Il vangelo di Tommaso Didimo
Gesù dice che a chi ha sarà dato e a chi non ha sarà tolto l'indispensabile

Neoplatonismo, messianesimo e volontà d'esistenza - Quarantaquattresima parte

di Claudio Simeoni

Indice Vangelo Tommaso Didimo

Scrive Giuda Tommaso Didimo nel quarantunesimo paragrafo:

Gesù disse: "Sarà dato a colui che già ha nella sua mano; e a colui che non ha sarà tolto anche quel poco che ha".

Questo concetto, espresso in maniera così sintetica da Tommaso Didimo, definisce un principio sociale che, essendo espresso dalla volontà di Dio, condanna tutte le persone indigenti all'indigenza permanente e alla persistenza nella sofferenza.

Colui che è ricco sarà arricchito ulteriormente; a colui che è povero e sofferente sarà tolto tutto quello che lo consola nella povertà e nella sofferenza. I poveri e gli indigenti non hanno diritto di rivendicare qualche cosa agli occhi di Dio che è fuori da ogni regola e da ogni logica umana imponendo all'umanità quello che lui desidera per il proprio piacere.

Il principio ideologico generale è abbastanza chiaro: chi è ricco viene favorito da Dio che farà in modo che altra ricchezza giunga a lui; chi è povero, dovendo essere povero, gli si deve togliere tutto quello che gli permette di sopravvivere nella povertà.

E' l'espressione dell'amore del Dio dei cristiani che ama le ricchezze e si compiace dell'esistenza dei poveri fornendo loro altra povertà in sovrappiù. E mentre distribuisce sofferenza ai poveri, il Dio dei cristiani guarda i poveri con dolcezza e compiacimento nel vedere che i poveri vivono nella povertà e nell'indigenza anziché ribellarsi alle condizioni di povertà ed indigenza. L'amore di Dio per i poveri si nutre della sofferenza dei poveri che perseverando nella povertà, costringendo i loro figli nella povertà come fossero tanti Isacco da sacrificare per la gloria di Dio, trovano, nel donare sé stessi a Dio, soddisfazione nella loro miserabile esistenza.

Questo concetto di dare a chi ha e di togliere a chi non ha, viene veicolato in maniera diversa nei vangeli cristiani.

Gli evangelisti, elevando sé stessi a padroni del mondo in nome e per conto di Gesù, ritengono di essere coloro che danno e che tolgono a loro piacimento per ordine di Gesù. Se l'ordine ideologico viene attribuito a Gesù, gli evangelisti e tutti i cristiani si ritengono coloro che tolgono e che danno a proprio piacimento.

Come nel vangelo di Matteo 13

"Allora gli si avvicinarono i discepoli e gli domandarono: "Perché parli ad essi in parabole? " Egli rispose: "Perché a voi è dato conoscere i misteri del cieli, ma a loro non è stato concesso. Infatti, a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza, ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. Per questo io parlo ad essi in parabole, perché vedendo non vedano e udendo non intendano né comprendano..." E si adempie in loro la profezia d'Isaia che dice:
"Udrete con i vostri orecchi e non comprenderete; guarderete con i vostri occhi e non vedrete; perché il cuore di questo popolo si è fatto insensibile: sono diventati duri d'orecchi e hanno chiuso gli occhi, per non rischiare di vedere con gli occhi e di udire con gli orecchi, e di comprendere con il cuore e di convertirsi, perché io li guarisca".

Matteo, 13 10 - 15

La strategia di Gesù, nel vangelo di Matteo, consiste nel seminare ignoranza in modo che la conoscenza accumulata dai suoi seguaci doni loro potere su chi lui costringe a non capire e a non accedere alla conoscenza.

Questo principio tende a fissare il potere e il dominio sia in termini di ricchezze fisiche che in termini di potere culturale e sociale.

Il potere della conoscenza deve dominare quelli a cui Gesù costringe a non capire e a non accedere alla conoscenza. Non sono loro che non capiscono. E' Gesù che agisce in modo da non farsi capire affinché rimangano nell'ignoranza.

Il messaggio di Gesù diventa questo: costringi le persone a rimanere nell'ignoranza per poterle dominare.

Infatti, i cristiani distrussero la cultura antica in nome del ripristino dell'ignoranza in nome di Dio e concessero qualche barlume di conoscenza solo a coloro di cui si servivano per dominare le persone. Costruirono l'analfabetismo, distrussero la medicina, distrussero la rete scolastica di Roma, distrussero i luoghi di ritrovo, trasformarono la città, che fu la capitale del mondo mediterraneo, in un borgo medioevale costellato di ruderi, malsano, mefitico e privando gli abitanti di ogni prospettiva sociale che non fosse la gloria di Dio. Di colui che li dominava.

Questo principio viene caricato ulteriormente di un significato distruttivo sia nel vangelo di Luca che in un'altra parte del vangelo di Matteo.

