Le biografie dei filosofi che partecipano alla partita di calcio
Nella seconda lettera a Timoteo si legge di un Paolo di Tarso solo e abbandonato da tutti i suoi adepti. Un Paolo di Tarso sotto processo per delitto, ma sempre pieno di delirio di onnipotenza con cui esalta sé stesso.
In questa lettera a Paolo di Tarso interessa più controllare Timoteo, il suo comportamento, rinnovando in Timoteo le convinzioni relative alla sua predestinazione nella missione comune come inviati di Dio.
E' come se le società, gli uomini, in questa lettera sparissero dall'orizzonte e Paolo di Tarso, sotto processo per delitto, chiede alle persone di non vergognarsi di quello che lui ha fatto perché quanto ha fatto, per quanto infamante, lo ha fatto per la gloria del vangelo. Siamo in una situazione molto simile a quella che si è verificata recentemente con la disfatta dell'Isis in Siria dove i militanti si sono macchiati di delitti contro gli uomini e le donne in nome del corano ed ora, che sono stati sconfitti con molte persone che si sono dissociate dall'Isis, chiedono pietà e comprensione per i delitti commessi in nome di Dio. Paolo di Tarso è il loro padre ideologico colui che ha indicato la via del disprezzo sociale per la gloria di Dio e in questa lettera non solo ricorda le persone che lo hanno abbandonato, ma afferma di trovarsi "da solo" ad affrontare un processo per delitto. Nello stesso tempo Paolo di Tarso supplica Timoteo sia di assisterlo che di continuare la sua opera.
Scrive Paolo di Tarso:
[3]Ringrazio Dio, che io servo con coscienza pura come i miei antenati, ricordandomi sempre di te nelle mie preghiere, notte e giorno; [4]mi tornano alla mente le tue lacrime e sento la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia. [5]Mi ricordo infatti della tua fede schietta, fede che fu prima nella tua nonna Lòide, poi in tua madre Eunìce e ora, ne sono certo, anche in te. [6]Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l'imposizione delle mie mani. [7]Dio infatti non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza. [8]Non vergognarti dunque della testimonianza da rendere al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma soffri anche tu insieme con me per il vangelo, aiutato dalla forza di Dio. [9]Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non gia in base alle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la sua grazia; grazia che ci è stata data in Cristo Gesù fin dall'eternità, [10]ma è stata rivelata solo ora con l'apparizione del salvatore nostro Cristo Gesù, che ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'immortalità per mezzo del vangelo, [11]del quale io sono stato costituito araldo, apostolo e maestro.
Paolo di Tarso, seconda Lettera a Timoteo 1, 3 – 11
La nonna di Timoteo era cristiana, la madre di Timoteo era cristiana: quanti anni ha Timoteo? Lascio la notizia agli "storici". Mi sembra che ci sia una qualche incongruenza attorno a questa questione. Ma lasciamo che gli storici facciano il loro lavoro.
Paolo di Tarso dice a Timoteo di non vergognarsi della testimonianza che la sua predicazione rende a Dio, ma soprattutto di non vergognarsi di lui anche se è stato arrestato per delitto. Questa è la preoccupazione di Paolo di Tarso che si sente abbandonato. Da questa lettera sembra che Timoteo sia l'unica persona che ancora segue Paolo di Tarso.
A Timoteo, Paolo di Tarso ricorda che Dio lo ha chiamato per una "vocazione santa" non in base alle azioni che Paolo di Tarso ha fatto. Dio lo ha predestinato secondo il suo capriccio, in base alla "grazia" data da Gesù fin dall'eternità per mezzo del vangelo del quale, precisa Paolo di Tarso, "io sono stato costituito araldo, apostolo e maestro".
In sostanza, Paolo di Tarso dice a Timoteo: "Ricordati che io sono il tuo maestro".
