Quando l'uomo cristiano si identifica col suo Dio, si ritiene in diritto di scatenare il Diluvio Universale per distruggere coloro che lo infastidiscono.
Esaltarono il loro padrone, che li invitò alla sua tavola, come loglio bruciato nei forni e maiali arrosto serviti ai suoi commensali.
Gennaio 2025: la filosofia metafisica della Religione Pagana.

26 gennaio 2025 cronache della religione pagana
Verità e opinione in Parmenide

Claudio Simeoni

Cronache mese di gennaio 2025

26 gennaio 2025

Verità e opinione in Parmenide
Frammento 7/8

Dice Parmenide:

Mai sarà dimostrato che esista ciò che "non è": tieni lontana la mente da questa via di ricerca, vezzo di molto sapere non t'induca su questa strada, a mettere in opera occhio accecato, orecchio rombante, lingua, razionalmente valuta invece la sfida polemica da me proferita. [6]

"Mai sarà dimostrato che esista ciò che non è". Cosa significa "dimostrare"?

Dimostrazione:

Rendere evidente con fatti o prove certe, confermare (anche + a, con, a volte insieme): gli indizi raccolti dimostrano la sua colpevolezza; con queste vittorie ha dimostrato a tutti di essere un campione; anche + di e inf. o + che e ind.: l'imputato ha dimostrato la sua estraneità ai fatti (o di essere estraneo ai fatti, che è estraneo ai fatti); con prop. interr. indir.
"dimostraci se sei all'altezza del compito"
Esprimere in modo chiaro e inequivocabile (spec. riferito a sentimenti, stati d'animo, ecc.); manifestare (anche + a ).
"quel ragazzo dimostra molto talento"
intransitivo
Fare una dimostrazione pubblica, manifestare, protestare (anche + per, contro ).
"d. per il rinnovo del contratto"
riflessivo
Rivelarsi mostrando le proprie qualità buone o cattive, i propri sentimenti (+ compl. predicativo del sogg.).
"si è dimostrato un perfetto mascalzone"
intransitivo pronominale
Risultare, svelarsi.
"alla fine si è dimostrato un buon affare"

Da dizionario on line alla voce "dimostrare".

Per favore, scegliere il significato di "dimostrazione" che volete, ma non confondetelo col significato di "affermare".

Si può affermare ciò che non esiste, ma non si può dimostrare ciò che non esiste.

L'affermazione riguarda la condizione soggettiva, propria del soggetto, che afferma; la dimostrazione è una condivisione collettiva dell'oggetto affermato quando presenta caratteri oggettivamente riconosciuti da altri. Quando i caratteri con cui si definisce l'oggetto sono conchiusi nel desiderio di chi lo afferma, la condivisione avviene attraverso "un'intima convinzione" indotta mediante la violenza (al di là dei mezzi con cui questa è messa in atto) atta a produrre "un'intima convinzione" che induce altri soggetti a condividere un'affermazione pur non riconoscendo caratteri oggettivi per cui condividere quell'affermazione.

In questo caso, il "ciò che non è", proprio del ciò che è per sé, diventa il "ciò che è" per altri pur essendo il "ciò che non è" né per sé e tanto meno per altri.

Il "ciò che non è" e il "ciò che non può essere" diventa il "ciò che è" mediante la violenza dell'affermazione di un oggetto immaginato.

Scrive Parmenide:

Allora di via resta soltanto una parola, che "è". Su questa ci sono segnali molteplici, che senza nascita è l'Essere e senza morte, tutto intero, unigenito, immobile, ed incompiuto mai è stato o sarà, perch'è tutt'insieme adesso, 10 uno, continuo.

L'oggetto della violenza è l'Essere di Parmenide. Parmenide si eleva ad "Essere" a cui la "Dea" concede una rivelazione e proprio perché la "Dea" gli concede la rivelazione lui pensa di poter affermare quella rivelazione senza critica rispetto alla mancanza di contenuti della rivelazione stessa.

Se la "rivelazione della Dea" fosse circoscritta e contenuta in Parmenide, Parmenide è autorizzato a farneticare, ma quando la farneticazione di Parmenide costruisce un dittatore, l'Essere, che Parmenide pretende di imporre sugli uomini in una condizione di staticità esistenziale, Parmenide non è più autorizzato a delirare.

