Hermes e i filosofi esistenzialisti contro rinascimentali
fase n. 4, azione 20

La partita di calcio mondiale fra i filosofi

Capitolo 21
Gli Dèi riflettono sui filosofi

di Claudio Simeoni

Continua dal precedente...

Sei capace di giocare a calcio?

Dopo che Demetra ebbe lasciato il campo di calcio sorse una discussione fra gli arbitri su che cosa fosse l'onnipotenza. Yahweh, Allahu Akbar, Fanes e Beppi di Lusiana per la prima volta si chiesero: perché gli uomini, quando pensano a noi, pensano che noi siamo onnipotenti?

Il primo a parlare fu Yahweh: "Io mi nutro degli uomini, mi nutro della loro sofferenza e del loro sacrificio messo in atto in una vita vissuta fra colpa e pentimento. Come potrei vivere senza gli uomini? Sono loro a compiere l'olocausto della loro vita. L'olocausto di vite che sacrificano in nome di un'onnipotenza che sta solo nella loro testa. Senza gli uomini che mi nutrono della loro onnipotenza io non esisterei. Io chiedo agli uomini di violentare altri uomini, di rubare loro la vita, perché questo nutre la mia vita. Eppure, glielo avevo detto:

Noè costruì un altare al padrone; prese animali puri di ogni specie e uccelli puri di ogni specie e offrì olocausti sull'altare. Il padrone sentì un odore soave; e il padrone disse in cuor suo: "Io non maledirò più la terra a motivo dell'uomo, poiché il cuore dell'uomo concepisce disegni malvagi fin dall'adolescenza; non colpirò più ogni essere vivente come ho fatto. Finché la terra durerà, semina e raccolta, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno mai".

Genesi 8, 20 - 22

Ed io, prese a parlare Allahu Akbar, che cosa sono? Un soggetto immoto in un cielo sconosciuto che sparge sangue sulla terra sia di coloro che affermano di seguire "il mio sentiero" sia di coloro che "si sono smarriti".

Se tu, disse Allahu Akbar rivolto a Yahweh, sei colui che si nutre di uomini che rinunciano alla loro vita per sottomettersi nel "dolce olocausto" della loro esistenza, io di che cosa e per che cosa vivo?

Riuscite voi a leggere il senso della mia esistenza in questo?

[lo inizio!] con il nome del Dio, ricco In clemenza, abbondante in misericordia.
Lode al Dio, Signore dell'universo ricco in clemenza, abbondante in misericordia sovrano assoluto del giorno del giudizio.
Davanti a te, a te solo, ci prostriamo in adorazione; da te, da te solo imploriamo aiuto.
Guida i nostri passi sul sentiero sicuro, sul sentiero di coloro a cui hai elargito benefici in abbondanza, sentiero ben diverso da quello di coloro coi quali ti sei adirato, ben diverso da quello di coloro che, errando, si sono smarriti.

Maometto, Corano, prologo, Oscar Mondadori, 1980, p. 81

Ed io, che devo dire, disse Fanete. Nessuno alzò templi per onorarmi, perché io non penso, non progetto, io sono il desiderio di coscienza della materia-energia. Tutta la materia che pensa, desidera, si adatta, si trasforma nasce dal mio desiderare. Un desiderare che è nel tutto, ma che non domina nulla né determina la direzione in cui le singole coscienze vengono in essere. Io sono senza determinare l'essere di ogni soggetto nel mondo.

Col volgere delle stagioni, da questo sbocciò Eros, fiore del desiderio:
sul dorso splendevano ali d'oro ed era simile al rapido turbine dei venti.
Congiunto di notte al Caos alato nella vastità del Tartaro,
egli covò la nostra stirpe, e questa fu la prima che condusse alla luce.

Aristofane, Uccelli, tratto da "Le religioni dei misteri", Paolo Scarpa, ed. Lorenzo Valla

Intervenne Beppi da Lusiana guardando gli altri arbitri.

