Ecate e i filosofi esistenzialisti contro rinascimentali
fase n. 6, azione 30

La partita di calcio mondiale fra i filosofi

Capitolo 31
Gli Dèi riflettono sui filosofi

di Claudio Simeoni

Continua dal precedente...

Sei capace di giocare a calcio?

Gelo e silenzio, silenzio e gelo era calato sul campo di calcio dove quattro disperati, un tempo arbitri del più grande scontro di calcio del mondo, stavano seduti sulla nuda terra attorno ad un fuoco che a stento veniva alimentato.

Quel campo di calcio, separato dal mondo e dalla vita degli uomini, oscillava fuori dal tempo e l'unico mutamento a cui assisteva era l'apparizione di Dèi le cui parole riempivano di senso quel gelido silenzio.

Yahweh e Fanes incrociarono sguardi interrogativi. Beppi di (o da) Lusiana si era messo a zappare mentre Allahu Akbar lo guardava incuriosito.

Poi, improvvisa, una fiamma apparve nella nebbia. Seguì un tintinnio di chiavi mentre un grosso serpente strisciava verso gli arbitri precedendo un fruscio di vesti mentre avanzava imperiosa la figlia del titano Perse e di Asteria.

Ecate avanzava lentamente verso gli arbitri che muti osservavano i suoi piedi che sembravano non volessero calpestare l'erba del prato.

"Qualcuno mi chiama "la triplice", ma io non sono Giano. Qualcuno mi associa alla Luna, ma in me non esiste tramonto. Qualcuno vuole che io sia guardiana dell'oscuro, ma dove vivo e abito è luce e splendore. Ora, qui, io vedo il buio circondare le vostre menti mentre osservate una forma ma non cogliete la sostanza di quella forma. Io modifico continuamente la forma con cui mi presento alla percezione dell'uomo, ma io non porto con me il passato, ma solo il presente che termina nell'uomo che non ha più futuro. Io accolgo i viandanti della vita. Li attendo sulla soglia della morte del loro corpi fisico. Li prendo per mano e li accompagno ad abbeverarsi alle fresche acque della fonte di Mnemosine affinché ricordino ciò che sono e dove sono. In questo modo possono continuare il loro cammino seguendo la fila dei bianchi cipressi." In questo modo si presentò Ecate agli arbitri Yahweh, Fanes, Beppi di (o da) Lusiana e Allahu Akbar, che la guardarono un po' smarriti.

"Conduco donne ed uomini che hanno oltrepassato la soglia della morte del loro corpo fisico e sono triste per coloro che quella soglia non hanno mai superata. Eppure, ne hanno avuto l'occasione." Continuò triste Ecate.

"Lo stesso è del concetto di Essere assolutamente necessario. Se voi ne negate l'esistenza, voi negate anche la cosa stessa con tutti i suoi predicati; dove può sorgere allora la contraddizione? Esternamente non c'è niente a cui si contraddirebbe, perché la cosa non deve essere estremamente necessaria; internamente neppure, perché, negando la cosa, voi avete insieme negato tutto l'intero. "Dio è onnipotente", è un giudizio necessario. L'onnipotenza non può essere negata, se voi affermate una divinità, cioè un essere infinito, col cui concetto egli è identico. Ma se voi dite: "dio non è", allora non è data né l'onnipotenza, né alcun altro dei suoi predicati, giacche essi sono tutti soppressi insieme col soggetto; né in questo pensiero si vede la minima contraddizione."

