Sei capace di giocare a calcio?
"Chi delira di onnipotenza è talmente avvolto nel proprio delirio da considerarlo la condizione normale e naturale della propria esistenza. Chi delira non è in grado di scorgere nulla se non ciò che coincide col proprio delirio." Disse Yahweh mentre Allahu Akbar continuò la riflessione "Può esistere una dimensione di vita al di fuori del proprio delirio? Il delirante non la può ammettere. Il delirante non ammette nessuna possibilità al di fuori di quelle contemplate nel proprio delirio. Tutti gli avvenimenti del mondo devono rispondono alle cause immaginate dal delirante e il delirante si comporta nei loro confronti applicando agli avvenimenti le cause che egli immagina nel suo delirio. E' il delirante che tortura le persone affinché le persone siano costrette ad ammettere che le cause delle loro azioni sono esattamente quelle che lui immagina nel suo delirio."
"Il delirante" continua Beppi da Lusiana "non cerca le cause degli avvenimenti perché le risposte sono nel suo delirio e le risposte precedono gli avvenimenti. Il delirante non dice "non conosco le cause del mondo" perché il delirio spiega ogni cosa. Il delirio rinchiude in sé stesso il delirante. Per questo motivo le persone furono e sono torturate. Dovevano ammettere di agire secondo le modalità immaginante dal delirante. Dice Gesù: "Come potete parlare bene voi, malvagi come siete?". Il "malvagi come siete" è la risposta propria del delirio quando al delirio si presentano persone e azioni che stridono col modello elaborato dal delirio. Dunque, voi siete malvagi e non potete parlare "bene", ma dovete parlare solo da malvagi perché solo in questo modo io mi riservo il diritto di ammazzarvi." Concluse Beppi da Lusiana.
"Il delirio non ammette che le cause del presente siano nella materia." continua prendendo la parola Fanete "Il delirio è una manifestazione della psiche, per questo il delirio vive di immaterialità. Ogni causa della realtà che viene elaborata nel delirio deve essere una causa immateriale, un prodotto della mente, sottratta all'analisi dei sensi. Se il delirante analizzasse cause materiali come origine dei fenomeni, cesserebbe di delirare prendendo atto della realtà del mondo anche se non fosse assolutamente in grado di definire le cause e l'origine dei fenomeni. Immaginare una causa intelligente ed agente all'origine dell'universo è una forma di delirio perché nega alla realtà le forze materiali che qualificano la realtà stessa."
Mentre gli arbitri stavano discutendo attorno alle condizioni che determinano l'onnipotenza, la nebbia che permaneva sul campo di calcio iniziò ad assumere una forma definita che iniziò a parlare.
"Io sono Temi colei che cerca di persistere nel proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme fintanto che non interviene una forza che modifichi il mio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme. In presenza di una tale forza, io modifico l'insieme dell'universo adattandolo alla nuova presenza affinché possa, una volta fagocitato il nuovo e ripristinata l'armonia, continuare a persistere nel proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme pur modificata dall'intervento di tale forza. Riportare l'equilibrio là dove si è creato squilibrio è un atto di giustizia universale."
"Qual è il significato della parola "giustizia"? Cosa intendono le varie ideologie filosofiche quando usano la parola giustizia? Chi è il responsabile di un delitto? E quando un delitto è tale? Può essere considerato un delitto la risposta di un individuo ad un delitto? E se vogliamo costruire una norma che definisce un delitto, c'è qualcuno che è esente dalla pena per quel delitto messo in atto? Le persone che hanno subito quel delitto, come possono avere giustizia se non commettendo, a loro volta, un delitto? Un delitto è tale per l'azione che viene messa in atto per consumarlo o è tale anche per le conseguenze di danno che quell'azione induce?" Le domande uscirono con violenza dalla bocca di Temi e ad ogni domanda guardava gli arbitri aspettando risposte che non sarebbero mai arrivate.