Io sono l'unico Dio assoluto che l'uomo possa elevare agli altari, perché io sono l'uomo stesso. Io sono colui che prese coscienza in un antico brodo primordiale e che dette vita alla Natura. Sono "colui che è". Io ho generato e la mia generazione è cresciuta. Io sono ogni diversificazione di specie, io sono il topo, il rettile, il passero, la zanzara, lo scarafaggio, il filo d'erba e l'albero, io sono il fungo, le muffe, il battere e il virus. Io sono l'uomo che descrive il mondo a propria immagine e somiglianza. Io sono materia che attraverso il desiderio è diventata coscienza e io ho agito affinché altra materia diventasse coscienza in un'infinita trasformazione del presente perché io trasformo il presente in continuazione. Nel trasformare il presente immagino una realtà virtuale popolata di forme e desideri irreali e fra quelle forme e desideri irreali io, Beppi da Lusiana, ho creato anche Yahweh, Allahu Akbar. Che io esista o non esista, Fanete continuerà ad esistere perché la materia non può fare a meno di desiderare, ma se io non esisto, né Yahweh né Allahu Akbar possono esistere. Non esistono citazioni che descrivono la mia esistenza perché io sono l'uomo, io sono i soggetti della Natura, io sono colui che fece nascere la natura e il mondo che calpestiamo e respiriamo è la mia opera; l'opera della volontà d'esistenza dell'uomo quando ancora non aveva la forma dell'uomo.

Questa è dunque la nostra realtà, disse Yahweh. L'onnipotenza è arroganza. Chi immagina qualche cosa di onnipotente? Chiese Yahweh. L'uomo sofferente rispose Allahu Akbar. L'uomo sofferente necessita di immaginarsi onnipotente, nelle grazie dell'onnipotente che immagina. Noi siamo nati dalla sua immaginazione e ci nutriamo della sua immaginazione mantenendo l'uomo in sofferenza.

Si, annuì Beppi da Lusiana. E' la sofferenza che ha creato l'onnipotenza e l'onnipotenza ha alimentato la sofferenza affinché potesse continuare a dominare l'uomo mantenendolo nella sofferenza. L'immaginazione crea oggetti nell'immaginario, ma solo la malattia del sofferente trasforma quell'immaginazione in qualche cosa di soggettivamente reale dal quale far dipendere le proprie azioni e le proprie scelte.

Mentre continuava a zappare la terra per piantare le patate, Beppi da Lusiana continuò dicendo: quando l'uomo non zappa la terra, non ara il suo campo, vive nella paura di un mondo sconosciuto che lo potrebbe travolgere in qualsiasi momento. L'uomo che è nato nella vita, non arando il campo della propria quotidianità, si aliena alla vita diventando estraneo a sé stesso. Egli si fa Dio onnipotente e ha creato voi, Yahweh e Allahu Akbar. Con voi si identifica e da voi trae il senso e lo scopo della sua esistenza.

Fu una risata che fece vibrare la nebbia e calzari alati si presentarono davanti agli arbitri interrompendo le loro riflessioni.

"Io sono Hermes figlio di Maia e Zeus. Davanti a voi presento il caduceo e la borsa del denaro. Voi potete scegliere ed io veloce porterò agli uomini la vostra scelta."

"Talmente, dunque, Giove negò la sedia d'Ercole e la Fortuna, che a suo arbitrio lasciò e quelle ed altre tutte che sono nell'universo. Della qual sentenza, comunque se sia, non dissentirono gli Dèi tutti; e la orba dea vedendo la determinazione fatta citra ogni sua ingiuria, si licenziò dal Senato dicendo: - Io, dunque, me ne vo aperta aperta ed occolta occolta a tutto l'universo; discorro gli alti e bassi palaggi, e non meno che la morte so innalzar cose infine e deprimere le supreme; ed al fine, per forza di vicissitudine, vegno a far tutto uguale, e con incerta successione e ragione irrazionale, che mi trovo (cioè sopra ed estra le raggioni particolari), e con indeterminata misura volto la ruota, scuoto l'urna, a fine che la mia intenzione non venga incusata da individuo alcuno. Su, Ricchezza, vieni a la mia destra, e tu, Povertà, a la mia sinistra: menate vosco il vostro comitato; tu, Ricchezza, li ministri tanto grati, e tu, Povertà, gli tuoi tanto noiosi alla moltitudine. Seguiteno, dico, prima il fastidio e la gioia, la felicità ed infelicità, la tristezza, l'allegrezza; la letizia, la malinconia; la fatica, il riposo; l'ocio, l'occupazione; la sorditezza, l'ornamento."

