Perché e come Allahu Akbar divenne uno degli arbitri della
Partita Mondiale di Calcio della Filosofia

di Claudio Simeoni

Partita di calcio mondiale della filosofia

 

Le notti senza sogni sono le notti in cui il riposo sembra assente.

Le notti senza sogni sono le notti in cui i ricordi della quotidianità scompaiono e tutto il nero del vissuto viene popolato di fantasmi di un possibile mai immaginato.

I fantasmi del non-sogno cancellano la memoria del vissuto, ma il vissuto non tace perché continua a modificare un corpo che trasforma l'esperienza nella forma.

La sveglia suonò sul comodino e l'operaio, distrattamente, alzò una mano per fermarne il suono. Era un suono fastidioso che gli diceva: "E' ora! E' ora! E' ora!" anche se quell'"ora" non era un tempo ma un luogo, un qui.

Duro e faticoso è un risveglio da un sonno senza sogni e da un fastidio alla testa dovuto forse a quell'hamburger mal digerito.

Il suono di quella sveglia si era interrotto, eppure, l'operaio nella sua testa continuava a sentire quel suono. In quel suono apparvero delle parole che iniziarono a prendere forma: "Come sei bello, come sei figo, sei il meglio del paradiso!". Era una sorta di cantilena che un po' alla volta iniziò ad entrargli nella testa.

Era uno strano mondo color rosso come certi tramonti che illuminano il mondo in giornate assolate di un ottobre che si rifiuta di aprire le sue porte all'inverno.

"Porcaccia la miseria" boforchiò l'operaio pensando fra sé "Mi sono svegliato in un altro sogno, sembra che io non mi possa liberare di sta cosa." E mentre un fiume di imprecazioni si apprestava ad uscire dalla sua bocca, mentre la cantilena del "Come sei bello, come sei figo, sei il meglio del paradiso!" aumentava di tono e di intensità, si rese conto che una donna lo stava guardando.

L'operaio chiese: "Sei tu che stai cantando?" Lei rise e gli disse: "E tu ti pensi "bello"?"

"Dove sono" continuò l'operaio. Almeno quella donna gli appariva quasi reale in un mondo surreale, tinto da colori che raramente aveva visto nella sua vita, pieno di suoni che alle sue orecchie apparivano come scherni e derisioni.

"Sei in uno mondo immaginato. Un mondo desiderato, tanto tempo fa. Un mondo che ha imprigionato gli uomini in desideri inespressi. E' l'immaginazione di genti che hanno vissuto, stanno vivendo e vivranno alimentando questa immaginazione che tanto desiderano".

In quel mentre, una donna trafelata e nuda corse verso la signora con cui l'operaio stava parlando. Piangeva, ma non era un pianto di dolore, era un pianto triste, sommesso, quasi silenzioso. Abbracciò la signora che, accarezzandola sulla testa gli sussurrò: "Coraggio, è arrivato!"

"E tu chi sei?" chiese l'operaio alla signora. "Io sono colei che ti accompagnerà in questo mondo. Io sono Al-lāt e non cercare di definirmi perché io sono vita anche là dove c'è deserto e morte!"

"E queste voci?" chiese l'operaio.

"Le voci che allietano lo "sborone". Angeli che passano la loro esistenza lodando la vanagloria e l'arroganza di un'immaginazione che pensa sé stessa come creatrice di un mondo immaginario che dovrebbe fungere da modello al mondo reale degli uomini." Disse Al-lāt e aggiunse: "Ma questo è affar tuo. Io ti accompagno fra le pieghe dell'immaginazione perché questo è il momento in cui l'immaginazione incontra l'immaginato che nell'immaginazione acquista la sua sostanza."

"Guarda!" Ordinò Al-lāt imperiosa.

Si stavano aprendo le porte e una forma d'uomo entrò. A fianco c'era una figura che:

"... aveva sopracciglia ampie, e bocca bellissima e ben formata, e denti bianchi e splendenti; e indossava vesti bianchissime e meravigliosamente ornate di perle e di pietre preziose. E portava due cinture, una sul petto e l'altra intorno ai fianchi, come usano gli uomini; ed esse erano d'oro purissimo, mirabilmente ornate, e ciascuna più alta di un gran palmo. E le sue mani erano rosse come il fuoco, e i piedi e le ali erano più verdi e splendenti di uno smeraldo."

Maometto, Il libro della scala, Editore Se, 1997, pag. 19

L'uomo si rivolse a quell'essere strano e guardando l'operaio disse: "Gabriele, chi è costui?"

Quell'essere, che l'operaio seppe che veniva chiamato "angelo", alzò gli occhi nella direzione indicata dall'uomo e subito i suoi occhi divennero furia di fuoco alla vista di Al-lāt a fianco dell'operaio. Gabriele mise mano alla sua spada, ma Al-lāt alzò il braccio sinistro e con la palma della mano rivolta verso Gabriele disse: "Né ieri, né ora, né mai!". La furia rabbiosa di Gabriele divenne sostanza che avvolse sia l'uomo appena arrivato che Gabriele stesso.

