Partita di calcio mondiale della filosofia
Quella notte il sonno di Yahweh fu funestato da incubi. Era entrato in un gioco che lui non aveva voluto spinto da una volontà che fino ad allora aveva negato potesse esistere.
Quel dito puntato lo aveva scosso, lasciato immediatamente interdetto, non aveva saputo reagire.
Sapeva che ora avrebbe dovuto giocare ad un gioco che non voleva fare perché è meglio muoversi nell'ombra, nascondendosi dietro alle decisioni di altri; non esporsi presentando il viso della propria volontà per modificare la realtà a proprio vantaggio.
Quanto era bello per Yahweh dire: "E' colpa sua, io non ho responsabilità!" e, nello stesso tempo, attribuirsi i meriti del "Rendiamo grazia a Yahweh per ogni accadimento favorevole per il quale gli uomini hanno lavorato."
Il gioco della colpa ad altri e dei meriti a sé era un gioco a cui Yahweh aveva giocato per alcuni millenni, ma ora era diverso.
L'operaio aveva puntato il suo dito e con questo aveva diretto la sua volontà che ha annientato l'illusione che forma la sostanza di Yahweh.
"Un operaio", rifletteva Yahweh "Come poteva un operaio aver fatto questo? Ho creato il mondo e un operaio, un individuo che io ho creato, distrugge il potere della mia esistenza, della mia creazione, costringendomi a partecipare ad un gioco del quale non conosco nemmeno le regole."
Nel sonno disturbato di Yahweh, ogni tanto Yahweh intravvedeva l'operaio intento ad imballare ferro e a trasportarlo fra i capannoni di una fabbrica.
Gli specchi riflettono ogni cosa che si presenta davanti a loro. Lo specchio nell'immagine replica la realtà che si presenta e la realtà Yahweh, presentandosi allo specchio, osservò il sé stesso che non era sé stesso. C'erano tante copie di Yahweh che si presentarono alla superficie dello specchio. Tutte erano Yahweh che si specchia, ma per l'occhio inesperto apparivano diversi.
E Yahweh si specchiò nel sé stesso più antico.
C'era un tempo in cui Yahweh non era in possesso di un popolo eletto e per poterlo avere era necessario usare la "filosofia", la logica, l'inganno del male che si veste da bene.
Colui che oggi chiamiamo Yahweh, che si ritiene padrone di "popoli eletti", di "popoli di Dio" e di "razze superiori", è nato lentamente sedimentandosi nell'immaginazione umana che per sopravvivere ha modificato continuamente la descrizione e i contenuti fisici di colui che oggi chiamiamo Yahweh.
Lo specchio riportava alla memoria le diverse forme che, nel corso della trsformazione della specie umana, aveva assunto Yahweh. Yahweh era nato ed era venuto adattandosi, sempre uguale nella sostanza e sempre diverso nella rappresentazione che ne davano gli uomini.
L'idea di essere nato, di esistere emerso dalla non esistenza, è un'idea che ha sempre tormentato Yahweh che imponeva ai suoi adoratori di pensarlo come "sempre è stato e sempre sarà". Ma era solo la sua paura di un'esistenza che avrebbe potuto estinguersi, Una paura che lo aveva portato a continue trasformazioni e a continue rappresentazioni di sé stesso per continuare a dominare gli uomini la cui vita costituiva il suo nutrimento e, il nutrimento, guidava la sua azione affinché gli uomini continuassero a nutrirlo.
La forma antica. La forma più antica che ricordava di sé stesso fu la prima ad apparire nello specchio mentre Yahweh guardava sé stesso.
Mentre la forma antica di Yahweh prendeva forma nello specchio, Yahweh si sorprese a pensare: "La forma più antica, ma non è tanto antica. Se questa è la mia forma più antica, qual era la mia forma prima di quella? E' possibile che io non "fossi stato"?"
E l'antica forma di Yahweh prese forma nello specchio attivando, nella mente di Yahweh, ricordi che voleva dimenticare.
Come, dunque, l'Intelligenza contempla le Idee che sono contenute nel Vivente che è, quali e quante sono in lui contenute, tali e tante pensò che anche questo dovesse avere.
E tali Idee sono quattro: una è la stirpe celeste degli Dèi: un'altra è quella alata che va per l'aria; la terza è la specie acquatica, mentre la quarta è quella pedestre e terrestre.
