Le biografie dei filosofi che partecipano alla partita di calcio
La seconda lettera ai Tessalonicesi è molto più breve della precedente e si limita a ribadire alcuni aspetti che appaiono importanti al Paolo di Tarso che scrive questa lettera,
Scrive Paolo di Tarso:
[3]Dobbiamo sempre ringraziare Dio per voi, fratelli, ed è ben giusto. La vostra fede infatti cresce rigogliosamente e abbonda la vostra carità vicendevole; [4]così noi possiamo gloriarci di voi nelle Chiese di Dio, per la vostra fermezza e per la vostra fede in tutte le persecuzioni e tribolazioni che sopportate. [5]Questo è un segno del giusto giudizio di Dio, che vi proclamerà degni di quel regno di Dio, per il quale ora soffrite. [6]E' proprio della giustizia di Dio rendere afflizione a quelli che vi affliggono [7]e a voi, che ora siete afflitti, sollievo insieme a noi, quando si manifesterà il Signore Gesù dal cielo con gli angeli della sua potenza [8]in fuoco ardente, a far vendetta di quanti non conoscono Dio e non obbediscono al vangelo del Signore nostro Gesù. [9]Costoro saranno castigati con una rovina eterna, lontano dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza, [10]quando egli verrà per esser glorificato nei suoi santi ed esser riconosciuto mirabile in tutti quelli che avranno creduto, perché è stata creduta la nostra testimonianza in mezzo a voi. Questo accadrà, in quel giorno.
Paolo di Tarso, seconda Lettera ai Tessalonicesi 1, 3 – 10
La seconda lettera ai Tessalonicesi si apre con la necessità di Paolo di Tarso di rinnovare i motivi per i quali i Tessalonicesi si devono sottomettere a Dio. I motivi per i quali la sottomissione a Dio conviene loro in quanto Dio deve sempre suscitare paura ai Tessalonicesi.
Paolo di Tarso esalta la capacità dei suoi adepti Tessalonicesi a pensarsi schiavi di Dio. Una condizione di sottomissione della quale Paolo di Tarso si fa vanto in tutte le chiese e presso tutti i venditori di cristianesimo e di sottomissione.
Quali persecuzioni stanno subendo gli adepti tessalonicesi di Paolo di Tarso? A quanto la storia ci racconta, in quel periodo non c'era nessuna limitazione alla predicazione a meno che la predicazione non costituisse un reato contro l'autorità. Pertanto, non c'era nessuna persecuzione messa in atto dalle autorità civili mentre, sicuramente gli adepti di Paolo di Tarso venivano derisi dar resto della popolazione per le loro convinzioni.
Questa di solito è la prima fase della reazione sociale quando un farneticante fa le sue affermazioni deliranti di una possibile fine del mondo con l'arrivo di un tale Gesù sulle nubi. Accettare un tale "credo" certamente ha suscitato inizialmente ilarità. Poi avrà suscitato rabbia quando gli stessi incitavano a distruggere i templi degli "idoli" in nome di Dio o si disprezzava coloro che non volevano mettersi in ginocchio davanti al Dio di Paolo di Tarso. Quando li si insultava chiamandoli "malvagi" o "peccatori".
Al giorno d'oggi le farneticazioni come quelle di Paolo di Tarso si trovano fra gli ammalati, spesso ricoverati negli ospedali psichiatrici, dove i deliri di schizofrenici e altri spesso vengono veicolati in deliri mistico-religiosi.
La stessa chiesa cattolica, intesa come gerarchia, pur comprendendo quanto delirato da Paolo di Tarso come suo fondamento ideologico, si guarda bene dal ribadirne le affermazioni pubblicamente. Lascia che siano i suoi mistici-deliranti a farsi carico della riproduzione nella società delle farneticazioni di Paolo di Tarso permettendo, spesso favorendo, quelli allarmi mistici che, di tanto in tanto, proclamano l'arrivo della fine del mondo rinnovando l'attesa per la "venuta di Cristo".
Ai suoi adepti derisi, Paolo di Tarso, vende la consolazione della divina provvidenza. Dio che vendica i propri schiavi derisi.
Paolo di Tarso dice che "[9]Costoro saranno castigati con una rovina eterna, lontano dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza, [10]quando egli verrà per esser glorificato nei suoi santi ed esser riconosciuto mirabile in tutti quelli che avranno creduto, perché è stata creduta la nostra testimonianza in mezzo a voi. Questo accadrà, in quel giorno". In questo modo gli adepti di Paolo di Tarso vagano per quella regione affermando: "Vedrete quando arriverà Dio. Punirà quelli che non credono in lui mentre, noi, saremo i beati!".
