Le biografie dei filosofi che partecipano alla partita di calcio
La seconda lettera ai corinti è un lungo monologo con cui Paolo di Tarso esalta sé stesso e censura la concorrenza di altri predicatori che, diversi da lui, predicano Cristo in maniera diversa e sono stati accolti dai Corinti.
La lettera espone molto bene il delirio di onnipotenza di Paolo di Tarso e il suo desiderio di dominio vendendo il nulla e quel nulla, Paolo di Tarso, pretende che gli sia pagato. La paga è il diritto che Paolo di Tarso pretende dai Corinti pur avendo il problema che se chiedesse ai corinti di essere pagato, molto probabilmente, i corinti non seguirebbero più la sua predicazione riscontrando, probabilmente, gli intenti materiali e finanziari della sua predicazione.
Sia chiaro, premette Paolo di Tarso, a me dei vostri problemi non me ne frega niente. Però sono interessato ai miei problemi dei quali voi siete partecipi e di questo ve ne sono grato.
Scrive Paolo di Tarso iniziando la sua lettera:
[6]Quando siamo tribolati, è per la vostra consolazione e salvezza; quando siamo confortati, è per la vostra consolazione, la quale si dimostra nel sopportare con forza le medesime sofferenze che anche noi sopportiamo. [7]La nostra speranza nei vostri riguardi è ben salda, convinti che come siete partecipi delle sofferenze così lo siete anche della consolazione. [8]Non vogliamo infatti che ignoriate, fratelli, come la tribolazione che ci è capitata in Asia ci ha colpiti oltre misura, al di là delle nostre forze, sì da dubitare anche della vita. [9]Abbiamo addirittura ricevuto su di noi la sentenza di morte per imparare a non riporre fiducia in noi stessi, ma nel Dio che risuscita i morti. [10]Da quella morte però egli ci ha liberato e ci libererà, per la speranza che abbiamo riposto in lui, che ci libererà ancora, [11]grazie alla vostra cooperazione nella preghiera per noi, affinchè per il favore divino ottenutoci da molte persone, siano rese grazie per noi da parte di molti.
Paolo di Tarso, seconda Lettera ai Corinti 1, 6 – 11
L'uso del purale maiestatico è una forma letterale usata da Paolo di Tarso che mettendo "sé stesso" come soggetto centrale del discorso, coinvolgere il lettore nel sé rendendolo compartecipe del "sé stesso" mentre costringe il lettore a dimenticare di essere un soggetto diverso, con diverse esigenze emotive, rispetto a chi scrive.
Quando Paolo di Tarso scrive: "Quando siamo tribolati, è per la vostra consolazione e salvezza" la frase va divisa in due parti. La prima parte dice "Quando siamo tribolati…". Chi è "tribolato"? E' Paolo di Tarso e i Corinti o è solo Paolo di Tarso che usa il plurale maiestatico? E quando dice proseguendo: "… è per la vostra consolazione e salvezza…" perché non dice "è per la nostra consolazione e salvezza…"? Perché la consolazione e la salvezza la attribuisce ai Corinti? Perché, se non per creare una dipendenza emotiva di chi si ritiene beneficiato dalla "sofferenze" di Paolo al quale viene indotto a provare gratitudine? I Corinti avrebbero potuto ben dire che le tribolazioni Paolo di Tarso se l'è cercate e che loro non beneficiano nulla, ma Paolo di Tarso deve ottenere benevolenza e comprensione che gli possa aprire la com-passione dei Corinti per le sue "sofferenze" in modo da predisporli ad accettare di sottomettersi a quanto lui vende.
Si ripete Paolo di Tarso quando dice "La nostra speranza nei vostri riguardi è ben salda…". La nostra è un plurale maiestatico che sta a significare che Paolo di Tarso sta sperando che i Corinti rispondano alle sue sollecitazioni di obbedienza e di sottomissione.
