Peckols e i filosofi fondamentalisti contro dialettici
fase n. 10, azione 49

Capitolo 50 della seconda fase

La partita di calcio mondiale fra i filosofi

di Claudio Simeoni

Continua dal precedente...

Sei capace di giocare a calcio?

Al-lāt era scomparsa. Anche la nebbia, che per molto "tempo" sedeva sul campo da gioco, era svanita. Gli spalti, stracolmi di Dèi, ora apparivano silenziosi. Al-lāt aveva aperto una breccia nei pensieri degli arbitri che sembravano sempre più smarriti come se, per la prima volta nella loro esistenza, si trovassero fuori posto.

Solo Beppi di (o da) Lusiana che da tempo aveva smesso di parlare in veneto osservava gli arbitri con una sorta di disprezzo e di rancore. Il suo sguardo sembrava calmarsi solo quando si poggiava su Fanes.

"Io vi ho "creati" per la mia maledizione" disse Beppi di (o da) Lusiana. Le parole uscivano dalla bocca in maniera pesante, stentata, come se su Beppi di (o da) Lusiana fosse calato un peso che non poteva sopportare. Gli anni erano tanti. Si muoveva solo con le stampelle che gli davano un po' di sicurezza nel suo andare incerto. E mentre diceva, osservava Yahweh e Allahu Akbar. "ecco cosa è successo in questa Partita Mondiale di Calcio della Filosofia. Uomini che vi hanno "creato", cantando la vostra gloria cantavano la loro gloria di dominatori, di padroni, di aguzzini del genere umano."

"Perché, non hai forse giocato questa partita?" chiese Yahweh.

"Era una partita di calcio della filosofia truccata. Voi avete giocato per schiacciare l'uomo, per ridurlo in schiavitù a maggior gloria di altri uomini mentre l'uomo non ha mai potuto giocare perché era troppo impegnato a sopravvivere alla vostra imposizione."

"Sopravvivere? Non farmi ridere!" A parlare fu un vecchio dalla lunga barba bianca che apparve all'improvviso uscito dalla terra.

"E tu, chi saresti" chiese Allahu Akbar.

"Chi sono te lo ha detto Al-lāt, ma forse il mio nome non ti dice nulla. Il popolo che pronunciava il mio nome fu macellato dai cavalieri teutonici perché rifiutarono di sottomettersi a Yahweh e di me non è rimasto nessun ricordo se non un nome scritto da un adoratore di Yahweh su un pezzo di carta. Chi sono o che cosa sono non lo so nemmeno io. Per voi aiuterò Anubi a tenere aperte le porte del nulla. Allora ricorderete il nome di Peckols, ma, soprattutto, quando guardate me, guardate il sangue dei prussiani che i cavalieri teutonici macellarono a maggior gloria di Yahweh. Io sono tutti loro."

"In realtà, gli uomini ricevono la conferma della verità della loro conoscenza solo dopo che nel corso del processo della pratica sociale (nel processo della produzione materiale, della lotta di classe e della sperimentazione scientifica) hanno raggiunto i risultati previsti. Se l'uomo vuole riuscire nel lavoro, cioè arrivare ai risultati previsti, deve conformare le sue idee alle leggi del mondo oggettivo esterno; in caso contrario, nella pratica, fallirà. Se fallisce, ne trarrà insegnamento, correggerà le sue idee e le conformerà alle leggi del mondo esterno, trasformando così la sconfitta in vittoria; è questo il significato delle massime: "La sconfitta è madre del successo" e "Sbagliando s'impara". La teoria dialettico-materialistica della conoscenza pone la pratica al primo posto; essa ritiene che la conoscenza umana non possa in nessun modo essere separata dalla pratica e respinge tutte le erronee teorie che negano l'importanza della pratica e scindono la conoscenza dalla pratica. Lenin dice: "La pratica è superiore alla conoscenza (teorica), perché possiede non solo il pregio dell'universalità, ma anche quello dell'immediata realtà". La filosofia marxista - il materialismo dialettico - ha due caratteristiche molto evidenti. La prima è la sua natura di classe: essa afferma apertamente che il materialismo dialettico è al servizio del proletariato. L'altra è la sua natura pratica: essa sottolinea che la teoria dipende dalla pratica, che la teoria si basa sulla pratica e, a sua volta, serve la pratica. La verità di una conoscenza o di una teoria non è determinata da un giudizio soggettivo ma dai risultati oggettivi della pratica sociale. Il criterio della verità può essere soltanto la pratica sociale."

