Il primo maggio si celebra il lavoro: si sono dimenticati di riempire di significato la parola "lavoro".
In questo modo è facile prendere in giro le persone. Lavora l'imprenditore, il politico e il mafioso. Lavora il ladro, il corrotto e il commerciante. Vengono celebrati ignorando il bracciante, il cameriere, l'operaio e chi pulisce i gabinetti.
Maggio 2024: la Religione Pagana fra filosofia metafisica, psicologia, problemi sociali e cronaca quotidiana.

31 maggio 2024 cronache della religione pagana
L'E di Delfi e le sue implicazioni

Claudio Simeoni

Cronache mese di maggio 2024

L'E di Delfi e le sue implicazioni

A proposito delle massime delfiche, per come io le ho lette in italiano; siamo sicuri che tutte le massime siano rette da un imperativo?

Non è che alcune massime possono essere rette da un interrogativo?

Per esempio, la più famosa, la n. 8: "Conosci te stesso".

E' un imperativo: "Devi conoscere te stesso"; o è un interrogativo: "Conosci te stesso?".

Nelle Antiche religioni gli Dèi non ordinano, gli Dèi suggeriscono.

Plutarco dice che la E di Delfi, rivolta al Dio Apollo dice: "Tu sei" detto dall'uomo riferito al Dio.

Solo che Plutarco deve giustificare il suo assolutismo anteponendo il Dio Apollo all'uomo. Dal punto di vista dei cristiani, questa forma appare logica, ma non dal punto di vista di Apollo quale principio maschile della vita dei bisessuati.

Dice Plutarco nell'E di Delfi:

" "Invece il Dio esiste. "tu sei", lo dobbiamo proclamare. Esiste non nel tempo, ma nell'eternità immobile, senza tempo, senza mutamenti, che non ha un prima e un dopo: essa non conosce futuro né passato, vecchiezza e gioventù. Essendo unico, egli abbraccia l'eternità nell'unico suo presente, e solo ciò che esiste a queste condizioni esiste realmente, non soggetto al passato né al futuro, né all'inizio né alla fine. Così dunque i suoi fedeli devono salutare il Dio e rivolgere a lui la frase "Tu sei", e anche, per Zeus, come fecero alcuni antichi, "Tu sei unico"."

Plutarco, Dialoghi delfici, Dialogo E di Delfi, Adelphi editore, 1995, pag. 156-157

Plutarco (47 d.c. - 126 d.c) costruisce quella relazione assolutistica padre-figlio, che sempre sono stati e sempre saranno, che tronca definitivamente con le Antiche religioni ponendo le basi per la nascita dell'assolutismo cristiano.

Plutarco rompe con l'Antica religione di cui egli era, in quel momento a Delfi, un "sacerdote".

Scrive, Omero (o chi per esso) nell'Inno Omerico ad Apollo:

"Quando Ilizia, Dea del travaglio, arrivò a Delo,
Leto fu presa dalle doglie e s'apprestò a partorire.
Cinse con le braccia la palma, puntò le ginocchia
sul tenero prato, e sorrise la terra di sotto
il Dio uscì fuori alla luce, e le dee gridarono tutte.
Allora Febo arciere, le Dee ti lavarono con acqua limpida,
secondo il rito purificatorio, e ti avvolsero in un drappo bianco,
sottile e intatto: intorno posero un nastro d'oro."

Inni Omerici, Inno Omerico ad Apollo, edizione BUR, 2000, pag. 103 e 105

Gli Dèi nascono, crescono e si trasformano,

A dispetto di quanto vuole che sia Plutarco, Apollo nasce. Non è sempre stato perché il principio maschile della vita, un tempo, non era. Il principio maschile della vita nasce con i bisessuati.

D'altro canto, la volontà assolutista di Plutarco è ben delineata quando censura la trasformazione degli Dèi che, fino ad allora, dominava la concezione religiosa dell'uomo.