E' proprio della tecnica narrativa con cui suscitare emozioni non raccontare mai i fatti, ma solo le impressioni che si vogliono comunicare. Paolo di Tarso non dice il fatto, ma dice "Non vogliamo infatti che ignoriate, fratelli, come la tribolazione che ci è capitata in Asia ci ha colpiti oltre misura, al di là delle nostre forze, sì da dubitare anche della vita". Costringendo il lettore ad immaginare un fatto personale che lui, a sua volta, definirebbe come una "tribolazione oltre misura".
Pensate, dice Paolo di Tarso, potevo anche morire, stupore fra gli astanti, ma Dio e la provvidenza divina mi hanno salvato, stupore fra gli astanti, e grida del tipo "anch'io voglio essere salvato nei miei problemi da Dio…". E Paolo di Tarso è pronto a vendere la "salvezza di Dio" a chi gli offre obbedienza e sottomissione riconoscendolo come il padrone al quale sottomettersi.
Questo è il tema di tutta la seconda lettera ai Corinti dove Paolo di Tarso è l' agente esecutivo dell'attività di Dio. Paolo di Tarso è Dio e Dio è Paolo di Tarso.
Scrive Paolo di Tarso:
[20]E in realtà tutte le promesse di Dio in lui sono divenute "sì". Per questo sempre attraverso lui sale a Dio il nostro Amen per la sua gloria. [21]E' Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo, e ci ha conferito l'unzione, [22]ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito Santo nei nostri cuori. [23]Io chiamo Dio a testimone sulla mia vita, che solo per risparmiarvi non sono più venuto a Corinto. [24]Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia, perché nella fede voi siete già saldi.
Paolo di Tarso, seconda lettera ai Corinti 1, 20 – 24
La stessa tecnica è usata dalla chiesa cattolica e dai cristiani: essi sono Dio. E quando qualcuno afferma che non sono Dio, ecco la chiesa cattolica dire che sono "la sposa di Cristo", l' "immagine di Dio sulla terra", "quello che fanno in terra, Dio o fa in cielo", Dio è il loro testimone, Cristo ha conferito "l'unzione", sono gli "unti del signore", i privilegiati che devono mantenere i privilegi, i santi che operano per Dio, ecc.
Dal momento che alcuni Corinti sembra non siano stati molto contenti delle pretese di Paolo di Tarso, come accade per i cristiani e la chiesa cattolica, ecco Paolo di Tarso ritirarsi dall'esposizione dell'arroganza: "Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede, siamo i collaboratori della vostra gioia…" Come se le cose fossero diverse.
A questo punto Paolo di Tarso deve imporre i sensi di colpa ai Corinti. Sensi di colpa non solo per quello che "hanno fatto", se qualcosa possono aver fatto a Paolo di Tarso, ma per quello che Dio può pensare per quello che loro hanno fatto.
Scrive Paolo di Tarso:
[1]Ritenni pertanto opportuno non venire di nuovo fra voi con tristezza. [2]Perché se io rattristo voi, chi mi rallegrerà se non colui che è stato da me rattristato? [3]Perciò vi ho scritto in quei termini che voi sapete, per non dovere poi essere rattristato alla mia venuta da quelli che dovrebbero rendermi lieto, persuaso come sono riguardo a voi tutti che la mia gioia è quella di tutti voi. [4]Vi ho scritto in un momento di grande afflizione e col cuore angosciato, tra molte lacrime, però non per rattristarvi, ma per farvi conoscere l'affetto immenso che ho per voi. [5]Se qualcuno mi ha rattristato, non ha rattristato me soltanto, ma in parte almeno, senza voler esagerare, tutti voi. [6]Per quel tale però è gia sufficiente il castigo che gli è venuto dai più, [7]cosicché voi dovreste piuttosto usargli benevolenza e confortarlo, perché egli non soccomba sotto un dolore troppo forte. [8]Vi esorto quindi a far prevalere nei suoi riguardi la carità; [9]e anche per questo vi ho scritto, per vedere alla prova se siete effettivamente obbedienti in tutto. [10]A chi voi perdonate, perdono anch'io; perché quello che io ho perdonato, se pure ebbi qualcosa da perdonare, l'ho fatto per voi, davanti a Cristo, [11]per non cadere in balìa di satana, di cui non ignoriamo le macchinazioni.
