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Novembre 2024: la filosofia metafisica della Religione Pagana.

13 novembre 2024 cronache della religione pagana
Le ingiurie di Giovanni Reale agli Orfici

Claudio Simeoni

Cronache mese di novembre 2024

13 novembre 2024

Le ingiurie di Giovanni Reale agli Orfici

Le azioni di disinformazione rispetto alle antiche religioni, sono intollerabili.

La guerra fatta da Pitagora e da Platone contro le antiche religioni, in nome della restaurazione della dittatura sociale come rappresentanza della dittatura religiosa, è qualche cosa di offensivo ed ingiurioso.

Giovanni Reale, un filosofo cattolico morto da poco (2014), è offensivo ed ingiurioso rispetto agli Antichi come lo furono Pitagora e Platone nei confronti degli orfici.

Chi "inventò" la metempsicosi?

Coloro che dovevano controllare gli uomini affermando una condizione di punizione oltre la morte se non avessero obbedito alle loro leggi e alla loro morale.

Questa è la condizione fondamentale per definire premi e punizioni oltre la morte.

Questa condizione non apparteneva agli Orfici, apparteneva ai Pitagorici, a Platone, agli aristocratici di Pindaro e a tutti coloro che volevano sottomettere gli uomini ad una morale predeterminata al fine di assicurarsi il controllo degli uomini nelle società civili.

E' proprio di Platone affermare menzogne e riferirle ad altri ed è proprio dei pitagorici la necessità di costringere gli uomini ad obbedire alle loro leggi predeterminate (pena castighi oltre la morte). E' Pitagora, da quanto si dice, che nell'Ade ha assistito a Esiodo e Omero torturati per la loro poesia.

Le offese e le ingiurie fatte alle Antiche religioni vengono giustificate da Giovanni Reale nella prefazione al libro di Otto Kern "Orfici, testimonianze e commenti" edito dalla Bompiani 2011 quando, davanti alla non esistenza di prove secondo cui gli Orfici avrebbero inventato la metempsicosi, lui, reiterando la sua follia nella fede nel Dio cristiano, dice di aver fede in Platone e nelle affermazioni fatte nel Cratilo. Come se Platone non nascondesse continuamente i propri intenti e le proprie affermazioni mettendole in bocca ad altri che, sconosciuti o morti, non possono dirgli che è solo un criminale esistenziale.

Giovanni Reale fa un elenco di considerazioni per le quali viene attribuita l'idea della metempsicosi agli Orfici in contrapposizione agli studi di Wilamowitz-Moellendorff che, fra le altre cose nega che l'idea della metempsicosi possa essere attribuita agli orfici.

Le affermazioni di Giovanni Reale sono tutte fumose e farneticanti.

Di riflessioni su questa questione, che ho già trattato una quindicina d'anni fa, ne farò delle pagine web dal momento che sono poche le persone che si interessano di Religione Pagana perché è difficile che una persona educata cristianamente possa sapere che farsene della Religione Pagana.

Comunque, le affermazioni di Giovanni Reale hanno il solo scopo di impedire alle persone di cogliere l'opposizione delle Antiche Religioni al cristianesimo nella versione più antica di pitagorismo e platonismo quale attività finalizzata alla sottomissione e al controllo delle persone nella società civile.

Nella sua introduzione, Giovanni Reale proietta continuamente i concetti fondamentali del cristianesimo sull'ideologia orfica e solo per legittimare il cristianesimo.

Scrive Giovanni Reale:

L'Orfismo e la credenza nella "metempsicosi"

L'opinione più diffusa degli studiosi è che in Grecia siano stati gli Orfici a diffondere la credenza nella "metempsicosi". Tuttavia, siccome alcuni studiosi hanno contestato questa tesi, è bene fare alcune precisazioni, perché fra le voci di dissenso (che pure non sono molte) si è sollevata anche quella assai autorevole di Wilamowitz-Moellendorff.

