Non è solo il prigioniero che sta rivendicando la propria libertà, ma tutta la realtà sta rivendicando il proprio diritto di liberarsi dalle illusioni e dai preconcetti.
Questo può avvenire solo se la realtà sociale eleva illusioni e preconcetti al ruolo di dominatori.
Dopo un periodo di dominio di illusioni e preconcetti sull'uomo, questi si potrà liberare chiamandoli col loro vero nome.
Gennaio 2025: la filosofia metafisica della Religione Pagana.
09 gennaio 2025
Noi non conosciamo le vie attraverso le quali si diffondono le idee metafisiche, come si trasmettono, come si elaborano. Questo perché le idee possono sì essere pensate come oggetti in sé, nel momento in cui diventano degli strumenti, ma vengono elaborate e si fissano in base ai bisogni e alla necessità degli uomini di quel tempo. Poi, quelle stesse idee, prese da uomini in contesti diversi e con bisogni diversi, vengono trasmesse con un diverso significato. Si perde il significato originale e si attribuisce a quelle idee significati correnti.
Parlo di un certo tipo di idee. Idee che divergono dal controllo militare che il cristianesimo mette in atto sulla possibilità di pensare una filosofia metafisica che diverge dalla sua "verità". Un pensiero a cui non è consentito deviare dalla verità di Dio.
Eppure, qualche considerazione va fatta in relazione per idee che negano il concetto di verità.
Ad esempio, il concetto di fuoco in Eraclito.
Cosa intendeva per fuoco Eraclito?
Diogene Laerzio parla delle idee di Eraclito, ma, secondo alcuni, ne parla non per aver letto le idee di Eraclito, ma per averle lette attraverso Teofrasto a cui interessava usare la propria personale interpretazione per avallare teorie platoniche e aristoteliche.
Scrive Diogene Laerzio:
I punti fondamentali della sua dottrina in generale sono i seguenti: tutto si forma dal fuoco e in esso si risolve. Tutto diviene secondo una fatale necessità e le cose che sono si compongono in armonia per mezzo di ricorrenti opposizioni.
Diogene Laerzio, vite dei filosofi, edizione Mondadori, 2009, pag. 354
Diogene Laerzio prende per letterali le parole di Teofrasto e, probabilmente, Teofrasto era convinto che il concetto di fuoco, affermato da Eraclito, era quello degli elementi di Aristotele.
Un'interpretazione diversa del concetto di fuoco viene data dagli stoici che trasformano il fuoco eracliteo nel "logos seminale" che dà origine all'universo secondo la loro dottrina.
Il fuoco di Eraclito non ha "intelligenza", non ha "progetto" e non ha "scopo". E' colui dal quale la realtà sorge ed è colui nel quale la realtà viene annientata, annullata.
Non si tratta di fuoco che brucia, ma di fuoco che anima.
Ci sono altre citazioni curiose a proposito del fuoco di Eraclito sulle quali vale la pena di soffermarsi e riflettere, anche se non tutti gli studiosi concordano nel valore da attribuire a quei riferimenti ad Eraclito.
Una citazione è riportata da Ippolito.
A. Ippolito, Confutazione di tutte le eresie IX 10, 7 (DK 22 B 66) [dopo 84]
Dice anche che il giudizio del cosmo e di tutte le cose che sono in esso avviene attraverso il fuoco. Afferma infatti:
il fuoco, sopravvenendo, giudicherà e condannerà tutte le cose [forse: tutti?].
p. 415
Se la traduzione è corretta, il significato della frase eraclitea è che "tutte le cose dell'esistenza cesseranno di essere nel fuoco". Tutto, non tutti.
Dal momento che la citazione di Eraclito è riportata da un cristiano, costui tende a dare alla citazione il significato che a lui interessa.
Questo tipo di citazioni è usato per avvalorare un'idea predefinita accostandola ad un autore, che si considera "autorità in merito", citandolo.
