Sei capace di giocare a calcio?
Sul campo di calcio la nebbia era sempre più fitta. Nascondeva le forme e gli stessi arbitri si guardavano come sfuocati e indistinti pur essendo uno accanto all'altro. La terra si era appena fermata dopo la dipartita di Ponto. Il piccolo fuoco ardeva alimentato con un po' di legna che non si sa bene da dove provenisse. Allahu Akbar e Yahweh sembravano ammutoliti mentre Fanes scuoteva la testa come per dire "Mi trovo in mezzo ai matti!". Beppi di (o da) Lusiana continuava con la sua zappa a rimuovere erbe fra le file di patate.
Fu come un lampo improvviso e il fuoco del piccolo bivacco non bruciò più sulla terra perché la terra stessa era scomparsa e iniziò a bruciare sul mare. La nebbia si fece più rada e gli arbitri si accorsero di essere in mezzo al mare. Un mare solcato da piccole onde con pesci che nuotavano vicino alla superficie.
Beppi di (o da) Lusiana alzò la testa. Osservò l'acqua che si muoveva sotto i suoi piedi e, posando la zappa, impugno il forcone da fieno dicendo: "Stasera pesce!". "Se il mondo si trasforma in questo" proseguì Beppi da (o di) Lusiana "in questo mondo organizzo la mia vita!"
Non apparve un delfino cavalcato da un uomo armato di tridente, non apparve un drago del mare, apparve solo il mare fecondo pieno di vita e di possibilità che parlò agli arbitri con la voce di un giovane emotivamente instabile che guarda meravigliato alle possibilità della sua esistenza.
"Avete ascoltato mio padre, Ponto, il mare infecondo. Una coscienza che si agitava per poter veicolare le sue emozioni e da questo suo agitarsi, nacquero i suoi figli. Eppure, il mare continuava ad essere infecondo finché Zeus non costrinse Cronos a vomitare i suoi figli che proteggeva nel ventre del tempo. Il tempo iniziò a scorrere e i suoi figli a trasformarsi. Hera fece nascere la vita sul pianeta e il mare divenne pieno di coscienze, coscienza esso stesso, capace di comprendere il padre Ponto, ma diversa da Ponto perché brulicante di vite. Ed io, Poseidone, ora sono il mare fecondo anche se dentro di me Ponto persiste uguale e diverso perché portatore di possibilità."
"Signori" disse Poseidone agli arbitri "io ripeterò ciò che gli altri Dèi, prima di me dissero e quanto altri Dèi, dopo di me diranno perché, come gli uomini hanno pensieri simili avendo tutti due gambe, camminano in posizione eretta, hanno due mani e dieci dita, così gli Dèi dicono cose simili perché, come gli uomini, sono nati, si trasformano e divengono tesi verso un infinito necessitando di un mondo che favorisca le loro trasformazioni. Come Dèi dobbiamo preservare il mondo in cui viviamo. Il mondo che costituisce la nostra oggettività e del quale siamo la soggettività che si trasforma in quel mondo."
"Nel pensiero distinguiamo il pensiero dell'essere e il concetto della cosa alla quale esso si rapporta. I concetti ottengono il loro senso attraverso il rapporto con la cosa che è intesa in essi. Questo rapporto è l'enigma del concetto. I concetti si trovano forse nell'essere delle cose e vengono semplicemente "tirati fuori" dal pensiero? I concetti sono solo parole, cioè segni e nomi prodotti dal nostro pensiero per poter operare con essi in relazione alle cose? Dove si trova l'origine dei concetti?"
Karl Jaspers, Della verità, Bompiani, 2015, p. 561
"Chi si chiede l'origine dei concetti soggettivi in relazione agli oggetti del mondo" inizia il suo discorso Posidone "si è talmente distaccato dal mondo da averlo allontanato dal proprio orizzonte esistenziale e, abbandonato e disperato, raccoglie cocci di quel mondo stupendosi che può pensare quei cocci quasi fossero una nuova scoperta. Questo rapporto per Jaspers è "enigma del concetto" come se egli non tentasse di descrivere (narrare) un mondo dal quale si sente alienato e al quale vorrebbe ritornare come padrone che comprende il mondo. Ma Jaspers non comprende il mondo, Jaspers è compreso nel mondo anche se ha separato quel mondo dalla propria coscienza e si sente estraneo a quel mondo pur costretto ad adattarsi ai fenomeni che da quel mondo giungono a lui."