Paolo di Tarso, seconda lettera ai Corinti 2, 1 – 11
Si tratta di un ricatto emotivo messo in atto spesso dai bambini per ricattare e controllare i genitori.
Paolo di Tarso è triste, ma non vuole rattristare i suoi adepti che devono essere tristi perché Paolo di Tarso è triste e lo dovrebbero rallegrare. Questo ricatto infantile funziona sempre quando ci sono davanti persone immature che confidano nella bontà soggettiva di un'autorità che agisce nei loro confronti con assoluta discrezionalità. I rapporti che vengono a crearsi sono i rapporti familiari solo fintanto che Paolo di Tarso è riconosciuto come un "portatore dei doni di Dio".
Vi ho scritto, dice Paolo di Tarso "per vedere se siete obbedienti in tutto".
Scrive Paolo di Tarso:
E chi è mai all'altezza di questi compiti? [17]Noi non siamo infatti come quei molti che mercanteggiano la parola di Dio, ma con sincerità e come mossi da Dio, sotto il suo sguardo, noi parliamo in Cristo.
Paolo di Tarso seconda lettera ai Corinti 2, 16 – 17
Tutta la parte precedente della lettera di Paolo di Tarso è un mercanteggiare con cui Paolo di Tarso chiede sottomissione ed obbedienza, ma leggendo questo mi assale il sospetto che Paolo di Tarso stia agendo in concorrenza ad altri, che come lui, "mercanteggiano la parola di Dio mossi da sincerità, come mossi da Dio, parlando di Cristo sotto lo sguardo di Dio!"
Paolo di Tarso non si sottrae dall'adulare i suoi adepti di Corinto come la chiesa non si sottrae dall'adulare i suoi schiavi sottomessi come premessa per incitare all'odio contro chi non si sottomette.
Scrive Paolo di Tarso:
[1]Cominciamo forse di nuovo a raccomandare noi stessi? O forse abbiamo bisogno, come altri, di lettere di raccomandazione per voi o da parte vostra? [2]La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini. [3]E' noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori.
Paolo di Tarso, seconda lettera ai Corinti 3, 1 – 3
Dice Paolo di Tarso che "voi siete una lettera di Cristo composta da noi". In altre parole, Paolo di Tarso dice che "voi siete quello che io vi ho imposto di essere" perché io ho scritto "sulle tavole di carne dei vostri cuori".
Scrive Paolo di Tarso:
[1]Perciò, investiti di questo ministero per la misericordia che ci è stata usata, non ci perdiamo d'animo; [2]al contrario, rifiutando le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunziando apertamente la verità, ci presentiamo davanti a ogni coscienza, al cospetto di Dio. Paolo di Tarso, seconda lettera ai Corinti 4, 1 – 2
E verso la fine di questa lettera, Paolo di Tarso dice:
[16]Ma sia pure che io non vi sono stato di peso; però, scaltro come sono, vi ho preso con inganno.
Paolo di Tarso, seconda lettera ai Corinti 12, 16
Paolo di Tarso ha mentito, è venuto con l'inganno e con l'inganno "li ha presi" rubando loro la vita e costringendoli all'obbedienza. Quei Corinti erano pronti per essere ingannati in una continua ricerca di speranza, tuttavia Paolo di Tarso non aveva il diritto di truffarli. Anche il truffato, il dormiente pieno di speranza, può svegliarsi dalla speranza e realizzare la qualità dell'inganno con cui Paolo di Tarso lo ha raggirato.