La maggior parte dell'Idea del divino la realizzò di fuoco, affinché fosse luminosissima e bellissima a vedersi. E facendola simile all'universo la produsse ben rotonda e la pose nell'intelligenza del cerchio più potente come suo seguace, e la distribuì in circolo per tutto il cielo, perché fosse un vero ornamento ad esso e vario nella sua totalità.
E a ciascuno di questi, poi, assegnò due movimenti: l'uno in se stesso e nel medesimo modo, in quanto ciascuno pensa sempre in sé le medesime cose; l'altro movimento, invece, in avanti, in quanto ciascuno è dominato dal moto circolare dell'Identico e Simile. E rispetto agli altri cinque movimenti, poi, Egli fece ciascuno immobile e fisso, affinché ciascuno diventasse ottimo in sommo grado. Da questa causa furono generati quegli astri che non sono erranti, viventi divini ed eterni, i quali allo stesso modo e nello stesso luogo ruotando stanno sempre immobili. Invece quelli che ruotano ed hanno un siffatto corso errabondo, sono stati generati nel modo che s'è detto prima".
[...]
Dire, poi, e conoscere la generazione degli altri dèmoni, è cosa maggiore delle nostre capacità; e bisogna credere a quelli che ne hanno parlato in precedenza, perché essi, essendo discendenti degli Dèi, come dicevano, dovevano conoscere certamente i loro progenitori. Dunque, è impossibile non prestar fede ai figli di Dèi, anche se parlino senza dimostrazioni verosimili né necessarie. Ma, poiché sostengono di riferire cose di famiglia, obbedendo alla legge dobbiamo credere a loro.
Dunque, per noi, la generazione di questi Dèi come essi la riferiscono, così sia e così la si dica. Da Gea e da Urano nacquero Oceano e Teti; e da questi nacquero Forci e Crono e Rea e quanti con essi, e da Crono e da Rea nacquero Zeus ed Era e tutti quanti sappiamo che sono detti loro fratelli, e ancora altri discendenti di questi.
Poiché, dunque, tutti gli Dèi furono generati, quanti si aggirano per il cielo e quanti appaiono in maniera visibile nella maniera in cui vogliono, il Generatore dell'Universo disse a loro le seguenti parole: "O Dèi figli di Dèi, io sono Artefice e Padre di opere che, generate per mezzo mio, non sono dissolubili, se io non voglio. Infatti, tutto ciò che è legato può dissolversi; ma voler dissolvere ciò che è stato connesso in maniera bella e in buona condizione, è da malvagio. Per queste ragioni e poiché siete stati generati, non siete totalmente indissolubili. Ma non sarete disciolti e non vi toccherà un destino di morte, poiché avete a vostro vantaggio la mia volontà, che è un legame ancora maggiore e più forte di quello dal quale siete stati legati allorché siete nati. Ora, dunque, imparate ciò che vi dico e vi indico. Restano ancora da generare tre generi di mortali. E se questi non vengono generati, il mondo sarà incompleto: infatti non avrà in se medesimo tutti i generi di viventi. Eppure deve averli, se deve essere perfetto in maniera conveniente. Ma se questi si generassero ed avessero vita per opera mia, diventerebbero uguali agli Dèi. Perché, dunque, siano mortali e questo universo sia veramente completo, occupatevi voi, secondo natura, alla costituzione dei viventi, imitando la mia potenza che attuai nella vostra generazione. E per quanto riguarda quella parte che nei viventi conviene abbia il nome in comune con gli immortali e che è detta divina e che governa in coloro che vogliono seguire giustizia e voi, io ne fornirò il seme e il principio.
Citazioni del Timeo di Platone tratta da "Platone - tutti gli scritti" a cura di Giovanni Reale traduzione di Giovanni Reale edito da Bompiani Editore edizione 2014. Le citazioni vanno da. 1368 - 1370
"Com'era nata questa forma?" Chiese Yahweh al se stesso antico riflesso nello specchio.