Kant, Critica della ragion pura, Laterza, 1987, p. 469 - 470

"Se neghi gli oggetti che poni a fondamento del tuo pensare" continua Ecate "il tuo stesso pensare non può esistere. Se qualcuno afferma che gli oggetti che metti a fondamento del tuo pensiero non sono oggetti reali, ma rispondono ai tuoi desideri di una realtà immaginata, o dimostri, argomentando, che tali oggetti hanno una loro realtà in quanto conformi ad esigenze di comprensione del mondo e dei suoi meccanismi oppure, se continui ad affermarli senza dimostrarli, dimostri che non stai sviluppando un pensiero, ma stai farneticando in un delirio lucido in cui la tua immaginazione pretende di essere riconosciuta come rispondente ad una realtà oggettiva. Questo è per l'Essere Assolutamente Necessario attorno al quale Kant ragiona. Se neghi l'Essere Assolutamente Necessario, neghi anche i suoi attributi di "assolutezza", ma se ne affermi l'esistenza devi accettare anche gli attributi di assolutezza con cui l'Essere Assolutamente Necessario viene definito. Affermare o negare l'Essere Assolutamente Necessario è un atto di fede. Un atto di fede per chi lo afferma, un rifiuto di sottomettersi passivamente ad una fede imposta per chi ne nega l'esistenza. Eppure, Kant ritiene che Dio, frutto della sua immaginazione e che afferma "indimostrabile", deve necessariamente esistere in quanto, in questo modo, rende legittimi gli attributi con cui gli uomini affermano l'onnipotenza. Il concetto centrale non è Dio, ma l'onnipotenza. L'idea di onnipotenza che viene affermata attraverso l'affermazione che "Dio esiste" perché, se Dio non esistesse, non esisterebbe nemmeno il concetto di onnipotenza. Si tratta di una delle trappole del ragionamento nella "Critica alla Ragion pura". Non è il ragionamento che afferma Dio, ma è la credenza in Dio che afferma tutti i suoi predicati che sono strumenti di dominio dell'uomo sull'uomo. Non è Dio onnipotente, non esistendo Dio. Onnipotente è il papa cristiano, è l'imperatore o il re a cui vanno attribuiti i predicati di onnipotenza che esistono in quanto la loro esistenza è dimostrata dall'esistenza dell'onnipotenza di Dio.

"Dopo aver così conosciuto che Dio esiste, e che è l'autore di tutto ciò che è o che può essere, noi seguiremo senza dubbio il miglior metodo di cui ci si possa servire per scoprire la verità, se, dalla conoscenza che abbiamo della sua natura, passiamo alla spiegazione delle cose che egli ha creato, e se cerchiamo di dedurla in tal modo dalle nozioni che sono naturalmente nella nostra anima, che abbiamo una scienza perfetta, cioè che conosciamo gli effetti dalle loro cause. Ma affinché possiamo intraprenderla con maggior sicurezza, noi ci ricorderemo, ogni qual volta vorremmo esaminare la natura di qualcosa, che Dio, che ne è l'Autore, è infinito, e noi siamo interamente finiti."

Cartesio, I principi della filosofia, Libritalia, 1996, p. 93

"Dal punto in cui è arrivato il ragionamento di Kant, continua Cartesio affermando che dal momento che Dio esiste e che ha creato tutte le cose, come le cose sono, la ricerca di Cartesio altro non si riduce che nella ricerca della verità creata da Dio." Continua Ecate "L'atto di fede secondo cui Dio esiste e ha creato tutte le cose diventa fondamento ideologico apriori dal quale Cartesio parte per definire i propri ragionamenti che non potranno mai prescindere dall'idea dell'esistenza di Dio e della creazione, così com'è, del mondo ad opera di Dio. Per questo motivo, per Cartesio, tutto il mondo è immobile. Così come creato da Dio, persiste nella forma della creazione e nessuna modificazione può avvenire nel mondo in quanto nulla può modificare il volere di Dio espresso nella sua creazione. Cartesio afferma che, ogni volta che intende esaminare la Natura deve ricordarsi che Dio è il creatore della Natura, Dio è infinito mentre lui è un piccolo e miserabile uomo che trasferisce la sua miseria morale nella società in cui vive."

"Da parte del cristianesimo ci è dato anche di ascoltare una grande protesta popolare contro la filosofia: mentre la ragione degli antichi saggi aveva sconsigliato le passioni agli uomini, il cristianesimo vuole restituirle ad essi. A tal fine nega alla virtù, così com'era stata intesa dai filosofi - come vittoria della ragione sulla passione -, ogni valore morale, condanna la razionalità in generale e sfida le passioni a manifestarsi nella loro estrema forza e magnificenza: come amore di Dio, timor di Dio, come fanatica fede in Dio, come la più ceca speranza in Dio."

