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Luglio 2024: la filosofia metafisica della Religione Pagana.
12 luglio 2024
Dal terzo volume di storia delle donne di Duby e Perrot estraggo un ragionamento attorno al ruolo sociale della donna e la questione delle relazioni fra la donna e la società com'era nel dibattito della metà del 1800.
Scrive Duby e Perrot:
L'essere umano è sessuato, ma l'uomo o la donna non obbediscono sempre all' "autentica virilità" o all' "autentica femminilità"; la sessuazione è una qualità data per natura e non costituisce un ideale da raggiungere obbligatoriamente; essa è semplicemente unica ed incomparabile in ognuno, ed è quanto, nel dialogo tra Stirner e Feuerbach, sfugge a quest'ultimo. Feuerbach interpreta l'Io proposto da Stirner come un "lo di conseguenza asessuato". Da parte sua, Stirner sa benissimo a cosa mira quando rifiuta i cosiddetti valori e privilegia la volontà unica dell'individuo: né la specie né la famiglia condizionano l'individuo alla finalità loro propria; gli esseri appartengono più a se stessi di quanto non appartengano a entità che li travalicano. Gli esseri umani non formano società, che sia questa il matrimonio, la famiglia o lo Stato; e poiché qualsiasi società instaura dei rapporti di dipendenza, Stirner propone l' "associazione", che sola permette di creare tra gli individui un legame stimolante.
Che la situazione esistenziale della donna sia drammatica, è un dato di fatto. I sistemi giuridici la fanno schiava e sottomessa, priva di diritti sociali. Viene considerata una non persona; un oggetto di proprietà.
Questa condizione, che si è fisata in duemila anni di dominio cristiano, ha cristallizzato la schiavitù della donna e dei figli in nome di Dio tanto da imporre l'idea che la condizione di schiavitù vissuta dalla donna sia un condiziona naturale del suo essere donna. Platone diceva che la donna è la reincarnazione di un uomo punito per la sua malvagità e per questo la donna doveva essere punita e sottomessa.
Il dibattito che si apre nel 1800 è il dibattito filosofico e sociale che porterà alla situazione attuale della donna con i principi di uguaglianza sanciti da ogni ordinamento giuridico, anche se spesso, tali principi, sono disattesi nei luoghi di lavoro in cui la donna è considerata un essere inferiore che, anche se a parità di lavoro con l'uomo, tende ad essere retribuita di meno.
La promozione dell'individuo come soggetto di diritto sociale avviene esclusivamente nell'ambito della sinistra socialista. Fuori da quell'ambito, la donna è considerata sempre una schiava dell'uomo come voluto da Dio e sancito dalle sacre scritture cristiane (dai vangeli a Paolo di Tarso).
Stirner pone l'accento sulla proprietà degli Esseri Umani che non appartengono a Dio, per estensione alla gerarchia sociale che li domina, ma appartengono solo a sé stessi. Appartenendo solo a sé stessi, solo il sé stessi può gestire le relazioni economiche e sociali fra il sé stessi e il mondo.
Scrive Duby e Perrot:
Tale promozione dell'individuo sottratto alla dipendenza, sposta il campo del discorso sulla differenza tra i sessi: esistono esseri sessuati fin nell' esercizio del pensiero, ma ciò non agisce secondo il sistema della complementarità, dell'assegnazione a ruoli stabiliti; la rappresentazione della dualità non è più appropriata, ma non per questo si accetta l'uomo astratto dell'umanismo. Si spiega in tal modo come la problematica della relazione tra i sessi muti nuovamente di registro e riparta da un'altra tradizione; tra l'individuo e la società, la famiglia, più che la coppia e il matrimonio, ritorna ad essere un elemento centrale del problema; infatti sia l'individuo autonomo, sia l'individuo che attraverso la famiglia fa società, servono alla formulazione del problema del rapporto tra i sessi.
Sottratto l'individuo alla dipendenza di un ente estraneo, Dio e la gerarchia sociale che lo rappresenta, il discorso sulla sessualità riguarda le relazioni sociali che sono fortemente influenzate dalle condizioni economiche dei soggetti partecipi alla relazione.