La forma rispose: "Non ricordi quei giorni? I giorni in cui i pezzenti si ribellarono e pretesero l'uguaglianza degli uomini, sia fra di loro che con gli Dèi, in un mondo turbolento dove i re imposero i tiranni e i tiranni mi generarono per legittimare il loro dominio. Solo che né re né tiranno hanno una visione del mutamento ed io fui generato dalle loro teste eterno, immutabile e perfetto come loro immaginavano doveva essere il loro potere. Ed io divenni la sostanza di quell'immaginazione. Quell'immaginazione forgiò il nostro corpo che iniziò ad abitare gli uomini per potersi nutrire di loro. Alcibiade fu l'artefice, Lisandro l'esecutore e il desiderio di dominio dei Trenta tiranni fu la culla nella quale crebbi."
"Ma prima di allora, che cos'ero?" chiese Yahweh al sé stesso riflesso nello specchio.
"Frammenti di follia che si muovevano nella testa degli Esseri Umani, senza un ordine, una logica, una rappresentazione che potesse superare l'esistenza di quei singoli Esseri Umani. Il corpo per poter vivere e rigenerarsi, qualunque ne sia il modo e la sostanza, deve avere un suo ordine, una sua logica, un potere attraverso il quale modificare la realtà del mondo. Fintanto che non nacque l'idea del Dio onnipotente, il nostro corpo non poté compattarsi, vivere e trasformarsi nell'immaginazione umana."
"Portai avanti una guerra" continuò Yahweh antico che dallo specchio ricordava gli albori dell'esistenza a sé stesso "fu una guerra molto dura perché gli uomini non accettavano un Dio padrone e onnipotente. Scartavano quest'idea cercando altre diverse spiegazioni agli stimoli percettivi con cui tentai di sottometterli. Democrito fu il padre della resistenza filosofica contro la possibilità che gli uomini riconoscessero in Dio il loro padrone e signore."
- Democrito asserisce che si accostano agli uomini certe "immagini", alcune delle quali sono benefiche, mentre altre sono malefiche. Pertanto, auspica che gli "tocchino in sorte le immagini che portano fortuna". Queste immagini sono grandi, portentose, nonché difficilmente alterabili, anche se non incorruttibili; e, poi, il contemplarle e l'ascoltarne le voci è il modo in cui tali immagini preannunciano agli uomini ciò che sta per accadere. Ecco perché gli antichi, comprendendo le rappresentazioni proprie di queste immagini, hanno concluso che esiste Dio, ma in realtà non esiste nessun altro Dio all'infuori di queste "immagini", e tanto meno un Dio dotato di natura incorruttibile.
Salomon Luria, Democrito, raccolta di frammenti interpretazioni e commentario, e. Bompiani, 2007, pag. 581
"Democrito e i loro "seguaci" trionfarono, ma il nostro corpo era formato, calato nell'immaginazione umana, spiegava all'uomo il perché della sua esistenza; spiegava all'uomo il perché della sua nascita; spiegava all'uomo il fine della sua esistenza; diceva all'uomo come doveva vivere per entrare nelle nostre grazie ed essere devoto in particolare nella sua "malasorte" perché, chi dominava l'uomo traeva soddisfazione dalla sua sorte di dominatore."
La perplessità di Yahweh nel guardarsi allo specchio aumentava. Quant'era diverso il Yahweh che vedeva nello specchio dal Yahweh che lui era. Quel Yahweh avrebbe permesso che un operaio gli puntasse il dito travolgendolo con la sua volontà costringendolo a partecipare ad un gioco che lui ancora non conosceva?
Alla muta domanda Yahweh dalla specchio gli rispose: "Accidenti se sono stato costretto a giocare. Quando Platone morì all'accademia doveva subentrare Aristotele che tentava di dare un senso logico alla filosofia di Platone, ma io riuscii ad impedire che la logica aristotelica dominasse l'Accademia e che, al contrario, il capo dell'accademia diventasse il grande Speusippo che, trasformando Platone in un santo inviato da Dio, ha conservato la descrizione del nostro corpo conservando gli scritti di Platone nel tempo storico in cui i platonici distruggevano le opere di coloro che cercavano spiegazioni nella natura che non fosse il prodotto della mia creazione. Si ho giocato e io sono divento!",
"Non sono sempre stato così!" replico Yahweh che stava guardando sé stesso allo specchio.
"Si!" Rispose Yahweh riflesso: "Io sono sempre stato così, ma cambiavo la forma della rappresentazione e cambiavo continuamente le condizioni culturali attraverso le quali descrivermi per permettermi di essere sempre uguale, di ottenere sempre lo stesso fine: alimentarmi attraverso la sottomissione degli uomini; costringere l'uomo a sottomettersi e ad odiare qualcuno che andava sottomesso a lui."