Nietzsche, Aurora Pensieri sui pregiudizi morali, Newton, 1981, p. 51

"Ed ecco l'inganno" sospira Ecate: "la passione è una necessità pulsionale nella quale un individuo convoglia le proprie emozioni in base ai suoi desideri e il controllo dell'individuo passa attraverso il controllo dei suoi desideri che determinano le passioni nelle quali coinvolgere le proprie emozioni. E Nietzsche si sente tanto cristiano, appassionato di Dio, in contrapposizione ad una filosofia che sconsigliava le passioni agli uomini. Non si chiede quali passioni la filosofia sconsigliava agli uomini, lui combatte quella filosofia. E ora può appassionarsi di Dio, può appassionarsi a Gesù e restituire agli uomini il diritto ad appassionarsi alla sottomissione. In Nietzsche ogni valore morale condanna la razionalità e sfida le passioni a manifestarsi con forza. Solo che Nietzsche dimentica che il valore morale determina la direzione in cui la passione può veicolare le emozioni. Il valore morale è il dovere che l'uomo impone a sé stesso sia quando il valore morale è l'accettazione della sottomissione che quando il valore morale è lo spezzare le catene che impongono la sottomissione. Il valore morale determina la direzione delle azioni, la qualità dell'azione dell'uomo nel mondo. Se viene negato il "valore morale" non sai riconoscere la direzione dell'intento di chi agisce e ogni azione, che uccida o che salva la vita, diventa uguale sia in sé che negli effetti sociali. Il perché si agisce ha sempre a fondamento un valore morale, sia che noi lo vogliamo riconoscere e individuare sia che noi lo ignoriamo perché lo riteniamo "naturale". Risponde ad un valore morale la volontà del cristianesimo di violentare gli uomini in nome di Dio e risponde ad un altro valore morale la volontà degli uomini di non farsi violentare dal cristianesimo. Nell'uno e nell'altro c'è passione. Nell'uno e nell'altro c'è emozione. Nell'uno e nell'altro ci sono desideri che chiedono di essere soddisfatti."

"Dato che un agnostico non crede in Dio, non può nemmeno credere che Gesù fosse Dio. La maggior parte degli agnostici ammira la vita e gli insegnamenti di Gesù riportati nel vangelo, ma non più di quanto ammiri quelli di certi altri uomini. Alcuni lo pongono allo stesso livello di Buddha, altri a quello di Socrate, altri ancora a quello di Abraham Lincoln. Non pensano neppure che sia indiscutibile ciò che egli ha detto, dato che non accettano alcuna autorità come assoluta."

Russell, Dio e la religione, Newton, 1994, p. 67

"L'agnostico non crede in Dio" sorride Ecate "però accetta tutte le conseguenze sociali dell'esistenza di Dio. Non sviluppa una critica sulle prerogative di Dio, ma vive e pensa la società come se Dio esistesse. Come per Russell. Russell accetta la monarchia inglese. Ritiene che la monarchia inglese sia legittima, ma la monarchia inglese è voluta da Dio e lo stesso monarca inglese rappresenta Dio in terra (come il papa cattolico). Pertanto, dire che un agnostico non crede in Dio non significa che un agnostico non si identifichi con Dio e non significa che un agnostico non trasferisca nella società le prerogative di Dio di possedere gli uomini trasformati in bestiame del gregge. Dio, come Abraham Lincoln, come Socrate o come "Buddha" non vengono pensati per come sono in sé, ma sono pensati per cosa loro hanno scritto, e per cosa, chi li legge, vuole interpretare sia scritto. Il Dio dei cristiani è definito mediante la bibbia così come Socrate, "Buddha" o Lincoln sono definiti attraverso i loro scritti e tu sei un loro seguace, consapevole o inconsapevole, fintanto che non metti in atto una critica nei loro confronti o non pratichi principi diversi da quanto loro hanno scritto. Non c'è differenza fra un agnostico cristiano e un credente cristiano se entrambi agiscono per sottomettere gli uomini e trasformarli in oggetti sottomessi. Solo l'agnostico che invoca diritti sociali nei confronti di Dio o che impone al Dio dei cristiani dei doveri e, per estensione, ad ogni autorità che si identifica con Dio, si può dire che non crede in Dio perché si sottrae alla descrizione e alle finalità dell'uso di Dio nella società."

"Quando nel pensiero moderno l'essere viene determinato in termini trascendentali come oggettività, e quando quest'ultima viene determinata come condizione della possibilità dell'oggetto, allora l'essere, per così dire, sparisce in favore di ciò che è chiamato condizione della possibilità, e che appartiene alla specie del fondamento e del fondare razionali."

