbiano delle alternative e fra le varie alternative hanno scelto di unirsi in una comunità associandosi come membri. Quando mai? Si nasce, si cresce e ci si trasforma veicolando i propri bisogni e le proprie necessità. Un individuo della Natura è sempre un insieme che si separa dal mondo, da altri insiemi. Insiemi che tentano di sopravvivere in relazioni continue, in contraddizioni continue. Io Hera sono la coscienza della Natura formata da tutti gli Esseri della Natura. Io progetto il mutare di me stessa che diventa il mutare delle cose, ma i miei progetti hanno il limite nella volontà d'esistenza dei singoli Esseri della Natura. Non esiste uno "spirito" al di fuori degli Esseri, esistono le pulsioni d'esistenza dei singoli Esseri della Natura che alimentano le mie pulsioni d'esistenza.

"Non è dato ad ogni filosofia di comprendere una Rivelazione. Il presupposto fondamentale è un rapporto non meramente ideale, mediato attraverso la ragione, ma uno reale della natura umana con Dio."

Schelling, Filosofia della Rivelazione, Rusconi, 1997, p. 923

Che cos'è una rivelazione? I piedi percorrono la terra e questa è la realtà. Si comprende il cammino delle trasformazioni che si vivono e si comprendono i soggetti che entrano nelle nostre relazioni. La vita della Natura è pura materia che si trasforma in continuazione ed io, Hera, comprendo tutti gli Esseri della Natura e nessuno di loro comprende Hera o entra in relazione con Hera. Io non sono al di sopra degli Esseri della Natura, io sono figlia degli Esseri della Natura e progetto me stessa alimentando le trasformazioni fra gli Esseri della Natura.

Poi, come se stesse riflettendo disse Hera: "Io divoro gli Esseri della Natura. Mi nutro della loro consapevolezza. Mi nutro degli sforzi che fanno in ogni trasformazione. Quando muoiono la loro consapevolezza diventa la mia consapevolezza. Hanno avuto la loro occasione di diventare eterni, di vivere con passione, di alimentare il desiderio. Molti di loro afferrano l'occasione della loro esistenza e vanno oltre "la mia bocca" oltre "il becco dell'aquila" per continuare a trasformarsi nell'eternità dei mutamenti. Troppi uomini preferiscono vivere per sottomissione, pregare e idealizzano il bisogno di un padrone che chiamano "Dio". Ed io mi nutro di loro. Mi nutro del loro fallimento. Fallirono nel momento stesso in cui rinunciarono alla loro "volontà d'esistenza".

"Se qualcuno vuole persuadere o dissuadere gli uomini di qualcosa che non è di per sé noto, costui allora, perché essi lo accolgano, deve dedurre la cosa che gli sta a cuore da ciò che è comunemente ammesso e convincerli con l'esperienza o con la ragione, vale a dire deve dedurre o dalle cose che essi hanno esperimentato per mezzo dei sensi verificarsi in natura, oppure dagli assiomi intellettuali per sé noti."

Spinoza, Trattato teologico-politico, Rusconi, 1999, p. 223

"Io" disse Hera "mi nutro della consapevolezza di uomini persuasi, mediante l'esperienza e la ragione, a rinunciare a veicolare nel mondo le loro emozioni e costretti, o convinti, a non affrontare le contraddizioni della vita e dell'esistenza. Io mi nutro di consapevolezze che hanno rinunciato a vivere e che attendono solo di morire cercando, magari, solo le piccole soddisfazioni che concede loro il dominio e il possesso su altri uomini incapaci di determinare la loro vita. Questi piccoli uomini che vivono di assiomi intellettuali noti solo alle loro convinzioni, invadono la Natura come una malattia che si propaga da individuo ad individuo. Disarmano le persone e le costringono a confidare nella provvidenza che benevola li accompagna alla loro distruzione. Per persuadere gli uomini ad essere sottomessi è necessario agire sulla loro infanzia con genitori che si sottomettono dimostrando all'infante che la sottomissione è la regola aurea della società. Convinci le persone ad essere sottomesse ed io mi nutrirò della loro vita."

"Povero filosofo: vedi una pianta che vegeta, e dici "vegetazione", oppure "anima vegetativa". Osservi che i corpi sono dotati di moto e lo trasmettono, e dici "forza"; vedi il tuo cane da caccia imparare il suo mestiere sotto la tua guida, e gridi "istinto", "anima sensitiva"; hai idee complesse, e dici "spirito". Ma, di grazia, che cosa intendi con queste parole? Questo fiore vegeta, ma esiste forse un essere reale che si chiama "vegetazione"? Questo corpo ne spinge un altro, ma possiede in sé un essere distinto che si chiama "forza"? Questo cane riporta una pernice, ma c'è un essere che si chiama "istinto"? Non rideresti di un ragionatore (quand'anche fosse stato precettore di Alessandro) che ti dicesse: "Tutti gli animali vivono, dunque c'è in essi un ente, una forma sostanziale che è la vita"? Se un tulipano potesse parlare, e ti dicesse: "La mia vegetazione ed io siamo due esseri uniti evidentemente insieme", non ti burleresti del tulipano?"

