Sterminare gli indifesi è l'ordine del Dio degli ebrei e dei cristiani in nome del potere assoluto di Dio contro i diritti degli uomini.
Ottobre 2024: la filosofia metafisica della Religione Pagana.
13 ottobre 2024
In filosofia la ferocia e l'atto criminale hanno poco a che vedere con i concetti giuridici con cui viene definita la ferocia o l'atto criminale nei tribunali dai magistrati. L'atto criminale in filosofia è determinato dal disprezzo che il filosofo manifesta per gli uomini, al di là dell'oggetto che può beneficiare della sua trattazione e delle sue argomentazioni.
Il disprezzo criminale manifestato da Aristotele è ben visibile nel preambolo del suo trattato sull'anima dove, il disprezzo per l'uomo e le sue condizioni di vita, è talmente grande che dall'orizzonte culturale di Aristotele sparisce il corpo dell'uomo che vive e rimane solo un'anima che abita un cadavere allo stesso modo in cui il padrone usa lo schiavo.
Per Aristotele, i corpi sono schiavi dell'anima e l'anima, comunque pensata, abita il suo schiavo, il corpo, senza essere in grado di distinguere ciò che, secondo Aristotele, apparterebbe all'anima e ciò che, secondo Aristotele, apparterebbe al corpo. L'ambiguità di Aristotele è voluta perché, grazie a questa ambiguità, Aristotele, e con esso il padrone a cui Aristotele si riferisce, può giocare sull'ambiguità, rispetto allo schiavo, e criminalizzarlo a piacimento.
Che cos'è l'anima, Aristotele non lo dice. E' un oggetto "scontato" che abita le sue fantasie erotiche di padrone e dominatore degli uomini.
L'anima non esiste; esistono corpi animati in quanto corpi. Per Aristotele è importante possedere i corpi e, per possederli, i corpi devono sparire dall'orizzonte della sua filosofia ed egli deve argomentate attorno ad un oggetto che possiede i corpi e annulla la soggettività dei corpi nella vita quotidiana.
Aristotele non dice che cos'è l'anima, e non lo dirà mai, perché mai è in grado di affermare che cosa sia l'anima in quanto non ha elementi per affermare quell'oggetto in modo distinto dal corpo che manifesta il suo essere vivo. Pertanto, Aristotele può solo diffamare i corpi offendendo gli strumenti attraverso i quali i corpi abitano il mondo (intelletto, sensibilità, emozione, ecc.) svilendo i corpi attraverso l'esaltazione di un oggetto immaginario che non appartiene ai corpi.
Scrive Aristotele:
Poiché riteniamo il sapere tra le cose belle e pregevoli e una specie più d'un'altra o in rapporto all'esattezza o per esserne l'oggetto più importante ed eccellente, per questi due motivi dovremo mettere ragionevolmente in primo piano l'indagine intorno all'anima. Sembra altresì che la conoscenza dell'anima molto contribuisca alla verità in generale e specialmente allo studio della natura, perché l'anima è come il principio degli esseri viventi. Noi ci proponiamo di considerarne la natura e cioè l'essenza e, in secondo luogo, quante proprietà le appartengano: di queste, alcune par che siano attributi propri dell'anima, altre, invece, che per tramite suo appartengano anche ai viventi.
Aristotele, Dell'anima, Laterza Editore, in Aristotele Opere 4, 1994, p. 99
Qual è, dunque, la natura e l'essenza dell'anima? Dice Aristotele "Noi ci proponiamo di considerarne la natura e cioè l'essenza e, in secondo luogo, quante proprietà le appartengano ..."
Qual è l'essenza dell'anima distinta dal corpo?
In questo consiste la ferocia di Aristotele, la sua vigliaccheria di uomo. In questa affermazione si distingue tutto l'odio di Aristotele per gli uomini e le loro condizioni d'esistenza.
Per Aristotele gli uomini sono solo cadaveri, che lui eleva a schiavi, di un oggetto della fantasia che chiama "anima" e dalla quale, questi cadaveri, sono dominati e tenuti in stato di schiavitù.