"Dice che Dio ha dato all'uomo i mezzi per adempiere tutti i suoi obblighi; che quei mezzi sono in nostro potere, che bisogna cercare la felicità mediante le cose che sono in nostro potere perché Dio ce le ha date a questo fine; che bisogna considerare ciò che v'ha di libero in noi, che i beni, la vita, la stima non sono in nostro potere, e quindi non conducono a Dio; ma che l'intelletto non può essere costretto a credere a ciò che sappia esser falso, o la volontà ad amare ciò che sa che la rende infelice; che queste due potenze sono dunque libere e che per loro mezzo, quindi, possiamo renderci perfetti; che l'uomo può mediante queste due potenze perfettamente conoscere Iddio, amarlo, obbedirgli, piacergli, guarirsi da tutti i vizi, acquistare tutte le virtù, santificarsi, insomma, e farsi compagno di Dio."
Biagio Pascal, Antologia Filosofica, Editrice La Scuola, 1988, p. 283
"Pascal ritiene che Dio abbia obbligato l'uomo. L'uomo, per Pascal" Continua Poseidone "è schiavo di Dio. Come schiavo di Dio, Dio dà all'uomo gli strumenti per obbedire ai suoi ordini. Come il padrone agricolo dà allo schiavo la zappa affinché lavori, così, per Pascal, Dio darebbe agli uomini gli strumenti per obbedire. Quei mezzi diventano il potere che libera lo schiavo affinché lo schiavo sia libero di sottomettersi alla volontà di Dio e, per estensione, ad ogni rappresentante di Dio sulla terra. Bisogna che l'uomo, dice Pascal, trovi la sua felicità nell'obbedire a Dio perché l'uomo, senza Dio, è nulla. L'uomo, creato da Dio, deve tornare a Dio accettando la sua schiavitù che diventa libertà di obbedire. Nell'obbedienza e nella schiavitù a Dio, dice Pascal, si diventa perfetti; perfetti schiavi della volontà di Dio e di chi, per estensione, fa la volontà di Dio alla quale l'uomo deve essere libero di sottomettersi ed obbedire. L'affermazione di Pascal, secondo cui la libertà consiste nell'amare il padrone Dio perché secondo Pascal Dio ha creato l'uomo, mescola due condizioni inscindibili. La necessità che l'uomo ami Dio e per estensione ogni padrone che è tale per volontà di Dio e la fantasia delirante secondo cui Dio "ha creato", senza che Pascal si ritenga in dovere di dimostrare non solo la creazione ad opera di Dio, ma il vantaggio dell'uomo nel sottomettersi a Dio. Per Pascal la libertà consiste nella libertà di essere schiavi obbedienti e sottomessi."
"Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: "Che cosa vuoi?". Gli rispose: "Dì che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno". Rispose Gesù: "Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?". Gli dicono: "Lo possiamo". Ed egli soggiunse: "Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio"."
