Goce Nanevski

53 Esposizione Internazionale d'Arte 2009

La Religione Pagana e la Biennale d'Arte di Venezia

di Claudio Simeoni

53esima Biennale di Venezia: La Religione Pagana come bisogno umano espresso nell'arte.

Argomenti di Religione Pagana.

 

English version: Goce Nanevski at the 53rd Venice Biennale

 

Un artista diventa grande quando è in grado di rappresentare, simbolicamente, la situazione culturale del suo tempo; le tensioni emotive e le condizioni di vita e tale rappresentazione viene recepita dal visitatore.

Goce Nanevski vive e trasmette la sua percezione religiosa che emerge dalla cultura Macedone.

Per condizione religiosa intendo la tensione emotiva che spinge la percezione dell'artista nel mondo. Poi, con la sua arte, l'artista rappresenta le emozioni con le quali costruisce delle relazioni emotivamente coinvolgenti fra il suo percepito e i visitatori.

Goce Nanevski, a Venezia per la 53^ biennale, presenta la "situazione oggettiva in cui le sue emozioni si muovono".

Le sue opere, che la Repubblica di Macedonia ha presentato, descrivono i sentimenti dell'uomo macedone, ma, oserei dire, di tutti gli uomini occidentali.

Le opere presentate dalla Repubblica di Macedonia di Goce Nanevski consistono in serie infinite di ruote numeriche di contatori di distributori di benzina che fissati su un telaio in file parallele, non hanno nessuna possibilità di movimento se non quella di ruotare su sé stesse e di muoversi nello spazio seguendo il movimento dell'intero telaio. Un telaio mobile che nel caso dell'opera maggiore si sposta su un binario, mentre, nel caso dell'opera minore è montata seguendo gli assi di un giroscopio.

In tutta la struttura dell'opera l'elemento più piccolo è il numero.

Il numero sulle ruote rappresenta l'unità. Rappresenta l'uomo, il soggetto, l'individuo sociale.

Un numero infinito di numeri in un numero infinito di ruote che girano su un perno e che si muovono all'unisono seguendo il movimento della struttura che li contiene.

L'uomo ridotto ad un numero; il numero ridotto a massa; la massa che si muove dove chi guida la struttura vuole che si muova. Con la sua volontà il numero, l'uomo, può solo girare attorno al perno che ne contiene il movimento e impone la direzione.

Sembra quasi sentire Grieg nel Peer Gynt riflettere: "Avanti o indietro il cammino è ugualmente lungo e ugualmente corto". In ogni caso, Nanevsky lo vede sempre condurre nel medesimo posto.

Goce Nanevski riflette sull'uomo prigioniero delle convenzioni e delle regole sociali dalle quali fatica a differenziarsi. Una prigionia che esaurisce gli sforzi della sua libertà. A volte, quando la struttura si mette in moto, si illude in un imminente cambiamento. Eccolo l'uomo applaudire al nuovo cambiamento. Poi, la struttura si ferma, e al singolo individuo non resta che continuare a girare sulla sua ruota.

L'individuo tenta di uscire dalla massificazione, ma il perno, rappresentato dalla manipolazione mentale che ha subito fin da bambino, gli impedisce di cogliere, dall'esterno della sua massificazione, il senso dell'insieme in cui è immerso.

E' la condizione oggettiva che chiude l'uomo nella sua dimensione socialmente imposta.

Non esiste, nell'arte di Goce Nanevski la ribellione. Quasi questa fosse impossibile. Come se fosse impossibile lottare contro la manipolazione mentale infantile che ha fissato il perno attorno al quale ruota l'esistenza umana.

Tutti gli Esseri Umani sono dei prigionieri nella loro esistenza e applaudono e sbraitano quando la massa si muove nell'attesa angosciosa di un cambiamento. Un cambiamento che è solo pura illusione in quanto la struttura ha cambiato posizione, ma non è cambiata la condizione del singolo numero sulla singola ruota.

Sembra quasi di vederli quei numeri, litigare e sbraitare per stabilire quale numero, su quella singola ruota, sia più importante di un altro numero. Oppure, si può immaginare il campanilismo di una ruota contro un'altra ruota. O una riga di ruote far scaldare i propri bombardieri contro un'altra riga di ruote che appartengono all' "impero di un qualche male".

Non posso entrare nella testa di Nanevski, ma posso leggere il simbolo della sua arte in relazione ai bisogni e alle tensioni che si esprimono nella società in cui vivo.

Nanevski non dà soluzioni; descrive una situazione prendendo atto di una propria impotenza quasi fosse consapevole che, la sua stessa condizione, in fondo, è quella di essere un numero su una di quelle ruote impossibilitato a cambiare la situazione nella quale vive.

L'uomo "numero" sulla ruota imperniata nella massa sociale.

Dell'uomo, numero sulla ruota numerata del distributore di benzina, noi conosciamo tutte le tensioni psicologiche. Egli vive la sua condizione con ansia, angoscia e rabbia, nel tentativo disperato di modificare la sua condizione. Egli vive la sua condizione con partecipazione, piacere e impegno, per fissare quella condizione nel segno della felicità.

Tutto ruota attorno al perno della manipolazione mentale emotiva. Il perno di metallo che nella testa ci è stato infilato fin dall'infanzia e, prima ancora, mentre eravamo nell'utero materno. Un perno, la cui rimozione comporta una tale quantità di dolore emotivo da volerlo ignorare: possiamo protestare per la nostra condizione di numeri che ci massifica in un'omologazione collettiva, ma non mettiamo mai in discussione quel perno della manipolazione emotiva infantile che potrebbe farci emergere dalla massa. Non lo facciamo né per noi stessi, per il dolore che comporterebbe farlo, né nei confronti dei nostri figli perché siamo incapaci di girare sulla nostra ruota senza farli diventare come noi: numeri su una ruota in cui conchiudere la loro vita. Quel perno diventa parte di noi stessi. Una condizione naturale del nostro esistere formato da tutte quelle idee preconcette, da tutte quelle convinzioni ed opinioni, che ci sembrano naturali e che non permettiamo a nessuno di contestare o criticare. Quel perno, che chiude l'uomo come un numero sulla sua ruota, è diventato per l'uomo una condizione naturale. Molti uomini sono pronti a combattere affinché nessuno tocchi quel perno diventato, in ultima analisi, la loro reale e naturale condizione d'esistenza.

Goce Nanevski ci racconta di questa condizione umana e ci consente di riflettere sul nostro essere nel mondo come individui sociali.

Marghera, 11 giugno 2009

English version: Goce Nanevski at the 53rd Venice Biennale

 

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Claudio Simeoni

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