Mao Zedong, Opere Scelte, Casa editrice in lingue estere, Pechino, 1969, Trattato sulla pratica, p. 315

" Il criterio della verità può essere soltanto la pratica sociale." Inizia riprendendo l'ultima frase Peckols "Nell'esercizio della filosofia metafisica Mao inverte i parametri della conoscenza. La conoscenza non ha nulla a che vedere con l'ontologia, ma è il prodotto dell'attività materiale e pratica dell'uomo. E' l'attività pratica dell'uomo che genera la conoscenza dell'uomo. E' il vivere nella società civile che induce l'uomo a costruire le sue idee sul mondo e sulla conoscenza. Come considera Mao l'elemento ontologico che ha dominato la filosofia metafisica fino ai giorni nostri? Un prodotto dell'immaginazione che ha sostituito le risposte desunte dalla vita pratica per costringere l'uomo in una dimensione fantastica nella quale imprigionarne le scelte e il modo di vivere e di pensare il mondo. La conferma della verità o della menzogna è data dalla sperimentazione; nell'attuazione pratica di quel principio sociale, etico, morale. Sia che tu voglia la libertà dell'uomo o la schiavitù dell'uomo; sempre dalla pratica devi partire per ottenere una strategia di successo. Una cosa, per essere vera, non può essere vera solo per me. Un oggetto o un'idea hanno una loro realtà soggettiva e diventano vere quando altri riconoscono in quell'oggetto o in quell'idea una realtà che riconoscono. Il Dio dei cristiani è un oggetto pratico che serve ai cristiani per sottomettere l'uomo ad una morale predeterminata. Il Dio dei cristiani è l'oggetto pratico che impone la schiavitù all'uomo. Per sottrarsi alla sottomissione e alla schiavitù l'uomo non può prescindere dal riconoscere gli oggetti che ne determinano la sottomissione e la schiavitù. La natura classista è determinata dal tempo storico. In una società priva di classi, giuridicamente determinate, viene a mancare la condizione di avanguardia sociale del proletariato in quanto, l'essere proletario, cessa di essere una condizione imposta per diventare una scelta, più o meno dettata dalle circostanze, del singolo individuo. Lo spirito che alimentava il pensiero astratto in alcuni proletari mettendoli alla testa nelle rivendicazioni di migliori condizioni di vita, abbandona il proletariato come classe per sciogliersi e disperdersi nella società. Tuttavia, la pratica del corpo che abita il mondo rimane l'elemento centrale nella formazione delle idee e delle teorie che proprio in quella pratica di vita vengono verificate."

"Stato libero, che cos'è?
Non è assolutamente compito degli operai, che si sono liberati dal gretto spirito di sudditanza, rendere "libero" lo Stato. Nel Reich tedesco lo Stato è "libero " quasi come in Russia. La libertà è data dalla possibilità di cambiare lo Stato da organo sovrapposto alla società, in organo completamente sottomesso ad essa e anche attualmente le forme dello Stato sono più o meno libere nella misura in cui limitano la "libertà dello Stato".
Il partito operaio tedesco - almeno se fa proprio questo programma - mostra come le idee socialiste non gli siano entrate neppure sottopelle, perché, invece di considerare la società come è oggi (e ciò vale per ogni società del futuro), come base dello Stato presente (o futuro per la società futura), tratta lo Stato più come un ente autonomo, padrone delle sue "basi spirituali, morali, liberali".
Ed ora arriviamo al deplorevole abuso che il programma fa delle parole "Stato odierno", "società odierna" e al malinteso ancora più deplorevole che esso crea circa lo Stato a cui dirige le sue rivendicazioni!
La "società odierna" è la società capitalistica, che esiste in tutti i Paesi civili, più o meno libera di aggiunte medievali, più o meno modificata dal particolare sviluppo storico di ogni paese, più o meno sviluppata. Lo "Stato odierno", invece, muta con il confine di ogni Paese. Nel Reich tedesco-prussiano è diverso da quello svizzero; in Inghilterra, diverso da quello statunitense. "Lo Stato odierno" è dunque una finzione.
Per questo motivo i diversi Stati dei diversi Paesi civili, malgrado la loro variopinta differenza di forma, hanno in comune che stanno tutti sul terreno della moderna società borghese, che è più o meno evoluta in senso capitalistico. Essi hanno perciò in comune anche certi caratteri essenziali. In questo senso possiamo parlare dell'esistenza di uno "Stato odierno", in antitesi col futuro, in cui la sua radice odierna, la società borghese, sarà eliminata."

Karl Marx, Critica al programma di Gotha, Samonà e Savelli, 1972, p. 47 - 48

"Il problema dello Stato in Marx è il problema di Dio." Riprende il suo discorso Peckols "Immaginate Dio assoluto che, infastidito, macella tutta l'umanità col diluvio universale. Lui è lo Stato che governa gli uomini e come tale ha deciso che gli uomini vengono tutti infilati in un campi di sterminio che viene chiamato "diluvio universale". Questa forma di Stato è il modello dal quale inizia ogni Stato moderno. Ora, come ci raccontano ebrei e cristiani, dopo aver macellato l'umanità col campo di sterminio detto "diluvio universale", Dio si rammarica per aver perso tutti quelli che avrebbero potuto bruciare olocausti in suo nome. In sostanza, al Dio che ha macellato tutti gli uomini del pianeta, non interessano nulla gli uomini, i loro desideri e i loro sentimenti, si rammarica perché da loro, che ha ammazzato, non può più avere reddito."

