Partita di calcio mondiale della filosofia
Era accaduto molte volte. Qualcuno pensava di introdurre in un ambiente un animale senza chiedersi come quell'ambiente sarebbe cambiato all'arrivo di quella nuova specie animale.
Era accaduto in Australia dove qualcuno introdusse il coniglio e il coniglio divenne infestante per l'ambiente e i raccolti. Qualcuno introdusse il rospo delle canne importandolo dal Sud America per combattere il coleottero delle canne che stava devastando i raccolti. Il rospo delle canne, velenosissimo, non ha nemici e ora infesta l'intera Australia come il dromedario che, importato dal Medio Oriente, ora vaga in branchi sempre più numerosi in Australia.
In Italia ci hanno pensato i cacciatori ad importare i cinghiali giganti dalla Romania e, al contempo, a sterminare i lupi che sono il punto di equilibrio fra l'ambiente e i cinghiali.
I branchi di cinghiali di Erimanto erano cresciuti nel corso dei secoli nutrendosi di una società che si stava putrefacendo, morendo su sé stessa. E loro alimentavano la putrefazione sociale imponendo obblighi di obbedienza a chi non poteva sottrarsi.
I cinghiali si spostavano in branco, chiedevano sottomissione in nome dei doveri che gli uomini dovevano a Dio.
Schiavizzare i figli era considerato un atto d'amore e incamerare il profitto dalla schiavitù dei figli era un merito sociale.
Le tavole sinaitiche: "Onora tuo padre e tua madre, come il Signore Dio tuo ti ha comandato, perché la tua vita sia lunga e tu sia felice nel paese che il Signore tuo Dio ti dà"!
Deuteronomio, 5, 16
"Se un padre avrà un figlio testardo e ribelle che non obbedisce alla voce né di suo padre né di sua madre e, benché l'abbiano castigato, non dà loro retta, suo padre e sua madre lo prenderanno e lo condurranno dagli anziani della città, alla porta del luogo dove abita, e diranno agli anziani della città: "Questo nostro figlio è testardo e ribelle; non vuole obbedire alla nostra voce, è uno sfrenato e un bevitore". Allora tutti gli uomini della sua città lo lapideranno ed egli morirà; così estirperai da te il male e tutto Israele lo saprà ed avrà timore"!".
Deuteronomio, 21, 18-21
"Colui che percuote suo padre o sua madre sarà messo a morte"
Esodo, 21, 15
"Chiunque maltratta suo padre o sua madre dovrà essere messo a morte; ha maltrattato suo padre o sua madre: il suo sangue ricadrà su di lui".
Levitico 20, 9
E poi la tortura dei figli affinché i figli si sottomettano ai genitori che li possiedono allo stesso modo del bestiame o delle cose.
Chi ama il proprio figlio usa spesso la frusta,
per gioire di lui alla fine.
Chi corregge il proprio figlio ne trarrà vantaggio
e se ne potrà vantare con i suoi conoscenti.
[...]
Chi accarezza un figlio ne fascerà poi le ferite,
a ogni grido il suo cuore sarà sconvolto.
Un cavallo non domato diventa restio,
un figlio lasciato a se stesso diventa sventato.
Coccola il figlio ed egli ti incuterà spavento,
scherza con lui, ti procurerà dispiaceri.
Non ridere con lui per non doverti con lui rattristare,
che non debba digrignare i denti alla fine.
Non concedergli libertà in gioventù,
non prendere alla leggera i suoi difetti.
Piegagli il collo in gioventù
e battigli le costole finché è fanciullo,
perché poi intestardito non ti disobbedisca
e tu ne abbia un profondo dolore.
Educa tuo figlio e prenditi cura di lui,
così non dovrai affrontare la sua insolenza.
Ecclesiastico 30, 1-13
In questo modo avvenne l'importazione dei cinghiali di Erimanto. All'inizio sembrava solo un gioco. Che c'era di male nel picchiare i figli per costringerli ad obbedire? I figli dovevano obbedire ai loro padri e, in subordine, alle loro madri, altrimenti sarebbero stati bastonati. Se i figli si ribellavano e non accettavano le bastonate, allora dovevano essere uccisi perché quella società non tollerava la ribellione all'autorità e considerava vantaggioso far ammazzare i figli dai loro genitori piuttosto che provvedere in età adulta. Affrontare uomini ribelli era più pericoloso che non affrontare bambini ribelli. In fondo, i bambini che non si ribellano potevano essere stuprati dai loro genitore o da ogni altro adulto.