Le voci che cantavano le lodi, tacquero e tutto l'ambiente fu attraversato da sussurri e da tremiti.

Le voci si erano interrotte. Una figura simile a Gabriele si avvicinò all'uomo e pronunciò alcune parole:

cominciò a recitare: " halla huha kybar", che significa: "Dio è grande". E ancora disse: "le hille halla hilalla ", che significa: "Non v'è altro dio che Dio ". E aggiunse: "Haxedu le halla hilalla ", che significa: "Attestiamo che Maometto è il suo profeta". E poi disse ancora: "haia lazola haya lalfala", che significa: "Venite alla vostra preghiera e al vostro profitto".

p. 40-41

Poi, l'angelo che accompagnava l'uomo disse all'uomo:

"Fatti avanti, Maometto, e prega; poiché Dio ti ha posto innanzi a tutti gli altri nunzi e al di sopra di tutti coloro che hai visto nei sette cieli, e di cui sopra s'è detto".

p. 41

L'operaio guardava incuriosito anche se l'inquietudine stava salendo.

Al-lāt gli mise una mano sulla spalla e disse: "Non ora. Distingui il principale dal secondario. Il secondario vorrà sempre coinvolgerti per impedirti di affrontare il principale dal quale il secondario dipende."

Fu sufficiente questo perché l'inquietudine iniziò a scemare.

Fu in quel momento che:

"ecco che guardando fra loro vidi un uomo che sedeva su di un seggio di splendore, e che indossava vesti di puro splendore, e sul capo aveva una corona simile al seggio e alle vesti. E anche il suo viso riluceva di purissimo splendore. E quando l'ebbi guardato, chiesi a Gabriele chi fosse. E lui mi rispose che era nostro padre Adamo, il primo tra gli uomini. Ed io subito lo salutai. E lui chiese a Gabriele chi fossi. E Gabriele gli disse che ero Maometto. E subito Adamo mi salutò e mi testimoniò grandi segni di affetto e mi fece molti onori. E dopo disse che Dio voleva tributarmi più beni e più onori di quanti non ne avesse mai tributati a tutti gli altri uomini che erano stati e che saranno; ed aggiunse: "Sappi, Maometto, tu che sei il padre dei miei figli, che il Paradiso è chiuso, e che né profeta né uomo vi entrerà finché tu e il tuo popolo non sarete qui. Dio stesso ha stabilito che fosse così"."

p. 41

Dopo di che Adamo abbracciò Maometto. Mentre stava abbracciando Maometto, Adamo alzò gli occhi e incrociò gli occhi di Al-lāt. Il terrore bloccò il suo volto e disse: "Tu! Perché?"

"Avete rubato i pomi d'oro dal giardino delle Esperidi e non li avete restituiti all'uomo. Avete sbarrato le porte dell'infinito agli Esseri Umani, avete reso schiave e sottomesse le donne e violentato l'infanzia umana costringendola alla schiavitù. Prometeo portò il fuoco della conoscenza nella vita degli uomini e il tuo padrone ha spento il fuoco nell'uomo con la sua arroganza e col suo disprezzo costringendo l'uomo a chiamare quel disprezzo "gloria di Dio". Disse Al-lāt.

Fu in quel momento che l'operaio si ricordò della donna nuda e trafelata che aveva abbracciato Al-lāt. Non se n'era andata. Aveva smesso di piangere e il suo dolore pareva svanito. Ora sorrideva e nel voltarsi per andarsene sussurrò: "E' arrivato!".

Quante preghiere a Dio. Maometto, Gabriele e torme di figure, dette angeli, continuavano a lodare Dio perché quel Dio si nutriva delle loro preghiere, della loro deferenza del loro nulla esistenziale.

Fu in quel momento che l'operaio si rivolse a Maometto dicendogli: "Ti senti figo a lodare e a prostrarti davanti a uno che ritieni onnipotente? Ma come te la cavi con uomini che non si sottomettono e che non puoi passare a fil di spada?" Poi l'operaio continuò: "Gli uomini li puoi conquistare con le armi e costringerli a prostrarsi, ma sei in grado di argomentare le tue ragioni in un consesso umano pronto a giudicarti e a confrontarti con altri?"

Maometto guardò esterrefatto l'operaio. Quale ardire. Quale bestemmia contro Dio quell'operaio aveva proferito. Si volse a guardare Gabriele che apparve impietrito. Sul volto di Gabriele si leggeva il desiderio di sfoderare la sua spada e sgozzare quell'individuo impudente. Ma Gabriele era terrorizzato dal sorriso che appariva sul volto di Al-lāt.