A questo punto Peckols citò i testi sacri degli sterminatori dei prussiani:

Noè costruì un altare al Dio/Stato; prese animali puri di ogni specie e uccelli puri di ogni specie e offrì olocausti sull'altare. Il Dio/Stato sentì un odore soave; e il Dio/Stato disse in cuor suo: "Io non maledirò più la terra a motivo dell'uomo [dei miei sottomessi], poiché il cuore dell'uomo [dei miei sottomessi] concepisce disegni malvagi fin dall'adolescenza; non colpirò più ogni essere vivente [i miei sottomessi] come ho fatto. Finché la terra durerà, semina e raccolta, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte, non cesseranno mai".

Genesi 8, 20 - 22

Dopo aver citato i testi "sacri" degli sterminatori dei prussiani, Peckols riprende il discorso: "E' la prima limitazione dell'assolutismo di Dio che si fa Stato nei confronti degli uomini e dello Stato che si fa Dio nei confronti dei medesimi. Dio/Stato dice a sé stesso: "Io non sterminerò più TUTTI gli uomini, ma solo una parte di uomini. Sterminerò solo quelli che non mi danno reddito e che non mi fanno sentire l'odore soave dell'olocausto". Tutti quelli che daranno reddito a Dio saranno, da Dio, non ammazzati fintanto che a Dio daranno reddito. Lo adoreranno. Il patto fra Dio e l'uomo è chiaro. Dio dice: "Tu uomo mi dai reddito e io non ti ammazzo, ma nel momento in cui tu cessi di darmi reddito, io ti ammazzo!" Tutta la storia dell'umanità negli ultimi 2000 anni si riassume in questa condizione. Gli uomini che cercano di aprire spazi di libertà, di autodeterminazione, sottraendoli a Dio e Dio che cerca di riprendere il controllo assoluto dell'uomo per poter continuare a ricevere reddito dall'attività umana. Chiamatelo Dio, Dio padrone o Stato, state sempre parlando dello stesso soggetto la cui tendenza Istituzionale è quella di andare verso l'assolutismo del controllo dell'uomo in una società in cui i bisogni dell'uomo spingono i singoli individui a ritagliarsi spazi di libertà nei confronti dello Stato da cui sono dominati. Uno Stato/Dio che è fatto di uomini che pensano sé stessi onnipotenti e in diritto di esercitare l'onnipotenza nei confronti di tutti gli altri uomini della società, ma che sono costretti a cedere spazi della loro onnipotenza divina per il timore di perdere l'intera onnipotenza, l'intero controllo dello Stato, sia a beneficio di altri onnipotenti sia a beneficio delle persone quando sono in grado di moltiplicare gli spazi di libertà e di autodeterminazione nei loro confronti. L'unica cosa che non può esistere e non esisterà mai è "Dio al servizio dell'uomo". "Dio, l'assoluto, che fa olocausto di sé stesso liberando l'uomo dalle catene morali e comportamentali che ha imposto all'uomo!" Questo perché l'uomo, in quanto persona sociale, è il senso stesso della società e noi parliamo di società solo perché è fatta da un insieme di uomini. Lo stesso Dio esiste solo perché è pensato dagli uomini, altrimenti non esisterebbe in sé. Se gli uomini, per determinare il proprio potere assoluto su altri uomini, non pensassero al potere di Dio per legittimare il proprio potere, Dio non esisterebbe ma esisterebbe il desiderio di dominio di alcuni uomini su altri anche se questo desiderio non venisse chiamato col nome di Dio. Tanto più uno Stato è libero, tanto più è libero di violentare i cittadini; tanto più i cittadini sono emancipati dallo Stato e tanto meno lo Stato è libero di vessare i cittadini."

"Si è dimostrato infatti che sono più universali gli Dèi più vicini all'Uno, più particolari quelli più lontani; quelli più universali hanno potenze che possono abbracciare più cose rispetto alle potenze di quelli più particolari; dunque, coloro che occupano una posizione subordinata e più particolare non conterranno la potenza di quelli più universali. Di conseguenza, negli Dèi di grado più elevato c'è qualcosa che i meno elevati non possono contenere né circoscrivere. Si è dimostrato infatti che ogni dio è infinito, non nel senso che lo è in rapporto a se stesso, né tanto meno in rapporto agli Dèi più elevati, ma solo per tutti quelli che vengono dopo di lui. Ora, l'infinito presso gli Dèi è un infinito secondo la potenza, e l'infinito non può essere contenuto da ciò per cui è infinito. Gli inferiori non partecipano dunque di tutte le potenze che i principi superiori precontengono in se stessi. Altrimenti questi ultimi potrebbero essere contenuti dai loro derivati, così come i derivati lo sono dai loro principi. I derivati non ottengono dunque tutte le potenze dei loro principi, perché sono più particolari."

