Chiunque sarà il Presidente USA cambierà la situazione sociale interna agli USA, ma non miglioreranno i rapporti internazionali.
Novembre 2024: la filosofia metafisica della Religione Pagana.
Cronache mese di novembre 2024
23 novembre 2024
Museo Capitolino, Sarcofago con scene Orfico-Dionisiache
Abitare il mondo ed immaginare il mondo; sono due attività che costruiscono il nostro modo di pensare il mondo; di pensare alla vita; di pensare a come il presente è venuto formandosi.
Abitare il mondo ed immaginare il mondo; sono due attività atte a fissare il nostro punto di vista.
Siamo in possesso di poche storie della vita di Orfeo. Può essere che non sia mai esistito. Che si tratti solo di favole. Sta di fatto che Orfeo non si fa promotore di un modello di vita e le storie su di lui non sono quelle di "un capo", ma quelle di un poeta che tratta le cose divine. Non si erge al di sopra degli Esseri Umani, né eleva qualcuno al di sopra degli Esseri Umani.
Antiprato di Sidone, in un'epigrafe dedicata ad Orfeo (Antologia Palatina), scrive:
Più non trascinerai magate querce né rupi,
Orfeo, né mandre d'indomate fiere,
né sospirai fragore di venti né grandine o scrosci
di nevicate o rimbombo di mare.
Ora sei morto: per te versano pianto le figlie
di Mnemosine, e più Calliope madre.
Piangere i figli nostri periti, perché, se dai loro
neppure i numi stornano la morte?
Da: Antologia Palatina, Einaudi Editore, 1979,pag. 13 vol. II
Che da qualche parte ho in una diversa traduzione:
"Non più Orfeo trascinerai incantate le querce, non più le rocce, né le schiere di animali che non conoscono se non le proprie leggi; non addormenterai più il fragore dei venti, non la grandine, non l'impeto delle nevi, non il mare rimbombante. Infatti moristi; ti compiansero molto le figlie di Mnemosine, in particolare tua madre Calliope. Perché leviamo lamenti sui nostri figli defunti, dal momento che neppure gli Dèi hanno il potere di allontanare Ade dai propri figli?" (Libro7-8)
Ci parla di un uomo che è vissuto. Un uomo che costruiva le relazioni col mondo in cui viveva. Il canto di Orfeo chiamava le emozioni, non era il padrone del mondo.
Parla di un uomo che cantava le storie degli Dèi e che era coinvolto nelle relazioni col mondo.
Il venir in essere del presente, nell'Orfismo, era un canto e nessuno di coloro che veniva coinvolto nella Teologia Orfica poteva far a meno di riprodurre quel canto.
Aristofane stesso, negli uccelli, fa cantare il coro:
In principio c'era il Caos e la Notte e il buio Erebo e il vasto Tartaro;
non esisteva la terra, né l'aria, né il cielo. Nel seno sconfinato di Erebo
la Notte dalle ali di tenebra generò per prima un uovo pieno di vento.
Col volgere delle stagioni, da questo sbocciò Eros, fiore del desiderio:
sul dorso splendevano ali d'oro ed era simile al rapido turbine dei venti.
Congiunto di notte al Caos alato nella vastità del Tartaro,
egli covò la nostra stirpe, e questa fu la prima che condusse alla luce.
Neppure la stirpe degli immortali esisteva prima che Eros mescolasse insieme ogni cosa.
Quando l'uno con l'altro si accoppiarono, nacquero il cielo e l'oceano
e la terra, e la stirpe immortale degli Dèi beati...
Tratto da: Paolo Scarpa, Le religioni dei misteri, Edizione Lorenzo Valla, 2002, Orfismo, Vol. 1, pag. 358
E mentre il mondo che diviene e si trasforma raggiunge l'ascoltatore, costui sente le proprie emozioni dispiegarsi nel fluire e nella trasformazione dell'universo che emerge dall'uovo luminoso. A prescindere dal significato delle parole e dei nomi, che sono simboli di un insieme complesso da considerare teologicamente, il movimento si sprigiona in una trasformazione immensa attraverso un infinito numero di presenti in cui la volontà dei soggetti si è manifestata forgiando questo presente dopo altri presenti. Il venir in essere del presente attraverso le trasformazioni, viene percepito mediante le emozioni dell'ascoltatore è il senso della dottrina orfica dell'abitare, in maniera appassionata, il mondo in questo presente. Una passione che si dispiega con le schiere di animali, il fragore dei venti, le navi, la grandine, ecc. Abitare il mondo ed essere parte del mondo, di quel respiro che prese forma dal big-bang in Nera Notte e ha forgiato questo presente che ci chiede di esprimere il nostro respiro di vita.