Nessuna fonte antica ci dice espressamente che siano stati gli Orfici ad introdurre la credenza nella metempsicosi; anzi alcune fonti tarde dicono addirittura che sia stato Pitagora.

Da Otto Kern, Orfici, testimonianze e frammenti, dall'introduzione a cura di Giovanni Reale, Editore Bompiani, 2011, p. 16

Se nessuna fonte antica degli orfici o che non abbia interessi contrari agli orfici, non indica che gli orfici abbiano praticato quella credenza, significa che gli orfici non hanno praticato quella credenza.

I ritrovamenti archeologici, direttamente collegati all'orfismo, come le Laminette Orfiche o come il Papiro di Derveni, attestano che gli orfici non avevano un "credenza" nella metempsicosi.

Gli stessi Inni Orfici, per quanto tardi, non attestano nessuna credenza in forme riconducibili alla metempsicosi.

Le fonti antiche ci dicono espressamente che gli orfici non praticavano una credenza in un tale meccanismo della vita.

Continua Giovanni Reale:

Tuttavia contro una presa di posizione ipercritica è da rilevare quanto segue:
a) Pindaro conosce questa credenza, e non si può dimostrare che egli l'abbia derivata dai Pitagorici e non dagli Orfici.
b) Le antiche fonti, inoltre, quando parlano della metempsicosi, la riferiscono come dottrina rivelata da "antichi teologi", "indovini" e "sacerdoti", oppure usano le espressioni con le quali solitamente alludono agli Orfici.
c) In un passo del Cratilo, Platone menziona espressamente gli Orfici, attribuendo loro la dottrina del corpo come luogo di espiazione della colpa originaria dell'anima, che presuppone strutturalmente la metempsicosi e anche Aristotele riferisce espressamente agli Orfici dottrine che implicano la metempsicosi.
d) Alcune fonti antiche fanno espressamente dipendere Pitagora da Orfeo e non viceversa. Il fatto, poi, che antiche fonti affermino che Pitagora mise in versi dottrine, attribuendole ad Orfeo, se non può essere preso in considerazione alla lettera, testimonia, tuttavia, quale fosse la più antica convinzione circa i rapporti fra i due personaggi.

Da Otto Kern, Orfici, testimonianze e frammenti, dall'introduzione a cura di Giovanni Reale, Editore Bompiani, 2011, p. 17

Il fatto che Pindaro conosca la credenza della metempsicosi e non si possa dimostrare da chi l'ha derivata, non significa che l'abbia derivata dagli orfici e non dai pitagorici. Pindaro non è un poeta isolato dal mondo. Pindaro fu allievo della poetessa Corinna ed era un esponente dell'aristocrazia spartana che visse parecchi anni in Sicilia, fra Agrigento e Siracusa, presso i tiranni Gerone (muore nel 466 a.c. circa) e Terone (535-472 a.c.). Alla corte di Gerone vengono ospitati personaggi come Eschilo, Pindaro, Simonide, Bacchilide. Pitagora, a quanto dicono le poche fonti che abbiamo a disposizione, (570-496) agisce in Sicilia e nell'Italia meridionale nello stesso periodo in cui Pindaro è in Sicilia.

Le date stanno a dimostrare che l'affermazione perentoria di Giovanni reale è priva di fondamento. Un esponente dell'aristocrazia ha interesse ad abbracciare una filosofia che punisce, in qualche modo, coloro che non vogliono sottomettersi all'aristocrazia; al contrario, chi non ha interessi di dominio dell'uomo sull'uomo non è interessato a punizioni dopo la morte del corpo fisico, come le Laminette Orfiche stanno a dimostrare.

Che il pitagorismo abbia imposto il suo pensiero filosofico all'interno di un ambiente religioso orfico, è assolutamente logico; ma è illogico attribuire le idee dei pitagorici agli orfici. I pitagorici pretendevano di essere i legislatori delle città, assumendo il ruolo di coloro che determinano la vita delle persone; gli orfici erano i cittadini delle città.