E' il "maestro" di Timoteo, ma è solo. E quanto Paolo di Tarso scrive sembra un tentativo di legare a sé Timoteo più strettamente ed evitare che Timoteo se ne vada come hanno fatto tutti gli altri. Tutto sembra in questa lettera. E proprio perché tutto sembra, tutto potrebbe non essere, come il fatto che chi ha scritto questa lettera lo abbia fatto circa un secolo dopo la data della presunta morte di Paolo di Tarso.
Scrive Paolo di Tarso:
[1]Tu dunque, figlio mio, attingi sempre forza nella grazia che è in Cristo Gesù [2]e le cose che hai udito da me in presenza di molti testimoni, trasmettile a persone fidate, le quali siano in grado di ammaestrare a loro volta anche altri. [3]Insieme con me prendi anche tu la tua parte di sofferenze, come un buon soldato di Cristo Gesù. [4]Nessuno però, quando presta servizio militare, s'intralcia nelle faccende della vita comune, se vuol piacere a colui che l'ha arruolato. [5]Anche nelle gare atletiche, non riceve la corona se non chi ha lottato secondo le regole. [6]L'agricoltore poi che si affatica, dev'essere il primo a cogliere i frutti della terra. [7]Cerca di comprendere ciò che voglio dire; il Signore certamente ti darà intelligenza per ogni cosa. [8]Ricordati che Gesù Cristo, della stirpe di Davide, è risuscitato dai morti, secondo il mio vangelo, [9]a causa del quale io soffro fino a portare le catene come un malfattore; ma la parola di Dio non è incatenata! [10]Perciò sopporto ogni cosa per gli eletti, perché anch'essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna. [11]Certa è questa parola:
Paolo di Tarso, seconda lettera a Timoteo 2, 1 – 11
Timoteo deve trasmettere quanto ha udito da altri affinché altri ammaestrino altri ancora. Questo vuole Paolo di Tarso, mentre invita Timoteo a prendersi una parte delle sofferenze di Paolo di Tarso. Paolo di Tarso dice a Timoteo che per far piacere a chi li ha arruolati [Dio] non devono intralciarsi reciprocamente, come in una gara svolta secondo le regole.
La preoccupazione di Paolo di Tarso di essere abbandonato anche da Timoteo è grande. Scrive Paolo di Tarso:
[14]Richiama alla memoria queste cose, scongiurandoli davanti a Dio di evitare le vane discussioni, che non giovano a nulla, se non alla perdizione di chi le ascolta. [15]Sforzati di presentarti davanti a Dio come un uomo degno di approvazione, un lavoratore che non ha di che vergognarsi, uno scrupoloso dispensatore della parola della verità. [16]Evita le chiacchiere profane, perché esse tendono a far crescere sempre più nell'empietà; [17]la parola di costoro infatti si propagherà come una cancrena. Fra questi ci sono Imenèo e Filèto, [18]i quali hanno deviato dalla verità, sostenendo che la risurrezione è già avvenuta e così sconvolgono la fede di alcuni. [19]Tuttavia il fondamento gettato da Dio sta saldo e porta questo sigillo: Il Signore conosce i suoi, e ancora: Si allontani dall'iniquità chiunque invoca il nome del Signore. [20]In una casa grande però non vi sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma anche di legno e di coccio; alcuni sono destinati ad usi nobili, altri per usi più spregevoli. [21]Chi si manterrà puro astenendosi da tali cose, sarà un vaso nobile, santificato, utile al padrone, pronto per ogni opera buona. [22]Fuggi le passioni giovanili; cerca la giustizia, la fede, la carità, la pace, insieme a quelli che invocano il Signore con cuore puro. [23]Evita inoltre le discussioni sciocche e non educative, sapendo che generano contese. [24]Un servo del Signore non dev'essere litigioso, ma mite con tutti, atto a insegnare, paziente nelle offese subite, [25]dolce nel riprendere gli oppositori, nella speranza che Dio voglia loro concedere di convertirsi, perché riconoscano la verità [26]e ritornino in sé sfuggendo al laccio del diavolo, che li ha presi nella rete perché facessero la sua volontà.