Nella lettera traspare la necessità di riprendere il controllo su persone che hanno iniziato a dubitare e nel dubbio hanno iniziato a guardarsi attorno per vedere se qualcuno è in grado di dare loro una speranza ad un prezzo inferiore di quanto la vende Paolo di Tarso.
Scrive Paolo di Tarso:
[1]Sappiamo infatti che quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un'abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli. [2]Perciò sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci del nostro corpo celeste: [3]a condizione però di esser trovati gia vestiti, non nudi. [4]In realtà quanti siamo in questo corpo, sospiriamo come sotto un peso, non volendo venire spogliati ma sopravvestiti, perché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. [5]E' Dio che ci ha fatti per questo e ci ha dato la caparra dello Spirito. [6]Così, dunque, siamo sempre pieni di fiducia e sapendo che finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore, [7]camminiamo nella fede e non ancora in visione. [8]Siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore. [9]Perciò ci sforziamo, sia dimorando nel corpo sia esulando da esso, di essere a lui graditi. [10]Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male.
Paolo di Tarso, seconda lettera ai Corinti 5, 1 – 10
Questo è quanto Paolo di Tarso ha venduto ai suoi adepti a Corinto. Un nuovo corpo divino promesso da Cristo di cui Paolo di Tarso è il portavoce. Lo stesso farà la chiesa cattolica e gli altri cristiani, solo che Paolo di Tarso mente sapendo di mentire anche rispetto alla sua stessa dottrina. E' vero che dice che Dio paga gli operai per il loro lavoro, ma non le persone che subiscono il lavoro, la vessazione, che gli operai di Cristo, come paolo di Tarso, impongono loro e alle quali devono dimostrarsi ubbidienti per poter accedere al beneficio della grazia che Dio dispensa secondo il suo desiderio e non secondo le opere. Il Dio di Paolo di Tarso non rispetta nessuna legge e nessuna norma e se un cristiano rispettasse tutte le regole imposte dalla chiesa cattolica e dal suo Dio, sarebbe condannato proprio per aver rispettato tutte le norme nell'attesa della ricompensa perché nessuno, secondo la Chiesa cristiana e cattolica, può ricattare Dio comportandosi "bene".
Ma Paolo di Tarso, come la chiesa cattolica e gli altri cristiani, devono far credere che comportandosi secondo i dettami da loro imposti si ottiene un premio. Devono farlo credere perché i sottomessi se non osservassero la dottrina imposta (come del resto fanno le gerarchie uccidono e stuprando gli uomini) non avrebbero più il controllo degli uomini perché, se Dio fa quello che vuole, gli uomini hanno il diritto di fare quello che vogliono perché tanto, le decisioni di Dio dipendono solo dal suo pazzo cervello.
Scrive Paolo di Tarso:
[1]E poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. [2]Egli dice infatti: al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!
Paolo di Tarso, seconda lettera ai Corinti 6, 1 – 2
Paolo di Tarso insiste sul fatto che lui sta portando la "grazia di Dio" mentre sembra che molti Corinti si siano stancati di questa grazia promessa e mai realizzata. Un po' come i cattolici che si sono stancati di vedersi violentare i figli dalla chiesa cattolica o come gli uomini che si sono stancati delle guerre in nome di Dio fatte dai cristiani.
Paolo di Tarso dimostra tutta la sua disperazione quando scrive:
[11]La nostra bocca vi ha parlato francamente, Corinzi, e il nostro cuore si è tutto aperto per voi. [12]Non siete davvero allo stretto in noi; è nei vostri cuori invece che siete allo stretto. [13]Io parlo come a figli: rendeteci il contraccambio, aprite anche voi il vostro cuore! [14]Non lasciatevi legare al giogo estraneo degli infedeli. Quale rapporto infatti ci può essere tra la giustizia e l'iniquità, o quale unione tra la luce e le tenebre? [15]Quale intesa tra Cristo e Beliar, o quale collaborazione tra un fedele e un infedele? [16]Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo.