L'operaio guardò Al-lāt e questa, continuando a sorridere disse: "Ti avevo detto che ti avrei accompagnato in questo viaggio. Non sempre chi viene sconfitto è impotente; non sempre l'arroganza del vincitore esprime vittoria. Il potere non è di chi si appropria e distrugge, ma di chi sa indurre il presente a trasformarsi. Ricordalo sempre" continuò Al-lāt "molti ti diranno che per vincere devi conquistare, ma tu dovrai spiegare che per vincere è necessario trasformare perché nulla sarà com'è ora e il suo sarà germina da ora."

Dal settimo cielo passarono all'ottavo cielo. A Gabriele e a Maometto la porta fu aperta da:

"un angelo di luce, il cui chiarore era settantamila volte maggiore di quello del sole. Esso aveva settantamila teste, ed ognuna aveva settantamila volti, ed ogni volto settantamila occhi; e ciascun occhio aveva settantamila pupille, ognuna delle quali tremava settantamila volte al giorno, atterrita dal timore di Dio."

p. 42

Ma Al-lāt e l'operaio non ebbero difficoltà ad entrare in quel mondo di illusioni in cui tutto appariva solo per soddisfare il desiderio dei "credenti" che, rinunciando alla vita, avevano deciso di essere fedeli alla loro illusione.

Era un'illusione assurda nella quale barriere venivano poste alla percezione dell'uomo. Barriere che apparivano come:

"una barriera fatta di cortine, che separa Dio dagli angeli. E c'erano anche dei cerchi che fungevano da separazione ulteriore. E intorno a quei cerchi c'era una grandissima moltitudine di quegli angeli che sono detti Cherubini."

p. 42

Davanti all'operaio e a Al-lāt le barriere, fatte di veli e cerchi dai mille colori, svanivano. Nulla era reale. Nulla aveva un senso nell'esistenza dell'uomo perché tutto era relegato nell'ambito di una fede che costringeva l'uomo a desiderare. E quell'operaio non aveva fede per dare sostanza a quelle barriere.

Fu allora che si udì la voce che si rivolse a Maometto:

"diceva: "hacrop kodem, ya habibi, ya Muhagmet", che significa: "Avvicinati, Maometto, amico mio ". Udendo ciò, mi spinsi ancora più avanti e udii un'altra voce che pronunciava la stessa frase. E fattomi più vicino, udii un'altra voce che mi ripeté quelle parole aggiungendo: "Sappi, Maometto, che tu presso di me sei onorato più di tutti gli altri nunzi e più esaltato di tutte le altre creature da me fatte, siano angeli o uomini o dèmoni". E udendo quella lode e quell'encomio che Dio mi faceva, subito avanzai ancora, avvicinandomi al punto che tra lui e me non rimase che lo spazio di due tiri di balestra. Ed io salutai Dio, e Lui me. E poi Lui mi domandò come si comportava il mio popolo. Ed io gli risposi che gli era molto obbediente. E Lui disse: "Maometto, ti comando di far digiunare il tuo popolo per sessanta giorni ogni anno, e di fargli recitare cinquanta preghiere ogni giorno"."

p. 44

Fu in quel momento che l'operaio non si trattenne più. Al-lāt aveva allentato la presa sulle sue emozioni e queste fluirono con la forza dirompente di un torrente di montagna dopo una tempeste che rilascia bombe d'acqua.

"Sei bravo a nasconderti nell'illusione scappando dalla vita degli uomini. Perché non hai detto a questo personaggio di costruire ospedali, strade, scuole e di non sottoporre a violenza l'infanzia? Hai così tanto bisogno di carne umana per alimentare la tua esistenza nell'illusione?"

Maometto divenne paonazzo.

Quel Dio girò il suo volto guardando l'operaio che fissandolo lo stava sfidando allo stesso modo con cui la mangusta osserva il cobra mentre sibila irto in posizione d'attacco.

Fu quello sguardo, da cui prorompevano le emozioni di infinite esistenze di uomini, che il Dio di Maometto non sopportò e l'operaio colse il momento.

"Ti senti figo nascosto nelle illusioni degli uomini a cui rubi la vita e l'energia?"

Poi, l'operaio, alzò la mano destra, chiuse la mano a pugno, fece uscire il dito indice, lo puntò su quel Dio e disse: "Tu sarai il terzo".

A qualche passo di distanza Al-lāt osservava.

A poso a poco, questo mondo, dagli infiniti colori del topazio, iniziò a svanire e il sonno senza sogni avvolse l'operaio.

L'operaio si girò ancora una volta nel letto sussurrando "Tu, Allahu Akbar, sarai il terzo."

La sveglia suonò. Ma non l'aveva già spenta? Non aveva già suonato. Ancora questo vuoto di ricordi. Solo una frase ancora balzava nella sua mente: "Tu sarai il terzo!"

Il terzo per cosa? Non se lo ricordava.

 

Nota - Le citazioni sono prese da: Maometto, Il libro della scala, Editore Se, 1997, Il numero di pagina si riferisce a quell'edizione.

Marghera, 06 novembre 2022

 

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