Vangelo di Matteo 20, 20-23
"Com'è la relazione padrone e schiavo? Lo schiavo, secondo Gesù, non deve chiedere nulla al padrone" Continua Poseidone "Lo schiavo obbedisce alla volontà del padrone, ma non si deve permettere di contrattare il suo obbedire. L'obbedienza senza riserve è alla base dell'ideologia cristiana che per questo usa la violenza contro le persone che non obbediscono "Tu pretendi che il padrone faccia qualcosa perché tu hai fatto qualcosa? Tu stai ricattando il tuo padrone che, in quanto padrone, può fare quello che vuole e tu sei libero di amare il tuo padrone, di sottometterti a lui e di bere "l'amaro calice" per compiacere il tuo padrone, ma senza pretendere che il tuo padrone sia obbligato a riconoscerti qualche cosa.". Da qui l'idea di destino propria del cristianesimo dove la decisione di Dio non dipende dalle azioni dell'uomo, ma dipende solo dalla volontà di Dio perché l'uomo deve usare la sua volontà per consentire a Dio di disporre di sé stesso. La volontà viene usata dall'uomo per distruggere il suo desiderio, per imporsi di amare Dio, la volontà dell'uomo per condannare il suo stesso desiderio, le passioni dell'uomo. L'uomo deve essere niente davanti al padrone, davanti a Dio. In questo modo l'uomo giustifica la violenza che fa all'infanzia perché l'infanzia deve amare il suo violentatore e non può chiedere nulla al padrone che la violenta. Il padrone che possiede gli uomini a propria discrezione e gli uomini che devono essere liberi di sottomettersi al padrone negando sé stessi per il piacere del padrone è l'ideologia di Gesù dove gli uomini non sono più uomini, ma gregge obbediente. Dove il diritto di Gesù di violentare uomini, di metterli nei forni crematori, di sgozzarli perché quegli uomini non sono stati in grado di anticipare i desideri del padrone, non si sono sottomessi, non hanno obbedito preferendo essere uomini anziché schiavi privati del loro volere e del loro desiderio di vivere."
"Terminati che siano i mesi haràm, ammazzate i fabbricatori di condivinità dovunque li troviate; catturate, assediate, fateli cadere nelle imboscate. Se si pentono, però, e se pregano, se fanno elemosina, lasciateli liberi di andare per la loro strada. Il Dio perdona, il Dio è abbondante in misericordia."
Maometto, Corano, Sutra IX tawbat: immunità o pentimento, versetto 5, Oscar Mondadori, 1980, p.271
"Macellate chiunque adori un Dio diverso" Continua Poseidone "è la soluzione degli incapaci e degli impotenti che necessitano di schiavi per poter vivere. "Ammazzateli" dice Maometto, allo stesso modo in cui Gesù dice "Sgozzateli!". Devono sottomettersi, farsi battezzare, riconoscere e pregare il padrone perché solo in questo modo potranno aver salva la loro vita. Devono pentirsi di aver desiderato vivere come uomini e devono tornare ad essere schiavi di Dio. Solo come schiavi di Dio hanno diritto a rendere schiavi gli uomini e a disporne a volontà. Il servo dei servi non è colui che serve, ma è colui che domina gli schiavi per conto del suo padrone e che dispone del diritto di vita o di morte sugli schiavi per conto del padrone, per conto di Dio. E quando gli schiavi non obbediscono a Dio, tu che obbedisci a Dio devi ucciderli a meno che non decidano di obbedire a Dio perché tu sei la voce di Dio e Dio dice esattamente ciò che tu dici."
"Comunque, con le considerazioni che seguono non intendiamo negare all'invenzione della prova ontologica il merito dell'acutezza e della sottigliezza. Per spiegare una data esistenza noi ne indichiamo la causa, dopo di che quell'esistenza appare una conseguenza necessaria di quella causa; e ciò vale come spiegazione. Un tale procedimento, però, porta - come abbiamo già dimostrato - a un regressus ad infinitum e, quindi, non potrà mai condurre ad una causa ultima, che costituisce la spiegazione fondamentale. Le cose starebbero altrimenti se si potesse veramente desumere l'esistenza di un qualsiasi essere dalla sua essenza - cioè dal concetto astratto, o dalla definizione. In tal caso, infatti, quest'essere sarebbe riconosciuto necessario (che, qui come dovunque, vorrebbe dire soltanto "conseguente alla sua causa"), senza che, con ciò, esso fosse legato a nient'altro che al suo proprio concetto, e, quindi, senza che la sua necessità fosse transitoria e momentanea, continuamente condizionata e, perciò, riconducibili a successioni infinite di cause, come è, sempre, la necessità causale."