Poi continuò: "Essere sempre uguali non significa necessariamente apparire sempre uguali. La forma inganna, nasconde, illude e quando cessa di ingannare, nascondere e illudere, la forma viene cambiata affinché la sostanza sia preservata da un'altra forma che continui ad ingannare, nascondere e illudere."
Tremò per un attimo la figura di Yahweh sostanziata da Platone attraverso la sua idea demiurgica. Tremò fino a dissolversi e lasciare il posto ad un diverso Yahweh. Un Yahweh che sembrava ancora più antico del precedente per la diversa acconciatura con cui si presentava e con un ghigno di disprezzo con cui fissò il Yahweh che da "fuori" fissava lo specchio.
"Se giochi a scacchi" disse lo Yahweh che dallo specchio osservava lo Yahweh che da fuori lo specchio lo guardava mirando sé stesso: "puoi vincere solo dando fuoco alla scacchiera perché prima o poi i pedoni non solo pretendono di essere uguali al re, magari tagliandogli la testa in quel trionfo, " Shah Mat", ma vogliono essere uguali a Yahweh cogliendo dall'albero della vita eterna e trasformarsi in Dèi. Io sono Yahweh che adirato con gli uomini li terrorizzo con devastazioni dei cui crimini non sono tenuto a rispondere."
"Ecco il mio corpo" disse lo Yahweh nello specchio: "l'ideologia del macellaio dell'umanità. O l'umanità si sottomette, piega il suo ginocchio dichiarando che Yahweh è il loro unico Dio, il loro unico padrone, o devono vivere nel terrore sia per le pene eterne che minaccio sia per la devastazione del presente in cui vivono."
"Ora ricordo, disse lo Yahweh che guardava quel sé stesso di un'epoca diversa "ma come fu che quest'ideologia prese vita nella testa degli uomini, si fece sostanza e costruì il corpo che sono?"
E così lo Yahweh nello specchio iniziò a raccontare quando la città di Ur prosperava commerciando con i popoli vicini e mandando le sue navi per mare. Quando Nanna vegliava sulla città ciclo dopo ciclo e il cielo si aprì all'improvviso e l'acqua scese a fiumi dal cielo, riempì le montagne e per giorni queste la riversarono in mare. Ur stretta presso la foce del Tigri e dell'Eufrate venne sommersa come tante altre città. Solo alcune barche quadrate dei barcaioli, legate fra di loro, riuscirono a salvare un po' di bestiame e cereali. Le città e le campagne rimasero sommerse per molti giorni. Poche barche, sopravvissute alla furia, galleggiavano senza meta, senza vedere un approdo per molti giorni finché si calmarono i fiumi d'acqua dal cielo e il Tigri e l'Eufrate, un po' alla volta, rientrarono nel loro letto.
Così lo Yahweh dello specchio raccontava un disastro antico nella città del Dio-Luna presso le foci del Tigri e dell'Eufrate.
Cosa sanno gli uomini di oggi di quell'evento?
" Lo strato di el-Obeid appare omogeneamente ricoperto da uno spesso livello di fango alluvionale, alto in certi punti fino a 3,50 m. il livello, che Woolley indulse ad accostare al Diluvio Universale dei racconti biblici, testimonia un disastro di grave portata, a riprova della pericolosità delle piene dell'Eufrate. Questo certo spiega per quale motivo nella mitologia mesopotamica si formulò un racconto di un diluvio universale, che venne poi tramandato anche ad ambienti lontani dal ricordo mesopotamico, fino alla composizione del celebre racconto dell'Antico Testamento. Bisogna però ricordare che il livello alluvionale non ha lo stesso spessore nei vari punti in cui è stato individuato, ciò che indica un evento molto rapido e violento piuttosto che un'inondazione prolungata nel tempo, e che, nei pochi altri siti mesopotamici nei quali è stato ugualmente individuato un livello simile, non vi è contemporaneità di attestazione. Quindi, come lo stesso Woolley argomentava più saggiamente, pur dopo aver proposto suggestivamente l'analogia con il Diluvio biblico, certamente si verificarono alcune piene di portata devastante, che distrussero ampiamente alcuni siti e altri, forse, ne cancellarono completamente, ma non un unico disastro generalizzato. La memoria di questi eventi venne trasposta poeticamente nel racconto sumerico del diluvio inviato dagli Dèi, per punire gli uomini che erano troppo rumorosi e disturbavano la quiete celeste, e della salvezza di Utnapishtim, il Noè mesopotamico, progenitore della nuova umanità, che, peraltro, non sembra aver imparato il valore del silenzio."