Paolo di Tarso, seconda lettera ai Corinti 6, 11 – 16
Paolo di Tarso parla ai Corinti come a figli, ma loro vogliono essere i suoi figli? Ha titoli Paolo di Tarso per porsi come un "padre" nei confronti dei Corinti? La chiesa cattolica nei confronti dei suoi adepti si pone come una madre, ma ha titoli per farlo? E gli adepti vogliono una madre?
La stessa cosa vale per Dio, chi gli ha consentito di camminare fra gli uomini? Chi gli ha consentito di essere il padrone degli uomini e chi pretende che gli uomini siano schiavi di Dio?
Paolo di Tarso è terrorizzato perché alcuni se ne stanno andando e si stanno aggregando ad altre comunità. Lo stesso vale per la chiesa cattolica in cui molti se ne vanno cercando di creare altre e diverse comunità. Ma le altre comunità sono, per Paolo di Tarso "giogo estraneo degli infedeli". Un "giogo estraneo" che si oppone al suo "giogo". Un giogo è sempre un giogo e porta al servaggio e alla schiavitù al di là di chi sia il padrone.
Vale la pena di chiedersi: che cosa vuole paolo di Tarso dai Corinti'
Scrive Paolo di Tarso:
[1]Vogliamo poi farvi nota, fratelli, la grazia di Dio concessa alle Chiese della Macedonia: [2]nonostante la lunga prova della tribolazione, la loro grande gioia e la loro estrema povertà si sono tramutate nella ricchezza della loro generosità. [3]Posso testimoniare infatti che hanno dato secondo i loro mezzi e anche al di là dei loro mezzi, spontaneamente, [4]domandandoci con insistenza la grazia di prendere parte a questo servizio a favore dei santi. [5]Superando anzi le nostre stesse speranze, si sono offerti prima di tutto al Signore e poi a noi, secondo la volontà di Dio; [6]cosicché abbiamo pregato Tito di portare a compimento fra voi quest'opera generosa, dato che lui stesso l'aveva incominciata. [7]E come vi segnalate in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella scienza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così distinguetevi anche in quest'opera generosa. [8]Non dico questo per farvene un comando, ma solo per mettere alla prova la sincerità del vostro amore con la premura verso gli altri. [9]Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. [10]E a questo riguardo vi do un consiglio: si tratta di cosa vantaggiosa per voi, che fin dall'anno passato siete stati i primi, non solo a intraprenderla ma a desiderarla. [11]Ora dunque realizzatela, perché come vi fu la prontezza del volere, così anche vi sia il compimento, secondo i vostri mezzi. [12]Se infatti c'è la buona volontà, essa riesce gradita secondo quello che uno possiede e non secondo quello che non possiede. [13]Qui non si tratta infatti di mettere in ristrettezza voi per sollevare gli altri, ma di fare uguaglianza. [14]Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: [15]Colui che raccolse molto non abbondò, e colui che raccolse poco non ebbe di meno.
Paolo di Tarso, seconda lettera ai Corinti 8, 1 – 15
Paolo di Tarso chiede denaro ai Corinti. Chiede di essere pagato per il suo lavoro di predicatore. Come lo hanno pagato in Macedonia, ora chiede denaro anche ai Corinti. Denaro in cambio di grazia. Esattamente come la chiesa cattolica che venderà le indulgenze in cambio di denaro.
Paolo di Tarso vende il paradiso, cioè una cosa che non può né disporre e nemmeno provarne l'esistenza in cambio di un oggetto che ricade sotto i sensi e che permette a Paolo di Tarso e alla chiesa cattolica di trarre un beneficio immediato.
Soldi in cambio di Cristo.
Cosa che Paolo di Tarso ribadisce anche nel capitolo 9.