Proclo, I manuali e i Testi magico-teurgici, Elementi di teologia, Rusconi, 1999, p. 188

"Questi filosofi che affermano di una realtà immaginata senza dimostrarne l'esistenza, fanno un po' rabbrividire." Riprende il discorso Peckols "Almeno Esopo non pensava che gli animali delle sue storie fossero reali, l'immaginazione era conchiusa nell'immaginazione mentre, al contrario, certi filosofi fanno dell'immaginario una concezione reale alla quale piegano le decisioni e le scelte degli uomini nella vita quotidiana. Il mondo è oggettivamente pieno di Dèi, pieno di intelligenze in continua trasformazione: è la vita stessa che vive le condizioni della sua esistenza sotto i sensi umani che certificano l'esistenza della vita e, pertanto, delle intelligenze, delle coscienze, delle relazioni fra le coscienze in un insieme oggettivo [mondo, universo] che, presentandosi come fenomeni e come azioni, ci induce a pensare, anche senza dover uscire dalla percezione della forma e della quantità, la presenza di coscienze "altre" che si esprimono mediante fenomeni ed azioni alle quale noi, contenuti in questo mondo, in questo universo, rispondiamo adattandoci. L'immenso esiste perché l'immenso è parte della nostra percezione al di là di quanto noi vogliamo circoscrivere di quell'immenso. Questa è una realtà, ciò che non è una realtà è la costruzione di una gerarchia della realtà. L'immaginario filosofico che offende è passare da una diversità di rappresentazione delle coscienze nel mondo alla formulazione di una gerarchia di comando delle coscienze nel mondo. Dove c'è un superiore e un inferiore e l'inferiore dovrebbe essere sottomesso al superiore. Questo offende l'intelligenza delle persone. Poi, una volta stabilita una gerarchia di comando, si inizia ad attribuire ordini morali, etici, comportamentali attribuendone l'ordine a quell'entità che si ritiene superiore e che, per i propri interessi, domina tutte le entità che si ritengono sottoposte. Così, davanti ad un mondo che da sempre procede per armonia e disarmonia nelle relazioni, si impone un padrone che determina un'armonia in funzione di sé stesso bloccando la disarmonia che sta alla base del divenire della vita. Tutta la descrizione del reale diventa un fantastico, una fiaba, a cui individui disarmati vogliono credere e nella quale sono indotti a fantasticare perdendo di vista le condizioni del reale in cui vivono. L'infinito presso gli Dèi è lo stesso infinito degli uomini e di ogni altro Essere della Natura; quello che gli uomini hanno davanti a loro come prospettiva per i loro continui mutamenti è quello che hanno di fronte gli Dèi. Le condizioni, attraverso le quali gli Dèi possono diventare eterni, sono le stesse condizioni che gli Esseri Umani hanno per diventare eterni: vivere con passione le contraddizioni della propria esistenza è il segreto dell'esistenza. Le condizioni attraverso le quali gli Dèi possono cessare di diventare eterni, sono le stesse condizioni degli Esseri Umani per cessare di esistere: sottomettersi e rinunciare a veicolare sé stessi e le proprie emozioni nelle contraddizioni della propria esistenza."

"E di che cosa mai andate in cerca voi uomini, richiedendo con tanta querula insistenza l'intervento della fortuna? Cercate, io presumo, di eliminare il bisogno mediante l'abbondanza. Viceversa questo produce l'effetto contrario, dal momento che occorrono numerosi accorgimenti per custodire un complesso multiforme di oggetti preziosi ed è vero quel detto secondo il quale chi moltissimo ha di moltissimo ha bisogno, mentre han bisogno di pochissimo coloro che commisurano la propria disponibilità in rapporto alle esigenze della natura e non agli eccessi dell'ambizione. Siete dunque così privi di beni propriamente e internamente vostri da dover ricercare i vostri beni in oggetti al di fuori di voi e a voi estranei? E' così stravolta la condizione delle cose che ad un essere reso divino dal dono della ragione non sembri di poter brillare se non mediante il possesso di oggetti privi di vita? Gli altri esseri, in realtà, sono soddisfatti di quel che hanno, mentre voi, simili a Dio per l'attività spirituale, vi affannate a ricavare dagli oggetti più spregevoli abbellimenti per la vostra natura che è ben superiore e non immaginate quale offesa recate in questo modo al vostro creatore. Lui ha voluto che il genere umano fosse superiore a tutti gli esseri terreni, voi abbassate la vostra dignità al di sotto di quanto c'è di più spregevole."

