Il primo ragionamento che dobbiamo fare quando vogliamo parlare di mitologia norrena è sulla cultura dei popoli precristiani del nord che andava dai confini dell'impero romano all'estremo nord. Fra il II e III secolo dopo cristo sono state conservate delle iscrizioni runiche. Servivano solo come scrittura breve, singole parole, ma nulla è stato scritto in runico e nessun testo religioso ci è pervenuto in runico. E' talmente povera la "scrittura runica" che le lettere perdono il carattere di mezzo di trasmissione della cultura per trasformarsi in simboli magici. Si tratta della stessa operazione fatta dall'immaginario cristiano nei confronti dei geroglifici egiziani. Ciò che i cristiani non capivano si trasformava in magia, superstizione.
Questo non significa che gli antichi popoli nordici non avessero dei concetti di carattere religioso o non descrivessero il mondo in cui vivevano, ma di tutte quelle "idee" a noi non è giunto nulla. La stessa interpretazione dei ritrovamenti archeologici, pur parlando dei costumi quotidiani, nulla ci dice delle loro idee religiose. Voler attribuire ai popoli nordici antichi delle idee religiose, oggi come oggi, è solo un'azione arbitraria che consiste nel proiettare le idee religiose di una persona di oggi immaginando similitudini con le idee religiose dei popoli antichi.
Gli stessi cristiani si sono più preoccupati di distruggere che non di conservare perché, se distruggi, puoi costruire a modo tuo.
Dal momento che molte persone attribuiscono le loro idee religiose facendole risalire ai vichinghi o ai germani o, ancora agli irlandesi o ai popoli precristiani dell'Inghilterra, quali sono le fonti dalle quali costoro leggono le idee degli antichi?
Riporto la prefazione del libro "Mitologia Germanica" di Domenico Bassi pubblicato dalla Utet nel 1933, in pieno periodo fascista e nazista, in cui chi comandava aveva la necessità di far discendere la propria ideologia da un passato glorioso.
Prefazione
Le fonti più antiche a cui possiamo attingere notizie intorno alla Mitologia germanica, sono la Germania di Tacito e il De bello gallico di Cesare: soltanto però nomi di poche divinità, identificate colle romane, con qualche accenno ai loro attributi. Altre scarse notizie in alcuni altri classici latini, e in qualche autore greco.
Dei ed eroi germanici figurano nella Historia Langobardorum di Paolo Diacono (725 circa-799), dove storia e leggenda formano tutt'uno.
Gran parte della Mitologia germanica e specialmente danese, presentata come storia, si trova nell'opera, edita la prima volta a Parigi nel 1514, Danorum rcgum hcroumque historia... di Saxo Grammaticus, vissuto in Danimarca verso la fine del secolo XII (morì a Roeskilde circa il 1204).
Ma quasi tutta la Mitologia, nel senso vero della parola, delle stirpi germaniche, non fu conosciuta in modo certo se non dopo la scoperta, fatta nel 1643 dal vescovo islandese Brynjolf Sveinsson, di un manoscritto, della seconda metà del secolo XIII, contenente 29 canti intorno agli Dei e agli eroi nordici, Egli attribuì erroneamente la composizione o la redazione di essi canti al più celebre fra gli scrittori islandesi del medio evo, Saemund. (1056-1133), e alla loro raccolta, cioè precisamente al manoscritto che la contiene, diede il titolo Saemundar Edda hins Frodha (Edda Saemundi multiscii). Il titolo Edda, la cui etimologia più probabile è da Odhr, 'canto' o 'poema', e quindi 'arte poetica', aveva un manuale, appunto di arte poetica, composto, tra il 1222 e il 1231, dallo storico, poeta e statista islandese Snorri Sturluson (1178-1241), opera divisa in 5 parti, delle quali la seconda fornisce preziose notizie intorno alla Mitologia nordica, Delle due Edde ora quella di Snorri, che è in prosa, in cui, appunto nella parte mitologica, ci sono alcuni canti e frammenti di altri, è designata Edda in prosa o Snorra Edda o Edda recentior; l' altra, non più Saemundar… come dapprima, bensì Edda poetica o Edda antica. Pochi altri canti interi e frammentari si trovano nella prosa delle saghe islandesi.