E il numero di cinghiali di Erimanto crebbero. Divennero il modello del comportamento sociale. Le regole della società diffondendo la violenza nei confronti dei minori come un cancro che infettava l'intero tessuto sociale.
Il branco di cinghiali si stava spostando dalla pianura, proveniente dai colli Euganei, verso Sandrigo e fra poco avrebbe raggiunto le propaggini dell'Altopiano.
Non era facile per il piccolo Beppi distinguere i cinghiali dai non cinghiali. Si assomigliavano tutti, ma i cinghiali di Erimanto avvolgevano la vita come una coperta soffocante che impediva, a chi voleva respirare, di mal distinguere l'aria da veleni opprimenti.
Eppure gli uomini continuavano ad alimentare il veleno opprimente di una società che rubava ai suoi figli il loro futuro. E Beppi si trovò ad affrontare una società in cui i cinghiali Erimanto dominavano e facevano da padroni.
La Rivoluzione Francese aveva dato speranza ai figli di potersi emancipare dal controllo paterno, ma il cinghiale d'Erimanto Luigi Taparelli d'Azeglio, un gesuita, provvide a ricacciare i figli nello stato di schiavitù genitoriale come parte di quel grande processo di restaurazione della monarchia dopo il periodo bonapartista.
Dichiarato nemico dell'individualismo, Taparelli fondò la preminenza paterna nella famiglia sulla necessità logica di un 'superiore'. Dallo 'stato normale' si deduce che Dio ha creato il figlio per obbedire e il padre per comandare nella società coniugale e domestica. Il fatto della generazione e della coabitazione, la necessità dell'educazione e della continuazione della stirpe ne sono la radice.
Il Taparelli riafferma il diritto di possesso dei genitori sui figli. Il diritto dei genitori di violentare i figli in nome di Dio. Una volta che le coscienze sono state scosse dai movimenti rivoluzionari che hanno attraversato l'Europa, i cinghiali di Erimanto pretendono la distruzione dei diritti sociali e la restaurazione dell'assolutismo. Il controllo della famiglia e le possibilità dei genitori di controllare i figli dominandoli in nome di Dio è per i cristiani, per Luigi Taparelli d'Azeglio, i "papi" cristiani come Leone e per filosofi corrotti e prezzolati come Rosmini una vera e propria crociata sociale.
Il governo della famiglia è monarchico, ma articolato in una serie di poteri, parte del marito e parte della moglie, sulla falsariga dell'organizzazione dello Stato. A entrambi i coniugi appartiene il potere 'costituente' comprensivo della deliberazione della 'legge fondamentale', al cui spirito il padre dovrà adeguare le regole del proprio reggimento. Specifico attributo della moglie, in quanto custode dell'ordine domestico, è l'esercizio del potere deliberativo per quanto attiene la "ispezione domestica" e le rimostranze, oltre che l'esercizio del potere amministrativo interno e gran parte del potere giudiziario. Del potere legislativo (salvo accidentali accomodamenti con la moglie), del potere governativo in relazione all'esterno, dell'amministrazione universale e della forza sociale dispone soltanto il marito, "al quale si compete, come ognun vede, tutto che suole avere maggior efficacia, salvo solo la immediata esecuzione interna, la quale è affidata anzi al soverchio amore che alla forza"!".
E i figli? Al solito devono limitarsi a obbedire "nel loro interesse", ma, se l'obbligo di gratitudine e riconoscenza verso i genitori non ha mai termine, il dovere di obbedienza domestica cessa al cessare della coabitazione, col conseguimento di quella educazione cui è preordinato il potere paterno. Dopo di allora il padre potrà unicamente vietare le male azioni dei figli, che saranno tenuti a obbedirgli non più per la sua qualità di capo della casa, ma per il rispetto eticamente e religiosamente dovuto: "il padre ha un dritto perpetuo a riverenza ed aiuto; ha dritto immutabile nell'ordine domestico ad obbedienza finché il figlio coabita; ha dritto decrescente ad ottenere interna adesione a proporzione che va crescendo nel figlio l'uso di ragione".
Citazioni tratte da: Marco Cavina, Il padre spodestato, editore Laterza, 2007, pag. 133 - 136
I cinghiali di Erimanto correvano soffocando la vita delle persone. Toglievano il respiro all'infanzia affinché gli infanti, privi di aria, si sottomettessero all'imperio di chi offriva aria avvelenata affinché si sottomettessero supplicando un po' di veleno e distribuendo altro veleno ai loro figli.