Dice Giovanni Reale che le "antiche fonti quando parlano di metempsicosi la riferiscono come rivelata da antichi teologi o indovini o usano espressioni con le quali solitamente ci si riferisce agli Orfici." Questo dimostra soltanto che chi propagandava un'ideologia che comprendeva la metempsicosi voleva attribuirla a chi riteneva un'autorità in materia religiosa; non dimostra che gli orfici, considerati autorità in materia teologica, credessero in questo.

Scrive Platone attribuendolo a Socrate (nel Platone, tutti gli scritti; curato da Giovanni Reale):

ERMOGENE — Ma ciò che segue, come può essere spiegato?
SOCRATE — Intendi il corpo?
ERMOGENE - Sì.
SOCRATE - In molti modi, mi sembra; anzi, se lo si altera un poco, in moltissimi. E, infatti, alcuni lo chiamano tomba dell'anima, come se essa vi si trovasse sepolta nella vita presente. E poiché, d'altro canto, attraverso questo l'anima significa ciò che intende esprimere, anche per questo viene denominata correttamente segno. Tuttavia, mi sembra che questo nome sia stato assegnato soprattutto dai seguaci di Orfeo, dato che l'anima per essi sconta la pena delle colpe che deve espiare, ed ha questo involucro, immagine di una prigione, affinché si salvi. Questo, pertanto, come suggerisce il nome stesso, è custodia, salvezza dell'anima, finché essa non abbia pagato il suo debito. E non occorre mutare nemmeno una lettera.

Platone, tutti gli scritti, Cratilo (400 C-D), a cura di Giovanni Reale, editore Bompiani 2011, pag. 148-149

Questo lo afferma Platone, ma non esiste traccia negli Orfici di una tale dottrina. Platone, proprio nel Cratilo, tratta gli Dèi degli Orfici come a delle farneticazioni dove l'origine dei nomi degli Dèi, per Platone derivano da considerazioni altamente deliranti come ad esempio il tentativo di riaffermare il concetto di reincarnazione (come derivato dalla metempsicosi) nel discorso che Platone fa fare a Socrate a proposito di Ade:

[...]
Riguardo a Ade, mi pare che i più credano che con questo nome sia stato indicato l'invisibile e, per paura di questo nome, lo chiamino Plutone.
ERMOGENE- Ma a te come sembra, Socrate?
SOCRATE - Mi sembra che gli uomini si siano sbagliati in molti modi sulla potenza di questo dio e che lo temano senza che vi sia motivo. Ne hanno paura perché, quando uno di noi sia morto, rimane là per sempre, e sono spaventati dal fatto che l'anima giunga da lui spoglia del corpo. A me, invece, sembra che tutto tenda a dimostrare lo stesso punto, sia la potenza degli dèi, sia il nome.
ERMOGENE - E come?
SOCRATE - Ti dirò quello che mi sembra. Dimmi, difatti: per un vivente qualunque, perché rimanga in qualsiasi luogo, quale legame è più forte, la necessità o il desiderio.
ERMOGENE - Molto di più il desiderio, Socrate. . ,
SOCRATE - Allora, non pensi che molti fuggirebbero 1'Ade se non legasse quelli che vi giungono, con il legame più forte.
ERMOGENE-E chiaro.
SOCRATE - Egli li lega, a quanto pare, con qualche desiderio, se li lega con il legame più saldo, e non con la necessità.
ERMOGENE - Sembra.
SOCRATE - D'altra parte, i desideri sono molti?
ERMOGENE - Sì.
SOCRATE - Pertanto, li lega con il massimo dei desideri, se intende trattenerli con il legame più grande.
ERMOGENE - Sì.
SOCRATE- Ma vi è un desiderio più forte di quando uno, frequentando un altro, creda di diventare migliore grazie a lui?
ERMOGENE - Per Zeus, in nessun modo, Socrate.
SOCRATE - Allora, per questo, diciamo, Ermogene, che nessuno di coloro che sono laggiù desidera tornare qui, nemmeno le Sirene stesse, bensì vengono affascinati, sia quelle, sia tutti gli altri: tanto belli, a quanto pare, sono i discorsi che Ade sa fare. E codesto dio, secondo questo ragionamento, è un Sofista perfetto ed un grande benefattore di quelli che gli stanno vicino, egli che manda anche a chi sta quassù beni così grandi: così tanti sono i beni che lo circondano laggiù, che da ciò ebbe il nome Plutone. D'altra parte, il non voler vivere insieme con gli altri uomini, finché hanno il corpo, bensì lo stare con loro solo quando l'anima sia pura da tutti i mali e i desideri del corpo, non ti sembra essere degno di un filosofo e di uno che abbia ben compreso che li può trattenere così, dopo averli legati con il desiderio della virtù, mentre, quando sono in preda all'agitazione e alla follia del corpo, nemmeno il padre Crono potrebbe aiutarlo a trattenerli, dopo averli assoggettati con i legami che gli vengono attribuiti?
ERMOGENE - è probabile che tu abbia ragione, Socrate. SOCRATE-E il nome Ade, Ermogene, è molto lontano dal derivare dall'invisibile, bensì, molto più probabilmente, esso venne assegnato dal legislatore a partire dal suo conoscere tutto ciò che è bello.

