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Dopo che Discordia era sparita nella nebbia, gli arbitri rimasero ammutoliti per lunghi istanti assorti in pensieri che rivelavano la loro ansia d'attesa. Furono scossi da un fremito quando un'enorme coda di serpente si presentò sul campo, La coda di serpente continuò col corpo di una donna dallo sguardo possente e determinato.
La nuova venuta, salutandoli, si presentò. "Io sono Echidna madre di un infinito numero di specie della Natura. Sono colei che strisciò fin dall'inizio dei tempi quando Gaia divenne sostanza in un universo neonato. Da me procedono stirpe di Dèi la cui forma è estranea alla forma degli uomini. Io sono una madre della vita che precedette altre madri che posero le basi per il divenire dei loro figli."
Poi continuò: "Tifone è venuto nella caverna e mi ha chiesto di assistere a questo scontro di pensiero. Mi ha chiesto di riflettere su quanto avete visto in quest'azione. Perché verrà il tempo in cui il figlio di Gaia spazzerà via Zeus e gli Dèi Olimpi dalla propria esistenza."
Gli arbitri si aspettavano una voce sibilante, ma la voce di Echidna era ferma, emanava potere e chiedeva rispetto.
"Ecco dunque ciò che si chiama piacere e dolore: il dolore è conoscenza del dissolvimento del corpo che sta per essere privato dell'immagine dell'anima; il piacere è conoscenza, nell'essere vivente, che l'immagine dell'anima è sul punto di essere nuovamente integrata nel corpo."
Plotino, Enneadi, Bompiani, 2000, p. 643
"Piacere e dolore sono i limiti della percezione emotiva entro i quali la vita diviene." Inizia il suo discorso Madre Echidna "Sarebbe più corretto parlare di espansione, pausa, contrazione e rilassamento. Dove nell'espansione si colloca la felicità, nella pausa la felicità blocca l'espansione perché tende a sedimentare sé stessa dentro all'individuo, una contrazione nella quale collochiamo il dolore per il decadimento della felicità e il rilassamento in cui collochiamo la sedimentazione nell'individuo dell'esperienza vissuta e la relativa preparazione ad una nuova espansione, una nuova felicità. In tutto questo il dolore è un'idea della ragione che si sente privata della felicità iniziale provata mentre la felicità modifica l'individuo trasformandolo. E' come quell'orso che si nutrì di miele finché il miele non gli dava più la stessa felicità che provava all'inizio e fu costretto a mangiare molte bacche amare per poter provare una nuova felicità, un nuovo piacere nel mangiare il miele. Il corpo prova piacere. Il corpo prova dolore. Il corpo agisce per cercare il piacere. Il corpo agisce per rinnovare il piacere. Il corpo nasce, si espande, manipola la propria energia emotiva e poi muore liberando tutto il potere emotivo che ha costruito nella sua esistenza."
"In questo modo: se l'Essere si dice dell'Uno-che-è e l'Uno dell'Essere che è Uno, non sono la stessa cosa l'Essere e l'Uno, ma si predicano entrambi di quella realtà che abbiamo posto come ipotesi, dell'Uno-che-è. Non è allora necessario che lo stesso Uno-che-è sia un tutto, di cui siano parti l'Uno e l'Essere?".
Platone, Tutti gli scritti, Parmenide, Bompiani, 2014, p. 392
"Io sono!" disse Echidna "Io sono l'Essere che, germinato alla vita in un immenso, ha assistito alla modificazione del proprio presente in cui un infinito numero di coscienze sono venuti in essere. Io Echidna ho assistito alle trasformazioni e nessun Uno, nessun Tutto governa l'universo, ma dalla materia dell'universo le coscienze, una dopo l'altra, prendono forma. Ogni presente diviene, si trasforma, costruendo nuove e diverse condizioni nelle quali nuovi presenti germinano permettendo la germinazione di nuove e diverse coscienze che si espandono nel mondo in cui sono venute in essere. L'Uno non è, ma è vivo il desiderio che l'UNO sia perché in questo modo il piccolo uomo non si sente più l'insignificante davanti alla vita, ma il super-uomo che partecipa ad un Tutto, ad un Uno, onnipotente. Io ho visto le germinazioni delle consapevolezze dall'inconsapevole e ho visto come la necessità di vivere delle consapevolezze modificano il mondo preparando, l'inconsapevole in cui vivono, a generare altre e nuove consapevolezze. Piccole consapevolezze che germinano smarrite in un universo di consapevolezze che appaiono loro estranee ed ostili. Eppure, la necessità di esistere costringe queste consapevolezze ad armarsi, ad organizzarsi, ad agire e ad adattarsi. Poche di loro sognano l'onnipotenza di un Tutto cui appartenere e quando lo fanno si fanno prede, agnelli sacrificati al desiderio di altre consapevolezze di continuare a vivere e ad espandersi. Le condizioni determinano la germinazione della coscienza; la volontà d'esistenza della coscienza determina l'espansione del soggetto nel mondo, le condizioni oggettive possono favorire o ostacolare lo sviluppo della coscienza."