L'individuo, uomo o donna che sia, qualunque sia la percezione che ha della propria sessualità, una volta sottratto al dovere che viene imposto dal soggetto che pretende di possederlo, risolve i rapporti fra se e gli altri sia quando sono di natura sessuale sia quando non sono prettamente di natura sessuale pur essendo impegnata la propria energia emotiva.
Il soggetto posseduto è colui che piega la propria sessualità ai desideri e alla morale di chi lo possiede rinunciando, di fatto, a sé stesso. La coercizione, sia di carattere fisico, giuridico, morale o religioso, impedisce all'individuo di veicolare sé stesso nelle relazioni con gli altri nella società perché è obbligato a veicolare la volontà di chi lo possiede.
Questo stato è dominante nelle condizioni della donna che, di fatto, in ambito cristiano, non è solo priva di diritti, ma è solo un oggetto posseduto in dovere di figliare per Dio e per il piacere di Dio.
Scrive Duby e Perrot:
Sappiamo che nei suoi primi scritti Marx rifiuta l'essenzialismo di Feuerbach e l'individualismo di Max Stirner. Essi si avvitano attorno al concetto quando occorrerebbe ritornare alla realtà, precisamente alla realtà sociale. La realtà della famiglia ad esempio: la famiglia della borghesia non è la famiglia del proletariato; la famiglia criticata da Stirner è la famiglia borghese dominante, ma esiste un' altra famiglia, in via di dissoluzione a causa del capitalismo: la famiglia proletaria. Qui sono rintracciabili altri rapporti, meno mercantili. Nella famiglia borghese infatti la proprietà e il commercio costituiscono elementi motori, cosa che riguarda le donne (e i bambini) non meno dei beni. Marx saluta in Fourier colui che è stato capace di denunziare il matrimonio e la famiglia come un sistema di proprietà e la donna come una merce.
Il sistema giuridico costringeva masse di individui alla schiavitù, la donna compresa. Fino al 1865 la schiavitù era legale negli USA e con la schiavitù tutta una gamma di diritti erano assenti a masse di persone che venivano giuridicamente emarginate e trasformate in oggetti di possesso (vedi i centri di detenzione psichiatrica).
La famiglia borghese, considerata da Stirner, faceva del matrimonio un sistema per combinare affari, per modificare i patrimoni. Donne e figli sono oggetti di commercio da parte del borghese mentre la famiglia proletaria, costretta alla sopravvivenza, implica anche rapporti emotivi (non sempre, ma sono più presenti che non nelle famiglie borghesi durante tutta l'epoca di Marx ed Engels).
La donna e i bambini sono oggetti che si possiedono con tutto il corpo e con tutta l'anima. Non si possiedono come il padrone possiede l'operaio che paga per il suo tempo. Si possiedono intimamente come oggetti d'uso, dove l'uso è a discrezione di chi li possiede. E' la società cristiana, in cui Dio possiede le persone e ne dispone a piacimento, che estende questo diritto ad una gerarchia di individui che possiedono e sono posseduti a loro volta. La donna e i bambini sono il gradino più basso della piramide e tutti sono in diritto di possederli, stuprandoli a proprio piacimento.
Scrive Duby e Perrot:
La famiglia, dunque, è sempre una realtà storica. Tesi sostenuta da Marx già nell'Ideologia tedesca, in cui critica Stirner e la sua concezione astratta della famiglia. La famiglia evolve secondo le epoche, sarebbe quindi assurdo pensare che bisogna abolirla. Fin dai suoi primi articoli, nel 1842, Marx si pronuncia a favore della monogamia e del divorzio (nessuna "sacralizzazione" della famiglia come in Hegel) e rifiuta a più riprese il comunismo primario che comporta la "comunanza delle donne". In realtà, tale tipo di comunanza è già esistente e va sotto il nome di "prostituzione", forma commerciale di circolazione delle donne tra gli uomini che ne detengono il possesso come fossero oggetti.
La famiglia è considerata come la fonte della schiavitù e dell'emarginazione della donna e dei figli. La modifica della struttura della famiglia appare, ai filosofi socialisti dell'800, come la soluzione per la modifica delle condizioni di schiavitù della donna.