Giordano Bruno, Spaccio della bestia trionfante, BUR, 1985, p. 197

"Il caduceo o la borsa del denaro" iniziò il suo discorso Hermes "rappresentano le scelte possibili fra il coltivare la conoscenza o il rubare. Io proteggo entrambi, qualunque scelta voi facciate, ma come vi proteggo nel cammino verso l'infinito, così vi proteggo nel cammino che porta alla vostra distruzione. Chiamate Fortuna, se volete, quanto ottenete (o, viceversa, sfortuna) perché le condizioni possono essere favorevoli o sfavorevoli, ma voi alimentate l'ottenere o il non ottenere con le vostre scelte. La alimentate sia quando si tratta di costruire percorsi meravigliosi, sia quando si tratta di costruire percorsi distruttivi. Io vi accompagno tutti, sia nel vostro cammino di vita, sia nel vostro cammino di morte perché io, Hermes, sono le vostre scelte. Il mio corpo è fatto di vostre scelte. Voi scegliete la vostra fortuna, il modo con cui vi ponete nel mondo in cui vivete. Molti sono i costruttori di miseria che io conduco alla distruzione. Molti sono coloro che, costretti nella miseria, io sono costretto a condurre alla distruzione."

Poi Hermes continuò "Le avverse condizioni in cui l'oggettività si manifesta agli uomini non dipendono dall'oggettività, ma dalla qualità del divenuto di ogni singolo uomo che si presenta a quell'oggettività, considerata avversa, perché è attrezzato per condizioni diverse."

"Io" continua Hermes "sono la scelta che fai e la mia qualità con cui mi rappresento in te è data dalla qualità delle tue scelte nella tua quotidianità."

"Le persone parlano di fortuna o di sfortuna" continua Hermes "ma dovrebbero parlare di scelte perché le loro scelte, ogni loro singola scelta, costruisce il loro "potere personale" che è dato dalla capacità soggettiva di agire in una realtà percepita, ma non definita nella ragione, ancora sconosciuta alla propria coscienza. Il "potere di essere" è il "potere di Hermes" che ogni singolo uomo costruisce quando sostituisce a ciò che in quel momento sembra convenirgli, ciò che ritiene giusto per favorire le relazioni fra sé e il mondo. Chi sceglie costruendo il proprio "Potere di essere" è sempre fortunato anche quando le condizioni sociali lo relegano nella miseria, nell'indigenza o lo portano alla morte del corpo fisico."

"Giungiamo ora all'epoca dell'"ideologia" che si adegua alla svelta al nazionalsocialismo; oggi particolarmente semplice. Il pericolo è questo: da una parte essa è irrilevante, e appunto per questo per i più è fuorviante, d'altra parte è più importante ma dagli altri viene rifiutata, il che al tempo stesso viene a corrispondere con una negazione di ciò che è spirituale. Il tutto comunque si muove entro forme di rappresentazione borghesi-liberali.

Martin Heidegger, Quaderni neri 1931-1938, Bompiani, 2015, p. 187

"Ogni scelta" continua Hermes "è una scelta ideologica. Ogni scelta appartiene ad un complesso di idee. Di una mentalità, di un "credere" e di un fine che qualificano ogni singola scelta messa in essere da un individuo. Quando un individuo modifica il suo "credere", la sua mentalità, le sue "idee" sul mondo, fa scelte diverse e, scelte diverse, a loro volta, modificano la sua mentalità, il suo "credere", le sue "idee" e i suoi "obbiettivi". Tutto è ideologia sociale e ideologia personale. Quando all'ideologia sociale e all'ideologia personale si impone il fine, obbiettivo, di trasformare l'uomo in un oggetto di possesso (da parte di Dio e da chi lo rappresenta o da parte dello Stato o da chi lo rappresenta) allora abbiamo l'ideologia nazionalsocialista che separa l'uomo dal mondo e lo costringe a pensare il mondo come un oggetto da conquistare, sottomettere e distruggere. La sequenza di scelte genera un Hermes distruttivo sia per l'insieme sociale, sia per il singolo individuo."

"Io sono Hermes, il messaggero degli Dèi" continua Hermes "gli uomini e i viventi della natura costruiscono il mio corpo attraverso le loro scelte. Ogni loro scelta è una "cellula" del mio corpo. Io non determino le scelte degli uomini, io sono un messaggero delle loro decisioni. Che gli uomini ambiscano all'infinito o alla distruzione, mi è indifferente. Io comunico le loro scelte!"