Voltaire, Dizionario di filosofia "tutti i romanzi e i racconti e Dizionario di filosofia", Mammut Newton, 1995, p. 449

"Se gli uomini affermano oggetti fuori dai sensi, li devono dimostrare. Quanto meno devono dimostrare che tali oggetti sono utili alla vita dell'uomo, ma se l'uomo si convince che il leone è utile nella sua esistenza e pretende di farlo convivere nella sua quotidianità, non si deve stupire se qualche leone decide di mangiarsi qualche uomo. Se scegli, perché vuoi o non sai fare altro, di essere sottomesso non ti devi stupire se sei la preda dei predatori sociali. E quando diventi preda, sei sempre una preda in ogni mondo e in ogni condizione dell'esistenza. Se dici che la tua "anima" è un oggetto diverso da te e che attraverso la tua anima un soggetto diverso da te "Dio" parla e comunica con te, hai rinunciato ad essere te stesso e stai offrendo la tua consapevolezza alle mie fauci. Hai attraversato una vita. Una vita in cui tutte le generazioni che ti hanno preceduto ti hanno fornito gli strumenti per diventare eterno e tu le hai tradite sottomettendoti e rinunciando all'eternità."

"Quando si è sempre osservato che due specie di oggetti sono unite insieme, posso inferire, per abitudine, l'esistenza dell'uno ogni volta che vedo l'esistenza dell'altro. Chiamo questa un'argomentazione di esperienza."

David Hume, Dialoghi sulla religione naturale, BUR, 2013, p. 179

L'imposizione dell'abitudine allontana l'uomo dalla sperimentazione, dal nuovo, dal mettere in discussione le proprie emozioni e le proprie tensioni esistenziali. L'abitudine a sottomettersi e la diffusione della sottomissione è certamente apparentemente vantaggiosa per chi la sfrutta nella società, ma non è un vantaggio né nella vita della Natura né per il divenire dell'uomo. L'esperienza dell'uomo a sottomettersi mi porta più nutrimento di ogni altra specie della Natura. Tutti gli Esseri di ogni specie della Natura vivono con volontà e determinazione. Tutti gli Esseri agiscono seguendo i loro bisogni e i loro desideri e la loro consapevolezza, molto spesso non giungono alle mie fauci, ma passano oltre continuando la loro esistenza. Gli uomini, al contrario, grazie alle "argomentazioni di esperienza" si sottomettono imitando l'esperienza di chi è vissuto sottomesso ed io mi nutro del loro fallimento."

"Felicità è lo stato di un essere razionale nel mondo al quale, nella sua esistenza intera, "tutto vada secondo il suo desiderio e volere", e dunque essa si basa sull'accordo della natura con il suo scopo intero, e insieme con il motivo determinante essenziale della sua volontà."

Kant, Critica alla ragion pratica, BUR, 1992, p. 409

"La felicità non appartiene alla ragione. La felicità è un'insorgenza emotiva di benessere dentro al soggetto quando i suoi bisogni sono soddisfatti e solo dopo aver attraversato una contraddizione, una sfida, una relazione. Felicità è un desiderio soddisfatto capace di coinvolgere le emozioni, la vita, di un soggetto. La felicità è propria dell'uomo che affronta i problemi sociali e che investe le sue emozioni nel tentativo di modificare il presente. La felicità è quella dell'Essere della Natura che ha lottato per soddisfare i propri bisogni e i propri desideri. Io, Hera, ho come scopo quello di esistere esattamente come quello di ogni essere della Natura. E come Essere della Natura, il fine dell'esistenza è l'esistenza stessa e se mai un giorno ponessi agli Esseri della Natura un qualche scopo diverso dal vivere, Zeus mi appenderebbe per i piedi alla volta del cielo perché la mia volontà di esistere non può prescindere dalla volontà d'esistenza di ogni altro Essere della Natura."

"Che cos'è dunque la libertà per un Dio?" concluse il suo discorso Hera "E' quella di non essere appesa per i piedi alla volta del cielo perché si è voluto anteporre la propria volontà d'esistenza alla volontà d'esistenza di coloro che concorrono a formare il corpo di quel Dio."

 

Continua...

Il significato della partita di calcio della filosofia spiegate dagli Dèi.

 

Marghera, 7 dicembre 2019

 

(tutti i testi sono a cura di Claudio Simeoni)

Le dodici fatiche di Beppi

 

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Ultima revisione 20 febbraio 2023