Ci sono segnali che indicano Parmenide come Essere e ci sono segnali che indicano la "volontà di dominio" di Parmenide, ma non ci sono segnali che indicano un oggetto diverso da Parmenide che possa essere indicato come Essere.

Per contro, ci sono segnali, prodotti dalla coercizione educativa, che hanno la capacità di raccogliere un numero considerevole di persone attorno all'idea dell'Essere in quanto, il considerevole numero di persone è stato educato a mettere sé stessi al centro del mondo, al di sopra di ogni altra persona, a sentirsi l'Essere rispetto alla totalità dell'insieme sociale.

In questo modo, i farneticanti che si sentono "l'Essere" costruiscono una massa di "Esseri" il cui scopo è l'aggressione della società nel suo insieme affinché si sottometta a ognuno di loro che sono "l'Essere".

Dal momento che l'oggetto è affermato e non è possibile dimostrarlo, non ci si ferma a discutere l'oggetto "Essere", ma si pretende di darne per scontata la realtà permettendo in questo modo al delirante di farneticare intorno all'oggetto affermato.

Scrive Parmenide:

Quale sua nascita andrai ricercando? Come, da dove fruttato? Non lascerò che tu dica o pensi dal nulla, perché né dire si può né pensare ch'esso non sia. Che bisogno l'avrebbe mai spinto a nascere dopo piuttosto che prima, se fosse nato dal nulla? Deve perciò in assoluto essere oppure non essere.

La prima cosa che si osserva in Parmenide è l'entrata nella polemica del venire in essere della realtà com'era pensata nei suoi tempi. Una realtà il cui venir in essere si identifica col venir in essere degli Dèi che sono l'oggettività che formano la realtà.

Nel tempo di Parmenide, l'idea centrale ruotava attorno al momento della "nascita degli Dèi" che si sviluppava attraverso una sequenza di nascite fino all'attuale divenuto.

Questa idea è la prima idea che Parmenide combatte e Parmenide mette in bocca alla "sua" Dea la frase che dice: "Quale sua nascita andrai ricercando?". L'Essere Parmenide è un assoluto privo di storia, privo di trasformazioni, privo di movimento e Parmenide deve imporre l'idea dell'esistenza di un'intelligenza che non ha mai modificato sé stessa come Parmenide non ha mai modificato sé stesso.

E' come se Parmenide dicesse: "Non cercare il Parmenide bambino!" "Il Parmenide bambino non è mai esistito, esiste solo il Parmenide adulto che pensa questo e questo ha sempre pensato. Il sempre pensato e il sempre penserà che sta pensando nel momento attuale è il concetto del "sempre è stato e sempre sarà" prodotto da Parmenide e identificato da Parmenide nell'Essere.

In queste prime frasi è espressa l'ontologia della farneticazione di Parmenide.

Dice la Dea di Parmenide: "Non lascerò che tu dica o pensi dal nulla, perché né dire si può né pensare ch'esso non sia"

In sostanza: non ti permetto di fare affermazioni o pensare che l'Essere, il tuo pensiero, nasca dal nulla (l'uovo luminoso da cui sorge Fanes) perché, continua la Dea, "né si può dire né pensare che esso non sia".

Domanda: perché non lo si può fare?

Che fai Dea? Mi punti una pistola alla testa e non mi permetterai che io dica o pensi "dal nulla" solo perché "né dire si può né pensare ch'esso non sia". Dire che esista o non esista, dire che è o non è, dire che è sempre stato o che è nato, dire che è nato da qualche cosa o dal nulla; tutte le ipotesi sono sorrette dalla medesima qualità di prove: pure e semplici congetture basate sul nulla! Pertanto, nel nulla dimostrato, ogni affermazione ha lo stesso valore dell'altra salvo la violenza attraverso la quale un'affermazione è voluta e l'altra è negata.

La violenza è l'oggetto che distingue un'ipotesi dall'altra e, nel caso di Parmenide, questa violenza è messa in bocca alla Dea per nascondere il vuoto ideale che giustifica la concezione dell'Essere in Parmenide.