Platone si colloca in maniera opposta nella vita e nella società. Non è l'uomo che vive nella vita e nella società ma è l'aristocratico, il padrone, che impone i modelli di vita alla società, per mandato e volontà del Demiurgo, il Dio padrone, dal quale fa procedere la vita e la società. Questo dominio della vita e degli uomini è il senso della dottrina di Socrate come descritta da Platone.
Platone, per bocca di Socrate, fa derivare la visione cosmologica (l'attività dell'Artefice) come una legittimazione della sua visione sociale. Sopra il cielo degli uomini stanno i filosofi come Platone, insofferenti dei problemi degli uomini.
Il Timeo di Platone non inizia col discorso cosmologico, ma inizia con l'idea di società di Platone dalla quale Platone, per bocca di Socrate, fa derivare la sua visione cosmologica. A Platone interessa controllare l'organizzazione sociale; il Demiurgo interessa a Platone solo nella misura in cui, con la sua presenza, legittima il diritto di Platone a controllare la società.
Nelle prime pagine del Timeo troviamo affermazioni come queste:
"Socrate - Sia pure. I punti essenziali delle cose dette ieri da me intorno alla costituzione della città erano questi: quale costituzione e ad opera di quali uomini mi sembrasse la migliore. (p. 1353)
[...]
Socrate - E non abbiamo, prima di tutto distinto in essa la classe degli agricoltori e di tutte le altre arti dalla Classe di coloro che devono combattere per difendere la città?" pag. (1353)
"Socrate - E poi abbiamo parlato anche delle donne, come si dovessero armonizzare le loro nature con quelle degli uomini simili ad esse, e come si dovessero mettere in comune anche a loro tutte le occupazioni, sia riguardo alla guerra sia riguardo ad ogni altra forma di vita.
(1354)
[...]
Socrate - E che cosa si è detto poi della procreazione dei figli? Forse questo è facile da ricordare, per la novità delle cose che si son dette. Si è stabilito che tutto fosse per tutti in comune, le cose che concernono le nozze e quelle che concernono i figli, facendo in modo che nessuno potesse conoscere chi sia il proprio figlio, così che tutti si dovessero considerare consanguinei con tutti, ossia sorelle e fratelli, quanti siano nati entro una determinata età, e quelli nati prima di essa e ancora più anziani, genitori e progenitori, e quelli nati dopo di essa, figli e figli dei figli.
(1354)
[...]
Socrate - E affinché diventassero nella misura del possibile ottimi nelle loro nature, non ci ricordiamo forse di aver detto che i reggitori e le reggitrici della Città, in segreto, con determinati sorteggi, per le unioni matrimoniali avrebbero dovuto far in modo che da una parte i cattivi e dall'altra i buoni venissero congiunti con le loro pari, e che per questo motivo non sorgesse fra di loro nessun astio, ritenendo che fosse la fortuna la causa della loro congiunzione?
(1354)
[...]
Socrate - E che abbiamo altresì detto che si dovessero educare i figli dei buoni, e che invece si dovessero distribuire di nascosto nelle altre Classi della Città i figli dei cattivi; e che osservandoli attentamente nella crescita, si dovessero riportare nella classe di prima quelli che se ne mostrassero degni, e quelli che in questa classe si mostrassero indegni trasferirli, a loro volta nel luogo in cui si trovano quelli che sono ritornati?"
(1354)
Tratto da: Platone, tutti gli scritti, Timeo, Bompiani editore, 2014 (pagina indicata fra parentesi ad ogni paragrafo).
Questa visione sociale di Platone, enunciata per bocca di Socrate, ed è è il prologo alla visione cosmologica di Platone.