Quando Aristotele dice: "Sembra altresì che la conoscenza dell'anima molto contribuisca alla verità in generale e specialmente allo studio della natura ...", usa quel "sembra" come un'offesa e un'ingiuria. Se una cosa "sembra" come può contribuire alla "verità in generale" se il suo "sembrare" appare solo come una fantasia priva di ogni supporto sia di ordine logico sia di funzione in quanto, l'idea dell'anima come distinta dal corpo, non contribuisce al benessere dell'uomo nell'abitare il mondo, ma solo al benessere di chi, definendo per i propri interessi quel concetto fantasioso chiamato "anima", costringe i corpi alla sottomissione. Costringe i corpi a piegare i loro desideri alla morale che viene identificata con l'anima. Corpi costretti a non percepire il mondo e a non veicolare le proprie pulsioni nel mondo perché costretti a soddisfare morale e necessità che, il detentore di ciò che l'anima pensa, impone all'uomo.
Scrive Aristotele:
Dapprima è necessario senza dubbio determinare a quale genere appartiene e che cos'è, voglio dire cioè se è una cosa particolare e cioè una sostanza o un quale o un quanto o un'altra delle categorie che abbiamo distinto: poi, se è tra le cose in potenza o piuttosto un'entelechia — e non è differenza di poca importanza. Bisogna esaminare ancora se è divisibile in parti o senza parti, e se tutte le anime sono della stessa specie o no: qualora non lo siano, se differiscono l'una dall'altra per la specie o per il genere. Adesso, infatti, quelli che trattano e fanno ricerche sull'animali sembra considerino solo l'anima umana. Si deve pure badare che non sfugga se una è la definizione di anima come di animale, o diversa per ciascuna anima, come quella di cavallo, di cane, di uomo e di dio: in tal caso 'animale' in universale o è niente o posteriore. La stessa questione si presenterebbe per ogni altro predicato comune.
Se poi non ci sono molte anime ma solo molte parti nella stessa anima, bisogna cercare se si deve prendere in esame l'anima intera prima delle parti. E' difficile anche determinare di queste quali siano naturalmente distinte le une dalle altre e se convenga esaminare prima le parti o le loro funzioni, per esempio l'intendere o l'intelletto, il sentire o la facoltà sensitiva e così per le altre. E posto che si debbano studiare prima le funzioni, potrebbe ancora nascere il dubbio se bisogna esaminare gli oggetti correlativi alle facoltà prima delle facoltà stesse, per esempio il sensibile prima della facoltà sensitiva, l'intelligibile prima dell'intelletto.
Aristotele, Dell'anima, Laterza Editore, in Aristotele Opere 4, 1994, p. 100
La ferocia con cui Aristotele ignora l'uomo non è solo offensiva per gli uomini, ma è filosoficamente ingiuriosa quando antepone un oggetto fantasticato al soggetto che, in ogni caso, è l'unica manifestazione esistente dell'oggetto fantasticato.
Per Aristotele l'uomo non intende, non manifesta un suo intelletto, non ha la facoltà del sentire e non ha facoltà sensitive, ma tutto è espresso dall'anima quale padrona del corpo.
E' aberrante l'idea che "l'anima", di ogni singolo uomo, sia una parte di un tutto. Un'aberrazione che produrrà le idee dei neoplatonici secondo cui l'anima non è altro che una parte dell'uno che si distacca dal tutto per dominare e gestire un cadavere chiamato uomo e che porterà i cristiani a bruciare vivi gli uomini per consentire all'anima di tornare a Dio.
Quando si dice che un filosofo è un criminale, un delinquente, un miserabile, non si fa altro che definire il senso delle idee di quel filosofo che, legittimando la trasformazione degli uomini in servi, bestiame, schiavi, agisce per giustificare tale condizione sociale attraverso argomentazioni di morale e di filosofia metafisica affermando come reali oggetti prodotti dal proprio delirio, come l'esistenza di un oggetto che Aristotele chiama "anima", per giustificare la trasformazione dei corpi degli uomini nella schiavitù a beneficio di un qualsiasi padrone.
Ogni cultura, in ogni epoca, è oggettivamente diversa. La costante è la trasformazione degli uomini in schiavi sottomessi e la ribellione dell'uomo alla sottomissione. Questa contraddizione è una costante in ogni epoca storica. Solo un miserabile, davanti agli uomini ridotti in schiavitù, argomenta di filosofia metafisica per riuscire ad ottenere la sua fetta di schiavi da gestire. Non fa altro che riaffermare la condizione di schiavismo anche quando propaganda delle idee formalmente contro la condizione schiavista.
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Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
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