"Nel nuovo mondo dipinto da Huxley nel 1932 lo Stato, col nobile intento di garantire la perfetta felicità, si sostituiva definitivamente e completamente ai genitori. Non esistevano più né padri né madri: "il nostro Freud era stato il primo a rivelare gli spaventosi pericoli della vita familiare.Il mondo era pieno di padri ed era perciò pieno di miseria; pieno di madri e perciò di ogni specie di pervertimenti, dal sadismo alla castità; pieno di fratelli e di sorelle, di zii e di zie; pieno di pazzi e di suicidi". Il loro stesso nome fu aborrito ed esorcizzato, divenne un insopportabile turpiloquio, l'irritante reliquia lessicale di un passato di barbarie.
Tratto da: Marco Cavina, Il padre spodestato, editore Laterza, 2007, pag. 300
I branchi di padri, cinghiali di Erimanto, correvano sbranando i loro figli perché i figli avrebbero dovuto vivere per la gloria dei padri e non per loro stessi.
Beppi si sentiva circondato. Il respiro gli mancava. E fu l'aria che respirava che iniziò a parlare a Beppi: "Uccidi i padri perché solo uccidendo i padri libererai gli uomini che avrebbero potuto e dovuto essere. Uccidi le madri perché solo uccidendo le madri potrai liberare le donne che avrebbero potuto e dovuto essere. Con questo libera i figli affinché siano persone uguali e non soggetti di obbedienza ad un padre-padrone che si identifica con Dio e una madre repressa che nella sottomissione del figlio trova la propria ragione di vita."
Beppi doveva uccidere i padri per liberare l'uomo dentro di loro; doveva uccidere la madri per liberare la donna dentro di loro. Nella lotta Beppi chiuse ogni forma di diritto alla violenza dei padri sui figli.
Cosa ha prodotto l'azione di Beppi?
Beppi è riuscito a sbaragliare i branchi di cinghiali di Erimanto e ora l'aria è più respirabile.
Proviamo a cogliere qualche riflessione:
Codice civile italiano dopo la riforma del diritto di famiglia del 1975 [legge 19 maggio 1975, n. 151]
art. 147. Doveri verso i figli.
Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.
Dunque:
li concetto di diritto dei genitori sfuma nell'idea di dovere puerocentrica, mentre ulteriore, implicito confine si rintraccia unicamente in quei "principi fondamentali dell'ordinamento, risultanti dalle disposizioni costituzionali e dalla legislazione penale, dalle quali si evince una sorta di minimo etico imprescindibile per una convivenza civile. Sarebbe infatti contraddittorio ritenere che l'azione pedagogica possa lecitamente indirizzarsi contro i valori su cui si fonda l'ordinamento che regge la società di cui il minore è parte integrante"!". L'eventuale conflitto fra libertà del figlio e autorità dei genitori deve necessariamente trovare una soluzione "compatibile, da un lato, con i diritti primari del minore, dall'altro, con il principio di unità della famiglia"!
[...]
Ogni residuo dell'antico potere vi è definitivamente svanito. Qualsiasi forma di abuso, qualsiasi disagio del figlio può essere denunciato al giudice, oltre che da un genitore, da parte dei parenti o dello stesso figlio ultra quattordicenne, ma anche su iniziativa del pubblico ministero o dell"ufficio di pubblico tutore. In altri casi la stessa scuola frequentata dal "soggetto in via di sviluppo" può denunciarne le gravi difficoltà di socializzazione eventualmente imputabili ai genitori. Al giudice compete, poi, un' amplissima gamma di poteri, sino all'apertura di un procedimento per l'adozione del figlio minore - denominato "soggetto in età evolutiva" -, al fine di meglio garantirne l'individualità. Tutta la forza precettiva dell'autorità pubblica acquista una pregnanza estremamente incisiva, sotto l'usbergo della garanzia del figlio-individuo e dei suoi sacrosanti diritti naturali e costituzionali.
Tratto da: Marco Cavina, Il padre spodestato, editore Laterza, 2007, pag. 294-295
Lo Stato tende a porsi come garante dei diritti dei figli nei confronti dei genitori. I genitori hanno doveri nei confronti dei figli. Devono essere attenti a curare la loro crescita, il loro apprendimento affinché possano diventare cittadini consapevoli di un insieme di condizioni sociali. Il bambino non deve essere più picchiato dal cinghiale di Erimanto di turno. Il figlio non può subire maltrattamenti che ne ledano la struttura fisica, pischica o emotiva. Una cosa e fare una legge e un'altra cosa è calare quella legge fra i cittadini affinché questi cambino abitudini sedimentate nella loro infanzia di sofferenza. Adulti che spesso conoscono solo la violenza con cui risolvere le relazioni col mondo.