Paolo di Tarso, seconda lettera a Timoteo 2, 14 – 26
Paolo di Tarso invita Timoteo a scappare dalle discussioni. Paolo di Tarso sembra cosciente delle proprie farneticazioni che lo rendono incapace di argomentare le sue affermazioni, come del resto anche i teologi (Ratzinger ebbe a dire che non si può discutere con chi ritiene il Dio dei cristiani un padrone perché i cristiani non sono in grado di giustificare la schiavitù dell'uomo imposta da Dio come presentata dalla loro teologia, filosofia e ideologia). Il cristiano non discute, violenta per sottomettere. Solo che le discussioni servono a chi viene costretto alla sottomissione a Dio, o a un qualche padrone, per argomentare sulla questione che né Dio, né un padrone umano ha il diritto di violentarlo. La violenza è imposta mediante l'affermazione (che regge l'atto fisico di repressione), la libertà va costruita e servono argomenti e analisi della situazione vissuta.
La parola degli uomini che cercano la libertà si propagherà come una cancrena fra gli schiavi minando il diritto di Dio di possedere uomini ridotti in schiavitù. Una volta rimossi degli ostacoli che impediscono la libertà dell'uomo, i servi di Dio come Paolo di Tarso, ripristineranno la schiavitù in altre forme e serviranno altri dibattiti per rimuovere i nuovi ostacoli che impediscono la libertà dell'uomo.
Paolo di Tarso dice: "Il Signore conosce i suoi!". Sterminateli tutti, disse quel vescovo ai suoi armati contro i Catari, poi Dio, il Signore, sceglierà i suoi.
Non sei proprio in grado di discutere, dice Paolo di Tarso a Timoteo; "[23]Evita inoltre le discussioni sciocche e non educative, sapendo che generano contese.", come se non fosse una contesa l'aggressione che Paolo di Tarso porta alle società civili per costruire la schiavitù in nome di Dio.
Paolo di Tarso vede sempre più vicino il fallimento della sua esistenza e dalla lettera sembra riporre le ultime speranze in Timoteo come una sorta di erede spirituale. Per Paolo di Tarso si sta avvicinando la fine del mondo. Nella fine del mondo Paolo di Tarso vede realizzarsi la promessa di Gesù della fine dei tempi.
Scrive Paolo di Tarso:
[1]Devi anche sapere che negli ultimi tempi verranno momenti difficili. [2]Gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, senza religione, [3]senza amore, sleali, maldicenti, intemperanti, intrattabili, nemici del bene, [4]traditori, sfrontati, accecati dall'orgoglio, attaccati ai piaceri più che a Dio, [5]con la parvenza della pietà, mentre ne hanno rinnegata la forza interiore. Guardati bene da costoro! [6]Al loro numero appartengono certi tali che entrano nelle case e accalappiano donnicciole cariche di peccati, mosse da passioni di ogni genere, [7]che stanno sempre lì ad imparare, senza riuscire mai a giungere alla conoscenza della verità. [8]Sull'esempio di Iannes e di Iambres che si opposero a Mosè, anche costoro si oppongono alla verità: uomini dalla mente corrotta e riprovati in materia di fede. [9]Costoro però non progrediranno oltre, perché la loro stoltezza sarà manifestata a tutti, come avvenne per quelli. [10]Tu invece mi hai seguito da vicino nell'insegnamento, nella condotta, nei propositi, nella fede, nella magnanimità, nell'amore del prossimo, nella pazienza, [11]nelle persecuzioni, nelle sofferenze, come quelle che incontrai ad Antiochia, a Icònio e a Listri. Tu sai bene quali persecuzioni ho sofferto. Eppure il Signore mi ha liberato da tutte. [12]Del resto, tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati. [13]Ma i malvagi e gli impostori andranno sempre di male in peggio, ingannatori e ingannati nello stesso tempo. [14]Tu però rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto, sapendo da chi l'hai appreso [15]e che fin dall'infanzia conosci le sacre Scritture: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù. [16]Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
Paolo di Tarso, seconda lettera a Timoteo 3, 1 – 16
Come saranno gli uomini prima della fine del mondo? Come Paolo di Tarso: "[2]Gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, senza religione, [3]senza amore, sleali, maldicenti, intemperanti, intrattabili, nemici del bene, [4]traditori, sfrontati, accecati dall'orgoglio, attaccati ai piaceri più che a Dio, [5]con la parvenza della pietà, mentre ne hanno rinnegata la forza interiore.". Questa sequenza descrive esattamente Paolo di Tarso. E per essere così, non è necessario che sia giunto il tempo della fine del mondo. E' sufficiente che sia giunto Paolo di Tarso con il desiderio immenso di distruggere le società in nome di Dio.