L'idea della modificazione delle condizioni oggettive, come l'abolizione del matrimonio e della famiglia come Istituzione, in molti settori sociali socialisti diventa un'idea portante. Ciò che si ignora, è che la famiglia è una soluzione soggettiva in un insieme economico, etico, morale, sociale e religioso che impone dei comportamenti obbligatori alle persone nella loro veicolazione degli impulsi emotivi.
La famiglia, quella struttura familiare che fissa la schiavitù della donna e dei figli, è un effetto, prodotto e sostenuto soggettivamente come risposta individuale a condizioni oggettive imposte.
Non si possono abolire, dice Marx, le soluzioni adattative individuali alle condizioni sociali imposte, si possono solo modificare le condizioni sociali che impongono quelle soluzioni che porteranno a modificare le soluzioni stesse dando vita ad una nuova e diversa famiglia. Nuove e diverse relazioni individuali e collettive fra gli individui nella società.
Le concezioni di Marx sono contro le concezioni sociali della famiglia imposte da Platone (la comunanza delle donne, dove la donna è un oggetto merce di scambio) e la sacralità della famiglia come pensata da Hegel che ripropone il modello della "sacra famiglia" cristiana. Un famiglia che legittima la violenza del più forte sul più debole (Dio che violenta Maria) e che impone a Maria l'esaltazione di del suo violentatore perché ha avuto la bontà di sceglierla per violentarla (vangelo di Luca).
Marx, rifiutando queste due posizioni, la donna come merce di scambio e la sacra famiglia che legittima la violenza, apre alle trasformazioni sociali come il divorzio e la monogamia. In quel tempo l'idea della possibilità del divorzio inizia ad entrare nelle società anche se sempre condizionata dalla moralità e dalla necessità delle società di continuare a considerare la donna come un oggetto di possesso in quanto priva di dritti: non può votare, non può farsi eleggere, spesso non ha diritto alla proprietà, non ha titolo di controllo sui figli, non può abortire o prendere delle decisioni autonome.
Scrive Duby e Perrot:
Il capitalismo moderno, dissolvendo la famiglia proletaria e immettendo le donne nel mercato del lavoro (come produttrici, al di là della loro funzione di riproduttrici) le sottrae allo spazio della proprietà privata familiare; avviando in tal modo, senza saperlo, un processo di liberazione delle donne. Infatti, il lavoro salariato costituisce il primo passo verso un' autonomia delle donne che sarà portata a compimento dal comunismo con la fine della proprietà privata e il mutamento del sistema di produzione. In tal modo, l'economia, non il diritto, è alla base dell'emancipa zione delle donne come della nuova struttura della famiglia.
Le necessità di manodopera del capitalismo lo spinge a cercare manodopera femminile da introdurre nella produzione. Al di là delle mansioni, a cui le donne vengono sottomesse, queste ricevono un salario che, per quanto misero, modifica i rapporti di forza all'interno della relazione famigliare, ma, soprattutto, costringendo la donna sul posto di lavoro, sottrae la donna al controllo della gerarchia familiare a cui la donna è sottomessa. Per ottenere questo, spesso, la donna si sobbarcherà un doppio lavoro.
Marx rileva questo: la necessità del capitalismo di rendere la donna schiava del lavoro, libera la donna dalla schiavitù domestica ampliando gli orizzonti sociali della donna.
Marx vede nell'abolizione della proprietà privata la definitiva liberazione della donna mentre non coglie l'aspetto contrario: la liberazione della donna, con l'acquisizione dell'uguaglianza sociale calata nella struttura morale, emotiva, sociale e giuridica, consente la ridefinizione della proprietà privata sottraendo alla proprietà privata la donna e i figli come merce di possesso.
L'economia, il diritto e l'etica, morale e sociale, religiosa vanno di pari passo modificando l'insieme e i reciproci adattamenti. Siamo nell'epoca in cui i bambini vengono consegnati agli industriali affinché li sfruttino nelle fabbriche e nelle miniere. Siamo nell'epoca in cui, per la prima volta, nel Manifesto del Partito Comunista di Marx, si chiede che i bambini non siano costretti a lavorare, ma si fornisca loro istruzione obbligatoria nelle scuole.