"Di conseguenza, la morale, la religione, la metafisica e ogni altra forma ideologica, e le forme di coscienza che ad esse corrispondono non conservano oltre la parvenza di autonomia. Esse non hanno storia, non hanno sviluppo, ma gli uomini che sviluppano la loro produzione materiale e le loro relazioni materiali, trasformano e le loro relazioni materiali trasformano, insieme con questa la loro realtà, anche il loro pensiero e i prodotti del loro pensiero."
Karl Mark, La concezione materialistica della storia, Editori Riuniti, 1971 p. 44
"La morale, la religione, la metafisica" continua Echidna mentre la sua coda serpentina frusta la nebbia agitandola "non hanno spessore storico. Non hanno divenuto, non hanno trasformazione. Non sono oggetti in sé stessi, sono ciò che gli uomini desiderano nel momento in cui desiderano controllare altri uomini. La concezione di Dio o degli Dèi non ha una storia. Gli uomini non "credevano" in Dèi e quella credenza si è storicamente modificata, ma "pensavano ad un mondo di Dèi", poi, arrivò la violenza e li costrinse a pensare a sé stessi come all'unico Dio, come a manifestazione dell'UNO, del Tutto universo e, sotto di loro, forme striscianti di uomini e di coscienze che dovevano riconoscere la superiorità e il diritto dei loro dominatori. Non c'è una storia di passaggio fra l'una e l'altra concezione della vita. Non c'è una storia di passaggio fra una morale dell'uomo che tratta alla pari con gli Dèi all'uomo che si inginocchia deferente. Non c'è un passaggio fra un sentire religioso dell'uomo che abita il mondo ad un sentire religioso dell'uomo sottomesso e deferente ad un'autorità divina della quale teme l'ira e la vendetta che la vede materializzarsi nel dominio sociale a cui deve essere obbediente. La teologia, la metafisica, non ha una storia. Ogni metafisica è separata da ogni altra metafisica e risponde ai bisogni dell'uomo nel momento storico in cui quei bisogni si manifestano. Una metafisica non si trasforma in un'altra metafisica. La teologia che incontra gli Dèi in ogni azione che gli uomini compiono nel mondo non ha nulla a che vedere con una metafisica che descrive una realtà di un mondo immaginario determinato da un Dio padrone in quanto creatore o da un determinismo in cui il destino è voluto da un UNO mediante il distacco delle anime che abitano corpi che, altrimenti, sarebbero dei cadaveri. Le due teologie non hanno nessi se non nella forma apparente con cui colui che afferma un principio di "verità" ruba la percezione della realtà agli uomini per piegarla affinché giustifichi la sua "verità" e costringa gli uomini a riconoscere una verità che sta solo nella sua testa. La storia è solo storia delle relazioni fra gli uomini. Le relazioni fra gli uomini determinano le idee aprioristiche che gli uomini generano per fissare la qualità delle loro relazioni. Ma la storia sta nelle relazioni, non nelle idee aprioristiche."
"Democrito non intendeva dire che di quei granelli di polvere che, sollevandosi, si rendono visibili attraverso la finestra, siano costituiti il fuoco e l'anima o che, in generale, questi granelli di polvere siano gli atomi, bensì ha detto: "Questi granelli esistono nell'aria, essendo però invisibili a causa della loro limitata grandezza, sembrano non esistere e solo i raggi solari, che penetrano attraverso la finestra, ne rivelano l'esistenza; allo stesso modo, esistono anche i corpi indivisibili, piccoli e invisibili perché è troppo piccola la loro grandezza". Egli considera questi corpi come principio primo di tutti i corpi naturali, così come i medici considerano essere principi di tutti i corpi i quattro elementi."