L'attività dei cristiani è ben descritta da Paolo di Tarso perché l'ha praticata direttamente: "Guardati bene da costoro! [6]Al loro numero appartengono certi tali che entrano nelle case e accalappiano donnicciole cariche di peccati, mosse da passioni di ogni genere, [7]che stanno sempre lì ad imparare, senza riuscire mai a giungere alla conoscenza della verità.". Quelli di Paolo di Tarso entreranno negli ospedali, nelle carceri, negli orfanotrofi per violentare le persone deboli ed indifese. Quelli come Paolo di Taso carichi di delitti e di intenzioni malevoli cercheranno di aggiudicarsi degli adepti sfruttando il disagio sociale delle persone. Quelli come Paolo di Tarso, in cambio di denaro, violenteranno l'intera società civile usando le persone fragili, le "donnicciole" che loro individueranno come l'aspetto debole e fragile di una società. Come recentemente i fanatici dell'Isis che hanno raccolto per l'Europa tutte le persone emarginate e fragili che cercavano un riscatto sociale o una ragione di vita per uscire dall'emarginazione sociale in cui vivevano. E che fecero? Alla disperazione di queste persone aggiunsero altra disperazione.
Tutta la scrittura, dice Paolo di Tarso, è ispirata da Dio e la chiesa cattolica affermerà che tutte le lettere di Paolo di Tarso sono ispirate da Dio. Dunque, accusare Paolo di Tarso di essere un criminale o accusare Dio di essere un criminale, è la stessa cosa.
Scrive Paolo di Tarso:
[9]Cerca di venire presto da me, [10]perché Dema mi ha abbondonato avendo preferito il secolo presente ed è partito per Tessalonica; Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia. [11]Solo Luca è con me. Prendi Marco e portalo con te, perché mi sarà utile per il ministero. [12]Ho inviato Tìchico a Efeso. [13]Venendo, portami il mantello che ho lasciato a Troade in casa di Carpo e anche i libri, soprattutto le pergamene. [14]Alessandro, il ramaio, mi ha procurato molti mali. Il Signore gli renderà secondo le sue opere; [15]guardatene anche tu, perché è stato un accanito avversario della nostra predicazione. [16]Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Non se ne tenga conto contro di loro. [17]Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i Gentili: e così fui liberato dalla bocca del leone. [18]Il Signore mi libererà da ogni male e mi salverà per il suo regno eterno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Paolo di Tarso, seconda lettera a Timoteo 4, 9 – 18
Sentir parlare Paolo di Tarso in questa lettera sembra sentir parlare i prigionieri dell'Isis dopo le devastazioni che hanno fatto in Siria e in Iraq.
Mentre prima si glorificavano che Dio era con loro nella vittoria contro gli infedeli e saccheggiavano la società civile, ora, sconfitti e prigionieri, le cose che contano non solo più i milioni di dollari, ma cose banali come l'acqua e il cibo o, nel caso della lettera di Paolo di Tarso, il mantello che si è dimenticato a casa di Carpo. Lui che poteva disporre di sovvenzioni e di elargizioni, ora deve farsi portare un mantello che ha dimenticato mentre, allo stesso tempo, invia maledizioni ad Alessandro, il ramaio, che gli ha procurato molti mali (per cosa non lo dice).
