NOTA: Nella pagina sono trattati i commenti a due paragrafi del Vangelo di Tommaso Didimo sia perché le frasi sono molto simili fra di loro, sia perché nei vangeli cristiani il concetto è trattato nello stesso modo.
Scrive Giuda Tommaso Didimo nel quarantatreesimo paragrafo:
I suoi discepoli gli domandarono: "Chi sei tu, che ci dici queste cose?". (Gesù rispose:) "Da ciò che vi dico non capite chi io sia, ma siete diventati come gli Ebrei. Essi amano l'albero, ma odiano il frutto, oppure amano il frutto e odiano l'albero".
Innanzi tutto, nel paragrafo 43, c'è una carenza di logica sia dal punto di vista teologico cristiano che dal punto di vista della filosofia metafisica.
Dice Gesù "Da ciò che vi dico non capite chi io sia...". O sta parlando un uomo che dice cose assolutamente comuni e, dunque, gli ascoltatori capiscono immediatamente chi è e dove va a parare con i suoi discorsi, o dice cose assolutamente nuove che, lasciando interdetti, pone i suoi ascoltatori nelle condizioni di chiedersi chi egli fosse.
Tommaso Didimo era ebreo o non era ebreo? Gesù era ebreo o non era ebreo? In questo caso Gesù non dice: "siete diventati come i farisei...", ma dice: "ma siete diventati come gli ebrei...". In sostanza, non indica una parte della società in cui agisce, ma indica l'intera società, ebrea, come altra da sé stesso. Gesù, stando a questo passo, non è un ebreo e gli apostoli non sono ebrei.
Queste affermazioni lascerebbero supporre che chi ha scritto il vangelo di Tommaso Didimo non riteneva di essere un ebreo e considerava gli ebrei come degli stolti che non sono in grado di comprendere la relazione albero e frutto.
Questa applicazione della morale ad un albero in relazione al frutto viene usata anche nei vangeli cristiani, ma viene modificata in maniera significativa.
Questo paragrafo si lega al paragrafo 45.
Vale la pena di trattarli assieme anche perché il senso dei due paragrafi tende a sovrapporsi.
Scrive Tommaso Didimo nel quarantacinquesimo paragrafo:
Gesù disse: "Non colgono l'uva dalle spine, né colgono fichi dai rovi; giacché essi non danno frutto. Una persona buona trae il buono dal proprio tesoro; una persona cattiva, dal proprio tesoro cattivo, che è in cuor suo trae il male e dice (parole) cattive: giacché è dall'abbondanza del suo cuore che produce cose cattive".
Il paragrafo 45 è in continuazione col paragrafo 43 e in continuazione col paragrafo 43 è trattato nei vangeli cristiani.
Scrive il Vangelo di Luca:
43 Non c'è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. 44 Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo. 45 L'uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore.
Luca 6, 43-45
In Luca la relazione albero-frutto è usata per legittimare la discriminazione e la violenza razzista.
L'albero diventa il soggetto. Il soggetto che è! Si identificano un gruppo sociale, lo si identifica come buono e, qualunque cosa faccia quel gruppo sociale deve essere necessariamente buono. Da qui il concetto diffuso fra i razzisti USA per cui il fine dei "neri" è quello di violentare le donne bianche e, pertanto, vanno aggrediti, bastonati e uccisi perché da loro può provenire solo il male. Albero cattivo che produce frutti cattivi.
I frutti qualificano l'albero, da quell'albero è coerente aspettarsi quei e solo quei frutti. Un albero di fichi non ha le spine; un albero di prugnole o di biancospino ha le spine. I frutti sono entrambi commestibili e si mangiano.
L'uva spina è molto buona e si raccoglie su un rovo spinoso.
E' indubbio che alcune piante producono frutti non commestibili per l'uomo, ma sono commestibili per alcuni animali. Condannare una di quelle piante come cattiva aprioristicamente, dal punto di vista teologico cristiano, significa condannare aprioristicamente un atto della creazione del loro Dio.
Il razzismo di Gesù in Luca è evidente quando dice " L'uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore;". Infatti, sono le azioni positive che qualificano una persona come buona; non è la persona che qualifica le azioni indipendentemente dagli effetti che quelle azioni producono. I cristiani chiamano buono il loro Dio che macella l'umanità col diluvio universale. Macellare l'umanità, per i cristiani, è un atto di bontà perché fatto dal loro Dio che chiamano buono. Solo che, macellare l'umanità, è un atto malvagio e, dunque, il Dio dei cristiani è malvagio. Sono gli atti e le azioni che qualificano la bontà o la malvagità non l'appartenenza alla razza.
