Non scambiate mai, quando guardate alle azioni del Governo, l'attività del delinquere con l'incompetenza. Non sempre la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione sono in grado di intervenire. Spesso le questioni non sono giuridiche, ma sociali e politiche.
Settembre 2024: la filosofia metafisica della Religione Pagana.
Cronache mese di settembre 2024
19 settembre 2024
Aristotele definisce chi può essere chiamato sapiente in contrapposizione a chi non può essere definito sapiente.
La prima affermazione che notiamo in Aristotele è:
"In primo luogo noi riteniamo che il sapiente conosca tutte le cose nei limiti del possibile, senza che, però, egli abbia conoscenza di tali cose nella loro particolarità"
Conoscere tutte le cose equivale a comprendere tutte le cose. Ora, che piaccia ad Aristotele o meno, un uomo, qualsiasi uomo, è compreso nell'universo (e anche in ambiti ben più piccoli dell'universo) e non comprende che un'infima parte dell'universo in cui vive, circoscritta a sé stesso.
Aristotele si riferiva, molto probabilmente, ad una comprensione intellettuale. Ma la comprensione intellettuale non differisce molto da quanto sopra in quanto, la comprensione intellettuale è il prodotto dell'esperienza di un corpo circoscritto che, al massimo, può avere la capacità di astrazione della propria esperienza, generalizzandone la conoscenza acquisita e riproducendone la conoscenza acquisita in un diverso ambito.
E' non conoscenza, presupporre l'esistenza di una conoscenza che non derivi dall'esperienza, ma che sia il prodotto di un "sapere intellettuale" alienato dal vissuto dell'individuo. Tale sapere alienato è la rappresentazione intellettuale di un desiderio emotivo impossibilitato a veicolarsi. L'impossibilità della veicolazione del desiderio emotivo produce fantasie, deliri, allucinazioni, finendo per invadere e controllare la coscienza dell'individuo che tratta quell'invasione come conoscenza.
Questo tipo di conoscenza, è generato da desideri emotivi insoddisfatti che, al giorno d'oggi, sono trattati in psichiatria e, quando non vengono trattati in psichiatria, sono, quanto meno, manifestazione di disturbi psichiatrici non debilitanti per il paziente che li vive.
La caratteristica del disturbo psichiatrico è quello della generalità dell'elemento di conoscenza manifestato. Non entra nella particolarità e nei meccanismi dell'elemento di conoscenza manifestato perché, entrare nei meccanismi particolari, costringe il paziente a sostanziarlo razionalmente e a rimuoverlo qualora la sostanza dell'elemento manifestato entra in conflitto con l'analisi delle sue particolarità.
Darwin partì alla ricerca delle prove per dimostrare al nonno che Dio aveva creato il mondo (generalità dell'elemento di conoscenza); la ricerca ha dimostrato che il mondo è divenuto e le specie sono divenute per trasformazione, sedimentazione e diversificazione in quanto legate l'una all'altra (l'elemento manifestato è entrato in conflitto con l'analisi).
Continua Aristotele:
in secondo luogo reputiamo sapiente chi è in grado di comprendere le cose difficili e non agevolmente accessibili all'umana conoscenza: provare una sensazione è, in realtà, una cosa comune a tutti, e perciò è una cosa facile e non è indizio di sapienza; inoltre, riteniamo più sapiente chi, in ogni ramo della scienza, conosce le cause con maggiore esattezza e sa meglio insegnarle;
Per Aristotele, viene ritenuto sapiente chi è in grado di comprendere le cose difficili. Per chi comprende "cose ritenute difficili" nel momento che le comprende diventano, per lui, cose facili, facilmente accessibili all'umana conoscenza.
Archimede comprese il principio di galleggiamento. Nel momento in cui esclamò "eureka", alla sua conoscenza il principio di galleggiamento divenne "agevolmente comprensibile". Tutto ciò che l'uomo comprende è difficile, prima della comprensione, diventa facile dopo averlo compreso.
Inoltre, dice Aristotele, si ritiene più sapiente chi conosce le cause con maggiore esattezza e sa meglio insegnarle.
