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Novembre 2024: la filosofia metafisica della Religione Pagana.
Cronache mese di novembre 2024
25 novembre 2024
Quando noi ragioniamo sul pensiero degli Orfici, siamo costretti a considerare che cosa gli antichi dicevano degli Orfici in varie epoche.
Ogni epoca sviluppa il proprio pensiero sugli Orfici e sull'orfismo attraverso interpretazioni personali e, a volte, fantasiose e deliranti.
Delirante come l'idea di Platone in La Repubblica (libro X, 620)
"Disse infatti di aver visto l'anima che un tempo era stata di Orfeo scegliere la vita di un cigno, poiché non voleva nascere generata nel seno di una donna, a causa dell'odio verso il genere femminile dovuto alla morte subita ad opera di quelle."
In poche righe, Platone, fa trasparire che gli Orfici avessero come idea la reincarnazione e l'odio per le donne. Due caratteristiche del pensiero di Platone di cui Platone non vuole prendersi la responsabilità per poterla attribuire ad altri.
Pertanto noi abbiamo un'idea degli Orfici costruita da come i vari autori, non orfici, ci hanno trasmesso il pensiero degli Orfici.
Siamo in possesso di tre oggetti, scritti in varie epoche, capaci di darci un'idea sul pensiero Orfico: gli Inni Orfici, databili al II secolo d.c.; il Papiro di Derveni del 340 a.c.; le laminette orfiche databili fra la fine del V secolo a.c. e l'inizio del IV secolo a. c.. A mio avviso non sono da accettare idee, attribuite agli orfici, che siano dissonanti da questi documenti. Comprendo che gli Inni Orfici sono stati nelle mani dei neoplatonici che li hanno trasmessi fino a noi, tuttavia il loro contenuto è fortemente separato dal neoplatonismo. Non contengono il concetto di anima, non contengono il concetto di reincarnazione, non contengono il concetto di premio o di punizione né contengono il concetto di un assoluto creatore del mondo.
Diverso è quando l'autore, neoplatonico, commenta il pensiero degli orfici, come nel caso di Olimpiodoro all'interno del suo commento al Fedone di Platone:
... Nell’opera di Orfeo si tramanda la successione di quattro regni: il primo fu quello di Urano, ereditato da Crono, dopo che ebbe reciso i genitali al padre; dopo Crono regnò Zeus, dopo aver scaraventato nel Tartaro il padre; a Zeus poi succedette Dioniso e si racconta che, in seguito a una macchinazione di Era, i Titani, che gli facevano da scorta, lo fecero a pezzi e ne gustarono le carni. Zeus allora si adirò e li fulminò; dal denso fumo dei vapori che ne erano scaturiti si formò della materia da cui ebbero origine gli uomini. Dunque non ci dobbiamo suicidare non per la ragione che sembra addurre il significato letterale, perché nel corpo siamo in una sorta di prigione — e questo è chiaro —,... ma ... non ci dobbiamo suicidare in quanto il nostro corpo è dionisiaco: noi siamo parte di lui, se siamo davvero formati dal denso fumo dei Titani che ne gustarono le carni.
Frammento di Olimpiodoro il Giovane (480 - 565 d.c.), commento a Platone, Fedone. Riportato da Paolo Scarpi in "Le religioni dei Misteri", Orfismo, pag. 381 volume 1, Editore Lorenzo Valla, 2002.
Questo frammento di Olimpiodoro, riportato da Paolo Scarpa, ci chiarisce parte del gioco a cui l'ideologia religiosa orfica è stata sottoposta ad opera del neoplatonismo.
Olimpiodoro è un filosofo neoplatonico del VI secolo d.c. della scuola di Alessandria, scolaro di Ammonio, figlio di Ermia. Di lui ci rimangono opere a commento dei dialoghi platonici come il Fedone e il Gorgia oltre ad altro materiale. Olimpiodoro, di cui riporto la citazione del pensiero orfico, riporta il pensiero degli orfici 1000 anni dopo gli orfici.
Se noi mettiamo attenzione alla struttura della citazione, dobbiamo distinguerla in due parti.
La prima parte è ciò che Olimpiodoro riporta di quello che dicono gli orfici:
"Nell’opera di Orfeo si tramanda la successione di quattro regni: il primo fu quello di Urano, ereditato da Crono, dopo che ebbe reciso i genitali al padre; dopo Crono regnò Zeus, dopo aver scaraventato nel Tartaro il padre; a Zeus poi succedette Dioniso e si racconta che, in seguito a una macchinazione di Era, i Titani, che gli facevano da scorta, lo fecero a pezzi e ne gustarono le carni. Zeus allora si adirò e li fulminò; dal denso fumo dei vapori che ne erano scaturiti si formò della materia da cui ebbero origine gli uomini."