Lo stesso comportamento che Socrate annuncia nella società civile lo troviamo nel comportamento di Socrate-artefice-costruttore dell'universo:
Disse queste cose, e di nuovo nel cratere di prima, nel quale aveva temperato e mescolato l'anima dell'universo, versò le cose che erano avanzate di quelle usate prima, mescolandole quasi alla stessa maniera, ma non pure alla stessa maniera, ma seconde e terze
in purezza.
Dopo che ebbe costituito tutto, lo divise in anime, tante di numero quanti erano gli astri, distribuì ciascuna anima a ciascun astro, e postele in tal modo come su un veicolo, mostrò loro la natura dell'universo e disse loro le leggi fatali. Disse che la prima generazione sarebbe stata stabilita come una sola per tutte, affinché nessuna ricevesse da Lui meno del dovuto, e che tutte quante in ciascuno degli organi del tempo conveniente a ciascuna avrebbero dovuto produrre il più religioso degli animali. E poiché la natura umana è duplice, il genere migliore sarebbe stato quello il quale poi si sarebbe chiamato sesso maschile.
E quando le anime fossero state di necessità innestate nei corpi e al loro corpo una cosa si aggiungesse e un'altra si separasse, sarebbe stato necessario che da queste violente passioni si generasse un sentimento connaturato in tutte, e amore commisto a piacere e a dolore, e, oltre a questi, paura e ira e tutte le altre passioni che seguono a queste, e quelle che hanno natura contraria. E se le anime dominassero tali passioni, vivrebbero nella giustizia; se, invece, ne fossero dominate, vivrebbero nell'ingiustizia.
Tratto da: Platone, tutti gli scritti, Timeo, Bompiani editore, 2014, pag. 1370
Orfeo, dunque, partecipa alla vita mentre Platone si erge a padrone, dominatore, ordinatore della vita stessa. Lui è il Demiurgo che determina che cosa l'uomo deve fare e, per conservare il proprio potere sull'uomo, Platone impone all'uomo la necessità di dominare le proprie passioni. Se l'uomo domina le passioni, l'uomo non si ribellerà mai al dominio di Platone o di chi si erge per esso a modello del Demiurgo.
In Orfeo sono i desideri e le passioni che dominano la vita. Desideri, passioni ed emozioni che si veicolano nel mondo e che non impongono né doveri morali, né diritti morali: solo la relazione fra sé e il mondo in cui viviamo.
Questi due modi diversi di essere nel mondo costruiscono due logiche diverse da cui procedere per analizzare non solo il divenuto del presente, ma come noi, partendo dal presente, agiamo per fondare il nostro futuro. Non meraviglia quindi che Platone sia un soggetto fondamentale per il cristianesimo. Usato opportunamente da Filone di Alessandria. Orfeo, invece, viene assunto dal cristianesimo come un modello "formale", ma solo dopo che Platone ne ha distrutto la Teologia e il discorso lirico sulla natura degli Dèi.
Platone non è in grado di inserire nel suo pensiero quanto rileva di Orfeo nel Fedro:
Alcuni Omeridi, forse traendoli da poemi segreti, citano due versi rivolti ad Eros, il secondo dei quali è irriverente e non del tutto regolare nel metro. Questi versi suonano così: "I mortali lo chiamano Eros alato, / gli immortali lo chiamano invece Pteros, perché fa / crescere le ali".
Tratto da: Platone, tutti gli scritti, Fedro, Bompiani editore, 2014, pag. 560
Fanete, Eros, la prima la forza emotiva che si esprime nella materia portandola a trasformarsi e a divenire, In Platone diventa:
"Questa passione, o bel ragazzo al quale si rivolge il mio discorso, gli uomini chiamano Eros..." (stessa pagina di sopra)
L'uomo, per Orfeo, come ogni Essere della Natura, vive per necessità; per Platone, l'uomo vive per attività dell'artefice, del demiurgo-creatore. Per Orfeo l'uomo obbedisce a Necessità, Ananke; per Platone l'uomo obbedisce all'ordine e alle leggi imposte dal demiurgo-creatore, l'artefice dell'universo.
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