Tutto il discorso sviluppato da Parmenide, messo in bocca alla Dea, parte da questa violenta menzogna messa a fondamento del suo ragionamento.

Scrive Parmenide:

Forza di prova neppure consente che nasca dal nulla altro accanto ad esso; per cui non lascia Giustizia né che nasca né muoia, né lo scioglie dai ceppi, dà invece di freno; su questo in questo è il cimento: 20 "è" oppure "non è"; secondo Destino è deciso l'una lasciare impensabile anonima, infatti vera strada non è, che l'altra esista e sia verace.

Quale prova?

La convinzione di Parmenide, messa in bocca alla Dea, pretende di cessare di avere i connotati dell'affermazione per assumere un dato di oggettività.

Parmenide, nel pieno disprezzo per le persone, si eleva al ruolo di Dio padrone delle persone stesse pretendendo che le sue affermazioni vengano assunte a livello di prove.

Che centra "Giustizia" nella farneticazione di Parmenide?

Se Giustizia è il soggetto che "non lascia ... né che nasca né muoia, né lo scioglie dai ceppi, dà invece di freno;" va da sé che Giustizia precede quell'assoluto che Parmenide chiama "Essere". Ma se Giustizia precede l'"Essere" perché l'"Essere" è sottoposto a Giustizia, non siamo più davanti a "che senza nascita è l'Essere e senza morte, tutto intero, nigenito, immobile, ed incompiuto mai è stato o sarà, perch'è tutt'insieme adesso, uno, continuo", ma siamo, più banalmente, davanti ad un Parmenide che si è elevato a livello di "Essere" e che si ritiene sottomesso a "Giustizia". Quella "Giustizia" che immagina sia come egli vuole che sia garantendo quello che lui vuole garantire.

Lo stesso discorso vale per "secondo Destino è deciso". O "l'Essere" è al di fuori di ogni oggetto che noi possiamo definire con la parola "destino" perché è sempre stato e sempre sarà, oppure è all'interno di una condizione "destinata" per la quale è sempre stato e sempre sarà, ma determinata da un oggetto o dauna condizione esterna all'"Essere" e sulla quale l'"Essere" di Parmenide non ha possibilità di agire.

Scrive Parmenide:

Come poi potrebbe sussistere l'Essere? Come rinascere? Poni ch'è nato, non è, se pure è sul punto di essere. 25 Tolta è così di mezzo nascita e morte oscura. Mai potresti distinguerlo in parti, è tutto omogeneo; non più qui, meno lì, per cui non potrebbe consistere, è invece all'opposto tutto pieno di Essere. E dunque tutto continuo: si stringe l'Essere all'Essere. 30 Immobile allora nei ceppi delle sue grandi catene, è privo d'inizio, di fine, dato che nascita e morte sono respinte lontano, certezza verace le esclude.

Una volta che Parmenide, attraverso la Dea, ha imposto una violenza impositiva per la quale nessuno può mettere in discussione la realtà dell'"Essere" descritto da Parmenide in quanto è Parmenide che rifiuta la messa in discussione della sua realtà (che è l'identificazione con l'Essere), Parmenide, pensando di aver trionfato sul suo interlocutore, procede a descrivere l'"Essere" tentando di sottrarre tale descrizione all'analisi dei suoi interlocutori.

Le domande oziose fatte da Parmenide tendono a nascondere il vuoto ideologico nascosto da Parmenide.

Chiede Parmenide:

"Come poi potrebbe sussistere l'Essere? Come rinascere?"

La risposta è banale: l'Essere descritto da Parmenide non esiste e, pertanto, non esistendo, non può né sussistere, né essere e nemmeno rinascere.