I canti eddici (in lingua islandese che nel medio evo era tutt'una colla norvegese) furono composti, a quanto sembra, fra l'800 e il 1250 d. C., e traggono origine la maggior parte dall'Islanda, alcuni dalla Norvegia (donde li portarono, fra l'870 e il 930, in quella lontana isola nobili e agricoltori norvegesi emigrati per sottrarsi alla tirannia del loro re), e due dalla Groenlandia. Dei miti e delle leggende (propriamente miti sono detti quelli degli Dei, leggende quelle degli eroi) è probabile che molti (non pochi sono indubbiamente di fonte nordica) fossero originari della Germania meridionale e che siano stati importati nella Scandinavia; antichi erano certamente, ma quanto, non è possibile dire. Parecchi fra canti eroici si riferiscono alla leggenda dei Wolsunghi, che è il fondamento del 'Canto dei Nibelunghi' germanico.
Le leggende in particolare sono narrate nel Heldenbuch, 'Libro degli eroi', raccolta di poemi tedeschi che hanno per argomento le gesta degli eroi delle varie stirpi germaniche. Derivano da antiche canzoni popolari (all'esistenza di canti nazionali presso i Germani accenna già Tacito), e furono redatti in forma definitiva verso il secolo XIII o XIV, e poi rimaneggiati nei secoli XV e XVI. Dei poemi, in numero di venti, secondo la nazionalità dei popoli che vi figurano tre andrebbero attribuiti ai Franchi, uno ai Sassoni, tredici agli Ostrogoti e tre ai Visigoti. E' compreso nella raccolta il già citato poema dei Nibelunghi, la cui seconda parte, 'La vendetta di Crimilde' (Krimhildens Rache), fu conosciuta soltanto verso la metà del secolo XVIII.
Poema a sè è quello anglo-sassone di Beowulf, pervenutoci in un unico manoscritto della fine del secolo X o del principio del XI.
Un poema a sè, scoperto soltanto nel 1817 (un paio di strofe si trova nell'Edda recentior, il che attesta l'antichità dell'epopea e quindi della leggenda), è anche quello della saga degli Hegelinghi, nelle sue tre parti: Hagen, (Hetel e) Hilde, Kudrun. Quest'ultimo nome è il titolo del poema.
Come fonti per alcune leggende servono anche la 'Storia dei Goti', De origine actibusque Getarum, di Jordamis (gotico Jornandes), scritta nel 551, epitome della Historia Gothorum, andata perduta, di Cassiodoro (490 circa-583)j la Historia Francorum di Gregorio di Tours (544 Circa o 538? -595); la Historia ecclesiastica gentis Anglorum del Venerabile Beda (673 o 674-735); e la Storia dei re di Norvegia, Heimskringla, 'Giro del mondo', del già ricordato Snorri.
p. XV – XIX
Queste sono le fonti da cui traggono i loro principi chi segue una sorta di "mito" vichingo o mito germanico. Non ci sono altre fonti da cui attingere e, come si può vedere, tutte le fonti sono del periodo cristiano anche perché, a quei tempi, solo i cristiani nei monasteri sapevano leggere e scrivere.
Tutte le fonti scritte sono di origine cristiana. L'origine degli scritti va ricercata nell'attività dei missionari cristiani che detenevano il controllo della scrittura e che faceva del "libro sacro" (diciamo ancora oggi, interrogandoci "dove sta scritto") la rappresentazione della verità scritta che, in quanto scritta, doveva essere necessariamente vera.
Interessante diventa, come inizio del libro citato, il racconto della creazione attribuito ai popoli nordici.
Vale la pena di riportarlo per comprendere le analogie con la creazione della bibbia.
COSMOGONIA E TEOGONIA
Origine del mondo, degli Dèi e dell'uomo.