Scrive Plutarco nell'E di Delfi:

In verità, per quanto è possibile che un oggetto percepibile dai sensi rispecchi una sostanza spirituale, che un corpo in movimento corrisponda a ciò che è immobile, l’immagine del sole riflette in qualche modo la bontà e la beatitudine del dio.
"Quanto al processo di disintegrazione e mutamento a cui, secondo alcuni, andrebbe soggetto il dio, annullandosi in fuoco insieme a tutto l’universo e poi di nuovo solidificandosi e prendendo corpo nella terra, nel mare, nei venti, negli animali, assoggettato alle terribili vicende degli esseri animati e inanimati: tutto questo è empietà, anche soltanto ad ascoltarlo!
Il dio sarebbe da meno del fanciullo di cui parla il poeta, che si diverte ad ammucchiare sabbia e poi a disperderla di nuovo, se egli usasse l’universo per suo divertimento e creasse dal nulla il mondo per poi distruggerlo una volta creato. Al contrario, il principio divino tiene insieme la sostanza di ciò che è comunque entrato nell’esistenza dell’universo, e vince la debolezza delle creature, che di per sé volgerebbe all’annientamento.
A me sembra che proprio contro quella teoria si ponga la formula “Tu sei” rivolta al dio.
Essa rende testimonianza che il dio è estraneo alla degenerazione e al mutamento; e che compiere e subire tali atti riguarda invece un altro dio, o piuttosto un demone preposto al mondo della natura, in cui esistono la morte e la nascita.

Plutarco, Dialoghi delfici, Dialogo E di Delfi, Adelphi editore, 1995, pag. 158

A mio avviso sono da preferire due interpretazioni o il "tu sei", che può essere concluso "ciò che sei", nel senso di prendere atto di sé stessi; o l'uomo e la donna che al Dio dicono "Io sono".

D'altro canto, l'imperativo di "conosci te stesso" implica l'idea che colui, a cui lo si dice, non conosce sé stesso. Ma per imporre di conoscere sé stessi è necessario negare la trasformazione continua di quel sé stesso che, per essere conosciuto come oggetto, non deve mutare perché se muta, ogni istante della mutazione nega la realtà conosciuta in precedenza per presentare continuamente nuove verità diverse dalle precedenti.

Se la questione è posta come interrogativo, "Conosci te stesso?" diventa "conosci le possibilità di te stesso?"

In quel caso diventa logica la risposta dell'uomo "io sono" come diventa altrettanto logica la possibile affermazione del Dio nei confronti dell'uomo: "Tu sei".

In quest'ultima logica anche Asclepio presenta la E di Delfi: "Tu sei nella tua trasformazione" quella trasformazione che, dalla condizione di malato, passa alla condizione di guarito attraverso una modificazione della realtà vissuta.

La E di Delfi è molto più antica di Plutarco che si limita a dare la sua interpretazione assolutista.

[E non sperate che la corregga, dove mancano virgole, mettetele voi!]

Nella foto una moneta con l'immagine di Asclepio e la E di Delfi.

 

31 maggio 2024

Asklepieion in Epidauro

La prima visita ai siti archeologici che feci in Grecia fu all'Asklepeion di Epidauro, nel Peloporneso.

Il santuario di Asclepio era unito al teatro dell'Epidauro, ancora funzionante dall'acustica perfetta.

Inizierò a trattare questo argomento domani, oggi non ne ho avuto il tempo dal momento che, come ogni cittadino dovrebbe, ho perso alcune ore per consegnare la dichiarazione dei redditi.

Mi concetrerò su tre argomenti legati ad Asclepio anche se uno di questi argomenti l'ho incontrato nel museo dell'Epidauro legato alla celebrazione di Asclepio, ma appartiene ad una polemica che feci con Plutarco oltre 20 anni fa in merito all'E di Delfi.

I tre argomenti che tratterò sono:

La E di Delfi;

La resurrezione dei morti per la quale Zeus fulmina Asclepio;

E il santuario di Asclepio che è stato, forse, il più antico ospedale al servizio delle persone e che è stato distrutto da Silla per appropriarsi del tesoro del tempio;

Nella foto: una vista del teatro dell'Epidauro.

 

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Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

Membro fondatore
della Federazione Pagana

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