Platone, tutti gli scritti, Cratilo, a cura di Giovanni Reale, editore Bompiani 2011, pag. 151-152

Per gli Orfici Ade è un Dio, un soggetto che agisce, non è un nome e Persefone è la figlia di Demetra, la piccola Demetra che viene rapita da Ade, ma che sceglie di rimanere nell'Ade. Platone, come Pitagora, aveva in odio i poeti, in particolare Esiodo e Omero, perché la loro narrazione contrastava con i suoi progetti assolutisti: contrastavano il suo desiderio del potere assoluto. Un desiderio che esprime continuamente nei suoi modelli di "società ideale" di cui lui, quale modello del filosofo, è il dittatore assoluto.

Si tratta di Dèi, non di astrazioni come vuole far apparire Platone per denigrare gli orfici.

Dèi che per gli Orfici non hanno determinato "il destino degli uomini" condannandoli a tornare in vita e quando Orfeo entra nell'Ade per poter far rinascere Euridice, il mito racconta come Orfeo fallisce. Fallisce non perché si è girato indietro, ma perché non ha chiesto ad Euridice se lei voleva tornare alla vita fisica abbandonando l'attuale sua condizione.

Se ci fosse stato il concetto di metempsicosi nel mito orfico, ben altra storia sarebbe stata quella fra Orfeo ed Euridice.

Ma c'è un'ultima cosa che va sottolineata: per elaborare un concetto come quello della metempsicosi o della reincarnazione è necessario che ci sia l'idea di un assoluto che determini i processi reincarnazionisti sia per la metempsicosi che per la reincarnazione. Nell'Orfismo questo non esiste.

Esiste in Platone là dove, anche nel Cratilo afferma:

CRATILO - Credo, Socrate, che la spiegazione più vera di questo problema sia che un certo potere, superiore a quello umano, abbia dato i primi nomi agli oggetti, cosicché è necessario che siano corretti.
SOCRATE - E pensi che colui che li pose, li abbia attribuiti contraddicendo se stesso, pur essendo un demone o un dio? Oppure ti sembra che poco fa non abbiamo detto nulla che abbia valore?

Platone, tutti gli scritti, Cratilo, a cura di Giovanni Reale, editore Bompiani 2011, pag. 181

Il potere superiore, il demiurgo, l'artefice e con quanti altri nomi lo si voglia chiamare, è proprio dell'ideologia platonica che deve sottomettere la realtà a sé stesso. Sé stesso che, in quanto filosofo, si ritiene in diritto di stuprare gli uomini dicendo agli uomini ciò che è buono e ciò che è bello.

 

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