Il sofismo parmenideo vuole costringere l'interlocutore ad immaginare "poni che è nato" che è esattamente come dire "poni che Babbo Natale esiste" oppure "fai conto che Dio esiste". E' tutto racchiuso nell'ambito del farneticare per indurre l'interlocutore a riempire di emozione la farneticazione. Un po' come fa il cinema oggi che racconta favole immaginate chiedendo allo spettatore di immedesimarsi nella favola. Quando lo spettatore afferma "Ciò che vedo è il prodotto dell'immaginazione" già lo spettatore separa sé stesso, la sua realtà vissuta, dall'immaginario rappresentato. Lo stesso vale per le farneticazioni di Parmenide. Quando l'interlocutore dice: "non pongo niente, è tuo dovere dimostrare anziché farneticare" non esiste più discussione, Parmenide è relegato nell'ambito del delirio.

Una volta che, mediante la violenza, Parmenide toglie di mezzo:

"Tolta è così di mezzo nascita e morte oscura."

Si sente libero di procedere con la logica farneticante perché il suo interlocutore ha cessato di mettere in discussione le sue affermazioni apodittiche prive di senso e prive di significato utile agli uomini.

Parmenide si sente ora libero di parlare dell'Essere, di quanto è bello, di quanto è grande, di quanto è immenso.

Tutto questo procede con la stessa tecnica che sarà usata sei secoli più tardi dagli evangelisti cristiani per le loro farneticazioni: "In verità, in verità vi dico..." E avanti con le farneticazioni. In questo modo le persone vengono a sapere quanto è veloce la slitta di Babbo Natale.

In questo modo si esprime l'immaginario di Parmenide che, probabilmente, è il fondamento di quel concetto con cui Aristotele descrive il ruolo dell'imperatore: il motore immoto.

Scrive Parmenide:

Resta identico sempre in un luogo, giace in se stesso, dunque rimane lì fermo; potente distretta lo tiene 35 nelle catene del ceppo, che tutto lo chiude all'intorno. Lecito quindi non è che l'Essere sia incompiuto: d'ogni esigenza è privo; sennò, mancherebbe di tutto. Stessa cosa è capire e ciò per cui si capisce: senza l'"essere" mai, in cui diviene parola, 40 puoi trovare intelletto; nulla esiste o sarà altro al di fuori dell'"Essere", ché l'ha legato il Destino ad essere un tutto immobile; tutte gli fanno da nome le cose supposte dagli uomini, fidenti che siano vere, nascano, muoiano, "siano" una cosa, "non siano" quest'altra, 45 cambino posto, mutino la loro pelle apparente. Dunque se c'è un limite estremo, è circoscritto da tutte le parti, simile a curva di sfera perfetta, ovunque d'identico peso dal centro: perch'è necessario ch'esso non sia maggiore o minore in questo o quel punto. 50 Parte non v'ha il non essere, fine sarebbe questo del suo equilibrio, neanche l'Essere in modo che sia d'Essere qui più che lì, perché tutto è inviolabile: ovunque eguale a se stesso, egualmente sta nei confini. Qui ti concludo il discorso sicuro nonché il pensiero 55 di verità, e adesso impara le opinioni mortali, delle mie parole ascoltando il costrutto ingannevole. Posero duplice forma a dar nome alle loro impressioni: d'una non c'era bisogno, in questo si sono ingannati, l'una dall'altra figura distinsero e posero segni 60 opposti fra loro, di qua il fuoco etereo vampante, utile, assai rarefatto, leggero, in sé del tutto omogeneo, altro rispetto all'altro; anch'esso però in se stesso notte cieca al contrario, forma densa e pesante. Io t'enuncio di ciò sistema in tutto plausibile, 65 sì che mai opinione corrente possa sviarti.

Tutto questo discorso che termina con questa citazione di Parmenide altro non è che un delirio di onnipotenza che nega il valore del mondo in cui Parmenide vive per esaltare sé stesso come assoluto.

Come avviene, in tutti questi casi simili, il delirio di Parmenide è solo il delirio di Parmenide finché non viene "oggettivato" e trasferito in un modo di essere sociale.

Ad un certo punto, Parmenide cessa di esistere mentre, il suo delirio continua come oggetto in sé trasferendosi come elemento che entra nel pensato della ragione degli uomini.