In principio cera il caos, la confusione; non esistevano nè sabbia, nè mare, nè cielo; solamente l'abisso aperto, grande e voraginoso, il Ginnungagap, 'spazio vuoto'. In esso viveva lo spirito, padre dell'universo; il quale, molti secoli prima della creazione della terra, creò due mondi: Niflheim, il 'mondo della nebbia', nel settentrione, e Muspelheim, il 'mondo delle fiamme' o 'del fuoco', nel mezzogiorno.
Dal mezzo di Niflheim scaturì rumoreggiando una sorgente, Hwergelmir, la 'caldaia rumoreggiante', dalla quale si riversarono dodici fiumi recanti acque avvelenate. Queste acque gelarono e formarono immensi massi di ghiaccio nella metà dell'abisso posta a settentrione; ma vicino a Muspelheim i venti caldi e le scintille di fuoco, che venivano dal caldo mondo delle fiamme, dimoiarono [forse, divorarono] il ghiaccio. Le gocce liquefacendosi si animarono, e ne nacque un gigante, Ymir, il 'rumoreggiante '. Così si formò la materia primigenia fermentatrice, nella quale erano contenuti tutti gli elementi, che fermentando rumoreggiavano uno attraverso all'altro. Ymir cadde in un sonno profondo e cominciò a sudare; sotto il suo braccio sinistro nacquero un maschio e una femmina, e i suoi piedi generarono un gigante con sei teste, Wafthrudnir, da cui ebbe origine la schiatta dei Giganti del ghiaccio, ossia della brina e del gelo.
O sciogliendo il calore il ghiaccio o da alcune gocce della brina liquefatta nacque una vacca, Audumbla, la 'ricca di latte', dalle cui mammelle sgorgavano quattro fiumi di latte, del quale si nutriva Ymir. La vacca, non trovando erba per cibarsi, leccava i massi salini di ghiaccio o lambiva la neve nella cavità delle rupi. La sera del primo giorno spuntò da un masso di ghiaccio una capigliatura umana, nel secondo giorno una testa, la sera del terzo un corpo completo d'uomo, bello d'aspetto, e grande e robusto: Bure o Buri. Suo figlio, Borr, sposò Bestla o Belsta, la 'migliore', figlia del gigante Bolthorn, e ne ebbe tre figli, Odino, Wili e We, che furono i primi Asi o Dei, famiglia giusta, benefica e suscitata per combattere contro i Giganti.
Poichè anche i tre figli di Borr volevano dar vita ad un mondo, assalirono Ymir e lo uccisero. Dalle sue ferite uscì il sangue in così gran copia che si formò un'inondazione universale, in cui annegarono tutti i Giganti della brina, eccettuato uno, Bergelmir; il quale si sottrasse alla morte, riparando colla moglie entro una barca (è la leggenda biblica di Noè) e da loro trasse origine la nuova schiatta dei Giganti del gelo. Della carne di Ymir i tre Asi fecero la terra, del suo sangue il mare, dei suoi capelli gli alberi, delle sue ossa i monti, delle sue mascelle e dei suoi denti le rupi e gli scogli, delle sue sopracciglia il castello di Midgard, contro gli assalti dei Giganti, del suo cranio il cielo, che a ciascuno dei quattro canti è sostenuto da un pigmeo: Austri, oriente, Westri, ponente, Nordri, settentrione, Sudri, mezzogiorno. Dal cervello, gettato nell'aria dagli Asi, di Ymir si formarono le nubi. Nel cielo, le stelle ebbero origine dalle scintille che ininterrottamente salgono da Muspelheim e vagano qua e là. A ciascuna di esse gli Asi diedero un nome speciale e stabilirono la via da percorrere, secondo la quale vengono calcolati i giorni e gli anni.