"Certo" continuò Temi "il mio corpo è formato da ogni atto di equilibrio che nell'universo si ripristina mentre ogni atto di equilibrio nella società degli Esseri della Natura costituisce il corpo di mia figlia Dike. Tuttavia, il principio non cambia. Le forze nell'universo producono un cambiamento di equilibri e il cambiamento richiede che nuovi equilibri si ricostituiscano. Genericamente chiamiamo "ingiustizia" la modificazione di un equilibrio e chiamiamo giustizia il ripristino dell'equilibrio. Ma la questione non è così semplice perché l'equilibrio non è un oggetto definibile in sé, ma è un compromesso che contempla le azioni di un infinito numero di soggetti che dovrebbero essere in equilibrio in quello stato. Forze nell'universo agiscono e modificano gli equilibri dell'universo stesso. Io, Temi, non mi chiedo se dietro quell'azione c'è un intento, uno scopo o un fine. Ogni azione crea uno squilibrio e io sono l'azione che ripristina l'equilibrio in un diverso assetto della realtà. Giustizia non è riportare la situazione nelle condizioni precedenti allo squilibrio, ma è quello di creare un nuovo equilibrio che fagociti l'azione e la comprenda mediante l'adattamento dei soggetti e dell'insieme perturbato dall'azione stessa. Una stella può esplodere nell'universo e questo crea uno squilibrio nell'armonia presente prima che la stella esplodesse. Una volta perturbato l'insieme io procedo a ricostruire l'armonia che consisterà in una diversa distribuzione della materia. Rimangono le domande dell'inizio. L'azione perturbatrice è responsabile degli adattamenti che subisce l'insieme? E' responsabile degli effetti che produce nell'aver messo in moto le necessità di adattamento dei soggetti che hanno subito l'azione? E se un frammento di quella materia esplosa cade su un pianeta e lo distrugge, di cosa è responsabile quell'esplosione? Di aver messo in moto materia o di aver distrutto quel pianeta? C'è responsabilità se non c'è intenzione, progetto e scopo? E da dove inizi per affermare che l'esplosione non aveva intenzione, progetto o scopo? Eppure l'azione è avvenuta e tu osservi le azioni, non sei in grado di osservare l'intelligenza e la volontà che sta dietro le azioni. Al massimo intelligenza e volontà la puoi dedurre pensando a te stesso che fa quell'azione. Tuttavia, volontà e intelligenza sono immaginate mentre l'azione è l'oggetto che modifica l'ambiente. L'azione è l'oggetto reale."
"Se fai un'azione" aggiunse Temi "sei responsabile in eterno degli effetti che quell'azione ha provocato. Tuttavia, se non fai azioni sei responsabile in eterno degli effetti che hai provocato non mettendo in atto le azioni che avresti potuto o voluto fare. Questo vale per tutte le forze dell'universo come per ogni Essere della Natura."
La crudeltà, infatti, è uno dei caratteri più comuni del fanciullo.
Non vi ha, dice Broussais (Irritation et folie, p. 20), quasi ragazzo che non abusi della sua forza su quelli che sono più deboli di lui. Tale è il suo primo movimento, ma i lamenti della vittima l'arrestano quando esso non è nato per la ferocia, fino a che un nuovo impulso istintivo non gli faccia commettere un nuovo fallo.
In generale esso preferisce il male al bene; è più crudele che buono, perchè prova così maggiore emozione e può provare la sua illimitata potenza, epperciò lo si vede rompere con piacere gli oggetti inanimati. Egli si diletta nel pungere gli animali, nell'annegare delle mosche; batte il suo cane, soffoca il passero; se ne vedono taluni rivestire di cera calda degli scarafaggi, dei cervi volanti, per vestirli da soldato, e prolungare così la loro agonia per mesi intieri.
