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Nebbia dentro nebbia si erse dietro le cinquanta teste di Cerbero. Cerbero sentì l'odore e una delle sue teste si girò e con un cenno di saluto disse "Padre!". Roteavano nell'aria le cento mani di Tifone come per accarezzare la nebbia e le cento teste di serpe sibilavano usando antichi linguaggi figli di Afrodite che dette origine alla vita.
L'immenso Tifone impressionò gli arbitri e fra loro solo Beppi di (o da) Lusiana osò chiedere: "Anche tu vuoi raccontarci quanto abbiamo visto?" gli altri arbitri, Yahweh, Fanes e Allahu Akbar preferirono il silenzio.
Fu una delle teste serpentine di Tifone che, tendendosi verso gli arbitri, iniziò un lungo discorso partendo dalla sua nascita tanto auspicata da Gaia.
"Io" disse Tifone "sono l'ultimo distruttore desiderato dalla materia per rinnovare la materia quando questa non è più in grado di generare coscienze e consapevolezze. Io distruggo e rimescolo la materia dell'esistente e per questo riesco a comprendere le azioni di quei filosofi che vorrebbero distruggere rimescolando una realtà che distrugge gli uomini imponendo sottomissione."
"Le parole hanno un valore?" chiese Tifone agli arbitri "Le parole manifestano le intenzioni che affermano o le parole affermano delle intenzioni per coprire altre e diverse intenzioni? E le azioni, come vengono descritte? Per ciò che sono o per come si vuole che siano interpretate? Il filosofo dice il vero o pratica l'inganno?"
"Io sono Tifone e distruggo un presente che ha rinunciato al cambiamento perché l'inganno si è appropriato del presente stesso e questi ha cessato la costruzione di un futuro possibile."
"Se democrazia significa essenzialmente soppressione del dominio di classe, perché un ministro socialista non dovrebbe affascinare tutto il mondo borghese con discorsi sulla collaborazione di classe? Perché non dovrebbe restare nel ministero anche quando gli eccidi di operai compiuti dai gendarmi hanno dimostrato, per la centesima e per l'ennesima volta, il vero carattere della collaborazione democratica delle classi? Perché non dovrebbe prendere parte personalmente al ricevimento di uno zar che i socialisti francesi oggi non chiamano altrimenti che eroe del knut, della forca e della deportazione."
Lenin, Opere scelte, Che fare, Editori riuniti, Edizioni Progress, 1972, p. 251
"Le parole alate" disse Tifone "sono parole rare fra gli uomini e spesso gli uomini perdono il senso delle parole alate perché usano l'immaginazione. Che cosa significa "la soppressione del dominio di classe"? Significa sopprimere quelle leggi che garantiscono privilegi per alcuni gruppi di uomini e impongono obblighi per altri gruppi di uomini. Ma una volta fatto questo, cosa rimane da fare? Togliere l'idea di classe dalla testa degli uomini. Le classi sono abolite, ma chi fa l'operaio si sente di una classe diversa dal commerciante o dall'artigiano o dall'imprenditore. Le classi, eliminate giuridicamente, continuano a vivere nella testa degli uomini. E quando un mondo cessa di reggersi sulle classi, si regge sulla finanza. Si regge sul diritto di comperare tempo di lavoro pagando quel tempo di lavoro come conviene al detentore del potere finanziario. Il lavoro diventa merce di scambio schiavista in cui si commercia il tempo di vita degli uomini dando un valore monetario al tempo della loro vita. Quando non si controllano gli uomini per ceto, li si controllano per moneta. Ma gli uomini, anziché pensare al loro mondo diviso per il valore che viene dato alla loro vita, preferiscono pensarsi ancora divisi in classi finendo per svalutare ulteriormente la loro capacità di contrattazione sociale. Per questo non si pensa più all'Inghilterra come ad una monarchia in cui i cittadini sono divisi per ceto sociale perché l'Inghilterra si è trasformata in un potere finanziario che specula sui resti del suo colonialismo. La regina viene presentata come un "modello sociale", non come colei che nega l'uguaglianza dei cittadini Inglesi. Come la monarchia assoluta del Vaticano che viene omaggiata dalla democrazia dei vari paesi e non indicata come un potere discriminante e uno dei più grandi poteri finanziari che comprano e vendono uomini. In questo modo - continua ancora Tifone - persiste la disuguaglianza di classe perché persiste la disuguaglianza finanziaria fra chi vive del proprio lavoro, chi dispone di risorse per comperare il lavoro di altri e chi è costretto a fare da riserva per eventuali necessità della finanza e vivere nell'indigenza."
"A me serve ora abolire la distinzione di ceto e costruire l'uguaglianza sociale degli uomini. L'uguaglianza, con chi e fra chi? E dopo che l'hai conquistata, come viene interpretata l'uguaglianza?" dice Tifone "Qualcuno desidera sempre essere più uguale di qualcun altro: hai fatto le leggi contro chi pretende dei privilegi?"