Come ad esempio questa:
B. Clemente Alessandrino, Protrettico 22, 2 (DK 22 B 14)
A chi profetizza Eraclito di Efeso? [cit. 27]; a costoro minaccia le punizioni dopo la morte, a costoro profetizza il fuoco.
P. 415
Eraclito non aveva l'idea di punizione col fuoco dopo la morte. Non ha espresso idee di inferno e di paradiso. Pertanto, il cristiano Clemente Alessandrino immagina che la distruzione attraverso il fuoco sia una punizione dopo la morte.
La stessa operazione ideologica la fa Clemente Alessandrino:
Clemente Alessandrino, Pedagogo II 99, 5 (DK 22 B 16)
[...] Infatti forse si rimarrà celati alla luce sensibile, ma a quella intellegibile è impossibile o, come dice Eraclito:
come si potrebbe restare celati a ciò che non tramonta mai?
p. 415
Qual è l'oggetto che non tramonta mai in Clemente Alessandrino e qual è l'oggetto che non tramonta mai in Eraclito?
Clemente Alessandrino, Stromati V 104, 2 (DK 22 B 30)
Ma che [Eraclito] sapesse che il mondo individualmente formato da tutta la sostanza è eterno, lo rende chiaro dicendo:
p.417
L'universo è fuoco che si accende a misura e si spegne a misura. Il fuoco è eterno, non le forme o le sostanze nelle quali noi abitiamo.
L'idea è la stessa idea della cosmogonia di Esiodo ed è la stessa idea cosmologica degli Orfici.
Che la visione sia quella del fuoco che arde percepito come Eros o sia quello della luce che squarcia Nera Notte, la percezione dell'universo è quella secondo cui il suo divenuto non lo creò nessun Dio e nessun uomo.
Anche Ippolito cala, su un'idea eraclitea che riporta, la medesima interpretazione cristiana distorcendone il significato in senso creazionista.
Ippolito, Confutazione di tutte le eresie IX io, 7 (DK 22 B 64) [dopo 53 A]
[...] E dice anche che questo fuoco è intelligente e causa del governo dell'universo, con queste parole:
tutte queste cose le pilota - cioè le dirige - il fulmine,
indicando con fulmine il fuoco eterno. E lo chiama indigenza e sazietà; indigenza è, secondo lui, la formazione del mondo, la conflagrazione, invece, sazietà.
p.417
Nella citazione di Eraclito, fatta da Ippolito, "tutte queste cose le pilota il fulmine", il soggetto è il fulmine quale agente della trasformazione. Chiamare uno stato di essere del mondo "sazietà" e uno stato "indigenza"; Eraclito altro non farebbe che indicare uno stato quantitativo seguito da una trasformazione qualitativa che, una volta stabilizzata, diventa uno stato quantitativo nell'attesa di una nuova e diversa qualità.
Il fulmine non "pilota" le trasformazioni, ma è l'agente che modifica la realtà essendo parte della realtà in perenne trasformazione.
A mio avviso il fulmine appare nel fuoco quando una frazione di fuoco si trasforma in coscienza, ma è una mia personale opinione. Come distinguere, altrimenti, il fulmine dal fuoco in cui si esprime?
La stessa riflessione sul movimento della realtà, fra quantità dell'esistente che viene modificata dalla qualità che emerge o viene introdotta nell'esistente, può essere ripresa, come immagine, dall'atto del mangiare ed elevata a concetto astratto mediante il quale pensare la realtà vissuta. Una realtà che il soggetto, che abita il mondo, vive nell'indigenza, nella fame, finché non introduce del cibo che lo rende sazio modificando sé stesso e giungendo ad una nuova qualità di sé stesso.
Se questo modello viene elevato a modello universale, va da sé che l'universo vive uno stato di quiete fintando che l'emergere di una forza, un fuoco, non modifica il suo stato di quiete creando una turbolenza che necessita della ricerca di un nuovo stato di quiete.