Definitivamente morto e sepolto appare il potere correzionale, pur modico, sul piano fisico, a prescindere dalla coercizione diretta a evitare l'abbandono della casa familiare da parte del figlio 119. Nel 1996 la Cassazione penale italiana - ma anche in questo caso si tratta di una dinamica europea - ha stabilito che col termine 'correzione' altro non deve intendersi che 'educazione', un'educazione svolta in sintonìa coi diritti del fanciullo fissati dall'omonima convenzione dell'ONU del 1989, esclusa dunque qualsiasi forma di violenza.
Tratto da: Marco Cavina, Il padre spodestato, editore Laterza, 2007, pag. 297-298
Cassazione: Schiaffo ai figli mai educativo, nemmeno per vietare discoteca ai figli
Lo schiaffo ai figli non è mai 'educativo', nemmeno se il ceffone viene dato per vietare alla figlia quattordicenne di andare in discoteca la sera. La Corte di Cassazione torna sull'argomento schiaffi ai figli per affermare che la sberla alla prole è ''esorbitante'' rispetto alla ''finalità educativa'' legata al tipo di punizioni. Si rischia una condanna per ''abuso dei mezzi di correzione''. Soltanto qualche mese fa, la Corte di Cassazione aveva reso definitiva la condanna ad un mese di reclusione nei confronti di un papà napoletano che aveva dato uno schiaffo alla figlioletta per 'futili motivi' per avere disegnato cuori nella sabbia con la scritta 'mamma'. Questa volta la Suprema Corte ha condannato un padre torinese per ''abuso dei mezzi di correzione o di disciplina'' per avere schiaffeggiato la figlia quattordicenne che voleva andare in discoteca.
(Data: 17/03/2005 - Autore: Adnkronos)
E ancora:
Cassazione: gli schiaffi ai figli? Mai educativi se creano loro dolore
Schiaffi ai figli? Non hanno mai un ''fine educativo'' se creano ''una sensazione dolorosa'' ai bambini che li ricevono dai genitori. E, soprattutto, sancisce la Corte di Cassazione, in questi casi il giudice, per valutare se condannare o assolvere il genitore che ha sferrato un ceffone, deve ascoltare il bambino 'vittima' dello schiaffo per sapere se abbia o meno provato dolore. In base a queste considerazioni la V Sezione penale della Cassazione ha accolto, per i soli effetti civili, il ricorso presentato dalla mamma di un bambino di Monselice (Padova), Giosue B. che aveva appunto ricevuto un ceffone dal padre Romano B. di 64 anni. L'uomo, denunciato dalla ex moglie affidataria del bambino, era stato assolto dalla imputazione di lesioni ai danni del figlio con la formula ''per non aver commesso il fatto'' dal giudice di pace di Monselice nel febbraio del 2005. Secondo il giudice di pace l'uomo andava assolto per avere agito ''con il solo fine educativo''. A riprova di questa convinzione il giudice, ascoltando alcune testimonianze che avevano riferito di come il ceffone fosse stato inferto al figlio senza violenza, aveva tratto da solo la convinzione che il bambino non avesse provato alcuna ''sensazione dolorosa''. Ritenendo dunque che per non ledere la ''serenita''' del ragazzino non ci fosse nemmeno bisogno di ascoltarlo in giudizio.
(Data: 28/06/2006 - Autore: Adnkronos)
Puntualizzando:
"Niente botte per educare i figli"
La Cassazione: e' un reato, anche se il genitore lo fa con spirito correttivo
La Suprema Corte respinge il ricorso di un padre condannato per maltrattamenti alla bambina di 10 anni.
Lo psicologo: l' unica arma e' il dialogo
TITOLO: "Niente botte per educare i figli" La Cassazione: e' un reato, anche se il genitore lo fa con spirito correttivo.