L'abolizione della proprietà privata della donna all'interno della famiglia è un processo, che a mio avviso inizia con la Rivoluzione Francese. Ancora nel mondo non si è concluso e, in Italia, pur avendo ottenuto dei successi, ancora la donna è considerata un oggetto di possesso da accoltellare qualora cerchi una sua libertà. Alla donna è impedito l'esercizio dell'aborto, considerandola schiava che deve far figli in nome di Dio. Alla legge, che garantisce l'aborto, si oppone la mafia cattolica che mette in atto azioni eversive per impedire alla donna di esercitare tale diritto. E' di qualche giorno fa (oggi 10 luglio 2024) una legge in Germania che impedisce alla mafia cristiana di avvicinarsi ai centri per l'aborto al fine di esercitare violenza contro le donne che intendono abortire.
Scrive Duby e Perrot:
Nei Manoscritti del 1844, Marx tenta di definire filosoficamente la famiglia come primo rapporto sociale e la donna come l'essere naturale che consente all'uomo di creare questo primo rapporto sociale; così si sviluppa un rapporto umano al di là della relazione di natura, così la famiglia costituisce il passaggio tra natura e società, l'elemento primo di qualsiasi società. In questa successione, la donna diviene la prima proprietà dell'uomo (sua schiava, come i figli). E' quindi logico che nella società capitalistica essa sia ridotta a merce. La donna originariamente è un essere di natura e diventa successivamente un oggetto commerciale: solamente l'evoluzione della famiglia e dell'insieme dei rapporti sociali è in grado di restituirle la sua umanità.
Ancora nel 1850 si considerava la famiglia come un oggetto su cui discutere. Un oggetto in sé, dal momento che i cristiani la spacciavano come una struttura naturale voluta da Dio all'interno di un'ideologia razzista. Riuscire a pensare che la famiglia è il prodotto di un adattamento soggettivo che porta sia alla nascita della proprietà privata sia alla definizione di confini fra sé e gli altri, permetteva di portare l'idea di famiglia dalla volontà di Dio alla volontà degli uomini. L'idea di famiglia voluta da Dio, come imposta dai cristiani, era un'idea gerarchica immodificabile; l'idea della famiglia come prodotto della necessità nella storia degli uomini implicava la possibilità di trasformare la famiglia e le relazioni interpersonali che regolavano la famiglia stessa.
Una volta che si passa dal concetto di famiglia come volontà di Dio al concetto di famiglia come prodotto della necessità degli uomini, una volta che le necessità degli uomini si modificano si modifica pure il concetto di famiglia in quanto si modificano le relazioni interpersonali che qualificano la famiglia. Ma, soprattutto si modificano le relazioni fra gli individui e il mondo in cui quegli individui stanno vivendo.
La conquista dell'uguaglianza sociale uomo-donna apre alla protezione dell'infanzia come patrimonio sociale da curare e proteggere arricchendo le società nel suo insieme. Solo che, anche se si riconosce che la diseguaglianza è un danno sia per i singoli individui che per l'intera società, la rimozione della disuguaglianza deve avvenire per necessità di quella società che deve rimuovere i fattori economici e sociali che producono la disuguaglianza.
Ogni società si trasforma con le proprie caratteristiche che non possono essere omologate ed appiattite su un solo modello. Quando Obama, Presidente degli USA, parlò di "democrazia" in Egitto, non lo ha fatto per aumentare la libertà nei paesi arabi, ma come atto di guerra nei loro confronti al fine di destabilizzare tutti i processi di trasformazione in atto in quelle società e riportarle all'integralismo islamico che avrebbe ucciso ogni prospettiva sociale che in quelle società si stava affacciando. Non erano le "primavere arabe", come la propaganda occidentale volle far credere, ma il nuovo inverno dell'oscurantismo. Affermavano di voler "liberare le donne dal velo islamico" in Afghanistan. USA, Italia, NATO, hanno confermato l'idea dei Talebani di irrigidire le condizioni di schiavitù della donna. Italiani, Statunitensi, tedeschi e altri che hanno partecipato all'invasione dell'Afghanistan sono stati cacciati dai Talebani e le condizioni della donna sono peggiorate.
Nota: Le citazioni sono tratte da: Buby e Perrot, Storia delle donne, vol. 3, Laterza editore, da pag. 107 a pag. 109
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