Ma se l'universo è percepito come fuoco in continua trasformazione, il fuoco modifica il fuoco e fuoco è la realtà nella quale gli Esseri Viventi stanno vivendo. Solo percependo la realtà come fuoco, che in ogni istante trasforma, gli Esseri possono costruire sé stessi nel fuoco e terminare sé stessi quale fuoco che si spegne nel fuoco.
Non è un caso che a queste riflessioni gli assolutisti guardano con preoccupazione come fa Filone di Alessandria:
B. Filone Alessandrino, Allegorie delle leggi III 7 (Marcovich 55b)
[...] Il gonorroico, facendo derivare tutte le cose dal mondo e riconducendole al mondo, ritenendo che nulla sia stato generato da
dio, è seguace della dottrina eraclitea, poiché introduce "sazietà e indigenza" e "il tutto uno" e "tutte le cose per scambio".
p.419
Per Filone d'Alessandria il concetto, secondo cui la vita diviene in sé stessa, per sé stessa, e non dipende da una qualche forma di assoluto che la determini, è chiaro nella dottrina eraclitea. Il fuoco eracliteo non ha intelligenza, non ha progetto, non ha scopo, è una potenza in modificazione, come Fanes, Eros.
Sia gli Stoici che i cristiani usarono pesantemente le idee di Eraclito modificando il significato dell'idea eraclitea per farla aderire ai loro preconcetti.
La realtà diviene in sé e per sé. Se la realtà diviene in sé e per sé non è possibile controllare gli uomini che, consci di quella realtà, divengono in sé e per sé. Per dominare gli uomini è necessario imporre il concetto che gli uomini non divengono in sé e per sé, ma sono divenuti per il volere di volontà diversa da sé; sia che venga chiamata Dio o che venga chiamata Logos. Gli uomini devono obbedire a Dio, al Logos, e non progettare la loro esistenza in sé e per sé.
In questo sono chiare le riflessioni di Clemente d'Alessandria come riportato:
A. Clemente Alessandrino, Stremati V 104, 3-105, 1 (DK 22 B 31) [dopo 55]
104, 3. Quanto segue indica tuttavia che egli [sai. Eraclito] riteneva il mondo soggetto a nascita e distruzione:
“conversioni” del fuoco: prima mare, del mare poi una metà terra, un'altra turbine infuocato.
In teoria dice infatti che il fuoco, per opera del logos [il principio razionale degli stoici] e dio che tutto governa, attraverso l'aria
si volge in umido, quello che costituisce come il seme della formazione del cosmo, che egli chiama mare; da questo si generano poi a loro volta terra e cielo e i corpi in esso contenuti.
Come poi il mondo venga ricondotto allo stato anteriore e conflagri, lo mostra chiaramente con queste parole:
li mare [scil. che si era condensato in terra] si scioglie e si misura nella stessa proporzione che aveva prima di diventare terra.
Allo stesso modo egli si esprime sugli altri elementi.
Teorie simili a queste sostengono anche i più famosi fra gli stoici quando parlano della conflagrazione, della formazione del cosmo e del mondo singolo, degli uomini e della sopravvivenza delle nostre anime.
p.419 - 421
Il mondo è soggetto a nascita e distruzione. A nascita e distruzione. A nascita e distruzione. Nulla permane uguale a sé stesso. Vivere il mutamento è il contrario di vivere nella "verità" immutabile di un Dio o di un Logos.
Il mutamento era l'essenza stessa della Antiche religioni al di là di come il mutamento continuo della realtà veniva descritto, interpretato o vissuto. Un mutamento di cui parla anche Plutarco nella "E di Delphi".