Sulla terra non esisteva ancora l'uomo. Un giorno che Odino e i suoi fratelli Wili e We passeggiavano lungo la spiaggia del mare trovarono due tronchi d'alberi, un frassino e un olmo o un ontano, che non avevano nè spirito nè intelligenza nè bell'aspetto. Odino diede loro lo spirito, Wili (o Honir) l'intelligenza, e We (o Loki) il bel volto o sangue e colorito o vista, udito, favella e colorito; e questi due esseri furono il primo uomo e la prima donna, ai quali gli Asi assegnarono per abitazione Midgard; e dopo loro, essi formarono tutti gli altri esseri.
p. 3 – 5
In sostanza qui abbiamo l'intero discorso della Genesi della bibbia che viene variato, come premessa, dall'esistenza del caos ripreso dalla teogonia greca (Esiodo). Il meccanismo del "dio creatore" che, in quanto "creatore", è padrone, rimane assolutamente intatto. Chi ha fatto questa operazione ha preso dei nomi in cui i popoli che doveva evangelizzare potevano riconoscersi e ha riscritto il racconto della bibbia con nomi diversi e adattandolo ai popoli da evangelizzare. Dopo di che ha fatto in modo che quei popoli dimenticassero la loro cultura religiosa e pensassero, lettura pubblica dopo lettura pubblica, che Odino, Loki e gli altri avessero fatto ciò che i missionari cristiani hanno scritto. Dopo qualche generazione i missionari cristiani hanno raccontato la bibbia dicendo che, in fondo, anche i loro antenati sapevano le cose scritte sulla bibbia, perché le hanno scritte nei loro "miti", e tanto valeva convertirsi al cristianesimo. La pagina scritta, a quei tempi, fungeva da televisione per la costruzione di una memoria collettiva.
Prendiamo ad esempio l'Havamal, la "Canzone dell'eccelso" e leggiamone alcuni passi:
5. Di saggezza c'è bisogno per chi fa lunghi viaggi,
tutto e facile in casa;
la gente ammicca prendendosi gioco di chi non è all'altezza
e siede in di saggi.
6. Del suo ingegno nessuno sia vanaglorioso;
sia, al contrario, misurato nell'animo
accorto e in silenzio quando venga a una casa:
poche volte c'è danno per uomini prudenti,
che non si può trovare amico più fidato
d'un gran buon senso.
7. L'ospite cauto che viene a banchetto
tace, con l'orecchio intento;
protende le orecchie all' ascolto e gli occhi aguzza;
così ciascun uomo prudente si guarda intorno.
8. Felice chiunque che per se stesso ottiene
lode e favori;
difficile è la cosa che un uomo deve ottenere
nel petto di un altro.
9. Felice chi in sé mantiene
lode e saggezza, finché abbia vita;
poiché mali consigli spesso l' uomo riceve
dal petto di un altro
10. Soma migliore non si sopporta per via
d'un gran buon senso;
migliore, della ricchezza ti si rivela dove non sei pratico
li sta lo scampo di un disperato
11. Soma migliore non si sopporta per via
d'un gran buon senso;
viatico peggiore l'uomo non si porta appresso
del bere smodato.
12. Non è così buona quanto buona dicono
per i figli dei mortali la birra;
poiché poco domina, l'uomo che troppo beve,
la sua coscienza.
13. 'Airone dell'oblio' ha nome quello che indugia là dove si beve:
rapisce la lucidità dell'uomo;
dalle penne di quell'uccello io stesso venni trattenuto
nella dimora di Gunnlodh.
14. Ubriaco divenni oltre misura ubriaco
accanto all'astuto Fjalarr;
ché ottima è la birra ma se si mantiene
la propria coscienza.
15. Silenziosa e assennata di un sovrano di genti sia la prole
e audace in battaglia.
Contento, di buon umore dev'essere ogni uomo
finché non gli tocchi a morire.
16. Un uomo pavido si crede che potrà sempre vivere
se si tiene alla larga dagli scontri;
ma a lui la vecchiaia nessuna pace porta
anche se la conceda l' arme.
17. Sta impalato lo stolto quando va da conoscenti;
fra sé farfuglia e indugia,
ma subito gli passa, se riceve da bere:
ecco, il vero carattere vien fuori.
18. Solamente conosce chi molto viaggia
e molto si è spostato
che carattere ognuno abbia:
quello tutta possiede la saggezza.