Tratto da: Frances Pinnock, Ur. La città del Dio-Luna, Editore Laterza, 1995, pag. 18
"Sapere che un fatto è avvenuto e interpretare il fatto collocandolo nelle cause e nei fini, sono due cose diverse." Continuò lo Yahweh dallo specchio "Non sono i fatti che determinano le idee degli uomini, ma sono le interpretazioni, determinate dal divenuto degli uomini, che, interpretando i fatti, formano idee sui fatti stessi. Dalla conoscenza che hanno gli uomini in quel momento, emergono le definizioni, le spiegazioni soggettive che definiscono cause e fini dei fatti oggettivi che vivono. Si chiamano "giudizi di necessità" perché devono dare una spiegazione ma, non necessariamente, quella spiegazione, deve coinvolgere e determinare la loro esistenza. I "giudizi di necessità" si trasformano spesso in storie e leggende con le quali gli uomini si divertono. Poi, succede che qualcuno si rende conto che caricando di enfasi quelle storie e quelle leggende, magari modificandole un po', si possono controllare gli uomini ingenerando in loro una forma di paura o di timore. In questo modo il fatto viene descritto come totalizzante, incommensurabile, prodotto da una volontà assoluta che manifesta un potere assoluto davanti al quale gli uomini devono sottomettersi."
"Questo timore, questa paura degli uomini forma la sostanza del corpo che io sono." Continua lo Yahweh nello specchio. "All'inizio fu una favola".
Così fu trattato
Allora Nintu pianse come un ... ;
La divina Inanna intonò una lamentazione per il suo popolo.
Enki prese consiglio da solo.
An, Enlil, Enki e Ninhursag ... ;
Gli dei del cielo e della terra pronunziarono i nomi di An e di Enlil.
Allora Ziusudra, il re. il guda di ...
Costruì un gigantesco ...
Umilmente. ubbidendo. 'con rispetto, egli ... ;
Occupato ogni giorno. ininterrottamente egli ... ;
Provocando ogni specie di sogni, egli ... ;
Invocando il cielo e la terra, egli ...
... Gli dei, un muro ... ;
Ziusudra, ritto al suo fianco, ascoltò.
"Stai presso il muro, alla mia sinistra ... ;
Presso il muro, ti dirò una parola, ascolta la mia parola;
Porgi l'orecchio alle mie istruzioni;
Per nostra ... , un Diluvio sta per invadere i centri del culto
Per distruggere il seme del genere umano ...
Questa è la nostra decisione, il decreto dell'assemblea degli dei.
Per l'ordine venuto da Ani e da Enlil...,
Alla sua regalità, alla sua legge sarà posto un termine".
E ancora:
Nel medesimo istante il Diluvio invase i centri del culto.
Quando, durante sette giorni e sette notti,
Il Diluvio ebbe spazzato la terra,
E l'enorme battello fu sballottato dalle tempeste sulle acque,
Utu venne fuori, egli che dispensa la luce al cielo e sulla terra.
Ziusudra aprì allora una finestra del suo enorme battello,
E Utu, l'Eroe, fece penetrare i suoi raggi nel gigantesco battello.
Ziusudra, il re,
Si prostrò allora davanti a Utu;
Il re gli immolò un bue e uccise un montone.
E ancora:
An ed Enlil dissero: "Soffio del cielo, soffio della terra", per loro ...
egli si distese,
E la vegetazione, uscendo dal terreno, si fece alta.
Ziusudra, il re,
Si prostrò davanti ad An e a Enlil.
An ed Enlil accarezzarono Ziusudra,
Gli donarono una vita come quella di un dio,
Un soffio eterno come quello di un dio, lo fecero venir giù per lui.
Allora Ziusudra, il re,
Salvatore del nome della vegetazione e del seme del genere umano,
Nel paese di transito, il paese di Dilmun, là dove sorge il sole, essi
l'insediarono.