La seconda parte sono le deduzioni di Olimpiodoro che sono sempre state fatte proprie da chiunque parli degli Orfici:
"Dunque non ci dobbiamo suicidare non per la ragione che sembra addurre il significato letterale, perché nel corpo siamo in una sorta di prigione — e questo è chiaro —,... ma ... non ci dobbiamo suicidare in quanto il nostro corpo è dionisiaco: noi siamo parte di lui, se siamo davvero formati dal denso fumo dei Titani che ne gustarono le carni."
La struttura delle "generazioni" riportate da Olimpiodoro sono quelle classiche di Omero, Esiodo e degli Orfici; le deduzioni di Olimpiodoro sono quelle funzionali al Platonismo e al Neoplatonismo e assolutamente arbitrarie e soggettive.
Nella prima parte riconosciamo le basi del pensiero orfico; nella seconda parte riconosciamo le interpretazioni dei Neoplatonici, funzionali all'interpretazione del pensiero neoplatonico, ma, per quel che mi riguarda, in aperto contrasto col pensiero religioso e iniziatico degli Orfici. In pratica, i platonici e i neoplatonici, per favorire la fissazione del loro pensiero, che poi in parte si traslerà nel cristianesimo (Olimpiodoro cercava di dimostrare che il Dio di Platone, Aristotele e i cristiani sono la stessa persona) (troviamo in esso anche tracce di Filone di Alessandria), piegano il senso del pensiero orfico alle loro esigenze religiose che hanno al loro centro l'obbedienza e la sottomissione ad una morale imposta.
Olimpiodoro trae le sue conclusioni senza chiedersi:
1) Che cos'era per gli Orfici Urano?
2) Che cos'era per gli Orfici Cronos?
3) Che cos'era per gli Orfici Zeus?
4) Che cos'era per gli Orfici Dioniso?
Olimpiodoro può interpretare le idee degli Orfici partendo dal significato che a quei nomi i tardi neoplatonici attribuivano. Può dire come i neoplatonici interpretano, ma non come gli Orfici interpretavano e, conseguentemente, come gli uomini avrebbero dovuto articolare la loro esistenza partendo dal significato che gli Orfici davano al nome degli Dèi che essi usavano.
Nonno di Panopoli visse in Egitto nella prima parte del V secolo d.c., come Olimpiodoro il Giovane qualche decina d'anni dopo. Con Nonno di Panopoli sappiamo che il Mito era ancora narrato e il corpo diventa una "sorta di prigione" solo per neoplatonici e cristiani. Per coloro che credono nell'esistenza di un'anima predestinata.
Scrive il Papiro di Derveni:
"E dicendo "Moira" mostra che questa [terra] e tutte le altre cose sono nell'Aria, che è soffio (pneùma). A questo soffio Orfeo diede nome Moira. Gli altri umani nel loro linguaggio dicono che la Moira ha filato per loro” e che “accadrà ciò che ha filato la Moira": dicono il giusto, ma non capiscono né che cosa sia la Moira né il filare. Orfeo infatti chiamò Moira il Pensiero-Sapienza. Gli sembrava che questo fosse il più adatto dei nomi che tutti gli umani avessero assegnato."
Papiro di Derveni, colonna 18, da "Eleusis e orfismo" di Angelo Tonelli, Universale economica Feltrinelli, 2022, pag. 529.
Non c'è né il concetto di corpo come tomba dell'anima e nemmeno il concetto di uomini e donne come parte di Dioniso. Noi, per gli Orfici, siamo altrettanti Dioniso. Noi, come Esseri della Natura, siamo un crogiolo di Titani.
Alcuni anni or sono avevo affrontato il significato di Dioniso nella trasformazione del presente da parte di Zeus. Avevo parlato del significato di Semele e di Era. Avevo parlato del ruolo dei Titani nella trasformazione in Dèi degli Esseri della Natura. Tutto questo discorso, fondamentale per mettere in un'ottica, a mio avviso corretta, la struttura del pensiero religioso degli Orfici, verrà ripresa a mano a mano che approfondiremo la guerra religiosa fra Orfeo e Platone.
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Claudio Simeoni
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