ROMA - Gli schiaffi e le botte non servono. La giustizia sceglie decisamente la strada del rifiuto totale della violenza come sistema educativo dei figli. Non devono esistere piu' le "sante cinghiate", quelle che alcuni ritengono di aver giustamente preso dal proprio padre . altrimenti, dicono, chissa' come sarebbe finita . e che vogliono "trasmettere" a loro volta, sentendosi nel giusto. Basta, per legge. Anche "se il genitore che infligge (sberle e calci, n.d.r.) ritenga di essere sinceramente animato da intento correttivo". Insomma l' uso della mano pesante con i ragazzi "non puo' piu' ritenersi lecito". A ingranare la marcia indietro su questo tema e' la sesta sezione penale della Cassazione in una sentenza, scritta dal consigliere Franco Ippolito, con la quale viene respinto il ricorso di un padre condannato dalla Corte d' appello di Milano, nel novembre ' 95. Era accusato di maltrattamenti verso la figlia di 10 anni. Marcia indietro perche' la Corte ha ribaltato una sua precedente decisione. Addirittura dell' aprile scorso, quando un' altra sezione della Cassazione aveva stabilito che i gestori di una casa famiglia di Venafro (Isernia), frustando e colpendo con battipanni alcuni bambini, non si erano macchiati di maltrattamenti ne' lesioni, ma "semplicemente" di abuso di mezzi di correzione. Nella sentenza che riguarda l' episodio di Milano, la Corte ha condiviso in pieno il ragionamento dei giudici d' appello (contestato nel ricorso del padre) secondo cui le condotte "devianti", cioe' le bugie e gli insuccessi scolastici, sono nient' altro che sintomi di bisogno e richieste d' aiuto della bambina, "escludendo che a esse si possa rispondere, a scopo "educativo", con le percosse". Proprio a questi argomenti il genitore contrapponeva l' "efficacia terapeutica" delle sante cinghiate ricevute da suo padre quando da ragazzo non studiava o riportava brutti voti. "E' oggi culturalmente anacronistica e giuridicamente insostenibile . afferma la sentenza . una interpretazione (delle norme esistenti, n.d.r.) fondata sulle opinioni espresse nella relazione al codice penale del 1930 (proprio di un' epoca superata, impregnata di valori autoritari). Tali norme . si legge ancora . vanno invece interpretate alla luce della concezione personalistica e pluralistica della Costituzione e del riformato diritto di famiglia". La sentenza ricorda poi la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino (New York 1989, ratificata dall' Italia) sottolineando che sono di immediata applicabilita' "tutte le norme aventi un contenuto preciso e, in particolare, quelle che stabiliscono diritti dei minori e corrispondenti obblighi dei genitori, di altri privati, della pubblica amministrazione". Quanto all' espressione "correzione dei bambini", essa andrebbe spogliata "di ogni riferimento gerarchico autoritativo". In ogni caso "non puo' perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalita' , sensibile ai valori di pace, tolleranza, convivenza, utilizzando un mezzo violento che tali fini contraddice". Allora niente schiaffi, niente durezze nell' educazione dei figli. Ma gli psicologi sono d' accordo? Non del tutto. Dice Gustavo Charmet, docente di psicologia alla Statale di Milano: "La percossa e' comunque un sistema educativo sbagliato che rappresenta solo la soddisfazione di un bisogno dell' adulto di scaricare la tensione. Questa sentenza ricalca la decisione del tribunale della famiglia di abbassare moltissimo il livello di dolore fisico e mentale che e' possibile somministrare al bambino a scopo educativo. D' altra parte si discute molto su questo perche' e' anche diffusa l' impressione che si sia un po' esagerato, che bisogna cioe' recuperare elementi di autorevolezza nell' educazione dei figli". Esistono delle punizioni lecite? "Quelle che vanno piu' di moda . aggiunge Charmet . sono quelle che puntano a tentare di suscitare nel bambino un forte senso di colpa per il dolore che il suo comportamento ha provocato ai genitori. Ma questi metodi comunque non costituiscono un deterrente sufficiente. Sicuramente oggi la famiglia e' disarmata da un punto di vista punitivo, l' unica arma che ha e' il dialogo.
Tratto da:
archiviostorico. corriere. it/ 1996/ maggio/ 19
E i branchi di cinghiali di Erimanto iniziarono a disperdersi. Il loro tanfo continuava a impestare le società degli uomini quando padri, madri, mariti, mogli, nuore, suocere continuavano a rivendicare il loro diritto di dominio parentale. Coltelli continuavano a tagliare carni per riaffermare il diritto al dominio e al possesso in nome di Dio. Molte donne si presentavano in ospedale con traumi da percorre da chi voleva riportarle all'obbedienza e all'ordine familiare. Ragazzi e ragazze ancora venivano stuprati e costretti alla violenza da chi voleva sottometterli in nome di Dio.
Eppure qua e là i processi iniziarono.
I delitti contro l'infanzia avevano cessato di essere delitti contro la morale, contro Dio, per essere riconosciuti delitti contro la persona. Qualche volta lo Stato interveniva.
Interveniva sempre più spesso a mano a mano che gli uomini delle Istituzioni iniziarono a seguire la legge civile anziché la legge del Dio onnipotente nei confronti delle persone fragili.
I branchi di cinghiali di Erimanto iniziarono a disperdersi anche se qua e là facevano sentire la loro violenza avvelenando l'aria che gli uomini respiravano.
Marghera, 15 maggio 2023
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