"Ciò non è ancor tutto. L'eguaglianza, o per dirlo altrimenti, il contratto sociale, costituisce il fondamento e il bene ultimo, ma non l'edificio e la, funzione propria della costituzione. Anche sotto il governo più assoluto, vale a dire, in un governo privo di leggi fondamentali, si può in astratto figurare l'esercizio dell'eguaglianza. Se dunque dir possiamo che iniqua è la costituzione quando offende l'eguaglianza, non possiamo viceversa dire esservi politica costituzione allorché esiste la sola eguaglianza. Essa può, quando manchino i freni governativi ad ogni tratto essere violata da un potere arbitrario di modo che dir si dovrebbe trovarsi costituzione sol dove l'eguaglianza è guarentita dall'arbitrio dei governanti."
Romagnosi, Della Costituzione di una monarchia nazionale rappresentativa (La scienza delle costituzioni), Il brano commentato è l'appendice chiamata "Teoria Speciale", edito dalla Reale Accademia d'Italia, tomo II, 1937, p. 869
"L'uguaglianza," dice Tifone "non nasce perché gli uomini si sentono uguali fra di loro. Quando mai un uomo, in quanto uomo, o una donna, in quanto donna, è uguale ad un altro? L'uguaglianza non è un criterio umano, è un criterio sociale. E' la società degli uomini che deve applicare la medesima legge a tutti gli uomini. Gli uomini non possono appiattire i propri comportamenti in un'omologazione, altrimenti la società scompare. L'uguaglianza è il bene ultimo ed è la funzione della Costituzione sociale."
"Rimane il criterio" sospirano le cinquanta teste serpentine di Tifeo "uguali con chi? E, soprattutto, chi può essere esentato dall'uguaglianza e attribuirsi una qualche forma di "privilegi"? Ora, l'uguaglianza non riguarda i soggetti in sé che devono sottostare sotto la medesima legge, ma riguarda le azioni dei soggetti che devono sottostare alla medesima legge. Sono le azioni che devono essere giudicate allo stesso modo, non gli uomini o i soggetti giuridici. Non basta l'uguaglianza costituzionalmente affermata, ma serve la forza capace di reprimere ogni pretesa di privilegio rispetto all'uguaglianza. Infatti " ... politica costituzione allorché esiste la sola eguaglianza. Essa può, quando manchino i freni governativi ad ogni tratto essere violata da un potere arbitrario di modo che dir si dovrebbe trovarsi costituzione sol dove l'eguaglianza è guarentita dall'arbitrio dei governanti"."
Una delle teste serpentine di Tifeo si abbassò. Si protese verso i quattro arbitri e i suoi occhi fissarono Yahweh. Sibilando quella testa di Tifeo disse "Se tu non vieni processato e condannato per genocidio, quale uomo può essere processato per genocidio? Tu ti vanti di aver sterminato l'umanità col diluvio universale, quale altro sterminio può essere paragonato allo "sterminare tutti gli uomini e la vita della natura"? L'uguaglianza non è fra gli uomini che debbono essere uguali, ma è fra ogni singolo uomo e Dio che deve sottostare alla medesima legge. Finché Dio è al di fuori dell'uguaglianza con ogni singolo uomo, non può esserci uguaglianza fra gli uomini perché ci sarà sempre uno o più uomini che, pensandosi Dio, vogliono per sé privilegi per non sottostare alla medesima legge. L'uguaglianza sotto la medesima legge deve essere pretesa dal legislatore e dalla forza sociale addetta a far rispettare la legge.
"In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò."
Vangelo di Giovanni 14, 12 - 14
"Quali opere?" chiese Tifeo "Quali opere sono compiute che siano in grado di rendere migliore la vita degli uomini? La costruzione della speranza nelle illusioni" sibilò un'altra testa serpentina di Tifeo "uccide la capacità dell'uomo di trasformarsi nel presente costringendolo nell'attesa della realizzazione della promessa che non può realizzarsi perché fatta con parole prive di contenuti!"
"In verità, in verità..." rifletté Tifeo " così si realizza il sacrificio umano di ogni uomo e di ogni donna. Si sacrifica la loro vita perché la verità conclamata impedisce loro le trasformazioni che necessitano per la ricerca del vero messe in atto dalla necessità di un'esistenza che si dispiega in un immenso sconosciuto che li circonda. Che forse ha arato, ha seminato o ha mietuto? "Qualunque cosa chiederete in nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio". "Io chiedo gentilmente puntandoti una pistola alla testa di fare quello che io voglio e tu lo farai perché il Padre sia glorificato nel Figlio. E se non fai ciò che ho chiesto gentilmente ti uccido, ti torturo, ti rapino, ti violento perché tu non vuoi che il Padre sia glorificato nel Figlio".