Democrito, Raccolta dei frammenti, Bompiani, 2007, p. 291
"Ad una realtà che si presenta come oggetto in sé" continua Madre Echidna agitando in maniera frenetica la sua coda "all'uomo è proprio dell'Essere della Natura selezionare la quantità e la qualità dei fenomeni che gli è utile percepire per costruire le strategie della propria esistenza. Tutti gli Esseri della Natura hanno un proprio rumore di fondo composto da fenomeni che potrebbero percepire e usare, ma che ritengono ridondanti rispetto alle loro necessità e, pertanto, costoro tengono quei fenomeni in una sorta di "sospensione" rispetto alla formazione del giudizio della loro ragione. Fra tutti gli Esseri della Natura solo gli uomini operano mediante due azioni che censurano preventivamente la percezione dei fenomeni del mondo in cui vivono. Uno è la volontà che impiegano per negare fenomeni che si presentano alla loro coscienza e l'altro è la volontà che impiegano per proiettare sui fenomeni che accettano di percepire i loro desideri soggettivi mediante la loro interpretazione. Democrito ha ragione nel suo ragionamento per similitudine. Se ci sono particelle invisibili nell'aria che vengono rese visibili attraverso i raggi del sole, è possibile l'esistenza di altre particelle, anche più piccole, come base della materia e di ogni oggetto che vediamo. Si tratta di un modo di interpretare la realtà che Democrito afferma e che Platone nega. Cosa porta secondo voi" continua Echidna rivolta agli arbitri "uno ad affermare una realtà e l'altro a negarla? Ovviamente gli interessi soggettivi, le predilezioni con cui entrambi rivestono le condizioni della loro esistenza. Democrito osserva il mondo e si compiace di descrivere il mondo, Platone desidera dominare il mondo, si identifica col dominatore del mondo e non ammette nessuna realtà che possa mettere in discussione il suo diritto a dominare il mondo. Ne segue che in Platone non c'è la lettura di una realtà, ma c'è solo la manifestazione del suo desiderio di dominio che eleva a filosofia e interpretazione di una realtà frutto solo della sua immaginazione. Non c'è una storia che lega l'uno all'altro i concetti. Non c'è un prima o un dopo di quelle filosofie, ci sono solo i bisogni dell'uomo che al piacere di interpretare la realtà del mondo di Democrito contrappone il desiderio di dominare di Platone."
"Nel dire, come abbiamo detto, che l'uomo ha creato una razza, non facciamo confusione e non affermiamo che l'uomo ha fatto gli individui che sono stati forniti dalla natura con certe qualità apprezzabili: l'uomo li ha riuniti insieme e ha trasformato in un dono permanente la generosità della natura. In parecchi casi, come ad esempio nella pecora Ancon, di gran valore perché non è capace di saltare gli steccati, e nel piccolo cane usato nei mulini, l'uomo ha probabilmente soltanto impedito gli incroci, ma in molti casi noi sappiamo di sicuro che egli ha agito secondo la selezione, traendo vantaggio dalle successive piccole variazioni."
Darwin, L'origine delle specie e i fondamenti dell'evoluzione, Newton, 1984, p. 111
"Anche l'intuizione più geniale vien banalizzata" continua Echidna "la materia è una costante nell'universo e ogni coscienza che manifesta la propria volontà di vivere manipola la materia e, manipolando la materia, consente al venir in essere di nuove forme di coscienza. Nulla nasce dal nulla, ma tutto nasce da un preesistente che viene modificato. L'uomo vive nell'idea di una creazione della vita dal nulla, ma nulla, nella realtà del suo vissuto, porta l'uomo a formulare una tale ipotesi. All'uomo piace pensarsi onnipotente oltre ogni dato di realtà. In questo modo, quando Darwin rileva che in natura "nulla si crea, ma tutto si trasforma" l'uomo non modifica il proprio punto di vista sulla realtà del mondo ma, pur considerando corretta l'osservazione di Darwin, continua a comportarsi nel mondo come se un Dio lo avesse creato dal nulla. Per questo tipo di uomini è più facile sottomettersi e far propria l'idea di un padrone che ha creato il mondo piuttosto che prendere atto di vivere in una realtà in trasformazione che gli richiederebbe un enorme sforzo di responsabilità dal momento che ogni sua azione, o non azione, concorre a modificare la realtà stessa."