Il delirio alimenta il delirio attivando i deliri simili di uomini che vogliono porsi al di sopra degli altri uomini: uomini padroni di uomini. Parmenide viene assunto a modello assoluto da Platone che trova nei deliri di Parmenide la testimonianza che i propri deliri hanno una base razionale. Ogni dittatore, ogni padrone di uomini trova conforto, nel possedere uomini, nelle parole di Parmenide. Ogni filosofo farneticante trova in Parmenide il fondatore dell'ontologia, quel "colpo di genio" secondo cui gli oggetti sono reali perché pensati in quanto, se non fossero reali, non si avrebbe potuto pensarli.

Che Parmenide parli del dittatore, dell'imperatore, del dominatore di uomini, appare del tutto evidente.

Secondo Parmenide l'Imperatore, il padrone, il dittatore:

"Resta identico sempre in un luogo, giace in se stesso, dunque rimane lì fermo; potente distretta lo tiene nelle catene del ceppo, che tutto lo chiude all'intorno."

Secondo Parmenide l'imperatore, il padrone, il dittatore:

"Lecito quindi non è che l'Essere sia incompiuto: d'ogni esigenza è privo; sennò, mancherebbe di tutto."

Secondo Parmenide l'imperatore, il padrone, il dittatore:

"Lecito quindi non è che l'Essere sia incompiuto: d'ogni esigenza è privo; sennò, mancherebbe di tutto.

Secondo Parmenide l'imperatore, il padrone, il dittatore:

"Stessa cosa è capire e ciò per cui si capisce: senza l'"essere" mai, in cui diviene parola, puoi trovare intelletto; nulla esiste o sarà altro al di fuori dell'"Essere", ché l'ha legato il Destino ad essere un tutto immobile; tutte gli fanno da nome le cose supposte dagli uomini, fidenti che siano vere, nascano, muoiano, "siano" una cosa, "non siano" quest'altra, cambino posto, mutino la loro pelle apparente."

Secondo Parmenide l'imperatore, il padrone, il dittatore:

Dunque se c'è un limite estremo, è circoscritto da tutte le parti, simile a curva di sfera perfetta, ovunque d'identico peso dal centro: perch'è necessario ch'esso non sia maggiore o minore in questo o quel punto.

Secondo Parmenide l'imperatore, il padrone, il dittatore:

"Parte non v'ha il non essere, fine sarebbe questo del suo equilibrio, neanche l'Essere in modo che sia d'Essere qui più che lì, perché tutto è inviolabile: ovunque eguale a se stesso, egualmente sta nei confini."

Secondo Parmenide l'imperatore, il padrone, il dittatore:

Qui ti concludo il discorso sicuro nonché il pensiero di verità, e adesso impara le opinioni mortali, delle mie parole ascoltando il costrutto ingannevole.

Secondo Parmenide l'imperatore, il padrone, il dittatore:

Posero duplice forma a dar nome alle loro impressioni: d'una non c'era bisogno, in questo si sono ingannati, l'una dall'altra figura distinsero e posero segni opposti fra loro, di qua il fuoco etereo vampante, utile, assai rarefatto, leggero, in sé del tutto omogeneo, altro rispetto all'altro; anch'esso però in se stesso notte cieca al contrario, forma densa e pesante.

Secondo Parmenide l'imperatore, il padrone, il dittatore:

Io t'enuncio di ciò sistema in tutto plausibile, sì che mai opinione corrente possa sviarti.

Alla fine, se stringiamo il senso dei contenuti, che cosa rimane del pensiero filosofico di Parmenide?

Nulla.

Un pensiero vuoto, privo di contenuti, privo di prospettive, privo di una logica dalla quale procedere.

"Obbedisci a me! Che sono il portavoce della Dea!"

Parmenide contraddice sé stesso pur di affermare il proprio delirio di onnipotenza:

"Mai sarà dimostrato ciò che non è", ma se non dimostri ciò che affermi sia, stai affermando qualcosa che non è che non puoi dimostrare che sia. Se ciò che non è, non si può dimostrare che non sia, ciò che non si può dimostrare è ciò che non è.

E lo chiamano "filosofo", anziché aver compassione per una persona fortemente malata.

NOTA Le citazioni di Parmenide sono tratte da: Parmenide, Poema sulla Natura, traduzione di Giovanni Cerri, Editore BUR, maggio 2000, da pag. 151 - a pag. 155

 

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