Arthur Schopenhauer, O si pensa o si crede, Bur, 2000, p. 88
"Dal momento che Dio esiste perché tu lo puoi pensare" continua sarcastico Poseidone "allora anche gli attributi di Dio che tu pensi devono esistere. Dal momento che Dio esiste perché tu lo pensi e, dunque, anche gli attributi devono essere veri in quanto tu li pensi e, pertanto, tutto ciò che tu attribuisci alla volontà di Dio deve essere vero perché, se non fosse vero, tu non potresti pensare ciò che attribuisci a Dio. Per spiegare una data esistenza, dice Schopenhauer, è necessario indicare la causa, ma se Schopenhauer non sa indicare una causa, quell'esistenza non esiste. Dal momento che mediante l'operazione ontologica Schopenhauer indica in Dio la causa per la quale le persone pensano a Dio, pensare Dio è l'effetto della causa Dio che induce l'uomo a pensarlo. Dunque, la causa "Dio" è legata al concetto di Dio che domina l'uomo e che rende libero l'uomo di sottomettersi a Dio. Eppure, ogni concetto è fine a sé stesso. Se, infatti, il divenuto di un concetto può essere determinato da cause, noi non necessariamente siamo in grado di riconoscere tutte le cause che hanno determinato quel concetto e, sicuramente, sempre conosciamo un infimo numero di cause che hanno emanato il concetto, in particolare nei concetti complessi dove l'oggetto trascende i sensi. Noi ci misuriamo col concetto, non con le cause che hanno generato il concetto. Questo perché, se noi per un concetto ci misurassimo con le cause che hanno prodotto il concetto, soltanto tralasciando una causa, sia pur indiretta che abbia concorso a manifestare il concetto, noi ci misureremmo con un concetto diverso manifestato dalle cause che conosciamo meno la causa che noi non conosciamo. Un diverso concetto. Ma se noi ci misuriamo direttamente col concetto, il concetto è portatore di tutte le cause che lo hanno generato e, pertanto, noi ci misuriamo con tutte le cause che hanno prodotto il concetto sia che noi conosciamo le cause e sia che noi non conosciamo le cause. Noi sappiamo che i gravi cadono per la forza di gravità. La forza di gravità è una causa della caduta di un grave. Ma io posso empiricamente confrontarmi con la cadute di un grave anche senza conoscere la forza di gravità come fecero gli uomini prima di Newton. Il concetto è un oggetto in sé ed è un concetto diverso dal concetto in sé rispetto dal come io percepisco e definisco quel concetto in quanto, il concetto, essendo passato attraverso me e la mia interpretazione, assume una diversa realtà che io manifesto descrivendo il concetto (o l'oggetto)."
"E' infatti manifesto che la ragione non può sollevare alcuna questione, che non abbia già in precedenza una risposta in lei stessa. - Come da un seme non si dispiega nulla che non sia prima riunito in esso, così in filosofia non può nascere nulla (per analisi) che non sia già prima presente nello spirito umano (nella sintesi più originaria). Perciò tutti i singoli sistemi, che meritano questo nome, sono pervasi da un comune spirito guida; ogni singolo sistema è possibile solo come derivazione dell'archetipo universale, al quale essi, tutti insieme, più o meno si avvicinano."
Schelling, Criticismo e idealismo, Laterza, 1996, p. 35
"Infatti Schelling ribadisce il concetto di Shopenhauer affermando, come Socrate, che la ragione non può sollevare una questione che non abbia in sé stessa una risposta." Continua Poseidone "Solo che la risposta può essere relativa a delineare la realtà del concetto o può essere relativa alla farneticazione del concetto. Farneticare, immaginare, illudersi, sono sempre risposte ad una sollecitazione di risposte, tuttavia noi consideriamo risposte solo quelle che risolvono le questioni sollevate. Facile fare l'esempio di un seme che in sé contiene in potenza il divenire dell'albero o della pianta. Ma il concetto, le questioni, specialmente quando riguardano il trascendente e il divino, non sono semi che contengono la traccia genetica della risposta. La traccia della risposta si trova nell'individuo che interpreta la questione. La risposta del seme sta nel seme; la risposta alla questione non sta nella questione, ma nel soggetto che la tratta. E la risposta è soggettiva in quanto il soggetto, prima di dare la risposta, interpreta la questione sottraendo alla questione il suo essere "oggetto in sé" per trasformala in "oggetto per il soggetto" che interpretando l'oggetto ne delimita i contenuti e la forma. In altre parole, se penso Dio, non significa che Dio esiste, significa che io penso Dio. E se io penso Dio, Dio è indubbiamente un oggetto che io ho pensato, ma questo non dimostra la realtà di Dio, dimostra solo che Dio è un oggetto della mia immaginazione. Quando poi racconto della realtà di Dio, con cui rispondo alla questione, affermo Dio, ma non lo dimostro come oggetto in quanto Dio è solo un abitatore della mia mente, diventa causa prima di un reale dal quale può svilupparsi qualche cosa, la sottomissione, che io veicolo nella società. E questo vale per chi immagina un archetipo universale. Immaginare un archetipo universale può soddisfare la mente che lo afferma, ma non ne determina l'esistenza né individua le conseguenze dell'affermarne l'esistenza. Gli oggetti immaginati impongono la schiavitù all'uomo, ma la schiavitù dell'uomo è la realtà, un oggetto in sé, un concetto che ha effetti reali sulla vita dell'uomo e che può essere affrontato come concetto anche senza conoscerne le cause."