Canzoniere eddico, Canzone dell'eccelso, Garzanti, 2004, p. 20 – 21
Chi ha un po' di dimestichezza con i libri sacri dei cristiani, nell'intera Canzone dell'eccelso trova i proverbi sapienzali, passi dei salmi e altre parti della bibbia.
Si tratta, in sostanza, di una riscrittura dei modelli narrativi propri della bibbia con cui si controllavano gli uomini. Le norme morali appaiono innocenti, ma c'è il dominio e il controllo dei comportamenti da parte di un potere sociale che necessita di "uomini contro il nemico" quando "Dio lo vuole".
Questo è il motivo per cui la "mitologia" norrena ha potuto essere usata dal nazismo. La "mitologia" norrena riproduce i principi della bibbia e non entrava in contrapposizione con l'idea assolutista che veniva manifestata dal nazismo. Lo stesso vale per i riferimenti al "paganesimo" di Roma fatto dall'ideologia fascista. Al fascismo non interessava nulla della cultura di Roma Antica, interessava solo il mito della superpotenza. Il mito dell'imperatore. Il mito cristiano del signore del mondo in quanto figlio di Dio che vedeva nella figura di Augusto imperatore e di Cesare, conquistatore della Gallia, il modello comportamentale da imporre ai sudditi allo stesso modo in cui gli ebrei, attraverso la bibbia, imponevano il dominio mediante il genocidio sui popoli, veri o inventati che fossero, a maggior gloria del loro Dio.
Tutta la "mitologia" norrena ha come fondamento i principi identitari della supremazia di questa o quella razza in riferimento ad antichi "tempo dell'oro" che serve ai cristiani per distinguere un "popolo" dall'altro e costringerli a combattersi per la supremazia in quanto ognuno deve volere essere il "popolo di Dio". La razza superiore.
Una mitologia in cui Loki, l'imbroglione, altri non è che Satana il seduttore e ingannatore.
Nel canzoniere eddico, c'è Sigfrido che uccide il drago. Come un novello san Giorgio, il cavaliere uccide il drago distruggendo, simbolicamente, ogni Pagano in nome del cristianesimo.
Non a caso nel Canzoniere eddico si parli anche dell'eroe Attila, re degli Unni, compagno di studi del papa cattolico Leone a Ravenna quando rimase per molti anni in pegno per il pagamento di tributi richiesti dall'imperatore di Roma.
Che piaccia o meno, tutta la mitologia norrena altro non è che un continuo richiamo a modelli e principi religiosi della bibbia. Inoltre, non è estranea al concetto di sacrificio e "ritorno di Cristo".
Scrive nella prefazione Gianna Chiesa Isnardi all'Edda di Snorri Sturluson edito da TEA 2003 a pag. 24:
Oltre la fine del mondo sopravvivranno in pochi. Tra questi l'eminente è certamente Baldr, figlio di Odino, dio buono e luminoso nel quale molti hanno voluto vedere una figurazione nordica del Cristo. Come il Cristo egli muore innocente, discende agli inferi ed è destinato a tornare alla fine del mondo per regnare sul ciclo che verrà. Ma Baldr è soprattutto la divinità intesa come luminosità: il suo nome, quasi certamente formato sulla radice indo europea. BHEL- significa «Signore» ma ha forse un significato più riposto di «Luminoso ». La dimora di Baldr si chiama d'altronde Breioablik «Ampio splendore ». Egli è il principe della luce pura, radiosa, solare, la luce che disperde ciò che è oscuro e nefasto. Baldr viene ucciso, o meglio momentaneamente oscurato, su istigazione di Loki che della luce rappresenta invece l'aspetto negativo." Il sacrificio di Baldr varrà anche come modello al sacrificio di taluni eroi «solari », quali fra tutti Siguror (l'eroe che la tradizione continentale conosce come Sigfrido).