Scrive paolo di Tarso:
[6]Tenete a mente che chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà. [7]Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia. [8]Del resto, Dio ha potere di far abbondare in voi ogni grazia perché, avendo sempre il necessario in tutto, possiate compiere generosamente tutte le opere di bene, [9]come sta scritto: ha largheggiato, ha dato ai poveri; la sua giustizia dura in eterno. [10]Colui che somministra il seme al seminatore e il pane per il nutrimento, somministrerà e moltiplicherà anche la vostra semente e farà crescere i frutti della vostra giustizia.
Paolo di Tarso, seconda lettera ai Corinti 9, 6 – 10
Nella seconda parte della lettera Paolo di Tarso insiste molto sulla necessità di raccogliere soldi dai fedeli come se il raccogliere soldi fosse il vero fine della seconda lettera ai Corinti.
E dopo la necessità di raccogliere fondi, dal capitolo 11 alla fine della seconda lettera ai Corinti, inizia tutto quel procedimento di auto esaltazione di Paolo di Tarso che chiarisce molto bene lo stato della sua follia. Una follia che Paolo di Tarso ha tentato di contenere nelle lettere tentando di scrivere con un certo distacco ideologico, ma ora è coinvolto. Ora vuole soldi e sente la concorrenza di altri che promettono la vita eterna e che, magari, hanno più successo di lui.
Scrive Paolo di Tarso:
[1]Oh se poteste sopportare un pò di follia da parte mia! Ma, certo, voi mi sopportate. [2]Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo. [3]Temo però che, come il serpente nella sua malizia sedusse Eva, così i vostri pensieri vengano in qualche modo traviati dalla loro semplicità e purezza nei riguardi di Cristo. [4]Se infatti il primo venuto vi predica un Gesù diverso da quello che vi abbiamo predicato noi o se si tratta di ricevere uno spirito diverso da quello che avete ricevuto o un altro vangelo che non avete ancora sentito, voi siete ben disposti ad accettarlo. [5]Ora io ritengo di non essere in nulla inferiore a questi «superapostoli»! [6]E se anche sono un profano nell'arte del parlare, non lo sono però nella dottrina, come vi abbiamo dimostrato in tutto e per tutto davanti a tutti. [7]O forse ho commesso una colpa abbassando me stesso per esaltare voi, quando vi ho annunziato gratuitamente il vangelo di Dio? [8]Ho spogliato altre Chiese accettando da loro il necessario per vivere, allo scopo di servire voi. [9]E trovandomi presso di voi e pur essendo nel bisogno, non sono stato d'aggravio a nessuno, perché alle mie necessità hanno provveduto i fratelli giunti dalla Macedonia. In ogni circostanza ho fatto il possibile per non esservi di aggravio e così farò in avvenire. [10]Com'è vero che c'è la verità di Cristo in me, nessuno mi toglierà questo vanto in terra di Acaia!
Paolo di Tarso, seconda lettera ai Corinti 11, 1 – 10
E' il metodo fatto proprio dalla chiesa cattolica. Quella forma di follia che si muove fra vittimismo e arroganza, fra delirio e desiderio di possesso frustrato dalle richieste dei posseduti di un destino che non si realizza e che, pertanto, sono impazienti. La chiesa cattolica, come i cristiani, sterminano gli Esseri Umani che non si mettono in ginocchio e poi si fanno vittime quando gli sterminati agiscono per ottenere giustizia.
Il controllo delle persone messo in atto da Paolo di Tarso vive l'ambiguità di considerare sé stesso un inviato di Dio, ma di non poterlo dimostrare in una condizione di scetticismo diffuso che lo costringe ad alzare sempre di più la manifestazione della sua arroganza. "I vostri pensieri vengano in qualche modo traviati dalla loro semplicità e purezza nei riguardi di Cristo" si lamenta Paolo di Tarso.
Il bestiame umano che Paolo di Tarso ha rinchiuso nella stalla chiamata "comunità" inizia a percepire come intollerabili i confini ristretti entro i quali è rinchiuso. Desidera spazi più grandi. Orizzonti da ammirare, azioni che costruiscano un destino più reale e più vicino ai loro bisogni.