Severino Boezio, La consolazione della filosofia, BUR, 1984, p. 149

"In questo modo la Dea Fortuna, la possibilità per l'uomo di incontrare condizioni favorevoli alla propria vita nonostante l'inconsapevolezza dello sconosciuto che gli si manifesta all'improvviso, viene trasformata in provvidenza divina da supplicare e da richiedere al padrone." Ricomincia il discorso Peckols "Vi affannate ad accumulare oggetti preziosi, dice Boezio, ma del dirlo si dimentica che i poveri si affannano ad accumulare il poco che permette loro di sopravvivere. Non è vero che chi ha poco si accontenta del poco. Chi è nell'indigenza desidera uscire dall'indigenza ma molte forze, generate dagli adoratori del macellaio di Sodoma e Gomorra e da filosofie come quella dei platonici, dei cinici, insistono per elevare l'indigenza a volontà divina, ad imitazione di Cristo. In questo modo chi ha beni materiali viene visto con disprezzo da chi non ha nulla e, a sua volta usa disprezzo e violenza nei confronti di chi ha ancor meno nel timore che chi non ha nulla possa rivendicare le sue stesse "ricchezze". In questa condizione il "potere sociale" non basa sé stesso sull'uomo e sul suo valore sociale, ma sui beni materiali attraverso i quali alcuni uomini possono comperare il valore sociale di uomini affinché garantiscano loro la conservazione di quelle ricchezze. Nel contempo, si costruiscono idee e ideologie che giustifichi la ricchezza sociale come "volontà di Dio" di premiare i meritevoli e giustificando la miseria sociale come la "volontà di Dio" di punire i malvagi. Già" e qui il discorso Peckols sembra fermarsi per un attimo riprendendo subito dopo "e quando il povero prende un coltello e taglia la gola al ricco che lo costringe nell'indigenza, è forse la volontà di Dio che arma la mano del povero? E, allora, perché il magistrato non imprigiona Dio anziché imprigionare il povero? La società misura la ricchezza in beni materiali come la mancanza di beni materiali determina l'indigenza e la miseria. Esistono i beni che non sono materiali e costituiscono il "Potere di Essere" della rappresentazione di ogni singolo uomo e di ogni singola donna che abitano il mondo. Un "Potere di Essere" che uomini e donne esprimono attraverso il loro divenuto, le loro trasformazioni, ma quando le loro trasformazioni e il loro divenuto avviene nell'indigenza, nella miseria dei beni materiali che impediscono loro di vivere nella società nel benessere, anche il loro "Potere di Essere" ne soffre. Il "Potere di Essere", per essere sviluppato nelle persone, necessita di buone condizioni di vita. La miseria sociale non uccide solo il corpo e lo spirito. Uccide il "Potere di Essere" delle persone costringendole ad impegnare tutte le loro energie per poter sopravvivere in quelle condizioni. Non è la Dea Fortuna o la Dea Indigenza che agiscono sugli Esseri Umani, ma è la concezione del "Potere di Avere", del possesso, che trasforma gli Esseri Umani in oggetti di scarso valore da usare e da gettare nelle immondizie come oggetti rotti. Ed è questo che Boezio non vuole vedere. Infatti, egli è l'oggetto rotto costretto alla galera nella quale riversa la sua disperazione dispensando inchiostro su fogli di carta."

"Ma in quei giorni, dopo questa tribolazione, il sole si oscurerà, la Luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le forze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora si vedrà il Figlio dell'uomo venire sulle nubi, con grande potenza e gloria. Allora manderà i suoi Angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra all'estremità del cielo. Dal fico imparate il paragone. Quando già i suoi rami si fanno teneri e spuntano le foglie, voi sapete che l'estate è vicina; così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che è vicino, alle porte. In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto ciò avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
"Quanto poi a quel giorno e a quell'ora nessuno ne sa nulla, neppure gli Angeli in cielo, né il Figlio ma solo suo Padre. State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il tempo. E come un uomo, partito per un viaggio, che ha lasciato la sua casa e dato il suo potere ai servi, a ciascuno il suo lavoro e al portinaio di vigilare. Vigilate, dunque, perché non sapete quando il padrone della casa verrà, se la sera tardi, a mezzanotte, al canto del gallo, o la mattina; di modo che, vedendo all'improvviso non vi trovi addormentati. E quello che dico a voi lo dico a tutti: vigilate!".

