Sei capace di giocare a calcio?
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L'attacco di Gesù detto "figlio di Yahweh" sembra sconvolgere le file dei rinascimentali e Gesù detto "figlio di Yahweh" si appresta a tirare in porta, ma la parata di Giordano Bruno blocca psicologicamente Gesù detto "figlio di Yahweh" .
"Doppio è il movimento delle cose: naturale e preternaturale; il naturale viene da principio intrinseco, il preternaturale da principio estrinseco; e il naturale è in accordo con la natura, la costituzione, la generazione, mentre non lo è il preternaturale. Il quale, pure, è doppio: violento, che è contro natura; e ordinato e coordinabile, che non contrasta a natura. Quanto al moto naturale, comunemente parlando esso ha luogo secondo tutti i generi e tutte le categorie, non facendosi distinzione fra moto e mutamento."
Giordano Bruno, De magia de vinculis in genere, biblioteca dell'immagine, 1992, p. 39
A questo punto Giordano Bruno rinvia la palla servendo David Hume che riceve:
"La vostra avvertenza, disse Filone, di abituare fin dall'inizio le menti dei vostri figli alla pietà è sicuramente assai ragionevole e altresì necessaria in un'età profana e irreligiosa come la nostra. Ma ciò che soprattutto ammiro nel vostro programma educativo è il metodo di trarre profitto proprio dai principi di filosofia e di cultura che, ispirando orgoglio e autonomia, si sono dimostrati comunemente, in tutte le età, tanto rovinosi per i capisaldi della religione. In realtà, possiamo notare che la gente comune, non informata di scienza e di ricerca approfondita, constatando le incessanti dispute degli uomini colti, matura di solito un completo disprezzo per la filosofia, e proprio per questa ragione si aggrappa tanto più saldamente ai punti fondamentali della teologia in cui è stata istruita."
David Hume, Dialoghi sulla religione naturale, BUR, 2013, p. 123 e 125
Hume passa a Spinoza che riceve e si avvia di corsa:
"Differisce, dunque, la Superbia dalla Esaltazione, perché questa si riferisce ad un obietto esterno, la Superbia, invece, allo stesso uomo che di sé sente più del giusto. Del resto, come la Esaltazione è effetto o proprietà dell'Amore, così la Superbia, dell'Amor proprio (Filautia); ed essa, perciò può anche definirsi l'Amore di sé, ossia l'appagamento intimo, in quanto impressiona così l'uomo, ch'egli senta di sé, più del giusto."
Spinoza, Etica, F.lli Melita, 1990, p. 246
Su Spinoza si porta Aristotele che con una mossa, che richiama più la lotta degli atleti greci che non la moderna arte del calcio, sottrae il controllo della palla a Spinoza.
"Ora la mente è mossa dall'intellegibile e intellegibile per sé è un termine della [suprema] coppia di contrari (essere-non essere) e [cioè il termine dell'essere] di cui è propria la sostanza prima e [propriamente] quello che è [sempre] in atto. Invero, uno e semplice non sono lo stesso; infatti, l'uno designa una misura, e l'altro un carattere [intrinseco] della cosa. Orbene, anche il bello per sé e il desiderabile per sé sono nella stessa serie [positiva] dei contrari, e costituiscono sempre ciò che è ottimo o perlomeno ciò che è primo rispetto [agli altri beni]."