Solo che il giorno non arriva. Le persone nascono e muoiono. Muore Paolo di Tarso il mentitore, ma le persone schiave, sottomesse a Dio, si riproducono riproducendo schiavitù e sottomissione. Quegli uomini ridotti in schiavitù appaiono interessanti a qualcuno che ritiene di controllarli per i propri interessi. Costui provvede a rinnovare la sottomissione di Paolo di Tarso. Costui o costoro rinnovano la promessa dell'arrivo imminente della fine del mondo e della necessità di sottomettersi a Dio per raggiungere la gloria eterna. Così gli schiavi continuano ad essere schiavi generazione dopo generazione.
La schiavitù riproduce sé stessa danneggiando la società civile e contribuendo grandemente al tramonto della civiltà. Ci sarà la fine del mondo, ma non sarà la venuta di Cristo, sarà la fine di quel mondo quando l'invasore arriva e la sottomissione imposta a quegli abitanti da Paolo di Tarso gli aprirà le porte consentendo la devastazione.
Scrive Paolo di Tarso:
[1]Ora vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e alla nostra riunione con lui, [2]di non lasciarvi così facilmente confondere e turbare, né da pretese ispirazioni, né da parole, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia imminente. [3]Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti dovrà avvenire l'apostasia e dovrà esser rivelato l'uomo iniquo, il figlio della perdizione, [4]colui che si contrappone e s'innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio. [5]Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, venivo dicendo queste cose? [6]E ora sapete ciò che impedisce la sua manifestazione, che avverrà nella sua ora. [7]Il mistero dell'iniquità è gia in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene. [8]Solo allora sarà rivelato l'empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà all'apparire della sua venuta, l'iniquo, [9]la cui venuta avverrà nella potenza di satana, con ogni specie di portenti, di segni e prodigi menzogneri, [10]e con ogni sorta di empio inganno per quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l'amore della verità per essere salvi. [11]E per questo Dio invia loro una potenza d'inganno perché essi credano alla menzogna [12]e così siano condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all'iniquità.
Paolo di Tarso, seconda Lettera ai Tessalonicesi 2, 1 – 12
Non arriva la fine del mondo promessa da Gesù. Non arriva Dio per portare gli adepti di Paolo di Tarso nella gloria di Dio su nei cieli.
Cosa trattiene Dio dal portare i fedeli di paolo di Tarso nella sua gloria? E perché chi attende la venuta di Gesù, conformandosi ad una morale ridicola ai più, ma criminale nelle intenzioni di chi l'ha imposta, continua ad essere deriso dai molti che ritengono sciocchezze le cose farneticate da Paolo di Tarso?
E' necessario dare una spiegazione e la spiegazione è quella della necessità della vittoria del "maligno" sugli uomini come premessa per il trionfo di Cristo.
Così la fine del mondo non arriva. In compenso arrivano i problemi a milioni e l'adepto di Paolo di Tarso individua l'azione del "maligno" nei problemi che sta vivendo.
L'elaborazione dell'idea del "maligno", che si trasformerà nell'idea dell' "Anticristo", è un'idea abbastanza tarda che viene elaborata sulla scia del fallimento dell'imminenza della fine del mondo che avrebbe dovuto avvenire in quella generazione. La generazione muore e la fine del mondo non arriva. Voi però, dice Paolo di Tarso, continuate a credere nella fine del mondo e intanto siate forti nell'obbedienza a Dio perché il "maligno" potrebbe tentarvi spingendovi ad intraprendere strade diverse che non quella che vi ha portati ad essere schiavi sottomessi alla morale di Dio.
Questa lettera si discosta molto dalle altre lettere di Paolo di Tarso. Sembra che chi ha scritto questa lettera sappia o abbia paura che qualcuno lo smentisca. Scrive infatti Paolo di Tarso: "[5]Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, venivo dicendo queste cose?" però di questo non c'è accenno nella prima Lettera ai Tessalonicesi.
L'introduzione nelle lettere di Paolo di Tarso di questa condizione dottrinale, estremamente efficace per controllare gli schiavi sottomessi ed obbedienti a Dio, è una novità e, sono convinto, che lascia perplessi molti studiosi. Tuttavia, per noi che analizziamo le lettere dal punto di vista dell'ideologia cristiana e dei suoi fondamenti ideologici mediante i quali ha condizionato lo sviluppo della filosofia, che questa lettera sia giudicata in un modo o in un altro dagli studiosi, a noi non interessa.
A noi ci interessa che qualcuno abbia inventato la figura di un "maligno" che impedirebbe l'immediato arrivo di Gesù per portare i Tessalonicesi nella gloria di Dio e che questa invenzione è perfettamente funzionale a mantenere gli adepti di Paolo di Tarso in una costante condizione di schiavitù e di sottomissione.