Gesù di Nazareth, Vangelo di Marco 13, 24-37

"Ma in quei giorni, dopo questa tribolazione... " riprende a parlare Peckols "... vincerai il "superenalotto" e una montagna di denaro si riverserà su di te e tu diventerai ricco. Non sari più il povero, il miserabile, che vive in questa tribolazione in una società che ti costringe all'indigenza." Il viso greve di Peckols si illuminò di un ghigno sadico "Scherzetto! Dopo la tua tribolazione sociale, " il sole si oscurerà, la Luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le forze che sono nei cieli saranno sconvolte" e tu, povero miserabile, sarai processato e condannato al terrore eterno perché, il fatto stesso che tu sia miserabile, è indice della tua malvagità. "O che divertimento violentare i malvagi" dice Gesù." E Peckols rise continuando subito dopo citando ancora Gesù " " Dal fico imparate il paragone. Quando già i suoi rami si fanno teneri e spuntano le foglie, voi sapete che l'estate è vicina..." Veramente se spuntano le foglie dai rami del fico sapete che anche quest'anno avrete fichi a meno che non arrivi il ricco, Gesù, con la motosega a tagliarvi l'albero affinché voi possiate continuare a vivere nell'indigenza e nella tribolazione. Le generazioni passano, l'ansia viene rinnovata generazione dopo generazione; la tribolazione viene coltivata nella società, generazione dopo generazione. Gli uomini e le donne stanno col naso rivolto al cielo aspettando che le stelle cadano sulla terra anziché osservare coloro e cosa costruisce la loro tribolazione. In questo modo nascono vuoti e muoiono vuoti dopo aver costruito il vuoto nei loro figli. I servi che pensano sé stessi come servi attendono che il loro padrone arrivi e, nel frattempo, si fanno padroni di altri servi che costringono all'indigenza in nome e per la gloria del loro padrone."

"I cristiani hanno provato sempre grande meraviglia per il fatto che i pagani venerassero come divini degli esseri che hanno avuto un inizio; mentre avrebbero dovuto piuttosto ammirarli, poiché questa venerazione si basava su di una intuizione del tutto corretta della natura. Nascere significa individualizzarsi; generati sono gli esseri individuali, non generati invece gli elementi o esseri fondamentali della natura che sono universali e privi di individualità, non generata è la materia. Ma l'essere individualizzato è qualitativamente superiore, più divino di quello privo di individualità. Certo, vergognosa è la nascita e dolorosa la morte; ma chi non vuole iniziare e finire, rinunci al rango di essere vivente. L'eternità esclude la vitalità, la vitali l'eternità. L'individuo presuppone certo un altro essere che lo ha creato; ma l'essere che crea, proprio per questo, ne è al di sopra, ma al di sotto di quello creato. E vero che l'essere creante è la causa dell'esistenza e, come tale, l'essere primo, ma, allo stesso tempo, è anche puro mezzo materia, base dell'esistenza di un altro essere e, come tale un essere subordinato. Il bambino consuma la madre, utilizza a proprio vantaggio le forze e i succhi di lei, colora proprie guance con il suo sangue. E il bambino è l'orgoglio della madre, essa lo pone al di sopra di sé, subordinando la propria esistenza, il proprio bene all'esistenza e bene del bambino; e persino negli animali la madre sacrifica la propria vita per quella dei suoi piccoli. La più profonda vergogna di un essere è la morte, ma il fondamento della morte è la generazione. Generare significa gettar via, rendersi comune, perdersi tra la folla, sacrificare ad altri esseri la propria unicità ed esclusività. Niente è più contraddittorio, sbagliato e privo di senso che far deriva gli esseri naturali da un essere spirituale supremo e perfettissimo."