[NOTA: le tavolette d'argilla sono danneggiate e parte del racconto cancellato.]
Tratto da S. N. Kramer, I sumeri alle radici della storia, Editore Newton Compton, 1979, pag. 154 e 155
"E' una storia raccontata, generazione dopo generazione per migliaia di anni finché questa storia (e altre versioni della stessa storia), con altre, diventano parte delle biblioteche di Babilonia e di Ninive. Ed è a Ninive, nella biblioteca di Assurbanipal che gli uomini scoprono un tassello del venir in essere del mio corpo nell'epopea di Gilgames." Continua lo Yahweh nello specchio rivolto al sé stesso che lo sta ad ascoltare un po' stupito e un po' intimorito.
Così inizia la storia del Diluvio trovata nelle biblioteca di Assurbanipal:
In quei giorni il mondo pullulava, la gente si moltiplicava, il mondo mugghiava come toro selvaggio e il grande dio venne destato dal clamore. Enlil udì il clamore e disse agli Dèi in consesso: "Lo strepito dell'umanità è intollerabile e il sonno non è più possibile a cagione di questa babele ". Così gli Dèi si accordarono per sterminare l'umanità. Lo fece Enlil, ma Ea, per il suo giuramento, mi avvertì in sogno. Egli sussurrò le loro parole alla mia casa di canne: "Casa di canne, casa di canne! Muro, o muro, ascolta casa di canne, rifletti, o muro! Uomo di Suruppak, figlio di Ubara-Tutu, abbatti la tua casa e costruisci una nave, abbandona i tuoi averi e cerca la vita, disprezza i beni mondani e mantieni viva l'anima tua. Abbatti la tua casa, ti dico, e costruisci una nave. Ecco le misure del battello, così come lo costruirai: che la sua larghezza sia pari alla sua lunghezza, che il suo ponte abbia un tetto come la volta che copre l'abisso; conduci quindi nella nave il seme di tutte le creature viventi".
[...]
E la storia del diluvio in Gilgamesh si conclude in questo modo:
Per un terzo, per un quarto giorno rimase incagliata sul monte e non si mosse; per un quinto, per un sesto giorno rimase incagliata sulla montagna. All'albeggiare del settimo giorno liberai una colomba e la lasciai andare. Volò via, ma non trovando dove riposarsi fece ritorno. Poi liberai una rondine ed essa volò via, ma non trovando dove riposarsi fece ritorno. Poi liberai un corvo e questo vide che le acque si erano ritirate, mangiò, volò all'intorno, gracchiò e non fece ritorno. Allora aprii tutto ai quattro venti, feci offerte sacrificali e versai una libagione sulla cima del monte. Sette e ancora sette marmitte innalzai sui loro trespoli, ammassai legno e canna e cedro e mirto. Quando gli Dèi fiutarono il dolce profumo accorsero come mosche sopra al sacrificio. Poi, alla fine, venne anche Istar, sollevò in alto la collana con i gioielli celesti che Anu le aveva un tempo foggiato per farle piacere: "O Dèi qui presenti, per il lapislazzuli intorno al mio collo ricorderò questi giorni come ricordo i gioielli della mia gola: questi ultimi giorni non li dimenticherò. Che tutti gli Dèi si riuniscano intorno al sacrificio, fuorché Enlil. Lui non si accosterà a questa offerta, poiché senza riflettere ha portato il Diluvio, ha consegnato il mio popolo alla distruzione".
"Quando giunse Enlil, quando vide la nave, s'adirò e si gonfiò d'ira verso gli Dèi, la schiera del cielo: "È fuggito qualcuno di questi mortali? Neppure uno sarebbe dovuto sopravvivere alla distruzione". Poi Ninurta, dio dei pozzi e del canali, aprì la bocca e disse a Enlil guerriero: "Chi vi è fra gli Dèi che sia in grado di far progetti senza Ea? Solo Ea conosce tutte le cose". Poi Ea aprì la bocca e parlò a Enlil guerriero: "Saggissimo fra gli Dèi, Enlil eroe, come hai potuto così stoltamente far scendere il Diluvio?
Imponi sul peccatore il suo peccato,
imponi sul trasgressore la sua trasgressione,
puniscilo un poco quando evade,
non incalzarlo troppo, altrimenti perisce.
