Dioniso Atena e i filosofi esistenzialisti
azione 2

La partita di calcio mondiale fra i filosofi

Capitolo 3
Gli Dèi riflettono sui filosofi

di Claudio Simeoni

Continua dal precedente...

Sei capace di giocare a calcio?

"La filosofia è guerra fatta con i mezzi propri del dibattito filosofico." Continuò Dioniso rivolto a Yahweh, Fanes, Beppi di (o da) Lusiana e Allahu Akbar, "Gli uomini si scannano fra di loro e il sangue scorre a fiumi, ma sopra agli uomini che si scannano ci sono i filosofi che dicono come e perché gli uomini si devono scannare".

"La conquista degli Dèi tramite la lotta - l'essere in preparazione del loro posto - nell'esserci del poetare e del pensare. Solo così accade la verità, che oscilla in sé stessa come in una solitaria altura boschiva attraverso le valli degli uomini."

Heidegger, Quaderni neri, Bompiani, 2014, p. 221

"Gli Dèi non sono oggetti da conquistare, ma potenze da evocare. Potenze da far emergere dal tartaro del cuore dell'uomo." Così iniziò il suo commento Dioniso nel descrivere l'azione iniziale di attacco degli esistenzialisti nella partita mondiale di calcio della filosofia che si era appena conclusa.

"Ci sono due modi con cui gli uomini intendono gli Dèi" disse Dioniso rivolgendosi agli arbitri " E voi li rappresentate entrambi. Fanes è la materia che si fa viva e che all'adattamento alle condizioni che il mondo gli impone, aggiunge la sua volontà che sceglie fra adattamenti possibili per soddisfare desideri soggettivi. Beppi da Lusiana è la materia che agendo modifica la realtà della materia in continuo mutamento. Yahweh è il desiderio di possedere che si trasforma nel possedere come oggetto in sé che rivendica il diritto del possesso imponendo la libertà agli uomini di essere posseduti perché il loro dovere è farsi oggetto di possesso. Allahu Akbar è il desiderio di possedere di chi non possiede e intende conquistare il possesso di uomini ridotti ad oggetti di possesso. Se gli uomini riconoscono il dovere di pensarsi oggetti posseduti da Yahweh, non si vede perché, allo stesso modo, non accettino anche il dovere di essere posseduti da Allahu Akbar. Allahu Akbar è la conquista per il dominio di esseri che si ritengono oggetto di possesso."

"Voi" proseguì Dioniso "rappresentate aspetti diversi della vita, modi diversi con cui affrontare la vita e nessuno di "voi" può essere conquistato perché ognuno di voi è un potere che si esprime nella vita. Eppure, non vi siete resi conto delle implicazioni poste da un filosofo che afferma che " La conquista degli Dèi tramite la lotta" affermando che "può diventare un padrone di Dèi". E' delirante pensarsi padrone degli uomini o degli Esseri della Natura, ma il delirio sale all'ennesima potenza quando, identificandosi con un "Dio" ci si pensa padrone degli Dèi; cioè padrone della vita stessa. Un essere che pensa sé stesso al di fuori e al di sopra del mondo."

"Se infatti io non posso riconoscere in qual modo un essere da pensarsi al di fuori del mondo, sublime sopra di esso, posso produrre un mondo da lui distinto e a lui esterno, allora questo presupposto potrà essere oggetto per me di una fede e avere un influsso sulla mia vita, ma la mia intelligenza non avrà guadagnato nient'altro che pure parole senza significato."