Ascolta la bocca e dalle parole che ne escono e dalle azioni che ne seguono chiamerai buono o cattivo chi ha parlato o ha agito.
Scrive il vangelo di Matteo:
33 Se prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono; se prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l'albero. 34 Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? Poiché la bocca parla dalla pienezza del cuore. 35 L'uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive. 36 Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; 37 poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato".
Matteo 12, 33-37
Anche nel vangelo di Matteo l'albero "buono" si contrappone all'albero "cattivo". Si tratta di dividere soggettivamente l'esistenza in "buoni" e "cattivi" a seconda dei propri personali interessi alimentando il razzismo e l'emarginazione sociale di chi si indica "cattivi". L'anatema è rivolto ai farisei che vengono indicati come "razza di vipere" in virtù del loro essere farisei, non in virtù di azioni "maligne" che Gesù non indica per evitare che l'odio razziale venga deviato verso l'odio per azioni malvage che potrebbero essere imputate anche a Gesù stesso. Gesù indirizza l'odio nei confronti della razza, non nei confronti di azioni odiose. Da qui, è la razza, l'albero "buono" o "cattivo", che produce frutti "buoni" o "cattivi".
A Gesù non interessa se i farisei stanno dicendo o stanno facendo delle cose buone. La loro razza è "una razza di vipere" e, dunque, la bontà delle loro parole e delle loro azioni per Gesù è inconcepibile.
Sono i tralci che, non riconoscendo Gesù come albero "buono", non danno frutti a Gesù e Dio, il vignaiolo suo padre, li taglia (li uccide) come nel vangelo di Giovanni.
Scrive Giovanni nel suo vangelo:
1 "Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. 2 Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3 Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. 4 Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. 5 Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6 Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7 Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. 9 Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10 Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11 Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Giovanni 15, 1- 11
Gesù viene identificato nella vigna (Dioniso) e il Dio padrone suo padre nel vignaiolo che dispone della vite e di quanto la vite produce. Ogni tralcio prodotto da Gesù che non porta frutto a Dio, Dio provvede a tagliarlo e ogni tralcio prodotto da Gesù, Dio lo taglia e lo modella affinché porti più frutto.
Gli uomini, in sostanza, sono tralci e frutti della vigna e gli uomini che rimangono in Gesù farebbero molti frutti graditi al padrone Dio che provvederebbe affinché facciano più frutto.
Ciò che non fa frutto per piacere a Dio, viene qualificato come "malvagio", cattivo, allontanato dalla pianta mediante omicidio da parte di Dio o di chi ne fa la volontà.
La gioia di Gesù è piena quando gli uomini rinunciano a sé stessi per favorire la pianta chiamata Gesù che, in questo modo, può soddisfare il Dio padrone che la curerà per la propria gioia.
La condizione per la quale si può amare l'albero ed odiare il frutto è del tutto logica all'interno dell'ideologia cristiana. I protestanti, non amano forse Gesù, ma odiano i cattolici? Amano l'albero, ma non i frutti. Così gli ortodossi, i cattolici, gli anglicani, i musulmani, ecc.
Tutti, in nome di Dio, potano l'albero a propria immagine, ma il male che distrugge l'uomo sta nell'albero e nel Dio vignaiolo che l'albero, con i suoi frutti, vuole soddisfare.
Resta sospesa la frase: "Siete diventati come gli ebrei..." che, in sostanza, sta ad indicare un'estraneità di chi scrive il vangelo di Tommaso Didimo, dalla razza ebrea.
Marghera, 08 dicembre 2022
NOTA:
Il lavoro di analisi del vangelo di Tomaso Didimo fu terminato nella pubblicazione fotocopiata nel dicembre del 1998.
Il testo pubblicato nel sito federazionepagana.it, viene riscritto assumendo un diverso punto di vista in relazione ai vangeli cristiani.
Marghera 30 novembre 2021
La Religione Pagana e il Male Assoluto
Sito di Claudio Simeoni
Claudio Simeoni
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Ultima formattazione 21 ottobre 2021
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