Plutarco, nel tentativo di dimostrare una sua idea numerologica, cita Eraclito dicendo che Eraclito dice:
"Il tutto si cambia nel fuoco" e "il fuoco nel tutto, come l'oro fa le monete e le monete fanno l'oro"
Tratto da Plutarco, E di Delfi, in Dialoghi Delfici, edizione Adelphi, 1995, pag. 145
Con questa citazione, Plutarco dimostra solo che secondo Eraclito tutto emerge dal fuoco e che tutto viene riassorbito da fuoco.
Appare evidente che per Eraclito il fuoco altro non è che l'emozione, il mare emotivo, che pervade l'universo e attraverso il quale emerge la vita, la coscienza, attraverso la materia. Questo cammino di emersione, di un fuoco che brucia in tutte le coscienze che vengono in essere, ha come inevitabilità il ritorno nel fuoco emotivo allo stesso modo in cui il corpo fisico ritorna alla materia.
L'aria, la terra e il fuoco emotivo. Corpi della natura composti di materia, che respirano aria e che sono attraversati dal fuoco emotivo dalla nascita alla crescita, alle relazioni con il mondo fino a dissolversi nella "frammentazione dionisiaca" in cui i Titani si prendono il loro fuoco lasciando il fuoco dell'individuo della natura ad affrontare la nuova condizione dell'esistenza.
Plutarco, nella E di Delfi, di fatto cita un "tempo di Apollo" e un tempo di "Dioniso". Un tempo in cui si canta il Peana (Apollo) mentre, a Dioniso si intona il Ditirambo.
Scrive Plutarco:
"Se qualcuno chiedesse cos'ha tutto questo a che fare con Apollo, noi risponderemo che ciò riguarda non solo lui, ma anche Dioniso, che in Delfi ha un ruolo non meno importante che Apollo. I teologi affermano e cantano, talora in poesia e talora in prosa, che il Dio è per natura incorruttibile ed eterno, ma che, per effetto di una legge fatale, va soggetto a trasformazioni. E talvolta brucia nel fuoco la sua natura, eguagliando tutte le sostanze in un magma unico; altre volte si moltiplica in ogni sorta di forme, di proprietà e di stati - come accade attualmente - e con il più illustre dei suoi appellativi è chiamato "mondo". I sapienti, per tener nascosto il loro pensiero alla folla, danno alla trasformazione del Dio in fuoco il nome di Apollo a causa della sua unicità e quello di Febo per la sua purezza incorruttibile. Quando poi la trasformazione del Dio dà luogo all'aria, all'acqua, alla terra, agli astri, alla vita delle piante e degli animali, i sapienti occultano questo processo sotto i simboli della lacerazione e dello smembramento. Essi lo chiamano con i nomi di "Dioniso", "Zagrèo", "Nictelio", "Isodaète"; e favoleggiano di morti e di sparizioni e poi di rinascite e palingenesi, alludendo con questi favolosi enigmi alle trasformazioni di cui si è detto."
Tratto da Plutarco, E di Delfi, in Dialoghi Delfici, edizione Adelphi, 1995, pag. 145 - 146
In questo, scritto da Plutarco, al di là delle necessità stoiche e platoniche, c'è quel concetto di trasformazione dell'universo, un fluire dell'universo attraverso le trasformazioni, che nascono dal fuoco e terminano nel fuoco, che ha in Eraclito il suo filosofo metafisico.
Nell'idea di Eraclito, non è l'elemento fuoco alla base del suo pensiero teologico. L'elemento fuoco è la rappresentazione fisica, i processi di trasformazione della materia, che diventano simbolo e modello del fuoco emotivo, dell'energia vitale, dell'intento, che permea l'universo e che alimenta la nascita e la dissoluzione delle coscienze.
Nota: Le citazioni, quando non specificate, sono prese da: Presocratici, Vol. 1, Sentieri di sapienza attraverso la Ionia e oltre da Talete a Eraclito, a cura di M. Laura Gemelli Marciano, Editore Fondazione Lorenzo Valla, Mondadori, 2023, da pag. 415 a 421 (numero di pagina dopo la singola citazione).
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