Magari un leone avesse dilaniato l'umanità
invece del diluvio,
magari un lupo avesse dilaniato l'umanità
invece del diluvio,
magari la carestia avesse devastato il mondo
invece .del diluvio,
magari la pestilenza avesse devastato l'umanità
invece del diluvio.
"Non fui io a rivelare il segreto degli Dèi; il saggio in sogno lo apprese. Ora consigliatevi su cosa si debba fare di lui".
Allora Enlil andò alla nave, prese me e mia moglie per mano e ci fece entrare nella nave e inginocchiare da una parte e dall'altra, mentre egli stava in piedi fra noi. Ci toccò il capo per benedirci e disse: "In passato Utnapistim fu un uomo mortale; d'ora innanzi lui e sua moglie vivranno nella lontananza, alla bocca dei fiumi ". E fu così che gli Dèi mi presero e mi fecero vivere qui, nella lontananza, alla bocca dei fiumi.
Tratto da: L'epopea di Gilgames a cura di Sandars, Fratelli Fabbri editori, 2001, p. 135; 138-140
"Il mio corpo prendeva forma. Il racconto dice che la decisione fu di Enlil con altri Dèi, ma Ea contrastava Enlil. Il racconto dice che l'alluvione fu provocata dal rumore, dal vociare degli uomini. L'alluvione fu provocata dal rumore della ragione che impediva alle emozioni di veicolarsi nel mondo. In particolare disturbava la veicolazione nel mondo delle emozioni degli Dèi [il dormire]. Quando l'alluvione cessò Utnapistim accese le pentole e versò del vino per terra. A quell'odore gli Dèi accorsero e anche se Enlil era adirato al vedere i sopravvissuti, Ea lo rimproverò portandolo alla ragione. Enlil trasformò Utnapistim e la moglie in Dèi. E' un racconto di potenza degli Dèi nei confronti degli uomini, ma non generava l'onnipotenza che avrebbe intessuto il mio corpo, il corpo di Yahweh per l'eternità. Per costruire un corpo che anelava all'onnipotenza servivano schiavi che, sottomessi, anelassero ad essere più padroni dei loro padroni e usassero quella storia per intessere il loro stesso delirio di onnipotenza. Quell'insieme di persone furono gli ebrei che, deportati come altri popoli nell'impero Assiro, sognavano di essere il popolo eletto di un Dio onnipotente che, soccorrendoli, li avrebbe reso onnipotenti."
E in questo modo gli ebrei riscrissero quella storia e questa dette forza e sostanza al corpo di Yahweh:
Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero. Allora il Signore disse: "Il mio spirito non resterà sempre nell'uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni".
C'erano sulla terra i giganti a quei tempi - e anche dopo - quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell'antichità, uomini famosi.
Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male. E il Signore si pentì di aver fatto l'uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo. Il Signore disse: "Sterminerò dalla terra l'uomo che ho creato: con l'uomo anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito d'averli fatti". Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore.
Genesi 6, 1-8
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Queste furono le conseguenze immaginate dagli ebrei:
Perì ogni essere vivente che si muove sulla terra, uccelli, bestiame e fiere e tutti gli esseri che brulicano sulla terra e tutti gli uomini. Ogni essere che ha un alito di vita nelle narici, cioè quanto era sulla terra asciutta morì.
Così fu sterminato ogni essere che era sulla terra: con gli uomini, gli animali domestici, i rettili e gli uccelli del cielo; essi furono sterminati dalla terra e rimase solo Noè e chi stava con lui nell'arca.
Le acque restarono alte sopra la terra centocinquanta giorni.
Genesi 7, 21-24
Queste furono le conclusioni degli ebrei:
E la colomba tornò da lui verso sera; ed ecco, aveva nel becco una foglia fresca d'ulivo. Così Noè capì che le acque erano diminuite sopra la terra. Aspettò altri sette giorni, poi mandò fuori la colomba; ma essa non tornò più da lui.
L'anno seicentouno della vita di Noè, il primo mese, il primo giorno del mese, le acque erano asciugate sulla terra e Noè scoperchiò l'arca, guardò, ed ecco che la superficie del suolo era asciutta. Il secondo mese, il ventisettesimo giorno del mese, la terra era asciutta.
