Il vangelo di Tommaso Didimo
amare il fratello

Neoplatonismo, messianesimo e volontà d'esistenza - Ventottesima parte

di Claudio Simeoni

Indice Vangelo Tommaso Didimo

Scrive Giuda Tommaso Didimo nel venticinquesimo paragrafo:

Gesù disse: "Ama tuo fratello come l'anima tua. Veglia su di lui come la pupilla del tuo occhio".

L'affermazione fatta da Tommaso Didimo è chiusa in sé stessa. Cosa intende per fratello? E chi è il fratello? Soprattutto: che cosa intende Tommaso Didimo per "fratello"?

Questo modo di esporre le cose lascia spazio all'immaginazione del lettore. Il lettore riempie i termini "amare", "fratello", "anima" con i propri significati dal momento che Tommaso Didimo non dice che cosa lui intende quando usa quei termini.

Ad esempio, nei vangeli ufficiali dei cristiani: quali sono i fratelli di Gesù?

Scrive Matteo nel suo Vangelo:

"Mentre si rivolgeva ancora alla folla, la madre e i suoi fratelli che erano fuori e cercavano di parlargli. E uno gli disse: "Ecco tua madre e i tuoi fratelli sono là fuori e desiderano parlarti". Ma egli rispondendo a chi aveva parlato disse: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?" Poi, stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli. Perché chi fa la volontà del padre mio che è nei cieli, egli è mio fratello e mia sorella e mia madre."

Vangelo di Matteo 12, 46-50

Gesù non considera suoi fratelli quelli nati dallo stesso padre o dalla stessa madre, ma chiama fratelli coloro che hanno la stessa "fede". O meglio, chiama fratelli i suoi adepti. I suoi adepti si prostrano davanti a Gesù, come vuole "il padre mio che è nei cieli", e costoro, dal momento che si prostrano, sono considerati fratelli da Gesù.

Tommaso Didimo intende la stessa cosa?

Può essere e non può essere. Il lettore è libero di decidere chi può essere suo fratello. Una volta che il lettore decide chi è suo fratello viene invitato da Tommaso Didimo ad amarlo "come la propria anima".

Appare evidente, nel caso di Tommaso Didimo, come il fratello altro non sia che un'estensione di noi stessi. Non si tratta di "amare il fratello" come un soggetto diverso da sé, ma amarlo come un soggetto separato uguale a sé stessi. Ciò che ami e che devi proteggere, come la pupilla del tuo occhio, non è il soggetto diverso da te, ma la relazione che intrattieni con il soggetto diverso da te perché assieme agite nel mondo con volontà e intenti comuni.

Volontà e intenti comuni determinano l'essere fratelli.

Se vogliamo estendere questo concetto, possiamo dire che noi dobbiamo proteggere la società in cui viviamo perché proteggendo la società in cui viviamo, proteggiamo noi stessi. Se la società è in sofferenza anche noi siamo in sofferenza. Tommaso Didimo non lo dice perché, si può presumere, il gruppo di seguaci a cui parla Tommaso Didimo è separato dalla società pensando sé stessi come una società separata dalla società e, per questo, necessaria di legami più forti per difendersi dall'insieme sociale che li contiene.

Rimane il sospeso sul concetto di amore dell'uomo contrapposto all'amore di Dio, chiamato "carità", nei confronti dell'uomo. I cristiani agiscono confondendo i due termini affinché la confusione generi truffa e inganno nei confronti degli uomini.

Il concetto di amore è un concetto di relazione fra soggetti che si ritengono uguali; la carità è il concetto d'amore del più forte nei confronti dei più deboli che lo riconoscono come loro padrone. Io amo chi ritengo uguale a me; io faccio la carità, amo, chi è inferiore a me. Solitamente chi pratica la carità lo fa come gesto di benevolenza nei confronti del sottomesso che accetta di essere sottomesso, non certo nei confronti del sottomesso che gli punta un coltello alla gola.

Un esempio è dalla Prima lettera di Giovanni che dedica un ampio stralcio all'amore.

Scrive Giovanni nella prima lettera:

Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi. In questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito. 14E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio. E noi abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui.

Prima lettera Giovanni 4, 11 - 16

Questo discorso di Giovanni è un panegirico retorico che fa dell'inganno la sostanza della sua manifestazione. Dice: "Nessuno ha mai visto Dio!" dunque, Dio non esiste. Giovanni, però vuole che esista e, dal momento che lui lo vuole, lo immagina come presenza emotiva che lo consola per il fatto che "non ha visto Dio".

Cosa ha fatto Dio che non esiste perché, appunto, nessuno lo ha mai visto?

Ha consolato Giovanni nella sventura rassicurandolo che è in lui. Ma chi ha amato Giovanni se non Giovanni stesso dal momento che Dio non esiste perché nessuno lo ha mai visto? Giovanni ha consolato sé stesso dai propri fallimenti e la consolazione di Giovanni a sé stesso, Giovanni la chiama "amore di Dio".

Questo è un problema psicologico di Giovanni. Diventa un problema sociale quando questo diventa tecnica di sottomissione all'idea dell'esistenza di Dio che Giovanni stesso ha detto che "nessuno ha mai visto".

La menzogna di Giovanni continua con una fallacia dicendo "E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo (14).". La menzogna è attribuirsi una testimonianza quando si è appena affermato che "nessuno ha visto Dio" e, dunque, non hai visto né Dio né il figlio di Dio, ma vuoi immaginare che ciò sia per i tuoi interessi. Affermare che "E noi abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui(16)" è un atto di odio sociale perché all'amore che gli uomini debbono ai loro pari viene sostituita la deferenza e la sottomissione che viene chiamata amore.

In Giovanni, il termine "amore" è un'arma con cui costringere le persone ad accettare un'idea aprioristica di chi li vuole sottomettere anche perché, l'idea del Dio dei cristiani, nasce dall'amore che Dio ha per gli uomini che macella a Sodoma e Gomorra e in molte altre parti.

In Tommaso Didimo non c'è il termine "amore" come arma di distruzione di massa, ma c'è il termine amore come relazione fra persone che pensano sé stesse come uguali: fratelli!

La differenza dell'uso del termine amore fra Tommaso Didimo e i vangeli cristiani è abissale. Nei vangeli il termine amore è un termine usato per diffondere odio e sottomissione.

Marghera, 21 marzo 2022

 

NOTA:

Il lavoro di analisi del vangelo di Tomaso Didimo fu terminato nella pubblicazione fotocopiata nel dicembre del 1998.
Il testo pubblicato nel sito federazionepagana.it, viene riscritto assumendo un diverso punto di vista in relazione ai vangeli cristiani.
Marghera 30 novembre 2021

 

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Ultima formattazione 21 ottobre 2021

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