Ne "La verità del Mito", Kurt Hubner definisce coerentemente il modo di pensare dell'uomo religioso Pagano. Però alcune precisazioni sono necessarie per tentare di far pulizia di alcuni fraintendimenti che nascono fra l'idea della religione, come imposta dal cristianesimo, e l'idea di religione come vissuta dall'uomo che vive in una dimensione Mitica.
Voglio riportare le osservazioni di Kurt Hubner in "La verità del Mito" che vanno da pag. 297 a pag. 299 dell'edizione Feltrinelli 1990. Voglio ricordare che l'uomo che vive la realtà del mito vive letteralmente la realtà psico-emotiva-fattuale descritta da Hubner. Quando, come Pagani, diciamo che il mondo è un crogiolo di Dèi che si esprimono e che alla nostra ragione appaiono come oggetti, sto parlando del numinoso della realtà della quale il Pagano è parte ed attore.
L'uomo che vive una condizione Mitica non cerca le cause dei fenomeni che si esprimono nel mondo; l'uomo Mitico vive i fenomeni che si esprimono nel mondo, a quei fenomeni mette in atto i propri adattamenti al dilà della conoscenza delle cause che producono i fenomeni perché nel Mito il fenomeno che appare all'uomo è un oggetto in sé con una propria personalità, proprie determinazioni, propri fini e una propria intelligenza.
La causa del fenomeno è il fenomeno stesso. Il fenomeno che viene affrontato dall'uomo che vive nel Mito come oggetto in sé. Il fenomeno, e l'immensità dei fenomeni di cui il fenomeno è parte, è il Dio che si esprime nei confronti dell'uomo che, essendo esso stesso un fenomeno e produttore di fenomeni che si esprimono nella sua oggettività è un Dio che a sua volta affronta gli Dèi del mondo e nel mondo in cui vive.
Scrive Kurt Hubner in La verità del Mito:
"Contrariamente allo scienziato, che deve (o almeno dovrebbe) mantenere sempre la consapevolezza del carattere totalmente e puramente ermeneutico dei suoi presupposti teoretici e della loro costituzione ipotetica, poiché egli non può mai vedere le cose prescindendo del tutto dalla soggettività delle possibilità di pensiero e delle "coordinate" ideate da lui, derivanti da lui, l'uomo mitico può sperare di conoscere la verità nell'esperienza numinosa, nell'epifania della realtà divina. C'è una grande differenza il partire da una legge o da una regola e il partire da un'arché. Le prime sono entità profane, la seconda è qualche cosa di sacro che penetra nell'uomo come sostanza numinosa, nella maniera qui già più volte descritta. Con ciò, per l'uomo che pensa miticamente, viene a cadere anche la scissione, a noi così familiare, della coscienza in una parte "spontanea" e in una parte "ricettiva", nel pensare e nell'esperire, scissione ideata da una gnoseologia che si basa sull'ontologia scientifica, e tutto diviene per lui una questione d'esperienza, per quanto questa esperienza si discosti dalla nostra per genere.
Ciò che Hubner non coglie è la contrapposizione effettiva fra visione mitica e visione scientifica. Chi pratica scienza cerca di definire, descrivere, un fenomeno e cerca di descrivere, definire, le cause di quel fenomeno. La ricerca scientifica funziona bene in un laboratorio dove il fenomeno prodotto è limitato da condizioni date, sia nello spazio che nel tempo, ma diventa aleatoria quando si cerca di ridurre i fenomeni esistenziali a dei modelli predeterminati anche, e soprattutto, quando questi modelli vengono definiti come "archè " applicati all'esistenza degli Esseri Umani. Gli archè non sono altro che modelli attraverso i quali si cerca di definire e rinchiudere i comportamenti umani privando i comportamenti umani dell'esperienza e del sapere che il singolo uomo, e le generazioni infinite di uomini che lo hanno preceduto, ha accumulato nel corso dell'esistenza.