Lombroso, L'uomo delinquente (1897), Bompiani, 2013, p. 143
"Cosa sono i bambini?" si chiede Temi "forse che sono un oggetto altro rispetto alla società in cui nascono? Lombroso dice che nascono come bestie crudeli e che bisogna torturarli affinché acquisiscano un comportamento morale come socialmente imposto. Lombroso pensa il bambino come un soggetto creato da Dio e che, una volta nato, lo si debba addestrare alla ragione morale. Ogni violenza è ammessa nei confronti del bambino pur di ottenere il risultato. Il bambino è crudele, dice Lombroso. Lombroso omette di dire da chi ha appreso la crudeltà il bambino che osserva. Picchiare il bambino affinché allinei le sue risposte fisiche e verbali alle aspettative dell'adulto, non è, per Lombroso, un atto di crudeltà, ma è un atto della "sana educazione". Il bambino, secondo la cultura fatta propria da Lombroso, va adattato alla morale imposta perché la morale imposta, voluta da Dio, è la vetta raggiunta dalla società. E' l'ideale al quale ogni bambino deve aderire attraverso una crudeltà che il bambino deve subire, ma non riprodurre. Il bambino, con i suoi atti "crudeli" nella sua prima infanzia riproduce gli atti di crudeltà che la società gli presenta ritenendo che quegli atti di crudeltà vadano ripetuti e riprodotti perché quegli sono gli atti che, secondo la sua interpretazione, regolano i rapporti nella società. Dal momento che il bambino non è in grado di mettere in atto gli atti e i gesti che vede fare dagli adulti nei confronti di sé stesso in quanto bambino, è alla ricerca di un soggetto abbastanza debole su cui mettere in atto l'apprendimento sociale."
"Infatti, privati della cura del demone che ci possedeva e ci faceva da pastore, essendosi a loro volta rinselvatichite, per la maggior parte, le bestie che erano docili per loro natura, mentre gli uomini - loro - erano rimasti deboli e indifesi, venivano da esse sbranati, e in quei primi tempi erano ancora privi di mezzi e di arti: era venuto a mancare il nutrimento che si offriva spontaneo, e, d'altra parte, non avevano ancora la scienza per procurarselo, perché nessuna necessità ve li aveva prima costretti. Per tutti questi motivi, si trovano in grande difficoltà. E' per questo, dunque, che sono stati donati quelli che fin dall'antichità sono chiamati "doni degli Dèi", insieme con l'insegnamento e l'addestramento indispensabili: il fuoco da Prometeo, le arti da Efesto e dalla sua collaboratrice, e da altri i semi e le piante. E tutte queste cose che concorrono a sostenere la vita umana sono nate da questi doni, dopo che gli uomini furono abbandonati dalla cura degli Dèi, come abbiamo appena detto, e dopo che divenne necessario che essi si procurassero da vivere da sé stessi e che si prendessero cura di sé, come l'universo nel suo complesso, imitando e seguendo il quale in ogni tempo, ora in questo modo, allora in quell'altro, viviamo e nasciamo."
Platone, Tutti gli scritti, Politico, Bompiani, 2014, p. 334
"Per Platone è il demone che faceva da pastore agli uomini intesi come pecore obbedienti e sottomessi." Continua Temi illustrando lo scontro a cui gli arbitri avevano assistito "Gli uomini, abbandonati dal demone che li possedeva, erano deboli davanti agli animali che si erano "inselvatichiti" e venivano, per questo, sbranati. Platone dipinge l'idea del primitivismo. Descrive l'idea dell'uomo cacciato dal paradiso. Il paradiso di Platone consisteva nell'essere abbandonati dal demone mentre, la medesima idea nel cristianesimo è la cacciata dell'uomo dal paradiso. Platone descrive la sua paura che proietta su un ipotetico uomo antico che, abbandonato dal demone, vaga nella paura, preda di bestie ben più attrezzate di lui per vivere la vita selvaggia. Uomini che, secondo Platone, erano selvaggi ed ignoranti finché gli Dèi non portarono loro dei doni. Gli Dèi, secondo Platone, portano i doni agli uomini e lui, in quanto Platone