"E' strano che si sia potuto ragionare all'infinito sul determinismo e il libero arbitrio, citare esempi a favore dell'una o dell'altra tesi, senza tentare anzitutto di esprimere le strutture contenute nell'idea stessa di azione. Il concetto di atto contiene effettivamente numerose nozioni subordinate che noi ordineremo e organizzeremo: agire vuol dire modificare l'aspetto del mondo, disporre dei mezzi in vista di un fine, produrre un complesso strumentale e organizzato tale, che, mediante una serie di concatenazioni e di legami, la modifica portata ad uno degli anelli della catena porti delle modifiche in tutta la serie e infine produca un risultato previsto."

Sartre, L'essere e il nulla, Saggiatore, 2002, p. 499

"Non è strano che gli uomini abbiano discusso contrapponendo determinismo a libero arbitrio: discutevano all'interno della medesima ideologia." Riflette Hermes "Tutti costoro adorano il macellaio di Sodoma e Gomorra e si chiedevano se Dio aveva determinato i comportamenti degli abitanti di Sodoma e Gomorra o se gli abitanti di Sodoma e Gomorra avessero scelto quei loro comportamenti consapevoli che quei loro comportamenti erano invisi al loro Dio padrone. Tutti a discutere se gli abitanti hanno scelto o se hanno obbedito al destino imposto dal lodo Dio. Nessuno che si è chiesto con quale diritto il loro Dio padrone li abbia macellati. Nessuno ha discusso della malvagità del Dio padrone che macella coloro che non fanno quello che lui vuole. Nessuno che abbia denunciato il Dio padrone, che impone la sua volontà agli uomini, di malvagità per aver imposto agli uomini un desiderio sessuale e poi averli ammazzati perché quegli uomini hanno cercato di soddisfare il loro desiderio sessuale."

"Le azioni" continua Hermes "sono la manifestazioni di scelte soggettive messe in atto in un'oggettività di scelte alle quali la scelta risponde partendo dalle necessità soggettive. Ogni azione modifica un presente di scelte e modificando le scelte nel presente modifica il futuro possibile. Affermare che alcune scelte sono moralmente proibite, significa negare alla vita un futuro possibile relegandola entro una limitata possibilità di scelte."

"Ciò che stupisce nella religiosità degli antichi Greci è l'illimitata pienezza di gratitudine, che da essa emana - è un genere nobilissimo di uomo quello che sta così dinanzi alla natura e alla vita! - più tardi, quando in Grecia la plebe prende il sopravvento, la paura arriva a soffocare anche la religione; e il cristianesimo si stava preparando."

Nietzsche, Al di là del bene e del male, Newton, 1988, p. 81

"Ciò che deve stupire dei greci" continua Hermes "è lo scontro fra l'uomo che vive nel mondo e l'uomo che, per vivere nel mondo, deve possedere altri uomini. Ciò che deve stupire dei greci è lo scontro che ci fu fra la democrazia di Democrito e la dittatura di Platone. Ciò che deve stupire è la volontà di Platone di bruciare Democrito (voleva bruciare i suoi libri) e la volontà con cui Democrito abitava e viveva il mondo. Vivere e abitare il mondo è una scelta del singolo uomo, impossessarsi di altri uomini è la scelta del branco che, incapace di abitare il mondo, si difende usando uomini per separare sé stesso dal mondo e dalle sue possibili avversità. Gli uomini vuoti, i falliti dell'esistenza, si appropriano di uomini perché questo è l'unico modo per sopravvivere nella propria quotidianità. Poi, altri uomini giustificano il diritto di appropriarsi di uomini e la proprietà dell'uomo, da parte dell'uomo, sembra quasi una condizione naturale della vita. Un destino voluto da Dio che viene identificato come il padrone dei padroni di uomini."

"Se, infatti, i fenomeni sono cose in sé, non c'è più scampo per la libertà. Allora la natura è la causa completa e in sé sufficientemente determinante di ogni avvenimento, e la condizione di questo è contenuta sempre solo nella serie dei fenomeni, che al pari dei loro effetti, sono necessariamente subordinati alla legge naturale. Se, invece, i fenomeni non son presi per nulla più di quello che sono in fatto, cioè non per cose in sé, ma semplici rappresentazioni legate fra loro secondo leggi empiriche, allora devono avere essi stessi delle cause che non siano fenomeni. Ma una tale causa intellegibile, rispetto alla sua causalità, non è determinata da fenomeni benché i suoi effetti siano fenomeni e perciò possano essere determinati da altri fenomeni."