Gli adattamenti della struttura fisica e psichica dell'uomo ai fenomeni del mondo è puro atto scientifico proprio dell'esistenza Mitica che viene negata dal cristianesimo che attribuisce la struttura fisica e psichica dell'uomo non al suo divenuto, ma alla volontà di Dio.
In questo modo lo scienziato cristiano cerca la manifestazione della volontà di Dio nell'uomo cercando i modelli, gli archè attraverso i quali Dio ha proceduto nella sua creazione mentre, l'uomo che vive nel Mito si adatta e di trasforma, Dio in un mondo di Dèi perché coglie il "numinoso", cioè l'aspetto emotivo portato dal fenomeno che parla alle sue emozioni anche quando la sua ragione è costretta a lavorare di fantasia per descrivere una relazione emotiva dalla quale si sente emarginata.
Scrive ancora Kurt Hubner in La verità del Mito:
E, tuttavia, come abbiamo visto, anche l'uomo mitico conosce l'errore, anch'egli sottopone alla verifica empirica i suoi presupposti mitici. Ma allora non procede egli in fondo altrettanto ipoteticamente, e la sua posizione non è quindi contraddittoria?
La vita richiede adattamento. Adattamento del soggetto ai fenomeni del mondo. Ma gli adattamenti che il soggetto mette in atto sono in relazione alla capacità del soggetto di interpretare il fenomeno sia come oggetto in sé sia nei suoi effetti nello spazio in cui vive l'uomo mitico sia nel tempo e nelle trasformazioni. In quell'ambito, l'uomo che vive il Mito sceglie e le scelte spesso non sono ottimali rispetto ai propositi che si prefiggeva di raggiungere. Non si tratta di errori, ma di inadeguatezze. L'uomo del Mito non sbaglia; l'uomo del Mito è sempre inadeguato nel scegliere e la sua inadeguatezza è la forza che lo spinge ad una continua modificazione di sé stesso nel mondo e ad un continua modificazione della sua capacità di percepire il mondo in cui vive. L'uomo che vive una condizione mitica, spesso ritorna sui suoi passi cercando di migliorare le sue scelte, ma non può dire di aver sbagliato perché quando ha scelto, quella era la sua comprensione del mondo e dei fenomeni.
Scrive ancora Kurt Hubner in La verità del Mito:
Ma quello che noi chiamiamo "processo conoscitivo", quel susseguirsi di prova, errore, conferma e confutazione, per l'uomo mitico è esso stesso soltanto un processo numinoso nel quale il "mostrare" divino spesso penetra e si afferma solo gradatamente nell'uomo che indaga. Per questo egli ha bisogno della preghiera preliminare, del sacrificio e di altre preparazioni rituali per essere pronto ad accogliere una tale esperienza. Su simili forme del rito si basano, ad esempio, le forme giudicali che trovano applicazione nel mito. Ma a queste regole fa parte anche il rinvio ad una tradizione veneranda o a epifanie divine. La verità sacra è dunque considerata certa quando i presupposti mitici si dimostrano confermati empiricamente secondo tali regole giudicali contenute nel mito. Ma le delusioni empiriche vengono spiegate nel modo seguente: in primo luogo, esse possono avere la loro causa nel fatto che il soggetto conoscente non ha o non ha ancora soddisfatto i presupposti per accogliere in sé l'esperienza della verità; in secondo luogo, il dio stesso può averlo ingannato (di questo si trovano molti esempi nel mito); in terzo luogo, è possibile che si sia verificato un mutamento nella sfera numinosa, e che nel frattempo siano diventati influenti altri Dèi e altre archaì. E anche a questo proposito vi sono regole giudicali mitiche, poiché anche in base ad esse si formula un giudizio su quella che oggi definiamo una "falsificazione". Miticamente anche gli Dèi hanno una storia, e persino ogni sviluppo storico degli uomini è considerato esclusivamente un riflesso di questa storia. Perciò nuove esperienze significano spesso contemporaneamente la rimozione di vecchie esperienze numinose ad opera di nuove. Corrispondentemente, la sostituzione del mondo mitico di esperienze dei cacciatori e dei nomadi con quello degli agricoltori, e di nuovo di quello degli agricoltori con quello degli aristocratici armati di bronzo e di ferro, è ricondotta alla vittoria di nuovi Dèi e non considerata come compiuta dagli uomini. Dove noi tendiamo a considerare immutata la realtà indagata e a cercare in noi le cause della smentita empirica, per il mito la realtà stessa è mutata, e non è più vero ciò che in precedenza era realmente vero.