Aristotele, La metafisica, Fabbri, 2004, p. 644
Aristotele allunga la palla verso Platone
«Orbene, è necessario - disse -, in base a queste cose, che nei veri filosofi si formi un'opinione di questo tipo, di guisa che, ragionando fra loro, dicano all'incirca quanto segue. «"Sembra che ci sia un sentiero" che ci porta, mediante il ragionamento direttamente a questa considerazione: fino a quando noi possediamo il corpo e la nostra anima resta invischiata in un male siffatto, noi non raggiungeremo mai in modo adeguato quello che ardentemente desideriamo, vale a dire la verità. Infatti, il corpo ci procura innumerevoli preoccupazioni per la necessità del nutrimento; e poi le malattie, quando ci piombano addosso, ci impediscono la ricerca dell'essere. Inoltre, esso ci riempie di amori, di passioni, di paure, di fantasmi di ogni genere e di molte vanità, di guisa che, come suol dirsi, veramente, per colpa sua, non ci è neppure possibile pensare in modo sicuro alcuna cosa. In effetti, guerre, tumulti e battaglie non sono prodotti da null'altro se non dal corpo e dalle sue passioni. Tutte le guerre si origi- nano per brama di ricchezze, e le ricchezze noi dobbiamo di necessità procacciarcele a causa del corpo, in quanto siamo asserviti alla cura del corpo. E così noi non troviamo il tempo per occuparci della filosofia, per tutte queste ragioni. E la cosa peggiore di tutte è che, se riusciamo ad avere dal corpo un momento di tregua e riusciamo a rivolgerei alla ricerca di qualche cosa, ecco che, improvvisamente, esso si caccia in mezzo alle nostre ricerche e, dovunque, provoca turbamento e confusione e ci stordisce, sì che, per colpa sua, noi non possiamo vedere il vero. Ma risulta veramente chiaro che, se mai vogliamo vedere qualcosa nella sua purezza, dobbiamo staccarci dal corpo e guardare con la sola anima le cose in se medesime. E allora soltanto, come sembra, ci sarà dato di raggiungere ciò che vivamente desideriamo e di cui ci diciamo amanti, vale a dire la saggezza: cioè quando noi saremo morti, come dimostra il ragionamento, e non fin che siamo vivi. Infatti, se non è possibile conoscere alcunché nella sua purezza mediante il corpo, delle due l'una: o non è possibile raggiungere il sapere, o sarà possibile solo quando si sarà morti; infatti, solamente allora l'anima sarà sola per se stessa e separata dal corpo, prima no. E nel tempo in cui siamo in vita, come sembra noi ci avvicineremo tanto più al sapere quanto meno avremo relazioni col corpo e comunione con esso, se non nella stretta misura in cui vi sia piena necessità, e non ci lasceremo contaminare dalla natura del corpo, ma dal corpo ci manterremo puri, fino a quando il dio stesso non ci abbia sciolti da esso. E, così puri, liberati dalla stoltezza che ci viene dal corpo, come è verosimile, ci troveremo con esseri puri come noi, e conosceremo da noi stessi tutto ciò che è semplice: questa è forse la verità. Infatti, a chi è impuro non è lecito accostarsi a ciò che è puro."
Platone, Tutti gli scritti, Fedone, Bompiani, 2014, p. 78
Platone, piuttosto che correre verso la porta avversaria, preferisce passare a Paolo di Tarso.
"La mia vita, infatti è Cristo, e morire mi è un guadagno. Ma se vivere ancora quaggiù significa per me frutti di apostolato, allora non so cosa preferire. Sono preso, infatti, fra queste due brame: desidero morire per essere con Cristo, cosa di gran lunga migliore, ma d'altra parte è necessario ch'io rimanga ancora nella carne, perché lo richiede il vostro bene. Per ora sono persuaso che rimarrò e dimorerò di nuovo in mezzo a voi tutti, per il vostro progresso e la gioia della vostra fede, affinché col mio ritorno in mezzo a voi abbiate in me una maggior ragione di gloriarvi in Cristo Gesù."
Paolo di Tarso, Lettera ai Filippesi 1, 21-26
In queste condizione, Paolo di Tarso porge la palla a Maometto detto "profeta di Allahu Akbar:
"Guai se coloro che sono prevaricatori possedessero quanto è sulla terra tutta e anche il doppio, tenterebbero di riscattarsi con quello, dalla pena terribile nel giorno della resurrezione. Ma ciò che essi mai si immaginavano apparirà agli occhi loro, venuto da Dio."
Maometto, Corano, Sura XXXIX, versetto 47, Oscar Mondadori, 1980, p. 643
Maometto detto "profeta di Allahu Akbar tenta di raggiungere la porta avversaria….
Continua...
Marghera, 21 maggio 2018
Gli Dèi riflettono su questa relazione:
Prometeo e i filosofi Rinascimentali e Dialettici n.3, azione 17
Pagina tradotta in lingua Portoghese
Tradução para o português: Capítulo 49 - A partida de futebol entre filósofos, ação n.18 Fundamentalistas e Renascentistas n.4
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Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo
Membro fondatore della Federazione Pagana
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30175 Marghera - Venezia
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