Kant, Critica alla ragion pura, Laterza, 1987, p. 431

"I fenomeni sono oggetti in sé" continua Hermes "al di là di come il soggetto, che li percepisce, li descrive o li immagina. Affermare che il fenomeno che ci giunge non sia un oggetto in sé significa non comprendere che, anche se dietro al fenomeno c'è una complessità di fenomeni da cui quel fenomeno scaturisce, con quel fenomeno noi facciamo i conti e a quel fenomeno rispondiamo con le nostre strategie di adattamento che sono altrettanti fenomeni in sé al di là di noi stessi e delle nostre intenzioni. La libertà non consiste nell'evitare le relazioni con i fenomeni, ma nella capacità di considerare divere opzioni al presentarsi del fenomeno. La libertà non consiste nell'evitare i problemi che si creano nelle relazioni con i soggetti nel mondo. Consiste nel vivere le contraddizioni, superarle e modificarsi nella direzione più favorevole nell'affrontare le contraddizioni stesse. I fenomeni sono subordinati alla volontà e agli intenti per i quali si manifestano e se dovessimo individuare delle cause alla base di quei fenomeni, esse sarebbero immediatamente i fenomeni con i quali ci si deve relazionare. Non esistono cause intellegibili, esistono cause sconosciute che l'arroganza di chi pensa sé stesso creato ad immagine e somiglianza di Dio chiama intellegibile [nota: nella filosofia kantiana è il mondo morale.] come se l'intellegibilità di condizioni morali non fossero oggetti in sé manifestate da necessità di dominio e di controllo.

"Ritengo che da ciò risulti abbastanza chiaramente a chi e per quale ragione è necessaria la fede nelle storie contenute nella Sacra Scrittura. Da ciò che abbiamo or ora mostrato, infatti, segue in maniera evidentissima che la loro conoscenza e la fede in esse sono sommamente necessarie al volgo il cui ingegno non è in grado di percepire le cose in maniera chiara e distinta. Segue inoltre che è empio colui il quale nega quelle storie perché non crede che Dio esista e provveda alle cose e agli uomini; gli invece le ignora, e tuttavia sa con il lume naturale che Dio esiste e tutte le altre cose appena dette, e conduce inoltre il vero modo di vivere, è senz'altro beato, anzi più beato del volgo, perché oltre ad opinioni vere ha in più un concetto chiaro e distinto."

Spinoza, Trattato teologico-politico, Bompiani, 2001, p. 227

"Già" borbotta Hermes e le parole escono dalla sua bocca come un sibilo pieno di disgusto "quale squallore affermare "Da ciò che abbiamo or ora mostrato, infatti, segue in maniera evidentissima che la loro conoscenza e la fede in esse sono sommamente necessarie al volgo il cui ingegno non è in grado di percepire le cose in maniera chiara e distinta." Come se il "volgo" non fosse fatto da uomini e donne della stessa intelligenza e dello stesso desiderio di chi pretende di ergersi a giudice e padrone. Avere fede e avere conoscenza sono due momenti, espressi dall'intelligenza del singolo, in assoluta contraddizione e contrarietà. Chi ha fede non ha conoscenza, ma si limita ad immaginare. Chi ha conoscenza non ha fede perché l'oggetto del conoscere rientra nei sensi e negli interessi della propria quotidianità. L'uomo che conosce non crede, l'uomo che crede non conosce, ma immagina di conoscere. Per questo chi sostituisce la fede alla conoscenza accusa di empietà chi fa della conoscenza il metodo per affrontare la propria esistenza. Affermare che Dio [Dio inteso come il Dio dei cristiani e degli ebrei, creatore e padrone del mondo] esiste non è un atto di "percezione", ma è la manifestazione di un "desiderio" proprio di un individuo che ha rinunciato alla conoscenza e che, attraverso la fede, giustifica la propria rinuncia."