Cosa ho fatto io di male, dice Paolo di Tarso: "O forse ho commesso una colpa abbassando me stesso per esaltare voi, quando vi ho annunziato gratuitamente il vangelo di Dio?". Non dice: "Vi ho aiutato a stare meglio", dice piuttosto "Ho una colpa se vi ho costretti a sottomettervi a me in nome di Dio?". Qualcun avrebbe potuto dire: "Bene, mi sottometto, ma in cambio fra pochi giorni avrò la vita eterna". Ma i giorni passano, la sottomissione si fa sempre più pesante e la speranza della vita eterna viene sempre più avvolta nelle nebbie di un desiderio irrealizzato fino a quando il sottomesso si chiede: "ne valeva la pena?".
La riflessione di Paolo di Tarso deve far riflettere quando dice:
[5]Ora io ritengo di non essere in nulla inferiore a questi «superapostoli»! [6]E se anche sono un profano nell'arte del parlare, non lo sono però nella dottrina, come vi abbiamo dimostrato in tutto e per tutto davanti a tutti.
I "superapostoli" stanno mettendo in crisi il controllo di Paolo di Tarso sui suoi adepti e Paolo di Tarso se ne lamenta, ma non dice dove la sua dottrina diverge da quella predicata da quelli che lui definisce "superapostoli". Sarebbe stato interessante conoscere in che cosa consisteva la dottrina di Paolo di Tarso al di là dell'ordine di sottomettersi a lui che rappresenta Cristo.
Scrive Paolo di Tarso:
[13]Questi tali sono falsi apostoli, operai fraudolenti, che si mascherano da apostoli di Cristo. [14]Ciò non fa meraviglia, perché anche satana si maschera da angelo di luce. [15]Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri si mascherano da ministri di giustizia; ma la loro fine sarà secondo le loro opere.
Paolo di Tarso, seconda lettera ai Corinti 11, 13 – 15
Paolo di Tarso è come la chiesa cattolica o, se preferite, la chiesa cattolica è come Paolo di Tarso in concorrenza con tutte le altre chiese cristiane, dagli ortodossi ai protestanti e a tutti quelli che si dichiarano inviati di Dio, che contendono seguaci alla chiesa cattolica. Per la chiesa cattolica, tutti loro sono dei Satana e per tutti loro la chiesa cattolica è un'organizzazione nemica di Cristo.
Se Paolo di Tarso fosse stato un uomo e avesse predicato confermerebbe che fin dall'inizio nella chiesa cattolica la guerra per il potere e la conquista della gerarchia per disporre di uomini ridotti a bestiame, era l'argomento principale del dibattito.
Dove follia, arroganza, delirio di onnipotenza si mescolavano con emozioni violentate di uomini incapaci di vivere e bisognosi di un padrone che li facesse sentire onnipotenti a loro volta.
Esattamente come la chiesa cattolica che violenta bambini affinché quei bambini, una volta adulti, agiscano violentando altri bambini in un delirio di onnipotenza che li avvicini al delirio di Dio.
Continua il delirio onnipotente di Paolo di Tarso:
[16]Lo dico di nuovo: nessuno mi consideri come un pazzo, o se no ritenetemi pure come un pazzo, perché possa anch'io vantarmi un poco. [17]Quello che dico, però, non lo dico secondo il Signore, ma come da stolto, nella fiducia che ho di potermi vantare. [18]Dal momento che molti si vantano da un punto di vista umano, mi vanterò anch'io. [19]Infatti voi, che pur siete saggi, sopportate facilmente gli stolti. [20]In realtà sopportate chi vi riduce in servitù, chi vi divora, chi vi sfrutta, chi è arrogante, chi vi colpisce in faccia. [21]Lo dico con vergogna; come siamo stati deboli! Però in quello in cui qualcuno osa vantarsi, lo dico da stolto, oso vantarmi anch'io. [22]Sono Ebrei? Anch'io! Sono Israeliti? Anch'io! Sono stirpe di Abramo? Anch'io! [23]Sono ministri di Cristo? Sto per dire una pazzia, io lo sono più di loro: molto di più nelle fatiche, molto di più nelle prigionie, infinitamente di più nelle percosse, spesso in pericolo di morte.