"In fondo" disse la testa di Tifeo che oscillava davanti a Yahweh "anche questa è uguaglianza. Convieni? Tutti sono liberi di fare quello che tu vuoi per glorificare il Padre nel Figlio e sono liberi di scegliere di farsi torturare, violentare o sparare. E' l'uguaglianza voluta dal padrone che vuole l'uguaglianza fra i suoi schiavi in modo che siano ugualmente liberi di obbedire ai suoi ordini."
"Che tutte le donne siano comuni a tutti questi uomini e che nessuna conviva privatamente con un solo uomo. Anche i figli devono essere in comune in maniera tale che nessun genitore conosca quale sia il proprio figlio e nessun figlio quale sia il proprio genitore."
Platone, "Tutti gli scritti", La Repubblica, Bompiani, 2014 p. 1191
"E poi arriva la legge" continuò la testa di Tifone che si allontanò da Yahweh "non la legge che rende gli uomini uguali, ma la legge che discrimina imponendo obblighi a donne e uomini di vivere in schiavitù ed obbedienza. Voi donne dovete essere stuprate, ci sta dicendo Platone quando dice " Che tutte le donne siano comuni a tutti questi uomini e che nessuna conviva privatamente con un solo uomo". Platone concepisce gli uomini come bestiame e come bestiame pretende che obbediscano ai guardiani. E' necessario che nessun genitore sia responsabile della crescita dei propri figli e i figli non devono essere messi in condizione di accusare i loro genitori di averli danneggiati nella loro crescita.
"Voglio tuttavia che sappiate questo: Cristo è il capo di ogni uomo, l'uomo è capo della donna e Dio è capo di Cristo. Ogni uomo che prega e profetizza a capo coperto, disonora il suo capo; al contrario, ogni donna che prega o profetizza a capo scoperto, disonora la sua testa, perché è come se fosse rasa. Se una donna, dunque, non vuol portare il velo, si faccia anche tagliare i capelli! Ma se è vergognoso per una donna essere rasa, si copra col velo. L'uomo, invece, non deve coprirsi la testa, perché è immagine e gloria di Dio; mentre la donna è gloria dell'uomo.
Paolo di Tarso 1Corinti 11, 3 - 7
"Voi donne dovete essere le schiave dell'uomo" riflette Tifeo "Perché voi siete la gloria dell'uomo che vi possiede. Roba sua. E dovete riconoscere di essere roba sua coprendovi il capo in segno di sottomissione e obbedienza. Donne e bambini come oggetti da stuprare, liberi di farsi stuprare e liberi di servire il proprio stupratore. Essere liberi di essere schiavi; liberi di essere posseduti come schiavi da Dio e donne libere di essere possedute come schiave dall'uomo"
Può essere difficile scorgere il disgusto sul volto dei visi serpentini di Tifeo, ma il disgusto di Tifeo si abbatté come un'onda impetuosa sugli arbitri quando un'altra voce affiancò le parole di Paolo di Tarso, Gesù e Platone.
"Gli uomini hanno sulle donne autorità per la preferenza che il Dio ha concesso al maschio sulla femmina e a causa di ciò che essi hanno speso per loro delle sostanze proprie. Le femmine che si rispettano sono sottomesse, gelosamente custodiscono l'onore in assenza del marito in cambio della protezione che il Dio ha concesso loro. Temete l'infedeltà di alcune di esse? Ammonitele, relegatele sui loro giacigli in disparte, picchiatele: ma se tornano a miti sentimenti d'obbedienza, allora basta, va bene così. Il Dio è altissimo e grande in verità.
Maometto, Corano, IV Donne, versetto 34, Oscar Mondadori, 1980, p. 160
"Quanta violenza per tentare di legittimare la violenza" rifletté ancora Tifeo "E dopo che hai rubato più di metà dell'intelligenza alla specie umana per la bramosia di sottometterla all'altra metà, che ne è della specie umana? Quale futuro può avere una specie che uccide metà di sé stessa affinché accetti di essere dominata e l'altra metà muore perché vive solo per sottomettere l'altra metà? Un circolo vizioso di dominati che cercano i loro adattamenti per sopravvivere e dominatori che uccidono il proprio futuro perché sono impegnati a mettere in atto strategie che consentano loro di dominare."
"Non hai bisogno di colpire e picchiare la pecora che obbediente sta nel gregge e segue il padrone. Devi colpire e torturare la pecora che devia dal cammino del gregge. La torturi, la uccidi e la sevizi. Uccidi, torturi e sevizi quella pecora, ma l'intero gregge vive del terrore che hai imposto a quella pecora. Tu non torturi solo una donna, ma tutte le donne che nel terrore tendono ad adeguarsi alla sottomissione che imponi."