L'esperienza dell'uomo che vive nel Mito ha pochi punti di contatto con l'esperienza dell'uomo che vive nella parola e nella ragione che vuole descrivere la realtà anche ricorrendo alla fantasia del Dio creatore. Riconoscere che il fenomeno ha una sua intelligenza è cosa diversa dall'idea cristiana che nei fenomeni vede la mano di Dio o l'intelligenza del suo Dio.
L'uomo del Mito agisce nei confronti del fenomeno perché il fenomeno interferisce con la sua vita. Il "pregare" o il "fare riti e sacrifici", servono all'uomo del Mito per predisporre sé stesso per affrontare i fenomeni in atto o in potenza. Il cristiano che vive nella parola, "prega" o "fa riti e sacrifici" per supplicare l'intervento del suo Dio affinché modifichi gli effetti o la qualità dei fenomeni che lui dovrà affrontare o subire.
Scrive ancora Kurt Hubner in La verità del Mito:
E' vero che per chi pensa miticamente non esiste la distinzione già indicata fra puramente empirico e aprioristico, ma al suo posto egli si attiene ad un'altra distinzione: quella fra esperienza sacra ed esperienza profana. Tutto ciò che qui abbiamo definito empirico e a priori rappresenta per lui, per i motivi ricordati, un'esperienza sacra; invece, il puramente empirico è per lui qualche cosa di profano. Vale a dire, il mero dato di fatto, di cui anch'egli diviene consapevole nell'avvicendarsi di tentativo ed errore, che partendo da determinati presupposti si raggiunga un certo risultato e partendo da altri un altro, non ha per lui alcun significato numinoso, poiché è esso stesso privo di qualsiasi presupposto mitico."
La divisione fra "sacro" e "profano" viene ridotta fra emozione e materia. A seconda di dove l'uomo del mito pone la propria attenzione. Gli animali amano o detestano altri animali. Questa espressione, usata ad esempio, è espressione del "sacro". Gli animali spesso mangiano altri animali (o piante). Questa espressione, usata ad esempio, è espressione del "profano". Sacro e profano, nel Mito, sono gli equilibri fra le esigenze fisiche della vita e le esigenze emotiva dell'esistenza. Tutto è Mito per l'uomo mitico, ma nel tutto è Mito i fenomeni vanno affrontati in maniera diversa a seconda delle necessità e delle condizioni che i fenomeni provocano nell'uomo e nel mondo.
Le citazioni sono tratte da: La verità del Mito di Kurt Hubner ed. Feltrinelli 1990, da pag. 297 a pag. 299.
Marghera, 23 febbraio 2009 [revisionato il 12 giugno 2022]
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Non esiste, nella società in cui viviamo, una disciplina o delle regole per chi voglia costruire una Religione o, più in generale, un pensiero religioso autonomo e diverso dalla religione cattolica che domina ogni anfratto dell'esistenza umana. Chi lo fa viene visto con sospetto. Un nemico da combattere e quando viene aggredito, le Istituzioni tendono ad ignorare le aggressioni. Eppure, costruire una religione è l'unico modo per agire sulle proprie emozioni e costruire i legami fra sé stessi e il mondo in cui siamo nati.
Marghera, 23 febbraio 2009 [revisionato il 12 giugno 2022]
Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo
Membro fondatore
della Federazione Pagana
Piaz.le Parmesan, 8
30175 Marghera - Venezia
Tel. 3277862784
e-mail: claudiosimeoni@libero.it
Diana di Roma!
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