Venti di guerra soffiano sull'Europa.
Giugno 2024: la filosofia metafisica della Religione Pagana.
22 giugno 2024
In questa storia Esopo ci parla dell'antico concetto di "umiltà". Umiltà non è essere sottomessi a qualcuno o svilire le proprie capacità o i propri successi. L'"umiltà" degli antichi è l'antico concetto di "Pietas" nei confronti del mondo in cui si vive e nei confronti di ogni soggetto che quel mondo abita.
Il concetto di "umiltà" degli antichi è il concetto che si oppone all'arroganza. L'arroganza è l'atteggiamento di disprezzo e di superiorità nei confronti di chi si ritiene più debole e che dovrebbe, secondo l'arrogante, omaggiarlo e sottomettersi a lui.
Il soggetto umile degli antichi non si umilia davanti a qualcuno, il soggetto umile non umilia nessuno, ma non tollera che qualcuno umili sé stesso qualcun’altro. Il soggetto umile cammina con attenzione nel mondo, attento agli altri e attento alla relazione fra sé stesso e gli altri.
Il soggetto umile degli antichi, se riportato ai giorni nostri, non si umilia davanti al Dio dei cristiani, ma chiede, semmai, al Dio dei cristiani di umiliarsi davanti agli uomini. Questo perché il “più forte” deve essere rispettoso nei confronti del più debole.
Esopo esorta a mettere attenzione nei confronti di chiunque abita il mondo in cui si vive. Nessuno è abbastanza forte da ergersi al di sopra di tutti disprezzando tutti e nessuno è troppo debole da non disporre di strumenti attraverso i quali alimentare Nemesi e chiedere Giustizia.
Tutti gli Esseri sono divenuti per milioni e milioni di anni attraverso strategie di adattamento soggettivo facendo fronte a tutte le contraddizioni che si sono presentate nella loro vita. Le hanno affrontate e si sono trasformati per affrontarle meglio.
Esopo parla alle persone e dice loro come chiunque ha la possibilità di mettere in difficoltà chi è più potente, chi è arrogante.
Scrive Esopo:
Un’aquila inseguiva una lepre; la quale, in mancanza d’altri protettori, rivolse le sue suppliche al solo essere che il caso le pose sott’occhio: uno scarabeo. Questo le fece animo e, quando vide avvicinarsi l’aquila, cominciò a pregarla di non portargli via la sua protetta. Ma quella, piena di disprezzo per il minuscolo insetto, si divorò la lepre sotto i suoi occhi. Da allora lo scarabeo, tenace nel suo rancore, non perdette più di vista i nidi dell’aquila: appena essa deponeva le uova, saliva sù a volo, le faceva rotolare e le rompeva; fino al giorno in cui, cacciata da ogni parte, l’aquila, che è l’uccello sacro a Zeus, si rifugiò presso di lui e lo scongiurò di trovarle un luogo sicuro per covare. Zeus le concedette di deporre le uova nel suo proprio grembo. Ma quando lo scarabeo se ne avvide, fece una pallottola di sterco, si levò a volo e, giunto sopra il grembo del dio, ve la lasciò cadere. Zeus, per scuotersi di dosso lo sterco, si alzò e, senz’avvedersene, gettò a terra le uova. Da allora, dicono, nella stagione in cui compaiono gli scarabei, le aquile non covano.
[Tratto da: Esopo, Favole, "L'aquila e lo scarabeo", Edizione BUR, 1982, n. 4, pag. 41]
Se devi combattere qualcuno che è più forte di te, usa l'intelligenza, dice Esopo.
Secondo il racconto di Esopo, lo scarabeo era in grado di salire sui nidi delle aquile e gettare le uova dal nido. Non poteva salire sul grembo di Zeus e gettare l'uovo dell'aquila dal grembo di Zeus. Lo scarabeo usa la propria intelligenza e induce Zeus ad agire in modo tale da condannare l'uovo.
La lezione di Esopo è abbastanza evidente: se colui di cui ti vuoi vendicare è troppo forte per poterlo affrontare, fallo affrontare da chi è più forte di lui. In questo caso lo scarabeo ha alimentato il ribrezzo di Zeus per lo sterco e questo ha indotto Zeus ad un comportamento che lo ha obbligato a sbarazzarsi dell'uovo.
Lo scarabeo ha dato una lezione all'aquila: c'è sempre qualcuno più forte e più intelligente di te anche quando apparentemente è piccolo, indifeso e appare insignificante.
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Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo
Membro fondatore
della Federazione Pagana
Piaz.le Parmesan, 8
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