La morale di Agostino d'Ippona
e la morale della Religione di Roma Antica

Seguire la Religione di Roma Antica
Capitolo undicesimo

di Claudio Simeoni

Medusa - Musei Capitolini di Roma

La morale di Agostino d'Ippona e la morale della Religione di Roma Antica

A questo punto dobbiamo confrontare ciò che è morale e ciò che è immorale nei discorsi di Agostino d'Ippona e in Varrone.

Diamo un significato generale di morale affermando che la morale è "Il presupposto spirituale del comportamento dell'uomo, specialmente in rapporto con la scelta e il criterio di giudizio, di libertà e della coscienza nei confronti dei due concetti antitetici quali possono essere il "bene" e il "male". " Per stabilire quali sono i concetti morali nelle scelte degli uomini è necessario comprendere che cos'è il Bene e che cos'è il Male nei sistemi di pensiero che andiamo ad analizzare.

Qual è il concetto morale di Agostino d'Ippona? Qual è il concetto di morale nella Religione di Roma Antica come l'ha descritta Varrone? I due concetti sono compatibili o sono così diversi da essere antagonisti?

Scrive Agostino d'Ippona:

Chiunque ricerchi la nobiltà e lo splendore avrebbe potuto congratularsi con questi dèi eletti, reputandoli fortunati, se non li vedesse eletti più all'infamia che agli onori. E l'oscurità che avvolge quella infima schiera li ha tenuti nascosti impedendo che fossero ricoperti di oltraggi. Veramente ci muove al sorriso il costatare che questi dèi, secondo l'invenzione degli uomini, si vedono divisi in base alla ripartizione degli incarichi, come gli ultimi esattori d'imposte o come gli artigiani nel quartiere argentario, dove un piccolo vaso, per poter riuscire perfetto, passa attraverso le mani di molti artigiani, non potendo essere portato a termine da uno soltanto. Ma l'unico motivo per cui si è pensato ad un lavoro in collaborazione è perché ciascuno apprendesse in breve tempo e con facilità degli aspetti specifici di un lavoro e non si vedessero costretti tutti insieme a specializzarsi in tutto il lavoro, in modo lungo e laborioso. Mentre però fra gli dèi inferiori se ne può trovare con difficoltà qualcuno la cui reputazione sia stata macchiata da qualche delitto, al contrario è difficile che fra gli dèi eletti ci sia chi è rimasto indenne dal marchio di qualche oltraggio infamante. I primi non sono giunti alla reputazione delittuosa di questi, i secondi si sono abbassati alle umili opere di quelli.

Agostino d'Ippona, La città di Dio, Editore Bompiani, 2015, pag. 342-3423

E' indubbio che Agostino d'Ippona cerca la nobiltà e lo splendore e nel cercare la nobiltà e lo splendore pensa che gli Dèi considerati protettori della città cercassero di essere i padroni della città e legge le loro "azioni" come delle azioni infami. Com'è il Dio dei cristiani, modello di Agostino d'Ippona? Un essere lontano dalla vita che si è macchiato di stragi e di delitti al punto tale che si vanta di aver macellato tutta l'umanità col diluvio universale. Un assassino e un genocida e proprio per essere un assassino e un genocida, Agostino d'Ippona lo eleva a "nobile", pieno di virtù rivestendolo di aggettivi assoluti (onnipotenza, onniscienza, ecc.).

Gli Dèi di Roma Antica vivono e abitno il mondo. Abitando il mondo vivono tutte le condizioni e le contraddizioni che caratterizzano gli uomini partecipando alle vicende degli uomini, forniscono modelli di comportamento e modelli divini che gli uomini devono evocare in sé stessi per affrontare le contraddizioni della loro vita.

Ci muove il disprezzo nei confronti di Agostino d'Ippona che sogna un mondo al di fuori della vita degli uomini trasformando gli uomini in schiavi e rubando loro il prodotto del loro lavoro. Ci muove il disprezzo nei confronti di Agostino d'Ippona per la violenza con cui impone l'astinenza sessuale per compiacere il suo Dio e distruggere la struttura emotiva degli uomini.

La Religione di Roma osservava un infinito numero di Dèi che sorgeva ad ogni azione e che modificavano l'uomo perché quando un Dio sorgeva nell'uomo che agiva nel mondo, l'uomo riempiva quel Dio delle sue emozioni e quel Dio modificava, sia pur di poco, la coscienza e la conoscenza dell'individuo che lo aveva evocato.

Non esistono nella Religione di Roma Dèi superiori o Dèi inferiori. Ogni azione è l'insorgenza di un Dio dentro gli Esseri della Natura; ogni singolo e specifico Essere della Natura manifesta gli Dèi nelle sue azioni. Dèi e parti di Dèi che sono Dèi essi stessi si manifestano nella quotidianità di un universo complesso in cui un infinito numero di Coscienze di Sé operano e creano, nell'operare, le condizioni affinché un infinito altro numero di Dèi possano germinare e partecipare alla vita.

Agostino d'Ippona ha davanti agli occhi l'idea delirante che il presente sia venuto in essere per volontà del suo Dio. Per lui, tutto l'esistente deve sottomettersi al suo creatore che detta le regole affinché l'esistente obbedisca. Non passa per la testa di Agostino d'Ippona che questo è il "male" per la Religione di Roma; il Male assoluto. Quando mai la città di Roma avrebbe obbedito ad un padrone che imponesse una morale a Roma?