è la rappresentazione della qualità sublime di quel dono. Lui non vive più nella paura perché lui, Platone, è colui che manifesta l'insegnamento e l'addestramento indispensabile, colui che usa il fuoco portato da Prometeo, colui che collabora con gli altri uomini (desiderando che siano schiavi ai suoi ordini), colui che beneficia di semi e di piante. Questa arroganza" insiste Temi "priva gli uomini della loro intelligenza, della loro capacità di modificare il loro presente, della loro intelligenza con cui hanno costruito il loro divenuto e costruisce l'ideologia della necessità di diffondere l'ignoranza fra gli uomini affinché il padrone possa brillare per la sua intelligenza. Così il padrone diventa il pastore di uomini ridotti a pecore di un gregge che, abbandonate dal demone della loro intelligenza e della loro conoscenza, vagano impaurite seguendo colui che detiene il bastone." "Costruito squilibrio fra gli uomini che vogliono comandare e gli uomini costretti ad obbedire, io, Temi, intervengo per riequilibrare i rapporti. Costruire una diversa armonia che non è mai un ritorno allo stato precedente, ma è un'armonia che nasce dalla disarmonia introdotta fra gli uomini. La costruzione dell'armonia passa attraverso il calarsi di Inanna nell'inferno dell'umana esistenza e attraversare le sette porte della disperazione dove le leggi vengono cambiate a seconda del capriccio del conduttore di greggi finché gli Enlil della crescita non iniziano a distribuire l'acqua della vita ai semi di libertà che possono germogliare nel cuore degli uomini. Dura e lunga è la strada che conduce alla nuova armonia, dura e lunga quanto dura e lunga fu la strada che condusse alla disarmonia. Perdere le vesti nella discesa all'inferno della vita è doloroso come riprendersi le vesti per uscire dall'inferno della vita."
"Ma in quei giorni, dopo questa tribolazione, il sole si oscurerà, la Luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le forze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora si vedrà il Figlio dell'uomo venire sulle nubi, con grande potenza e gloria."
Vangelo di Marco 13, 24 - 26
"Quando nuovi equilibri nella vita sociale degli uomini iniziano a germogliare," continua Temi "l'orrore in cui sono costretti a vivere viene rinnovato con parole diverse affinché gli uomini continuino a farlo proprio. Se in Platone gli uomini del passato vivevano nel terrore perché abbandonati dal loro demone, gli uomini del presente devono vivere nel terrore di un futuro angoscioso perché portatori di peccato e abbandonati dalla provvidenza divina. Il terrore è uguale nei contenuti anche quando si presenta in maniera diversa. Chi usa il terrore per dominare gli uomini rinnova continuamente i riferimenti del terrore affinché l'emozione terrorizzante possa continuamente dire "ecco di cosa devi aver paura". La paura uccide l'analisi perché blocca in essa le possibilità dell'individuo di abitare il mondo. Questo modo di dominare l'uomo va sotto il nome di oscurantismo ed è nemico della razionalità con cui l'uomo può indagare la natura e il mondo che lo circonda. E sulle persone terrorizzate lui trionfa perché diventa la speranza della fine del terrore in persone che, rinunciando all'analisi del presente, non si rendono conto che lui è origine e artefice del terrore."
"Infatti l'elemento primo e migliore in noi è la ragione, ed è giusto che le primizie dell'intelligenza, dell'acume, dell'intuizione, della saggezza e di tutte le altre facoltà inerenti alla ragione siano consacrate a Dio che ci ha dato la fertilità del pensiero. Muovendo da tale convinzione, l'asceta fece questo voto: "Di tutto ciò che tu mi concederai, io Ti darò la decima" (Gen. 28,22), e su di essa si basa l'oracolo che segue nella scrittura alle benedizioni per la vittoria, formulate da Melchisedech, l'uomo investito del sacerdozio, in cui non aveva avuto maestri e si era formato da sé."