"La donna è soffocata, strangolata, abbruttita, umiliata dalle occupazioni minute della vita domestica che la incatenano alla cucina, alla stanza dei bambini, che disperde le sue energie in un lavoro improduttivo, faticoso, estenuante."
Citazione di Lenin in Duby e Perrot, storia delle donne, il Novecento, a cura di Françoise Thébaud, economica Laterza, 1996, p. 277 - 278
"Prima o poi" riflette Tifeo "le condizioni sociali si devono modificare. Può una specie della Natura affrontare il proprio futuro se ha reso schiava la sua parte femminile? Prima o poi, una società attinge da quella ricchezza negata e repressa. Quando le altre società scorgono le potenzialità che quella società ha liberato, sviluppano la necessità di liberare le proprie potenzialità negate iniziando a rimuovere le condizioni che impongono sottomissione alla donna. E' allora che appare la stupidità umana messa in atto per poter sottomettere la donna e limitare lo sviluppo della società nel suo insieme. Ed è allora che inizia, dapprima un lento cammino fatto di timide aperture che limitano la violenza per imporre sottomissione, e, poi, questo cammino si velocizza perché diventa sempre più urgente per una società liberare la donna dalla sottomissione e poterne disporre delle potenzialità intellettive una volta liberate dalla sottomissione."
"Libera la parte femminile dalla coercizione e scoprirai una donna che nemmeno immaginavi." Dice Tifeo agli arbitri in tono di sfida "dentro ogni donna c'è un'Afrodite, una Rea, una Atena, una Hera, una Diana, una Demetra e una Estia che fremono e scalpitano per veicolarsi attraverso le azioni delle donne nel mondo. Si chiama "conflitto" ogni azione mediante la quale si rimuovono gli ostacoli dell'esistenza."
"Che cos'è l'antagonismo? Tale questione sorge dal problema stesso della lotta degli opposti, ma non la sua unica forma. La storia dell'umanità conosce l'antagonismo fra le classi, che costituisce una manifestazione specifica della lotta degli opposti. Se si parla della contraddizione fra le classi degli sfruttatori e degli sfruttati, sia nella società schiavista che in quella feudale o capitalistica, queste due classi in contraddizione coesistono a lungo nella medesima società e lottano l'una contro l'altra; ma solo quando lo sviluppo della contraddizione tra di esse raggiunge un determinato stadio, questa lotta assume la forma di un antagonismo aperto e si sviluppa in rivoluzione."
Mao Tse Tung, Opere scelte, Sulla Contraddizione, Casa editrice del popolo, Pechino, 1952, p.362
E mentre le teste roteavano contendendosi la posizione di primo piano davanti agli arbitri, Tifone iniziò: "Questo è l'antagonismo! Il mio rotear di teste nella ricerca della migliore posizione per definire la realtà davanti ad arbitri ottusi, avviene solo per l'esistenza di arbitri ottusi. L'antagonismo non è prodotto dalle mie teste, ma dalla vostra presenza e dal ruolo che avete assunto nella vita. Il Sole crea l'antagonismo fra le piante che in un bosco si contendono ogni sprazzo di luce. Nella società l'antagonismo è il prodotto dell'azione di chi tenta di sottrarsi alla sottomissione e cerca uno spazzo di libertà. Come le piante di un bosco si contendono la luce del sole, così le persone nella società si contendono spazi di libertà rispetto ad una repressione che intende conchiuderle in uno spazio ristretto. La lotta per la vita delle piante di un bosco la vedi solo se osservi le loro radici. Ma voi "disse Tifeo rivolto agli arbitri "non vi degnate di guardare le radici. Voi alzate gli occhi al cielo, vi perdete nell'immenso, non vedete che quell'immenso è costruito da ogni gesto, da ogni azione con cui ogni Essere abita la propria quotidianità. L'immenso è fatto da un infinito numero di azioni compiute da un infinito numero di esseri che agiscono in infiniti istanti della loro quotidianità. Come le mie cinquanta teste che sibilano in altrettante direzioni per altrettanti propositi in ogni unità di tempo del loro vissuto."
Mentre affermava questo, il corpo di Tifeo si girò ed una ad una le cinquanta teste serpentine iniziarono a sparire nella nebbia che copriva il campo da gioco. L'ultima testa di Tifeo, prima di scomparire, si lasciò sfuggire un'ultima riflessione: "Chi è il nemico che scatena il conflitto? Chi vuole ridurre gli uomini l'obbedienza o chi vuole liberare gli uomini dagli obblighi dell'obbedienza? Chi ha violato le leggi morali della vita degli uomini?"
E poi, Tifeo scomparve seguito da Cerbero.
Il significato della partita di calcio della filosofia spiegate dagli Dèi.
Marghera, 01 gennaio 2020
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