Heidegger, Il principio di ragione, Fabbri, 2004, p. 187

"Ed ecco Heidegger che vuole nascondere il concetto di Dio, il Dio padrone, ed usa il termine "essere" scritto con la minuscola così che il lettore immagina qualsiasi cosa di quell'essere, anche sé stesso elevato ad una dimensione trascendente." Continua sorridendo Ecate "L'elemento chiave sono "le condizioni delle possibilità dell'oggetto" definito "essere" ad essere condizioni reali calate nelle condizioni di vita degli individui. "Le condizioni delle possibilità dell'oggetto" sono l'unica condizione reale dell'essere pensato come trascendente perché le condizioni che agiscono nella quotidianità partendo dall'"essere" pensato agiscono sulla vita degli uomini determinando le loro scelte e le loro azioni. "Le condizioni delle possibilità di un oggetto immaginato" diventano realtà condizionante la vita degli uomini e sono la sostanza reale dell'immaginazione. L'immaginazione, attraverso le condizioni delle possibilità dell'oggetto immaginato, diventa realtà oggettiva. Una realtà oggettiva capace di condizionare la vita degli uomini, le loro scelte e la veicolazione delle loro emozioni."

"Inoltre il citato contradditore ci rimprovera per aver detto che l'immortalità dell'anima può essere provata solo con la fede e con i miracoli. Egli dice che nulla impedisce che ci sia scienza per sé di ciò che è accidentalmente oggetto di fede ed egli usa l'espressione "fede accidentale", secondo il linguaggio di san Tommaso, per il quale sono oggetto di fede accidentale non le verità che sono direttamente articoli di fede, ma quelle che sono solo conseguenti ad articoli di fede e dice che fra queste c'è l'immortalità dell'anima, la quale non è inclusa nel simbolo, ma è solo una conseguenza della resurrezione dei morti, che è esplicitamente contemplata nel simbolo."

Pietro Pomponazzi, Tutti i trattati peripatetici, Bompiani, 2013, p. 1293

"Come per il concetto dell'immortalità dell'anima." sta ancora sorridendo Ecate "L'anima appartiene all'immaginario, l'immortalità è un attributo ad un immaginario mentre le conseguenze dell'immaginazione e del suo attributo si trasformano in oggetti reali nei quali gli Esseri Umani sono costretti a vivere. L'immaginario è prodotto dalla "fede" che rappresenta una rinuncia soggettiva di affrontare la realtà per come è percepita e definita. Ma l'immaginario impone un comportamento conseguente. L'uomo che ritiene di avere un'anima e ritiene che quest'anima abita il suo corpo è chiamato a comportamenti tali da favorire o non danneggiare la sua anima (peccare). Pertanto pone delle limitazioni al suo agire nel mondo o, addirittura, modifica la sua percezione della realtà del mondo per armonizzarla al proprio immaginario. Immagina di essere benedetto da Dio perché attraverso il suo comportamento non danneggia la sua anima. Le conseguenze dell'immaginazione diventano, per il soggetto, condizioni reali nelle quali mette in atto il suo agire. In questo modo l'immaginario si trasforma in reale e quel reale condiziona i comportamenti dell'uomo che tende a modificare la propria struttura psico-fisica per adattarla alle condizioni dettate all'oggetto immaginato. Le conseguenze dell'immaginazione, dell'anima in questo caso, sono oggetti reali che condizionano il comportamento soggettivo e il soggetto si comporta in conseguenza in quanto "...quelle che sono solo conseguenti ad articoli di fede e dice che fra queste c'è l'immortalità dell'anima, la quale non è inclusa nel simbolo, ma è solo una conseguenza della resurrezione dei morti, che è esplicitamente contemplata nel simbolo." deve ottenere l'immortalità dell'anima che, però, "è solo conseguenza della resurrezione dei morti". In questo modo l'immaginazione interviene a modificare, in funzione di sé stessa, sia le scelte della vita dell'uomo che l'uomo stesso che nella "salvezza" della sua anima, in obbedienza ai principi imposti, deve trovare la fonte del suo piacere e deve poter veicolare le sue emozioni nel mondo.