Dio parlò allora a Noè dicendo: "Esci dall'arca tu, tua moglie, i tuoi figli e le mogli dei tuoi figli con te. Tutti gli animali che sono con te, di ogni specie, volatili, bestiame e tutti i rettili che strisciano sulla terra, falli uscire con te, perché possano disseminarsi sulla terra, siano fecondi e si moltiplichino su di essa". Noè uscì con i suoi figli, con sua moglie e con le mogli dei suoi figli. Tutti gli animali, tutti i rettili, tutti gli uccelli, tutto quello che si muove sulla terra, secondo le loro famiglie, uscirono dall'arca.
Noè costruì un altare al SIGNORE; prese animali puri di ogni specie e uccelli puri di ogni specie e offrì olocausti sull'altare. Il SIGNORE sentì un odore soave; e il SIGNORE disse in cuor suo: "Io non maledirò più la terra a motivo dell'uomo, poiché il cuore dell'uomo concepisce disegni malvagi fin dall'adolescenza; non colpirò più ogni essere vivente come ho fatto. Finché la terra durerà, semina e raccolta, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte, non cesseranno mai".
Genesi 8, 11-22
E in questo modo si conclude la storia narrata dagli ebrei:
Dio benedisse Noè e i suoi figli e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra. Il timore e il terrore di voi sia in tutte le bestie selvatiche e in tutto il bestiame e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono messi in vostro potere. Quanto si muove e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe. Soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè il suo sangue. Del sangue vostro anzi, ossia della vostra vita, io domanderò conto; ne domanderò conto ad ogni essere vivente e domanderò conto della vita dell'uomo all'uomo, a ognuno di suo fratello.
Chi sparge il sangue dell'uomo
dall'uomo il suo sangue sarà sparso,
perché ad immagine di Dio
Egli ha fatto l'uomo.
E voi, siate fecondi e moltiplicatevi,
siate numerosi sulla terra e dominatela".
Dio disse a Noè e ai sui figli con lui: "Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con i vostri discendenti dopo di voi; con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e bestie selvatiche, con tutti gli animali che sono usciti dall'arca. Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutto nessun vivente dalle acque del diluvio, né più il diluvio devasterà la terra".
Genesi 9. 1-11
"Ecco" concluse lo Yahweh nello specchio "così fu intessuto il mio corpo e così è diventato ciò che tu ora sei. L'onnipotenza, la discriminazione e l'impunità per i delitti commessi da me, che sono te, e da ogni tuo adoratore che in nome tuo macella gli uomini per la tua gloria sono il tessuto del mio corpo che si agita nell'immaginazione degli uomini. Dalla loro immaginazione si nutre ogni volta che gli uomini delirano di onnipotenza, arroganza discriminando altri uomini per promuovere sé stessi."
Poi lo Yahweh nello specchio scomparve ma la serie di Yahweh continuò ad apparire velocemente con lo Yahweh che si era costruito nel deserto egiziano e lo Yahweh che era stato costruito da Plotino e altri Yahweh sempre più veloci perché più veloce era il cambiamento delle società degli uomini e più velocemente Yahweh si adattava ad esse trasformandosi finché non vide nello specchio sé stesso con un operaio che gli puntava il dito addosso costringendolo a partecipare ad un gioco che sembrava voler mettere in discussione la sua stessa esistenza.
E l'incubo di Yahweh prese forma: lui non era "sempre stato" e dunque "sempre sarà", ma egli era nato e aveva combattuto nell'immaginazione degli uomini, mentre i suoi seguaci combattevano nella vita reale, per poter esistere ed ora, quella stessa immaginazione avrebbe potuto mettere fine alla sua esistenza.
Dall'immaginazione degli uomini era nato. Si era trasformato facendosi padrone dell'immaginazione degli uomini pilotandone le trasformazioni per favorire sé stesso. L'immaginazione degli uomini poteva ucciderlo e la volontà con cui l'operaio gli aveva puntato il dito dimostrava che l'immaginazione degli uomini stava cambiando.
Ora doveva partecipare a quel gioco, qualunque esso sia, e doveva vincere affinché l'immaginazione degli uomini potesse continuare ad alimentare di onnipotenza e discriminazione la sua esistenza.
Marghera 20 novembre 2022
Nota: le frasi dell'uomo che consuma cocaina sono prese da Nietzsche, La gaia scienza, ed. Adelphi, 1977, 125 (L'uomo folle)
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