Filone d'Alessandria, l'Uomo e Dio, Rusconi, 1986, p. 139
"E mentre qualche uomo, nell'immenso terrore che lo avvolge, inizia a staccare lo sguardo dalla paura che gli è stata imposta e guarda il mondo che lo circonda" continua Temi "arriva qualcuno a "consacrare a Dio la sua intelligenza, il suo acume, la sua intuizione e la sua saggezza". In questo modo l'uomo viene stuprato due volte. La prima col terrore e la seconda imprigionando le sue capacità di analisi del proprio vissuto affinché l'umanità continui a vivere nel terrore. La tua intelligenza, la tua saggezza, la tua intuizione, non sono oggetti propri del tuo corpo, ma sono oggetti che Dio usa per usare il tuo corpo per i suoi scopi. Per questo motivo devi essere umiliato mentre ringrazi Dio per l'opera che compie attraverso te. Tu puoi impegnarti per trasformare il mondo, ma i costruttori di terrore non riconosceranno mai i tuoi meriti. Non ti ringrazieranno per i tuoi sforzi, ma ti considerano "imbecille", come loro e per questo ringraziano Dio di aver permesso ad un "imbecille" di risolvere i problemi che loro, per la necessità di terrorizzare gli uomini, hanno costruito. Derubare l'"imbecille" che ara il campo e miete il grano che ha seminato è un diritto concesso da Dio a chi semina paura e terrore in nome di Dio.
"Gli uomini somigliano ad orologi, che vengono caricati e camminano, senza sapere il perché; ed ogni volta che un uomo viene generato e partorito, è l'orologio della vita umana di nuovo caricato, per ancora una volta ripetere, frase per frase, battuta per battuta, con variazioni insignificanti, la stessa musica già infinite volte suonata."
Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Laterza, 1986, p. 424
"Gli uomini privi di volontà, intento e scopo," continua Temi "è la descrizione che dell'uomo ha chi lo domina. Egli si sente il Dio dominatore, il Dio degli eserciti, e per lui gli uomini non sono corpi desideranti, ma automi che "camminano senza sapere il perché" mentre il potere di dominio immagina sé stesso come "colui che carica gli uomini affinché camminino". A Dio piace questo modello di uomo. Uomo reso obbediente per la paura o uomo reso obbediente perché privato della volontà. E' lo stesso tipo di uomo servile a cui è stata tolta la volontà di affermare sé stesso perché impietrito dalla paura o privato della volontà di determinare sé stesso nel mondo. E' la condizione con cui si tiene l'uomo sottomesso aggiungendo una serie di paure per manipolatori immaginari che lo userebbero se lui non si attiene alle condizioni che gli sono imposte. L'uomo senza volontà. Il burattino silenzioso nelle mani di un potere di cui egli ignora la natura. Il burattinaio nascosto fra burattini e burattinai che alimentano l'immaginazione dell'uomo ridotto a burattino affinché non analizzi la propri situazione esistenziale."
"Il peso più grande. Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: "Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!"."
Nietzsche, La gaia scienza, Adelphi, 1984, p. 201
"E gli uomini ridotti a polvere" continua Temi "sottomessi ad un destino che li costringe a ripetere all'infinito il medesimo gesto perché loro non hanno la volontà di determinare la loro vita mediante le loro scelte. Questa idea per la quale l'uomo è costretto a ripetere, vita dopo vita, il medesimo gesto o a subire il medesimo gesto in virtù di un destino dal quale non è in grado di emanciparsi, è l'ideologia che legittima il prigioniero e che giustifica ogni atto fatto dal più forte sul più debole perché non è la volontà del più forte di sopraffare il più debole, ma è il destino che ha stabilito chi deve essere forte e chi deve essere debole. Chi deve fare l'azione e chi l'azione la deve subire all'infinito. Vita dopo vita che stabilisce una rinascita nella carne come un destino che ha imprigionato la coscienza e la volontà dell'uomo. Che differenza c'è fra l'idea della resurrezione della carne, reincarnazione, giudizio divino, eterno ritorno quando tutti hanno il medesimo scopo? Privare l'uomo della sua capacità di determinare il proprio destino, il proprio fato, con cui condizionare la propria morte: il proprio futuro! Paura, terrore e giustificazione del diritto di incutere paura e terrore. Un demone è strisciato fuori e ti ha rivelato che sei un individuo senza volontà. Che sei un puro oggetto, un granello di sabbia in una clessidra che ripete all'infinito il medesimo gesto. Tu non sei nulla!"