"Tutto ciò che è autosufficiente in relazione al suo essere o alla sua attività è superiore a ciò che non è autosufficiente, ma dipende da un altro essere, cioè dalla causa della sua completezza."
Proclo, I Manuali, Elementi di teologia, Rusconi, 1999, p. 89
"Dal momento che io sono dipendente da altri o da condizioni, l'assoluto che io immagino deve essere indipendente da altri o da condizioni." Continua Poseidone "Come può un individuo immaginare l'assoluta autosufficienza se non quando vive del dolore provocato dall'essere dipendente e grato a qualcuno gli provoca, oppure immaginandosi in debito nei confronti di qualcuno o di qualche cosa? Elaborare un assoluto, al di fuori di sé stesso, capace di essere in possesso di tutte le condizioni che liberano il dipendente dal bisogno elevandolo a dominatore assoluto di una realtà di cui può disporre senza essere debitore a questa, è l'aspirazione dell'incapace. E' la realtà sulla quale quell'individuo ha elevato il proprio desiderio. Essere dipendente dalla realtà in cui è nato. Da qui prende avvio la farneticazione desiderante del debitore che vorrebbe essere senza debiti o colui che vorrebbe che tutta la realtà fosse in debito con lui. Non è forse lui che ha creato il mondo e che, dunque, possiede il mondo? Non è lui che ha immaginato il Dio creatore e dal momento che lo ha immaginato il Dio creatore parla agli uomini attraverso lui? Creata l'immagine, che è solo frutto della sua immaginazione e che vive solo nell'immaginazione soggettiva, l'individuo manifesta nella realtà quotidiana l'esigenza che la realtà quotidiana si sottometta alla sua immagine che, descrivendo un assoluto, delega lui a rappresentarlo e a parlare per bocca di quell'assoluto."
Poi, di colpo, Poseidone tacque. Poseidone osservò Beppi di (o da) Lusiana che, posata la zappa stava usando il forcone per arpionare pesci in mare. Che Beppi zappasse l'orto o che Beppi gettasse le reti o impastasse la malta per costruire muri di mattoni o ancora, per il Comune di Lusiana gettasse asfalto per coprire le buche nelle strade, uguali erano i calli alle sue mani e uguale era l'intento con cui trasformava il mondo.
Poi, Poseidone, con un ultimo sussurro rivolto a Yahweh e Allahu Akbar disse: "Se non si agisce per trasformare il presente, la vita non esiste. La vita esiste solo nella misura in cui trasforma il presente e il presente trasformato non è mai una verità immobile, ma è espressione di una libertà che si manifesta liberandosi da un presente divenuto, ora, passato."
Poi, come una dissolvenza, il mare sparì lasciando il posto all'erba calpestata di un campo di calcio ora orfano dei suoi atleti.
Beppi di (o da) Lusiana, posata la forca riprese in mano la zappa.
Il significato delle azioni della partita di calcio della filosofia spiegate dagli Dèi.
Marghera, 13 aprile 2021
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