Il terrore viene rinnovato. Al terrore rinnovato segue il rinnovo della speranza nella quale inchiodare le tensioni degli uomini e impedire loro di modificare il loro stato sociale. Quando Paolo di Tarso dice che "[8]Solo allora sarà rivelato l'empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà all'apparire della sua venuta, l'iniquo, [9]la cui venuta avverrà nella potenza di satana, con ogni specie di portenti, di segni e prodigi menzogneri, [10]e con ogni sorta di empio inganno per quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l'amore della verità per essere salvi". Non fa altro che rinnovare l'ideologia della schiavitù impedendo agli uomini di uscire dalla schiavitù che lui gli ha imposto mediante la paura.
Scrive Paolo di Tarso:
[6]Vi ordiniamo pertanto, fratelli, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, di tenervi lontani da ogni fratello che si comporta in maniera indisciplinata e non secondo la tradizione che ha ricevuto da noi. [7]Sapete infatti come dovete imitarci: poiché noi non abbiamo vissuto oziosamente fra voi, [8]né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato con fatica e sforzo notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi. [9]Non che non ne avessimo diritto, ma per darvi noi stessi come esempio da imitare. [10]E infatti quando eravamo presso di voi, vi demmo questa regola: chi non vuol lavorare neppure mangi. [11]Sentiamo infatti che alcuni fra di voi vivono disordinatamente, senza far nulla e in continua agitazione. [12]A questi tali ordiniamo, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, di mangiare il proprio pane lavorando in pace. [13]Voi, fratelli, non lasciatevi scoraggiare nel fare il bene. [14]Se qualcuno non obbedisce a quanto diciamo per lettera, prendete nota di lui e interrompete i rapporti, perché si vergogni; [15]non trattatelo però come un nemico, ma ammonitelo come un fratello.
Paolo di Tarso, seconda Lettera ai Tessalonicesi 3, 6 – 15
Dopo aver parlato del male e del maligno: Paolo di Tarso, in plurale maiestatico, ORDINA. Il MALE consiste nell'ordinare un comportamento che non sia in sintonia con i bisogni e il divenuto dell'uomo e della società.
Paolo di Tarso ordina di tenersi lontano da ogni adepto che non si comporta secondo gli ordini ricevuti da Paolo di Tarso. Sapete, dice Paolo di Tarso, che dovete imitarci perché noi "non abbiamo vissuto oziosamente in mezzo a voi" anche se, si affretta ad aggiungere Paolo di Tarso, "noi ne avevamo diritto". Però lo abbiamo fatto, non perché era giusto fare così e tutti dovrebbero fare così, ma perché VOI dovete fare altrettanto anche se noi dovessimo vivere oziosamente in mezzo a voi.
Questo principio ideologico viene fatto proprio dalla chiesa cattolica che costringerà le persone a vivere "col sudore della loro fronte" mentre lei prospererà rubando il prodotto del "sudore dei suoi schiavi sottomessi".
Abbiamo una nuova esigenza espressa da Paolo di Tarso: il controllo degli uomini mediante la schiavitù attiva. Il lavoro dello schiavo è il mezzo con cui il padrone controlla lo schiavo ed è il metodo con cui lo schiavo "si fa apprezzare" dal padrone. Il lavoro come metodo di controllo dell'uomo sull'uomo e come legittimazione della schiavitù. Una legittimazione violenta che fa dire a Paolo di Tarso "[10]E infatti quando eravamo presso di voi, vi demmo questa regola: chi non vuol lavorare neppure mangi".
Il cibo diventa un mezzo con cui controllare gli uomini. Ma per controllare gli uomini mediante il cibo è necessario renderli affamati. L'ideologia della chiesa cattolica si diffonderà a mano a mano che verrà diffusa la miseria sociale. Le società degli uomini verranno aggredite, la miseria e la povertà verrà diffusa. Gli uomini costretti all'indigenza e alla sottomissione diventeranno soggetti di carità e supplicheranno il padrone affinché conceda loro il diritto alla sopravvivenza. In cambio, la chiesa cattolica chiederà loro di diventare i suoi schiavi, gli schiavi di Dio con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima. Loro diventeranno schiavi della chiesa cattolica e costringeranno i loro figli a diventare, a loro volta, schiavi della chiesa cattolica per permettere loro di sopravvivere nell'orrore sociale costruito dall'ideologia di Paolo di Tarso.
Nota: il testo della seconda Lettera ai Tessalonicesi di Paolo di Tarso è stato prelevato da un sito cattolico di Internet.
Capitolo 138 La biografia di Paolo di Tarso - Cinquantacinquesima biografia
Marghera, 02 agosto 2019
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Claudio Simeoni
Meccanico
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