"Inoltre, tutti i Filosofi che conosco, ammettono che in Dio non è dato intelletto in potenza, bensì solo in atto; e poiché il suo intelletto e la sua volontà non si distinguono dalla sua essenza come pure tutti ammettono, da ciò segue anche che Dio, se avesse avuto altro intelletto in atto, od altra volontà, la sua essenza del pari sarebbe necessariamente diversa, e perciò (come sin da principio ho stabilito), se le cose fossero state da Dio formate diversamente da quelle che sono, l'intelletto e la volontà di Dio, e cioè (come si ammette) la sua essenza dovrebbe esse diversa, il che è assurdo."

Spinoza, Etica, Fratelli Melita Editori, 1990, p. 99

""...tutti i Filosofi che conosco, ammettono che..." indubbiamente" sghignazza sguaiatamente Ecate "ammazzi tutti gli uomini che non condividono le tue ipotesi e poi, ti guardi attorno, dicendo che nessuno è contrario a quanto tu immagini. Non devi dimostrare se l'intelletto di colui che chiami Dio è in potenza o in atto, ma devi dimostrare il soggetto che tu chiami Dio e devi dimostrare che quel soggetto possa, in una qualche condizione, avere un intelletto. Ma se tu non hai dimostrato questo, non puoi nemmeno attribuire a quell'intelletto delle azioni che possono essere in potenza o in atto in quanto non hai dimostrato né la presenza dell'intelligenza né la presenza di un soggetto che manifesta quell'intelletto. Non avendo dimostrato nulla, ma solo giocato con l'immaginazione, nulla ti vieta di continuare con l'immaginazione i cui voli pindarici sono equiparabili a quelli dell'asino che sbatte ali inesistenti come un Dio inesistente che sbatte la sua inesistente intelligenza. Alla fine, lo sbattere sembra l'unica cosa reale manifestata da chi afferma che gli asini volano o l'esistenza di Dio. Da questo presupposto Spinoza può continuare i suoi voli pindarici immaginando un Dio che poteva agire diversamente da come ha agito come se l'agire di Dio fosse un dato acquisito e assodato da parte del suo lettore. La realtà che gli uomini vivono dimostra che la realtà esiste, non che la realtà è stata fatta e voluta da Dio. Le cose sono perché sono. Possiamo dire che le cose, la realtà, sono ciò che sono perché sono venute in essere mediante trasformazione, ma affermare che le cose sono perché Dio ha voluto che così siano è solo una volontà di negazione della realtà delle cose e del loro divenuto per riaffermare la volontà di un Dio che, come frutto dell'immaginazione, vive solo nella patologia umana."

"Io sono i crocicchi." Disse Ecate "A me arrivano e partono le strade della vita. In me si incontra il passato che ha forgiato il presente e il presente è una via che forgia il futuro. Ma non illudetevi. Il passato non è uno. Il passato è un infinito numero di presenti che ha generato un infinito numero di possibilità. In ogni presente, ogni singolo soggetto, può prendere un filo, o una via, abbandonata tanto tempo fa, e farla diventare motivo e fondamento del suo presente, elemento mediante il quale costruire un futuro possibile. Questo presente non è un presente. E' un infinito numero di presenti che ogni soggetto nel presente vive ed elabora a modo suo sperando nella costruzione di un presente migliore, che si genera attimo dopo attimo, senza sapere che è un futuro che sta costruendo. Allo stesso modo non esiste un solo futuro, ma un numero di infiniti futuri che si realizzano ad ogni azione che trasforma la potenza in atto in ogni infinito presente vissuto da ogni infinito numero di soggetti che agiscono individualmente ognuno per sé. E tu, piccolo uomo che vivi ora, non pensare a quale strada dovrai percorrere. Vivi l'attimo presente perché l'attimo presente è la pietra che collochi nel costruire la tua strada. Qualunque sia la strada che costruisci, io sono là ad attenderti perché i costruttori hanno sempre un futuro..."

Con un sibilo sparì il serpente e con un tintinnare di chiavi la nebbia riprese il controllo del reale in cui gli arbitri, Yahweh, Fanes, Beppi di (o da) Lusiana e Allahu Akbar, stavano vivendo.

 

Continua...

Il significato delle azioni della partita di calcio della filosofia spiegate dagli Dèi.

 

Marghera, 13 gennaio 2021

 

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