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Cartesio, dopo una breve corsa, passa a Galilei.
"Ma forse qualcuno, non così scrupoloso ardito ad ogni parola di Aristotile, mi potrebbe dire di non haver per inconveniente alcuno il credere che l'etere celeste sia un liquido tenue e sottile come l'aria, ma più puro et penetrabile, per il quale vadino i pianeti vagando, et che la Luna che per esso discorre, sia rinchiusa dentro una corteccia cristallina solida et liscia, et perciò distinta dal resto dell'ambiente liquido; distinta, dico, se non per la trasparenza, almeno per la solidità e la durezza. A chi tale opinione producesse io potrei rispondere, che havendo egli ardito tanto, quanto è il porre il cielo fluido et permeabile, senza riguardo alcuno della impenetrabilità e impermeabilità del cielo d'Aristotile, non si peritasse in por la Luna di superficie aspra; licenza assai più tollerabile dell'altra, come quella che altera con leggerissima offesa una minore parte del cielo, e quella con gravissimo danno mette in scompiglio et in rovina tutto ‘l mondo: ed egli sa bene in coscienza che niun'altra cosa lo persuade a voler mantenere la pulitezza della superficie lunare, fuor che un semplice detto di Aristotile."
Galileo Galilei, Opere vol. 1, Lettera a Gallanzone Gallanzoni, Utet, 2009, p. 896
Galilei, con un gioco di gambe, schiva l'attacco di Russel prima e di Jaspers poi e lancia in direzione di Kant.
"La lotta che ogni uomo, animato da buone intenzioni morali, è costretto a sostenere in questa vita, sotto la direzione del buon principio, contro gli attacchi del cattivo, non può, comunque egli si sforzi, procurargli tuttavia un vantaggio maggiore della sua liberazione dal dominio del male. Che egli sia libero, "sia liberato dalla schiavitù del peccato, per vivere secondo la giustizia" [Paolo di Tarso, Epistola ai Romani] è il guadagno più grande che egli possa ottenere. Egli resta, ciò non di meno, esposto pur sempre agli assalti del principio cattivo e bisogna che sia sempre armato per la lotta, al fine di conservare la sua libertà, continuamente minacciata."
Immanuel Kant, La religione entro i limiti della sola ragione, Laterza, 2018, p. 99
Su Kant interviene prontamente Schopenhauer che affrontando di petto l'avversario, con un colpo di tacco preciso, gli toglie la palla.
"Ma, prima che io scenda oltre e mostri, come termine della mia trattazione, in qual modo l'amore, di cui già conosciamo essere origine ed essenza il poter guardare di là dal "principio individuationis", conduca alla redenzione, ossia alla cessazione completa della volontà di vivere, cioè d'ogni volere; e in qual modo vi conduca pure un'altra via, meno dolce, eppur più frequente; deve venir formulato e chiarito un paradosso non perché sia tale, ma perché è vero, ed entra nella compiutezza del pensiero ch'io voglio esporre. Esso è il seguente: "Ogni amore (caritas) è compassione"."
Arthur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Tomo II, Laterza, 1986, p. 490
Schopenhauer passa a lato a Comte.
"Considerando infine la morale sociale propriamente detta, è certo qui superflua la considerazione della influenza enorme del cattolicesimo nel cambiamento del patriottismo, forte ma selvaggio, che aveva animato gli antichi, attraverso il sentimento più elevato di umanità o della fraternità universali, così felicemente volgarizzato sotto il dolce nome di carità. Senza dubbio, la natura della dottrina e le antipatie religiose che ne risultavano, restringevano molto, in realtà, questa ipotetica universalità di amore, di solito essenzialmente limitata alle popolazioni cristiane; ma, entro questi confini, i sentimenti di fraternità dei diversi popoli venivano potentemente sviluppati, oltre che dalla fede comune che ne costituiva il principio, dalla loro uniforme subordinazione abituale ad uno stesso potere spirituale; i membri del quale, nonostante la loro propria nazionalità, si sentivano naturalmente concittadini di tutta la cristianità."
Comte, Corso di filosofia positiva, Mondadori, 2009, p. 673
Comte, vistosi attaccato, passa a Pascal.
"Due cose occorrono per santificarsi, pene e piaceri. Ha detto san Paolo che chi entrerà nella buona vita troverà pene e inquietudini in gran numero. Ciò deve consolare coloro che ne soffrono, perché essendo informati che la via del cielo, che essi cercano, ne è piena, devono rallegrarsi di incontrare dei segni di essere sulla retta via. Ma quelle pene non sono prive di piaceri, e non sono mai superate se non per il piacere. Infatti siccome che lascia Dio per tornare al mondo non ci torna se non perché trova più dolcezza nei piaceri della terra che quelli dell'unione con Dio e perché il fatto vittorioso dei primi lo trascina, e inducendolo a pentirsi della sua prima scelta, ne fa, secondo un'espressione di Tertulliano, un penitente del diavolo: parimenti non si lascerebbero mai i piaceri del mondo per abbracciare la croce di Cristo, se non si trovasse maggior dolcezza nel disprezzo, nella povertà, nelle privazioni e nella ripulsa degli uomini, che nelle delizie del peccato."
Blaise Pascal, Antologia filosofica, Editrice La Scuola, 1988, p. 70 – 71
Su Pascal interviene Francesco Baccone.
"A Dio Padre, Dio Verbo, Dio Spirito volgiamo le nostre umilissime e ardentissime preghiere affinché memore delle miserie della razza umana e del pellegrinaggio della nostra vita mortale, nella quale consumiamo pochi e cattivi giorni, conceda ancora nuovo refrigerio dalle fonti della Sua misericordia per lenire la nostra miseria; e questo anche vorremmo chiedere, che gli interessi umani non contrastino con quelli divini e che nell'aprirsi delle vie dei sensi e dall'accendersi una grande luce sulla natura, non sorga dall'animo umano una qualche incredulità o oscurità intorno ai misteri divini; ma che invece l'intelletto, reso puro e liberato dalle vane fantasie, volontariamente sottomettendosi agli oracoli divini, dia alla Fede ciò che alla Fede appartiene."
Francesco Bacone, Scritti filosofici, Il parto maschio del tempo, Utet, 2009, p. 103
In possesso di palla, Bacone serve Pomponazzi in attacco.
"Per di più, posto che ciò che è separato non dipenda dal corpo, non si può evitare che ne dipenda ciò che è congiunto con il corpo: infatti, non si può in generale negare che il corpo sia il suo organo, tanto più che, per il Contraddittore, Aristotele parla ovunque dell'anima nel suo stato di unione con il corpo. Costoro dicono, infatti, che tutti i testi aristotelici che pretendono che l'anima non sussista né operi senza un corpo, si debbono riferire allo stato di congiunzione e non a quello di separazione."
Pietro Pomponazzi, Tutti i trattati peripatetici, Bompiani, 2013, p. 1265
Con la palla al piede, Pietro Pomponazzi si avvia verso la porta avversaria….
Continua...
Marghera, 20 agosto 2018
Gli Dèi riflettono su questa relazione:
Cloto e i filosofi Esistenzialisti contro Rinascimentali n. 9, azione 45
Pagina tradotta in lingua Portoghese
Tradução para o português: Capítulo 76 - A partida de futebol entre filósofos, ação n.45 Existencialistas contra Renascentistas n. 9
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Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo
Membro fondatore della Federazione Pagana
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