"O uomini, adorate il Signor vostro: lui vi ha fatto sorgere dal nulla, lui ha creato quelli che furono prima di voi. E' auspicabile, dunque, che lo temiate."
Maometto, Corano, Sura II La vacca, versetto 21, Oscar Mondadori, 1980, p. 87
"Nulla è permesso che avvenga al di fuori del Signor vostro da adorare" c'era una nota, non tanto velata, di disprezzo nella voce di Echidna "perché se lui ha fatto sorgere dal nulla, in lui c'è tutta la verità e non ci può essere altro al di fuori di quanto egli dice perché, se ci fosse, lui lo avrebbe detto. E voi dovete avere paura di lui. Mentre una spada è poggiata alla vostra gola, pronta a tagliarla, colui che impugna la spada chiede: "Temi il Signore?". Voi non osate rispondergli che non temete il Signore perché, in quel caso, vi taglierà la gola. Dovete rispondergli che "temete il Signore" perché se gli dite che temete la sua spada è facile che vi tagli la gola affermando di mandarvi a conoscere il suo Signore. Nessuno ha creato il mondo dal nulla, ma spade puntate alla gola hanno costretto centinaia di generazioni a pensare che qualcuno, che è necessario temere, ha creato il mondo dal nulla. E dopo decine di generazioni di persone terrorizzate, nonostante si possa dimostrare che il mondo è divenuto in sé e per sé, gli uomini ancora sono costretti a pensare che il mondo è stato creato dal nulla da un Dio malvagio che si compiace di macellare gli uomini per farsi temere. "Nulla si crea, ma tutto si trasforma" nella realtà del vissuto degli uomini, ma nella fantasia delirante ecco il potente padrone che crea dal nulla un mondo in cui far abitare gli schiavi che devono obbedire alla morale che lui impone."
"Anzi "se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene"."
Paolo di Tarso, lettera ai Romani 12, 20 - 21
"Come uccidere il nemico che anziché mettersi in ginocchio davanti all'idea del Dio padrone, in quanto creatore del mondo, preferisce cercare le cause dei fenomeni nel mondo?" e mentre diceva questo, sul volto di Echidna apparve un ghigno fra il feroce e il disgustato "Brucialo! Chi brucia il nemico che non vuole mettersi in ginocchio davanti a Dio è il bene che ama Dio bruciando gli uomini che, non adorando Dio, sono il male! C'è qualche cosa di squallido in tutto questo dove colui che si permette di accumulare carboni ardenti sulla testa degli uomini è il bandito che controlla il cibo e l'acqua e non è certo l'affamato o l'assetato che supplicano cibo o acqua. Diventa padrone dell'acqua e del cibo, dice Paolo di Tarso, e sarai nelle condizioni di mettere carboni ardenti sulla testa degli uomini. Quando usi i carboni ardenti per terrorizzare e imporre la fedeltà agli uomini, tutto il tuo pensiero, tutta la filosofia, ha il solo fine di giustificare i carboni ardenti e il diritto di imporre sofferenza per terrorizzare in nome e per conto di Dio: in nome di ciò che ritieni "bene". Come dice "gli uomini che sviluppano la loro produzione materiale e le loro relazioni materiali, trasformano e le loro relazioni materiali trasformano, insieme con questa la loro realtà, anche il loro pensiero e i prodotti del loro pensiero" non penso che ci sia qualche cosa di più materiale dei carboni ardenti accumulati sulla testa delle persone."
Smorfie di disgusto accompagnavano le parole di Echidna come se il dolore entrasse in ogni pelo e in ogni squama del suo corpo che ondeggiava continuamente scuotendo la possente coda. Il dolore provato da Echidna era evidente, si trasmetteva ad ogni ascoltatore e sembrava crescere di intensità. Poi, d'un tratto, la terra tremò e l'immenso Tifone, figlio di Gaia, si erse possente. Tifone allungò un braccio attorno alle spalle di Echidna e disse: "Torniamo a casa!". Mentre Echidna e Tifone si dissolsero, anche il dolore abbandonò la nebbia lasciando gli arbitri muti e perplessi a fissare il vuoto nell'attesa del prossimo Dio.
Il significato della partita di calcio della filosofia spiegate dagli Dèi.
Marghera, 29 giugno 2020
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