Qui si inserisce il discorso sulla "quantità e la qualità delle cause" che si possono conoscere e individuare rispetto ad oggetti della realtà pensata; o le cause, come numero dato e finito che qualificano una "verità in sé".
Questo problema si pone all'interno della fisica aristotelica che non ammette nessuna trasformazione del presente e non ammette cause o necessità per le quali il presente si trasforma facendo nascere un diverso presente.
Per esempio, scrive Aristotele:
Ma la cosa è meno chiara per quanto concerne altri filosofi, e così, ad esempio, non risulta affatto con chiarezza il modo in cui, secondo Empedocle, verranno a verificarsi corruzione e alterazione. Per gli Atomisti, infatti, i corpi originari sono indivisibili e differiscono tra loro soltanto per ‘figura', e da essi le cose sono originariamente composte e in essi vanno per ultimo a dissolversi. Per Empedocle, invece, è evidente che tutte le altre cose hanno la loro generazione e la loro corruzione finché non arrivino agli "elementi", ma non risulta con chiarezza il modo in cui sia generata e sia distrutta la massa ammucchiata di questi stessi elementi, né gli è possibile dare spiegazioni in merito, dal momento che egli non dice che il fuoco, e allo stesso modo anche tutti gli altri "elementi", hanno a loro volta un elemento che li costituisce, come Platone ha appunto notato nel Timeo.
Aristotele, Della generazione e della corruzione, in Aristotele Opere, vol. 4, Editore Laterza, 1994, pag. 46
Per gli atomisti, gli atomi sono indivisibili e tutte le cose sono composte da aggregazione di atomi. La disgregazione delle cose non comporta la disgregazione degli atomi, ma solo scissione della cosa mentre gli atomi concorrono a formare cose diverse. Lo stesso fuoco, la stessa acqua è formata da trasformazione di stato, da atomi che variano la propria aggregazione.
Dunque, stando alle premesse di Aristotele, noi possiamo dire, nell'ambito di questo esempio, che Empedocle e Democrito sono "sapienti" mentre, Aristotele, è un individuo comune che vuole far passare una propria sensazione per conoscenza.
Questa apparirebbe una normale disputa accademica se Aristotele non la mettesse in relazione alla legittimazione di una gerarchia sociale.
Scrive Aristotele:
"... è più autenticamente scienza rispetto a quella che ci interessa per i suoi risultati pratici, e quella che maggiormente comanda è più autenticamente sapienza rispetto a quella che esegue gli ordini, giacché è indispensabile che il sapiente non riceva ordini, ma sia lui a darli, e che non sia egli ad obbedire ad un altro, ma il meno sapiente ad obbedire a lui."
Il problema è chi comanda e chi deve essere comandato. Chi ordina e chi deve obbedire.
"Quelli che comandano, sono sapienti" (quella che maggiormente comanda è più autenticamente sapienza). La metafisica aristotelica si riduce a questo: legittimità di comandare attraverso la dichiarazione di essere sapienti perché si comanda.
E' un elemento acquisito a livello sociale. Interiorizzato. Si dice: "Lui ha un ruolo Istituzionale e, dunque, lui sa e tu devi stare zitto perché lui comanda e comanda perché sa!"
Per Aristotele è solo una questione di potere, di dominio dell'uomo sull'uomo.
Diciamocela tutta. Se un individuo afferma che è la terra che gira attorno al sole, ma chi comanda dice che è il sole che gira attorno alla terra, o lui ammette che ha ragione chi comanda, o fa la fine di Vannini: bruciato con la lingua strappata.
Tu non puoi sapere se ha ragione Galilei o la chiesa cattolica nel condannarlo perché non hai gli strumenti d'analisi di Galilei e, pur di condannarlo, chiunque, per molto tempo, si rifiutò di mettere i propri occhi dentro un cannocchiale.
Dunque, per Aristotele i sapienti erano i preti cattolici perché la sapienza comanda e i non sapienti obbediscono.
Ottima la logica aristotelica.
Le citazioni di Aristotele, quando non segnate direttamente, sono prese da: Aristotele, Metafisica, Hachete editore, 2016, pag. 11
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Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo
Membro fondatore
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