Schelling, Filosofia della rivelazione, Rusconi, 1997, p. 69

"Pensarsi soggetto al centro dell'universo o pensarsi parte di un universo di soggetti?" Continuò la riflessione Dioniso "Voi" disse Dioniso rivolto agli arbitri "siete soggetti unici. Voi siete l'intento della materia, la materia che agisce, la pretesa di essere padrone della materia e l'arroganza di conquistare la materia. Come soggetti unici, vi chiamano Dèi. Vi pensano come Dèi " al di fuori del mondo" in quanto voi, per gli uomini, siete " oggetto per me di una fede" che si traduce in " un influsso sulla mia vita". Ma gli Dèi sono un'altra cosa, sono la sostanza di ogni presente. Ogni uomo è composto da un infinito numero di Dèi. Un piccolo frammento di un infinito numero di Dèi compongono ogni Essere della Natura e ogni singolo uomo. Noi Dèi siamo la sostanza emotiva che permea il presente formato dalla materia. Ma non siamo oggetto distinto della materia, siamo il pensiero, la vita e l'azione della materia. Siamo espressione di ogni frammento di materia che manifesta volontà e intelligenza nella sua esistenza. Non si può "credere negli Dèi". Gli Dèi sono, l'uomo può evocarli o non evocarli. Può vivere la tensione emotiva del Dio o rendere silente la voce di quel Dio dentro sé stesso, ma non può aver fede in quel Dio".

D'altra parte, se veramente l'uomo fosse stato costretto a proiettare la sua immagine nelle cose, i primi esseri sacri sarebbero stati concepiti a sua somiglianza. Invece di essere primitivo, l'antropomorfismo è piuttosto il segno di una civiltà abbastanza progredita. In origine gli esseri sacri sono raffigurati sotto una forma animale o vegetale, da cui la forma umana è derivata soltanto lentamente.

Durkheim, Le principali concezioni della religione elementare, ed. Comunità, 1971, p. 72

"Davanti a questa affermazione" continuò Dioniso "non vi siete chiesti se è "nato prima l'uovo o la gallina". Non vi siete chiesti se è nato prima l'uomo o la costrizione che imponeva all'uomo di proiettare sé stesso nelle cose. Non vi siete chiesti: perché l'uomo deve o doveva proiettare sé stesso nelle cose. perché l'uomo deve pensare le presenze divine nel mondo come "i primi esseri sacri sarebbero stati concepiti a sua somiglianza". Ovviamente lo fa quando quell'uomo si pone al centro dell'universo e pensa un sé stesso assoluto che domina l'universo. Che la mente degli animali, come quella dell'uomo, è organizzata per individuare immediatamente i propri simili al punto da vedere i propri simili nelle forme più disparate che casualmente la natura gli presenta è una questione di sopravvivenza della specie; che l'uomo trasformi la sua tendenza ad individuare volti nelle disparate forme in una condizione psichica di sottomissione e deferenza, appartiene alla manipolazione mentale subita che lo ha voluto pauroso e sottomesso".

"Questo modo di essere dell'uomo" proseguì Dioniso "non lo riscontriamo in tempi antichi della vita dell'uomo, ma solo nel tempo della filosofia cioè nel tempo in cui i bambini erano considerati non-uomini e tenuti lontano dalla vita sociale. E' filosofia "sottolineò Dioniso "che fa credere all'uomo di essere così onnipotente da mettersi in ginocchio davanti all'immagine antropomorfica di sé stesso proiettata fuori dal mondo in cui vive".

"Conosco il mio destino. Un giorno il mio nome sarà associato al ricordo di qualcosa di prodigioso, a una crisi, come non ve ne furono mai sulla terra, alla più profonda collisione della coscienza, ad un verdetto evocato contro tutto ciò che è stato finora creduto, preteso, santificato."