Ludwig Feuerbach, L'essenza della religione, Newton, 1994, p. 37 - 38

"Il ragionamento di Feuerbach, in relazione alla gerarchia fra madre-padre e figli, non fa una piega," riprende Peckols " solo che Feuerback si ferma alla forma e non alla sostanza del pensiero cristiano. In Natura padri e madri dovrebbero, in massima parte, sacrificarsi per garantire il futuro ai propri figli, ma nella religione cristiana sono i padri e le madri (le madri in maniera subordinata) che cannibalizzano i loro figli per garantirsi la sopravvivenza e il benessere. Gli Dèi nascono. Io stesso sono nato. Ogni Essere nell'universo che acquisisce coscienza di sé altro non è che materia-energia che si è trasformata e che inizia a trasformarsi alimentando sé stessa, nelle specificità in cui è venuta in essere, usando la propria volontà per le proprie necessità. Proprio perché gli Dèi nascono e agiscono modificano le condizioni del presente, consente ad altri di nascere e di agire. Più numerosi sono i soggetti che agiscono nel presente in cui sono nati e più quel presente diventa una fucina dalla quale nuovi soggetti, nuovi esseri che esercitano la loro volontà sommandola alla necessità che li ha portati in essere, nascono e agiscono. La sconfitta della vita è l'immaginazione razionale che costringe l'individuo ad immaginare un mondo statico dimenticando che lui stesso è nato e che ci fu un tempo in cui si modificava continuamente per raggiungere la condizione in cui è ora e dalla quale pensa un mondo statico. E' in quella condizione che quest'individuo immagina sé stesso eterno ed onnipotente. Ed è in questa condizione, per rimanere nella condizione statica dell'esistenza, che inizia a cannibalizzare i propri figli e la società nella quale sta vivendo. La società e i propri figli si devono sottomettere ad una condizione ritenuta santa, una condizione che gli garantisce la sopravvivenza nella staticità di un divenuto che vive solo come conflitto distruttivo e non come conflitto che modifica la sua esistenza e alimenta il suo divenuto. L'ideologia religiosa cristiana è fondata sul cannibalismo, sul fatto che i genitori si cibano del futuro dei loro figli per garantirsi il presente. Nell'ideologia cristiana, Dio crea i propri schiavi, schiavi che può uccidere quando vuole perché tanto sono malvagi, creati malvagi per potersi divertire a massacrarli in quanto malvagi. E così i cristiani, identificandosi col loro Dio, possono massacrare tutti perché tutti, eccetto loro, sono malvagi che meritano di essere massacrati. Allo stesso modo il padre deve picchiare i suoi figli affinché non diventino malvagi. Deve picchiare i suoi figli affinché, una volta adulti, possano a loro volta, imitandolo, picchiare i malvagi e i loro stessi figli. E' in quest'ottica che i cristiani costringevano i bambini al lavoro minorile, al servaggio, alla violenza sessuale, alla violenza per divertire gli adulti che, in questo modo, si sentivano tanti "Dio padrone" nei loro confronti."

"L'attività dell'intuizione, di conseguenza, produce dapprima, in generale, uno scostarsi della sensazione da noi, una trasformazione del sentito in un oggetto presente fuori di noi. Il contenuto della sensazione non viene alterato da questo cambiamento; esso è piuttosto qui uno e lo stesso nello spirito e nell'oggetto esterno; in modo che qui lo spirito non ha ancora alcun contenuto che gli sia proprio, tale da poterlo paragonare con il contenuto dell'intuizione. Pertanto, ciò che si realizza mediante l'intuizione, è meramente la trasformazione della forma dell'interiorità in quella dell'esteriorità. Ciò costituisce la prima maniera, essa stessa ancora formale, nella quale l'intelligenza diviene determinante. Sul significato di quell'esteriorità, bisogna notare due cose: in primo luogo, che il sentito, in quanto diviene un oggetto esterno all'interiorità dello spirito, riceve la forma dell'esteriorità a se stesso, poiché lo spirituale o razionale costituisce la natura propria degli oggetti. In secondo luogo, dobbiamo notare che, poiché quella trasformazione del sentito procede dallo spirito come tale, il sentito acquisisce, per questo tramite, un'esteriorità spirituale, cioè astratta, e, grazie ad essa, quella universalità della quale l'essere esteriore può diventare immediatamente partecipe, cioè un'universalità ancora interamente formale, priva di contenuto. Ma la forma stessa del concetto si divide, in questa esteriorità astratta, assumendo la doppia forma dello spazio e del tempo. Le sensazioni sono pertanto, mediante l'intuizione, situate spazialmente e temporalmente. L'elemento spaziale si presenta come la forma dell'indifferente reciproca: prossimità, e del quieto sussistere; il temporale invece come la forma dell'inquietudine, dell'in se stesso negativo, dell'essere l'uno dopo l'altro, del sorgere e dello sparire, cosicché il temporale è, in quanto non è, e non è in quanto è. Ma entrambe le forme dell'esteriorità astratta sono tra loro identiche per il fatto che tanto l'una quanto l'altra è in sé assolutamente discreta ed al tempo stesso assolutamente continua."

