La Religione Pagana è fatta di emozioni. E' la religione attraverso la quale il soggetto, attraverso le sue emozioni, incontra le emozioni del mondo in cui vive.
La caratteristica di un poeta è quella di anteporre il proprio sentimento emotivo, la propria percezione emotiva, alla descrizione razionale del mondo.
Il poeta, per le sue caratteristiche espressive, non si può discutere. Si può ascoltare e quando la sua espressione emotiva tocca il nostro sentire e entra in armonia con le nostre emozioni, noi possiamo considerare grande quel poeta. E' indubbio che esistono sistemi di metrica e regole che determinano grammaticamente una composizione poetica. Questo, però, appartiene agli specialisti della lingua, non agli ascoltatori del poeta che non sono coinvolti dalla struttura della poesia, bensì dalle emozioni che quell'espressione poetica è in grado di trasmettere.
In questo senso, in questa sezione della Religione Pagana, prendendo occasione da un'e-mail di un amico, intendo rispondere a quel criminale che va sotto il nome di Platone e che considerava i poeti nemici della filosofia in quanto, la filosofia di Platone non emoziona, ma costruisce l'uomo macchina che, privato della vita e delle emozioni, viene alienato dal mondo.
Scrive Platone in La Repubblica:
La poesia manca di verità, si rivolge alla parte peggiore dell'anima e corrompe i buoni
«Inoltre, è evidente che il poeta imitatore, per sua natura non è portato verso quella determinata facoltà dell'anima, né è fatta per lui la sapienza che essa propugna, dato che egli è in cerca del favore del pubblico; piuttosto, a lui andrà a genio la parte intemperante e volubile, perché è più facile da imitare».
«Certamente».
«A tal punto, avremmo buoni motivi per criticare il poeta e porlo a confronto col pittore. Come il pittore, infatti, egli fa opere di scarso valore se rapportate alla verità; e, ancora, come il pittore si rivolge a una parte dell'anima che non è la migliore. Basta questo per giustificarci del fatto che non l'accoglieremo nella Città che pretende di avere buone leggi.
Ma un altro motivo è che egli effettivamente risveglia, alimenta questa parte dell'anima, e, rinvigorendola, soffoca la facoltà razionale esattamente come avviene nella vita politica, quando uno, dando forza ai peggiori, finisce per consegnare in loro mano lo Stato e col sacrificare i migliori. Per gli stessi motivi potremmo affermare che, nella sfera privata, il poeta imitatore inculca nell'anima di ciascuno una cattiva forma di governo, sia dando credito alla parte priva di ragione - la quale peraltro non sa neppure distinguere il più dal meno, tant'è vero che gli stessi oggetti ora li reputa grandi ora piccoli -, sia costruendo immagini di immagini, con ciò tenendosi a grande distanza dal vero».
«Non c'è dubbio».
«Tuttavia, alla poesia non abbiamo ancora contestato il capo d'accusa più grave. L'aspetto più inquietante, infatti, è che essa, fatta eccezione per pochissimi individui, riesce addirittura a corrompere le persone per bene».
«E come non potrebbe essere grave l'accusa, se davvero essa si comporta in tal modo?».'
«Ascoltami e rifletti. Tu sai che i più sensibili di noi, quando sentono la poesia di Omero o di un qualche tragico che imita uno dei tanti eroi prostrati dal dolore e dilungantesi in lamentose litanie di lamenti, o gente che canta i suoi mali battendosi il capo, provano diletto per questo e si abbandonano a seguire tali personaggi, soffrendo con loro, ed anzi, lodando con convinzione come buon poeta, quello che più degli altri sappia disporli in un siffatto stato d'animo».
«Lo so. Come no!».
«Ma quando ci colpisce un lutto in famiglia, vedi bene che ci vantiamo dell'esatto contrario, e cioè di far mostra di serenità e di forza d'animo, come se questo atteggiamento fosse da uomini, e l'altro, quello che prima lodavamo, da donnicciole».
«Lo capisco», disse.
«E allora - seguitai - che cos'ha di bello una lode di tal genere? Che senso ha stare a vedere un uomo siffatto, modello di ciò che uno non deve essere o deve vergognarsi di essere, e, anziché averne orrore, compiacersene e lodarlo?».
«Per Zeus! - esclamò -. Non sembra affatto ragionevole».
«Eppure sì - osservai -, se lo consideri sotto un'altra prospettiva».
«Quale?».
In che modo la tragedia, la commedia e la poesia corrompono la personalità degli uomini
«Devi considerare che i poeti danno soddisfazione e gratificazione proprio a quella parte che con grande sforzo noi cerchiamo di contenere nei momenti di lutto familiare e che di per sé non vorrebbe altro che pianti e lamenti, di cui desidera saziarsi, essendo per natura attratta da essi. Intanto, la nostra facoltà migliore, non essendo abbastanza educata dall'abitudine al ragionamento, allenta il controllo su questa parte lamentosa, perché è impegnata a rimirare le sofferenze altrui, senza per nulla ritener scandaloso che un uomo, che pur si dichiara virtuoso, si lamenti in un modo tanto scomposto; ed anzi di quest'uomo tesse le lodi e lo compatisce. Essa ha addirittura la pretesa di trarre da ciò un godimento: al quale non vuoi saperne di rinunciare, considerando con disprezzo l'intero poema. Del resto, a mio giudizio, a pochi è dato di comprendere la necessità che ognuno per la propria parte faccia tesoro delle esperienze altrui; e inoltre, non è affatto facile contenere la commiserazione delle proprie sventure dopo averla alimentata e potenziata per quelle altrui».