Dove il "ritorno di Cristo" e degli "ultimi santi" è scritto nell'Edda di Snorri Sturluson:
53. Allora parlò Gangleri: « Vivranno forse allora alcuni dèi, e ci sarà una terra o un cielo? » Hàr disse: «La terra emergerà dal mare e sarà verde e bella; allora cresceranno campi non seminati. Vioarr e Vali vivranno, poiché né il mare né il fuoco di Surtr li avranno danneggiati, ed essi abiteranno a Ioavollr, là dove prima c'era Asgaror; e là verranno i figli di Thor, Mooi e Magni, e possederanno Miollnir. Subito dopo verranno Baldr e Hoor da Hel, si siederanno allora tutti insieme e converseranno e si ricorderanno delle loro rune e parleranno degli avvenimenti avvenuti un tempo, del serpe di Miogaror e del lupo Fenrir. Allora troveranno fra l'erba le tavole d'oro che gli Asi avevano posseduto. Così è detto:
E ancora, più avanti:
E là nel luogo che si chiama bosco di Hoddmimir, si nasconderanno mentre [divamperà] il fuoco di Surtr due esseri umani che così si chiamano: Uf e Leifprasir, e avranno per nutrimento le gocce di rugiada del mattino. E da questi esseri umani verrà una stirpe così numerosa che tutto il mondo sarà popolato, così come qui dice…
Snorri Sturluson, Edda, Editore TEA, 2003, pag. 111
Il tema della fine del mondo e della venuta di "Cristo" in una nuova età dell'oro nel "regno di Dio" è un tema caro ai cristiani che lo riproducono continuamente travestendolo con nomi diversi e inserendolo nelle diverse culture per smerciarlo come merce ideologica ad ogni popolo "il cui ginocchio si deve piegare davanti a Gesù!". Questo tipo di operazioni ideologiche saranno ripetute in Africa, Polinesia e America Latina.
Se oggi la mitologia norrena può apparire diversa dal cristianesimo è solo perché le persone non sono educate a comparare i principi religiosi, né sono educate a chiedersi: io che cosa voglio e che cosa sono nel mondo? Le persone trovano familiare ripetere i principi che hanno appreso frequentando il catechismo cristiano nella loro infanzia e, in ultima analisi, continuano a replicare quei principi illudendosi che chiamandoli con un diverso nome sparisca anche l'orrore sociale di cui sono portatori.
Un'ultima annotazione andrebbe fatta a proposito del concetto di "tripartizione" tanto cara all'ideologia nazista della "supremazia aristocratica" dei migliori contro la democrazia. Il concetto di tripartizione della società usato da Dumezil per identificare una caratteristica degli indoeuropei da cui proverrebbe la "razza ariana", nasce dall'ideologia filosofica di Platone che, portata in India dai filosofi al seguito di Alessandro Magno, è diventato un motivo funzionale al dominio assolutista imposto dal cristianesimo. Un dominio assolutista (primo, secondo, terzo e quarto Stato) che ha dominato le società civili per molti secoli garantendo al cristianesimo il dominio dell'uomo sull'uomo. Il dominio della tripartizione sociale inizia a sfaldarsi con la Rivoluzione Francese quando il quarto Stato della popolazione, gli schiavi e i fuori casta di Platone, furono usati dal terzo Stato per distruggere nobili e clerici in funzione di una democrazia inclusiva.
Io ho tentato di fare una sintesi per dare un'idea dei fondamenti ideologici dell'ideologia norrena. Un'ideologia che non si discosta dall'ideologia della bibbia. Riproduce gli stessi meccanismi e gli stessi meccanismi costruiscono società di uomini esclusi dalla "grazia di Dio", i maledetti da "Dio". Costruiscono un potere di uomini in comunione con "Dio" e alienati dalla società degli uomini, il "popolo di Dio", il "popolo eletto", la "razza ariana". In queste condizioni l'ideologia che ne emerge trasforma le società degli uomini in un terreno di rapina per la gloria di "Dio". Da qui ai forni crematori in cui Gesù getta loglio, il passo è breve e ideologicamente conseguenziale.
Marghera, 25 aprile 2021
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Marghera, 25 aprile 2021
Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
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