Paolo di Tarso dice di essersi difeso in tribunale da solo: come si è difeso?
In tribunale ci si difende dalle accuse. Si dimostra che le accuse sono infondate o quanto meno, qualora ci siano dei fatti, si dimostra che questi fatti vanno interpretati nel giusto modo (o nel modo che l'imputato ritiene opportuno).
Cosa ha fatto Paolo di Tarso in tribunale se mai davvero ha affrontato un tribunale dal momento che di quel procedimento penale non c'è traccia (non c'è traccia nemmeno di Paolo di Tarso, se è per questo a parte queste lettere che appaiono scritte in un arco di tempo ben più lungo dei 50 anni di vita attribuiti a Paolo di Tarso)?
L'unica cosa che si capisce dalle affermazioni è che Paolo di Tarso "si è difeso in tribunale". Dunque, ha avuto un processo in cui ha potuto difendersi. Quando mai un imputato si può difendere nei tribunali cristiani? Io stesso, con una Procura della Repubblica di Belluno che ha istruito contro di me un procedimento penale per la mia indignazione per il fatto che delle suore cristiane picchiavano dei bambini in un asilo, con un giudice del procedimento penale legato alla chiesa cattolica, mi è stato impedito di difendermi finché non mi sono indignato per un procedimento penale in cui il giudice, per non discutere, continuava a rinviare il dibattimento e mi concesse, come un Dio padrone, due minuti per difendermi da accuse farneticanti di una Procura che aveva organizzato la calunnia in collaborazione con la Polizia Postale. Quel giudice sulla parete aveva un crocifisso, un crocifisso enorme, con cui oscurare il rispetto al codice di procedura penale. Lo stesso crocifisso con cui le suore cattoliche volevano legittimare la loro violenza sui bambini dell'asilo. Due minuti per esporre le mie ragioni. Due minuti estorti ad un giudice cristiano che probabilmente aveva già deciso la sentenza e impediva agli imputati di difendersi.
Paolo di Tarso ha potuto esporre le sue ragioni, ha manifestato sé stesso. A noi non interessa se è stato assolto o condannato, a noi interessa il fatto che lui ha avuto un giusto processo, cosa che i cristiani negheranno ad ogni altro imputato specialmente quando i reati implicheranno questioni ideologiche, teologiche o sociali.
Se poi vogliamo immaginare la difesa di Paolo di Tarso deducendola dall'ideologia espressa dalle sue lettere, ci appare logico che Paolo di Tarso abbia, "[17]Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i Gentili: e così fui liberato dalla bocca del leone", chiesto ai "gentili" di diventare schiavi di Dio di cui lui era il portavoce e il prescelto.
Paolo di Tarso può anche dire ai giudici di essere morto alla legge e di essere resuscitato nella grazia di Dio, ma chi lo giudica sono giudici che agiscono mediante la legge. Una legge che giudica delitti, veri o presunti che siano.
Ho l'impressione che si tratti di brutte copie del processo a Socrate. Come Socrate disse ai giudici di essere l'uomo più saggio del mondo perché lo aveva detto il Dio (Apollo) a un suo amico che era morto, così Gesù dice ai giudici di essere il figlio del loro Dio e che loro dovevano mettersi in ginocchio perché lo avrebbero visto venire dalle nubi con grande potenza e Paolo di Tarso dice che "Dio gli ha dato la forza perché il messaggio fosse udito da tutti i "gentili"." Non voler essere giudicati perché si è dei "padroni di uomini" al di fuori della legge. E questo è un principio ideologico proprio del cristianesimo e della chiesa cattolica.
Nota: il testo della seconda lettera a Timoteo di Paolo di Tarso è stato prelevato da un sito cattolico di Internet.
Capitolo 138 La biografia di Paolo di Tarso - Cinquantacinquesima biografia
Marghera, 05 agosto 2019
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