Hegel, Filosofia dello spirito, Utet, 2005, p. 305

"Ogni soggetto, ogni Coscienza di Sé, separa sé stessa dal mondo in cui ha preso coscienza." Continua Peckols "Altrimenti non sarebbe una Coscienza di Sé ma sarebbe una non-coscienza diffusa nel mondo. Proprio perché diventa una Coscienza di Sé ha la percezione dei confini fra sé e altro da sé. La percezione dei confini è la percezione di qualcosa che definisce "altro". L'"altro" è oggetto, rispetto alla Coscienza di Sé che, rispetto all'"altro", si fa soggetto per la necessità che ha di agire per soddisfare i propri bisogni e le proprie necessità. La sensazione nella Coscienza di Sé sorge quando la Coscienza di Sé diventa consapevole che anche l'altro agisce. Agisce nei suoi confronti o con la sua presenza o modificando la sua presenza nei suoi confronti. L'oggetto appare alla coscienza come necessità di conoscere per agire; necessità di conoscere per soddisfare i propri bisogni e i propri desideri. La necessità soggettiva che ha portato in essere la coscienza e l'ha indotta ad usare la propria volontà per soddisfare i propri desideri, porta la coscienza alla necessità di percepire e definire gli oggetti nel mondo per poter agire nei loro confronti e, una volta consapevole che gli stessi oggetti del mondo agiscono nei suoi confronti modificando il mondo, per adattarsi a tali modifiche e agire in merito. La sensazione della realtà in cui la coscienza di sé vive la induce a definire il mondo in cui vive, a costruire la sua Conoscenza del mondo, al di là di come quella coscienza definisce quella diversa conoscenza, che percepisce, a sé stessa e al di là degli adattamenti e delle strategie che quella coscienza adotta per sopravvivere e divenire in quell'universo in cui è diventata cosciente. Non è detto, in assoluto, che una Coscienza di Sé si rappresenti il mondo che percepisce e sul mondo proietta la sua rappresentazione determinando un mondo che lei crede che sia o immagina che sia. Una Coscienza di Sé può abitare il mondo, percepire il mondo e agendo in esso senza necessariamente rappresentarselo, ma agendo partendo dal presupposto che il mondo è per ciò che lei percepisce e in quanto lo percepisce. In questo modo non ha la necessità di immaginarsi un mondo e di proiettare sul mondo le sue aspettative, ma semplicemente agisce e si adatta ai fenomeni del mondo partendo dai suoi bisogni e dalle sue necessità. L'intelligenza non è la capacità di descrivere un mondo e di proiettare sul mondo la propria descrizione, ma è la capacità di adattarsi e di modificare il mondo in cui si vive. Quando Hegel dice: " il sentito acquisisce, per questo tramite, un'esteriorità spirituale, cioè astratta, e, grazie ad essa, quella universalità della quale l'essere esteriore può diventare immediatamente partecipe, cioè un'universalità ancora interamente formale, priva di contenuto". Il sentito è materia che agisce sulla materia sia nel senso che "il soggetto lo sente" sia nel senso che "l'oggetto sente il soggetto" e agiscono, l'uno nei confronti dell'altro, indipendentemente l'uno dall'altro partendo dalle specifiche soggettività e desideri che manifestano nell'oggettività della relazione. L'azione dell'uno condiziona l'azione dell'altro, ma l'azione dell'altro, anche se condizionata dall'azione dell'uno, risponde non solo in merito all'azione percepita o subita, ma risponde con i propri criteri soggettivi che esprimono, sempre e comunque, i propri desideri e i propri bisogni anche quando la modificazione dell'oggettività costringe uno dei soggetti a modificare le proprie aspettative di soddisfazione dei propri desideri."

Poi, come quasi sempre succede, anche Peckols tacque sospendendo all'improvviso le sue parole.

"Signori miei," parlò forte e chiaro Peckols rivolto agli arbitri "c'è un luogo che vi attende. Avrei voluto essere io ad accompagnarvi, ma questo ruolo mi è stato sottratto. Ogni Dio, che percorre i sentieri di questo universo, vorrebbe avere l'onore di accompagnarvi nel nulla perché è il nulla, dove tutto si dissolve, l'unico luogo della vostra permanenza. Io ricordo quando avete massacrato i prussiani. Non erano né buoni né cattivi, erano persone che amavano vivere, come ogni insieme di Coscienze di Sé che si alleano per costruire un futuro comune. Poi arrivaste voi ed essi non ebbero più un futuro. Nel distruggere quel futuro avete ucciso anche quello di altri popoli perché li avete costretti a sottostare a principi inumani per il terrore di dover subire lo stesso "destino" dei prussiani. Ripulire tutti i popoli della vostra velenosa presenza potrebbe aprire, ai loro figli, un futuro possibile e trasformarsi in Dèi che percorrono il sentiero dell'eternità nei loro mutamenti. Come Dèi sappiamo che altri veleni potranno arrivare e avvelenare ancora i popoli, ma in questo momento, voi siete il veleno che inquina e uccide e questo veleno è il veleno a cui noi dobbiamo ovviare. Avrei voluto accompagnarvi nel nulla, ma non tocca a me farlo!"

Da quando la nebbia era sparita, la luce si faceva sempre più intensa e anche il calore sul campo di calcio era aumentato. La luce non era la luminosità del Sole, la luce era emanata da tutti gli Dèi che avevano assistito alla partita e che ora, che la partita era finita, stavano riprendendo la loro luce e il loro posto nell'universo anche se ancora qualcuno aveva delle cose da dire.

Peckols scomparve. Inghiottito dalla terra.

 

Continua...

Il significato delle azioni della partita di calcio della filosofia spiegate dagli Dèi.

 

Marghera, 30 marzo 2022

 

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Ultima formattazione 26 gennaio 2022

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