Nietzsche, Ecce Homo, Newton, 1989, p. 306

"Immaginarsi un destino" continuò Dioniso "significa immaginarsi di essere nelle grazie di un onnipotente che ha stabilito il proprio destino, il destino delle cose che in questo modo cessano di aver come fine la loro stessa esistenza per rincorrere finalità prodotte dal desiderio di onnipotenza. In questo modo l'uomo uccide gli Dèi che lo formano. Non hai più bisogno di evocare Apollo dentro di te per essere l'uomo maschile di cui la società ha bisogno, non hai bisogno di evocare Atena per manifestare la tua intelligenza come non hai bisogno di evocare Afrodite per ammaliare il mondo ecc. Tutto è dovuto a colui a cui il destino ha assegnato. Un destino assegnato da un onnipotente che non è altro che colui che pensa sé stesso come un onnipotente e che assegna a sé stesso un destino di cui desidera la realizzazione per sfuggire dalla propria quotidianità come " Conosco il mio destino. Un giorno il mio nome sarà associato al ricordo di qualcosa di prodigioso". Solo che il prodigioso non si avvera e la vita di quell'uomo si consuma nell'inedia perché ha messo a tacere gli Dèi dentro sé stesso nell'attesa della realizzazione del suo grande destino".

"La conoscenza sola è rimasta, la volontà è svanita. E noi guardiamo con profonda e dolorosa nostalgia a quello stato vicino al quale apparisce in piena luce, per contrasto, la miseria e la perdizione del nostro."

Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Vol.2, Laterza, 1986, p. 536

Mentre l'uomo attende il suo grande destino dopo aver messo a tacere gli Dèi che dentro di lui spingono per manifestarsi nel mondo, la volontà d'esistenza svanisce. L'uomo ricorda ancora sé stesso. Si alza per lavorare, oppure si stordisce con la droga o ancora fa violenza a sua moglie e ai suoi figli incapace di affrontare le contraddizioni quotidiane. Ha spento la sua volontà d'esistenza e mentre questa si dissolve " noi guardiamo con profonda e dolorosa nostalgia a quello stato vicino al quale apparisce in piena luce, per contrasto, la miseria e la perdizione del nostro". La vita si dissolve, tutto scompare."

E mentre Dioniso stava pronunciando queste parole, silenziosa sbatteva le ali una civetta che dapprima cercò di trovare un appiglio sul tirso di Dioniso e poi, non trovandolo, si posò sulla sua spalla.

La civetta chiese agli arbitri: "Che cos'è l'intelligenza?". A quella vista Yahweh, Fanes, Beppi di (o da) Lusiana e Allahu Akbar sobbalzarono. Dopo qualche istante di silenzio, la civetta, che nel frattempo prese le indistinte sembianze di Atena, disse: "L'intelligenza è la capacità di descrivere problemi partendo dalle soluzione che già si sono trovate".

"Io sono Atena", si presentò. "Io descrivo i problemi deducendolo dalle soluzioni che gli uomini trovano ai problemi che si presentano durante la loro vita. Così la descrizione dei problemi relativi alle soluzioni date diventano patrimonio della specie e costruiscono la sua cultura. La cultura è il prodotto dell'esperienza dei vissuti collettivi. La cultura fra gli uomini si trasmette mediante le parole".

"La cultura" riprese Dioniso, "quando non è prodotta dall'esperienza diventa descrizione dell'illusione. Atena è uno strumento dell'esistenza, ma lo strumento imprigiona chi non ha sufficiente volontà d'esistenza per rappresentarsi nel mondo".

"Gli stolti bramano di vivere, temendo la morte [più che non la vecchiaia]. Gli stolti per timore della morte vogliono invecchiare. Gli uomini, fuggendo la morte, finiscono per inseguirla."

Democrito, raccolta di frammenti interpretazione e commentario di Salomon Luria, Bompiani, 2007, p. 833

"La morte del corpo" disse Atena "E' ciò che teme la ragione, l'intelligenza, perché la morte del corpo non permette più di descrivere problemi partendo dalle soluzioni conquistate con l'esperienza. L'intelligenza muore con il corpo, Ma come possono gli uomini affrontare le sfide della vita se non coltivano la loro intelligenza?"

 

Continua...

Il significato della partita di calcio della filosofia spiegate dagli Dèi.

 

Marghera, 3 dicembre 2019

 

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