"La possibilità più propria e incondizionata è insuperabile. L'esser-per questa possibilità fa comprendere all'Esserci che su esso incombe, come estrema possibilità della sua esistenza, la rinuncia a sé stesso. L'anticipazione non elude però l'insuperabilità come fa l'essere-per-la-morte inautentico, ma, al contrario, si rende libera per essa. L'anticipante farsi libero per la propria morte affranca dalla dispersione nelle possibilità che si presentano casualmente, di guisa che le possibilità effettive, cioè situate al di qua di quella insuperabile, possono essere comprese e scelte autenticamente."
Heidegger, L'essere e tempo, Longanesi, 2011, p. 315
"E così all'uomo non resta che morire." continua Temi "La scelta autentica, secondo Heidegger, è la morte dopo che l'uomo ha rinunciato ad essere-per-sé-stesso in funzione di un essere-per, estraneo a sé stesso, perché la morte è la possibilità che incombe su sé stesso. L'uomo che ha vissuto nel terrore. L'uomo che è stato costretto a pensare al sé stesso primitivo come un soggetto che viveva nel terrore. L'uomo che è stato considerato un meccanismo che viene caricato a molla al momento della nascita. L'uomo la cui ragione è costretta a pensare a Dio come momento razionale (e non pura follia dell'irrazionale). L'uomo costretto a temere la morte come giudizio divino per un'imminente fine del mondo. L'uomo che Lombroso indica come crudele fin da bambino. Ora quest'uomo è privato del piacere della morte perché costretto a vivere nell'angoscia che lo ha privato del desiderio, della passione e della morale che ogni suo nonno forgiò fin da quando uscì da un antico brodo primordiale. L'uomo svilito. L'uomo privato della sua volontà d'esistenza. L'uomo costretto a temere la propria ombra perché costretto nella paura di un dio onnipotente. Quest'uomo ha subito dai filosofi l'infamia dello svilimento della propria vita."
"Io Temi sono l'equilibrio dell'universo e vivo l'umiliazione di vedere l'uomo deriso, offeso, umiliato, aggredito, da filosofi che si sono dimenticati di essere essi stessi uomini che vivono la loro esistenza in una società di uomini. Come si può riportare l'equilibrio nella vita degli uomini quando gli uomini sono ridotti a puri oggetti di possesso dominati dalle paure che a loro sono imposte? Il dolore" riflette fra sé e sé Temi " imposto quando si impose la paura, fu un dolore atroce che si attenuò quando la paura si impose alle sensazioni dell'uomo. L'uomo teme di provare ancora una volta quel dolore e preferisce vivere persistendo nella paura piuttosto che in quel dolore. Un dolore lungo, durato molti anni e molte generazioni. Per togliere l'uomo dalla sottomissione alla paura serve altrettanto dolore e altrettante generazioni. Qua e là nella storia dell'uomo esistono delle esplosioni emotive che permettono all'uomo di compiere delle trasformazioni, dei salti nella percezione. Come la rivoluzione francese. Ma poi il respiro di libertà viene riassorbito anche se il ritorno al precedente non restaura mai tutto il dominio sull'uomo che in quel momento fu spezzato. Il dolore crea sottomissione alla paura, il dolore libera dalla paura, ma quali filosofi saranno uomini anziché servi di Dio o di un qualche potere che con Dio si identifica alimentando nell'uomo la necessità di uscire dalla paura sia pur attraverso il dolore?"
E l'armonia di Temi si posò, come una nuova e diversa nebbia su quel campo di calcio in cui i filosofi si contendevano il controllo dell'uomo ridotto ad una palla che chiunque poteva prendere a calci.
Il significato della partita di calcio della filosofia spiegate dagli Dèi.
Marghera, 06 maggio 2020
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