"E qui" continua Hermes "torniamo al discorso della fortuna e delle scelte. Quando si afferma, come fa Spinoza che "tuttavia sa con il lume naturale che Dio esiste e tutte le altre cose appena dette, e conduce inoltre il vero modo di vivere, è senz'altro beato", significa fare violenza a sé stessi imponendo un atto di fede, "è senz'altro beato", che diventa certezza di beatitudine come conseguenza di scelte di cui si è certi che sono distruttive ma della cui distruttività si vuole negare l'evidenza. Negare l'evidenza è una scelta che conduce lungo una via di trasformazioni soggettive. Questa viene definita "sfortuna" quando l'accadimento viene percepito come estraneo alla propria vita e alle proprie scelte. Oppure, quando le scelte sono legate alla conoscenza e all'intento soggettivo, si chiama "fortuna" quando l'accadimento viene pensato dal soggetto come estraneo alle proprie scelte e alla propria vita. In questo modo la soggettività crea le condizioni per la "fortuna" o la "sfortuna" del proprio essere nel mondo mentre l'interpretazione del fatto "fortunoso" o "nefasto" viene percepito come estraneo alle cause e alle condizioni dell'esistenza soggettiva."

"Ma non appena amo liberamente, e amo Dio, non posso far altro che pentirmi. E se non vi fosse nessun'altra ragione perché l'espressione del mio amore per Dio fosse pentimento, basterebbe il fatto che egli mi ha amato per primo. Ma anche questa è una definizione imperfetta, poiché solo quando scelgo me stesso come colpevole scelgo me stesso in modo assoluto, se la mia scelta deve essere una scelta e non coincidere con una creazione. Anche se fosse il peccato del padre ad andare in eredità al figlio, egli si pente anche di quello, perché soltanto così può scegliere se stesso, scegliersi in modo assoluto, e anche se le lacrime dovessero quasi distruggerlo, egli continua a pentirsi, poiché solo così sceglie sé stesso."

Kierkegaard, Aut-aut, Mondadori, 1956, p. 94

"Nella sequenza di scelte che gli individui fanno ci sono le scelte che portano gli individui all'autodistruzione mediante scelte di sottomissione e di accettazione di una realtà vissuta che non intendono cambiare." Continua il suo discorso Hermes "Questi individui sono consapevoli di aver fatto scelte distruttive, ma non hanno "Potere di essere" per cambiare la direzione del loro cammino. Così a scelta distruttiva sommano scelta distruttiva e la loro sofferenza, alimentata dalle scelte, vive di rimpianti che si trasformano in pentimento e in una serie di sensi di colpa che finiscono per dominare la loro esistenza. Essi vivono per quei sensi di colpa. Vivono sentendo il peso di un "peccato" del quale chiedono la cancellazione, ma non può esserci cancellazione delle scelte passate. C'è solo il rimpianto che blocca l'individuo nel senso di colpa. E l'individuo vive l'angoscia. L'angoscia alimenta le sue scelte distruttive perché l'angoscia chiede appagamento mediante scelte che alimentano l'angoscia stessa. L'angoscia ama l'individuo angosciato. L'angoscia si preoccupa di consolare l'angosciato che deve sentirsi amato da Dio che gli ha mandato l'angoscia per espiare quelle scelte distruttive che chiama "peccato"."

"Io sono Hermes, figlio di Zeus e Maia" terminò il suo discorso Hermes "io sono il messaggero degli Dèi. La mia via alla conoscenza sta tutta nel mio corpo e il mio corpo è formato dalle scelte che ogni Essere della Natura ha compiuto e compie nella sua esistenza. Le vie alla conoscenza degli Esseri della Natura è fatta di scelte soggettive che provocano il loro adattamento soggettivo alle variabili oggettive che si manifestano nel mondo. Scelte nobili e coraggiose sono riempite di emozioni che si espandono nel mondo e rendono il mio corpo forte e attivo; scelte povere e sofferenti chiudono gli uomini in sé stessi alienandoli dal mondo e dalla vita e questo rende povera e faticosa la mia stessa via alla conoscenza. Rendono povero il mio corpo. Scegliete fra il caduceo e la borsa di denaro. Uno vi rende ricchi, l'altra vi rende poveri. Una scelta che voi farete mi renderà forte e attivo, l'altra scelta indebolirà il mio corpo, la mia via alla conoscenza. Rafforzate la mia conoscenza e renderete più forti i vostri figli; indebolite il mio corpo e renderete più deboli i vostri figli. Io sono il messaggero degli Dèi e i vostri figli sono Dèi che attendono il vostro messaggio."

Così parlò Hermes figlio di Maia e Zeus mentre dei calzari alati mossero l'umidità della nebbia sparendo all'istante.

 

Continua...

Il significato della partita di calcio della filosofia spiegate dagli Dèi.

 

Marghera, 05 aprile 2020

 

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