«E' verissimo», ammise lui.
«E lo stesso discorso non vale anche per il riso? Effettivamente, il tuo modo di agire non sarebbe identico a quello assunto nei confronti della compassione, se, anziché rifiutare come una solenne sciocchezza quelle cose che tu stesso non oseresti mai fare per suscitare il riso, mostrassi di divertirti un mondo ascoltandole nella caricatura di una commedia o in privato? Allora quella volontà di far ridere che tu trattenevi in te stesso con la ragione per paura di far la figura del buffone, in quell'occasione ha libero sfogo, perché, avendole dato forza, a tua insaputa, più di una volta affiora in famiglia: ed eccoti così trasformato in commediante».
«Purtroppo», disse lui.
«E la poesia in quanto imitazione suscita in noi le stesse reazioni anche nei confronti dei piaceri d'amore e del sentimento dell'ira e di tutti gli altri moti dell'anima sia piacevoli che dolorosi, i quali, a nostro dire, accompagnano ogni nostro gesto. Essa, in effetti, li concima e li innaffia, mentre dovrebbe inaridirli; e poi dentro di noi li istituisce come dominatori, mentre dovrebbero essere dominati, se davvero vogliamo diventare più buoni e felici da malvagi e infelici che eravamo».
«Non saprei dire altrimenti», ammise.
La poesia è antagonista della filosofia, della ragione e della legge
Ed io: «Dunque, caro Glaucone, quando ti capita di incontrare qualcuno degli estimatori di Omero - quelli che affermano che questo poeta è stato l'educatore della Grecia e che in vista della organizzazione e della formazione dell'umanità va studiato a memoria, e che anzi la vita intera andrebbe conformata a un tanto grande poeta - siigli pure amico e abbitelo caro, come si conviene a chi, pur nei suoi limiti, è un'ottima persona, e riconosci pure con lui che Omero ebbe doti eccellenti di poeta e fu il massimo dei tragici. Sappi, però, che nella nostra Città non sarà accettata altra forma poetica che gli inni agli dèi e gli encomi per gli uomini virtuosi, perché, se tu dovessi dare accoglienza alla Musa dolce, quella della lirica o dell'epica, nello Stato il piacere e il dolore la farebbero da sovrani al posto della legge e della ragione, la quale sempre e unanimemente è ritenuta la parte migliore».
«Verissimo», disse.
Platone, La Repubblica in "Tutti gli scritti" a cura di Giovanni Reale ed. Bompiani 2014 traduzione de La Repubblica a cura di Roberto Radice. P. 1314 – 1316
Il poeta è il soggetto che esce dalla ragione ed entra nelle emozioni. Vive le emozioni e tenta di riportare il sentimento emotivo nella coscienza della ragione. Il poeta è colui che dice alla ragione "Guarda che non c'è solo la descrizione degli oggetti del mondo. Esiste l'intelligenza ed esistono le emozioni che caratterizzano l'abitare il mondo dell'uomo."
In questo senso, il poeta diventa il nemico di Platone. Platone vuole trasformare l'uomo in uno schiavo, in una macchina, privato dei sentimenti e costretto all'obbedienza passiva ai voleri del padrone. Il poeta risveglia i sentimenti dell'uomo, dice all'uomo che è attorniato da un immenso che partecipa alle sue emozioni. Che poi queste emozioni vengano rappresentate con canzoni, drammi, rappresentazioni teatrali, filmati o poesia, si tratta sempre di alimentare le emozioni anche quando la rappresentazione delle emozioni può servire per addomesticare l'uomo alla sottomissione e all'obbedienza.
Noi, che viviamo di emozioni, conosciamo parte del pericolo. Tuttavia noi amiamo i poeti perché il poeta, in quanto poeta, si è estraniato dalla forma del mondo e si è fatto attraversare dalle emozioni.
A noi non resta che ascoltarlo e capire se lui riesce, in qualche modo, a comunicare le sue emozioni alle nostre emozioni.
Poi, noi siamo consapevoli che esistono i "truffatori emotivi", i "tecnici della comunicazioni", gli attori, coloro che studiano come suscitare emozioni per coinvolgere spettatori e condurli su sentieri distruttivi. Ma a noi, costoro non ci interessano e, qualora dovessimo occuparci di loro, lo faremo in un capitolo a parte.
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Marghera, 4 settembre 2021
Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo
Membro fondatore della Federazione Pagana
Piaz.le Parmesan, 8
30175 Marghera - Venezia
Tel. 3277862784
e-mail: claudiosimeoni@libero.it
Diana di Roma!
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