Paolo di Tarso, seconda lettera ai Corinti 11, 16 – 23
Io sono il meglio. Io sono il più "figo" di Dio. Voi idioti, dice Paolo di Tarso, sopportate che io vi abbia ridotto in servitù, sopportate chi vi divora, chi vi sfrutta, chi è arrogante come ho fatto io. Adesso mi scoccerebbe che voi mi abbandonaste per altre persone, i superapostoli, che vi possono sfruttare come ho fatto io.
Vale la pena di concludere il delirio di onnipotenza di Paolo di Tarso con un'ultima citazione del suo delirio:
[7]Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia. [8]A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l'allontanasse da me. [9]Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. [10]Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte. [11]Sono diventato pazzo; ma siete voi che mi ci avete costretto. Infatti avrei dovuto essere raccomandato io da voi, perché non sono per nulla inferiore a quei «superapostoli», anche se sono un nulla. [12]Certo, in mezzo a voi si sono compiuti i segni del vero apostolo, in una pazienza a tutta prova, con segni, prodigi e miracoli. [13]In che cosa infatti siete stati inferiori alle altre Chiese, se non in questo, che io non vi sono stato d'aggravio? Perdonatemi questa ingiustizia!
Paolo di Tarso, seconda lettera ai Corinti 12, 7 – 13
Con quest'ultima parte del delirio di Paolo di Tarso chiudo il commento alla seconda lettera ai Corinti. Il delirio di Paolo di Tarso imputabile ad una condizione soggettiva di malattia mentale viene usato dalla chiesa cattolica come realtà dalla quale partire per sottomettere l'uomo a proprio vantaggio.
Questa seconda lettera ai Corinti chiarisce molto bene l'origine del delirio di onnipotenza della chiesa cattolica e di tutti i cristiani. E' solo comprendendo il delirio di Paolo di Tarso che si comprende il delirio della chiesa cattolica e la sua attività volta alla distruzione della società civile.
Questa lettera di Paolo di Tarso ha condizionato tutta la storia della filosofia. Dal 500 d. c., mentre l'analfabetismo era dilagante, solo i conventi cattolici che si ispiravano a Paolo di Tarso divennero non solo le uniche organizzazioni culturali, ma le uniche organizzazioni culturali la cui, unica cultura, procedeva dal presupposto che le farneticazioni malate di Paolo di Tarso avessero un contenuto di realtà e non fossero una mistificazione di un cervello delirante.
Alcuni abitanti di Corinto credevano davvero che le allucinazioni dichiarate da Paolo di Tarso fossero la visione di una realtà altra. Così, anziché parlare della malattia che ha indotto le allucinazioni in Paolo di Tarso, si preferisce parlare di una "realtà predicata da Paolo di Tarso. Una realtà divina manifestata da Dio al suo apostolo. Al suo superapostolo.
L'intero delirio di Paolo di Tarso è diventato la realtà ideologica della chiesa cattolica. Da questa realtà delirante procedono i filosofi cristiani che argomentano per giustificare quei deliri e fornire quei deliri di giustificazioni culturali. Giustificazioni incapaci di reggere alle argomentazioni, ma coloro che argomentano vanno ammazzati ad opera della chiesa cattolica.
Nota: il testo della seconda Lettera ai Corinti di Paolo di Tarso è stato prelevato da un sito cattolico di Internet.
Capitolo 138 La biografia di Paolo di Tarso - Cinquantacinquesima biografia
Marghera, 26 luglio 2019
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Claudio Simeoni
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