Prima di leggere quanto scritto da Luca e Matteo è necessario ricordare che nei vangeli cristiani, ogni azione è fatta da Gesù. E' Gesù il protagonista di ogni storia. In particolare, nel racconto delle mine di Luca e nel racconto dei talenti di Matteo, Gesù è sia il re che l'uomo che parte per il viaggio. Questo perché il beneficiario, nei racconti dei vangeli, deve essere sempre Gesù in quanto Dio perché figlio di Dio. Gesù non racconta un episodio per censurarlo, ma lo racconta per offrirlo come esempio di comportamento morale proprio del cristiano.

Scrive Luca nel suo Vangelo:

"Un uomo di nobile stirpe se ne andò in un paese lontano a prendere in suo possesso un regno e poi ritornare. Chiamò dieci dei suoi servi e diede loro dieci mine dicendo: "Mettetele a frutto fino al mio ritorno", ma i suoi concittadini lo odiavano ed inviarono dietro di lui un'ambasciata a dire "Non vogliamo che costui regni sopra di noi". Quando fu di ritorno, dopo aver preso possesso del regno, fece chiamare a sé quei servi ai quali aveva consegnato il denaro, per sapere quanto qualcuno lo aveva fatto fruttare. Si presentò il primo e gli disse: "Signore la tua mina ne ha fruttate dieci". Bene, servo buono, gli rispose, poiché sei stato fedele nel poco, prendi il governo di dieci città. Venne poi il secondo e disse: "La tua mina o signore, ne ha fruttate cinque". Tu pure, gli rispose, sii a capo di cinque città". "Venne un altro e disse: "Signore, ecco la tua mina che io ho custodita avvolta in un pezzo di panno. Ho avuto paura di te, che sei un uomo severo; tu cogli ciò che non hai piantato, e mieti ciò che non hai seminato." Ed egli a lui: Dalle tue parole ti giudico, servo iniquo! Tu sapevi che io sono un uomo severo, che colgo ciò che non ho piantato, e mieto ciò che non ho seminato! Perché, dunque, non hai messo il mio denaro in una banca? Al mio ritorno io lo avrei potuto esigere con interesse". Poi disse a quelli che erano presenti: "Riprendetegli la mina e datela a colui che ne ha dieci". Gli osservarono: "Signore, egli ha dieci mine". Io vi dico: a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. Intanto conducete qui i miei nemici, quelli che non volevano che io regnassi sopra di loro, e sgozzateli in mia presenza"".

Vangelo di Luca 19, 12 -27

Due sono le indicazioni di Gesù. Togliere a chi non ha per arricchire chi ha e ordinare di uccidere quelli che non si sottomettono a Gesù. Il racconto di Luca deve condurre a queste due conclusioni. Il diritto di depredare il povero affinché alimenti la sua sofferenza e il diritto a praticare il genocidio nei confronti di chi non si sottomette a Gesù.

Nel Vangelo di Matteo il concetto di "dare a chi ha e togliere a chi non ha" porta un'immagine di maggior violenza che non in Luca. Mentre in Luca il re si limita a riprendersi la mina, in Matteo non solo si riprende il talento, ma lo schiavo viene anche torturato: " E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti." [Matteo 25, 30]

In sostanza, l'affermazione di Tommaso Didimo è usata nei vangeli cristiani per legittimare sia il genocidio, sgozzare chi non si mette in ginocchio, che l'arbitrio assolutista che si realizza con la tortura nei confronti dello schiavo che non ha raggiunto l'obbiettivo.

In Matteo e Luca, inoltre, Gesù descrive sé stesso come un ladro, un bandito senza scrupoli. Gesù non ha rispetto per il lavoro delle persone:

"Ed egli a lui: Dalle tue parole ti giudico, servo iniquo! Tu sapevi che io sono un uomo severo, che colgo ciò che non ho piantato, e mieto ciò che non ho seminato! Perché, dunque, non hai messo il mio denaro in una banca?"

Vangelo di Luca 27, 22-23

Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse.

Vangelo di Matteo 25, 26-27

Gesù stesso si qualifica come un ladro che miete dove altri hanno seminato rubando loro il raccolto e raccoglie dove non ha sparso. Gesù si appropria del lavoro di altre persone. Gesù si guadagna da vivere col sudore della fronte di uomini a cui ruba il pane.

"A chi ha sarà dato e sarà tolto a chi non ha" è un modo ideologico per legittimare la misera e la sottomissione imposta da Gesù che si erge a padrone di persone che devono agire per arricchirlo; ammazzare chi non si mette in ginocchio davanti a lui; torturare gli schiavi e soddisfare in questo modo il proprio piacere.

Marghera, 04 dicembre 2022

 

NOTA:

Il lavoro di analisi del vangelo di Tomaso Didimo fu terminato nella pubblicazione fotocopiata nel dicembre del 1998.
Il testo pubblicato nel sito federazionepagana.it, viene riscritto assumendo un diverso punto di vista in relazione ai vangeli cristiani.
Marghera 30 novembre 2021

 

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Ultima formattazione 21 ottobre 2021

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