Per la Religione di Roma il presente vissuto era divenuto per un numero infinito di trasformazioni alle quali hanno concorso un numero infinito di Coscienze di Sé che la Religione di Roma identificava come gli Dèi. Dunque, non c'era una morale da imporre, ma solo il rispetto del Mos Maiorum, comunque interpretato, a cui si attenevano uomini e Dèi. Sì! La città di Roma, il divenuto di Roma, era stato costruito dall'attività di un numero infinito di Dèi e uomini che hanno camminato assieme perseguendo intenti comuni. Forse la città che si immagina Agostino è stata creata con un colpo di bacchetta magica dal suo Dio, ma la città di Roma è nata dal sudore di uomini che hanno lavorato con attenzione e con passione e, nel costruirla, quegli uomini hanno manifestato un numero infinito di Dèi.

Scrive Agostino d'Ippona:

Su Giano non ho avuto occasione di sentire nulla che torni a suo disonore; è possibile che sia vero e che la sua vita sia stata più innocente e più aliena da scandalosi misfatti. Egli accolse generosamente Saturno ch'era in fuga, dividendo il regno con l'ospite, in modo che fondarono individualmente due città, l'uno il Gianicolo, l'altro Saturnia. Ma quelli che vanno in cerca di un culto divino indecoroso, trovarono la sua vita priva di sconcezze e perciò ne deturparono l'immagine con una mostruosa deformità, presentandolo ora bifronte, ora quadrifronte, come per una reduplicazione. O forse lo rappresentarono con tante facce in quanto più innocente, poiché moltissimi dèi eletti avevano perduto le proprie per azioni vergognose?

Agostino d'Ippona, La città di Dio, Editore Bompiani, 2015, pag. 343

I poeti dicono che ci sia stato un Giano che ha accolto Saturno. I poeti raccontano storie, ma non sono libri sacri della Religione di Roma Antica.

Giano rappresenta l'uomo che si è costruito nel passato, agisce nel presente in funzione del tempo che gli viene incontro. Giano deve essere rappresentato con due facce altrimenti non si trasmette l'essenza del Dio e non si comprende l'azione degli uomini sia nella loro quotidianità, sia nella società civile.

Per la Religione di Roma antica, fare sesso è una cosa decorosa. Non esisteva a Roma il controllo delle persone mediante il controllo della loro sessualità e, pertanto, non esistevano a Roma Repubblicana tutte le malattie mentali indotte sulle persone dal cristianesimo mediante la violenza sulla struttura emotiva e sulla sessualità. La morale cristiana ha la funzione di controllare le persone affinché le persone si sottomettano a Dio con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima. Gli Dèi di Roma Antica non avevano questa necessità. Non sottomettevano a sé gli uomini, non erano i padroni egli uomini e non minacciavano gli uomini con le fiamme eterne se avessero fatto sesso secondo le loro inclinazioni.

E' sufficiente citare Marziale:

"Flacco, se ai bagni senti un'ovazione
Sappi che lì c'è il cazzo di Marone.

Marziale, I cento epigrammi proibiti, libro IX, 33, tascabili Newton, 1993, pag.59

Se la società non controlla gli uomini controllando la loro sessualità, non c'è una morale che imponga sensi di colpa e con essi malattie mentali. Fare sesso come piace fare sesso è del tutto morale, legittimo, mentre, al contrario, proibire la sessualità non solo è immorale, ma è un crimine contro l'umanità con conseguenze devastanti per la società civile.

Per la Religione di Roma Antica, la sconcezza è nella testa di Agostino d'Ippona e nell'attività di Paolo di Tarso. Una sconcezza che si presenta come criminale perché obbliga le persone a comportamenti sessualmente discriminanti che negano il piacere.

I cristiani a Roma devono controllare le persone, dominarle, possederle per poterle stuprare nella psiche costringendole a supplicare il loro Dio perché costrette a vivere nel dolore e contro le pulsioni naturali, quella legge naturale della vita che spinge le persone ad espandere sé stesse.

La contrapposizione fra l'idea della libertà sessuale di Roma Repubblicana e il controllo della sessualità mediante l'astinenza anche se nel primo secolo dell'impero non appare nella vita civile, nonostante le attività degli stoici, inizia a mostrarsi alla fine del I secolo d. c. a mano a mano che stoicismo, neoplatonismo e cristianesimo si impongono nella società civile romana.

Oggi come oggi sappiamo che sconcio è Agostino d'Ippona, non le persone che avevano bisogno di sodisfare la loro sessualità. Sconcia è la madonna dei cristiani che eleva elogi al suo Dio che l'ha stuprata. Ha stuprato proprio lei, l'eletta, e non ha stuprato altre donne (Magnificat nel Vangelo di Luca).

Gli Dèi di Roma Repubblicana forniscono i modelli esistenziali agli uomini. Gli uomini vivono, combattono, amano e muoiono. Può non piacere, ma sono le condizioni nelle quali gli uomini vivono e sono le condizioni alle quali gli uomini si devono preparare per poter vivere. Agostino d'Ippona, al contrario vuole disarmare gli uomini affinché il suo Dio si possa divertire a mandare condizioni atroci di vita ad uomini disarmati e incapaci di far fronte ai problemi.

Quale morale, dunque?

Scrive Agostino d'Ippona:

Proviamo a prestare ascolto alle interpretazioni di natura fisica con cui costoro si sforzano di mimetizzare sotto le sembianze di un insegnamento più alto la sconcezza di un errore disgraziato. Prima di tutto Varrone giustifica quelle interpretazioni dicendo che gli antichi avevano raffigurato statue, insegne e ornamenti degli dèi in modo tale che, fissate attentamente con gli occhi da coloro che erano iniziati a quei misteri della dottrina, vi potessero vedere con lo spirito l'anima del mondo e le sue parti, cioè i veri dèi. Secondo lui, quanti raffigurarono in modo antropomorfico le immagini degli dèi hanno voluto significare che l'anima dei mortali che è nel corpo umano è identica all'anima immortale; come se si allineassero dei vasi per contrassegnare i vari dèi e nel santuario di Libero venisse collocata una cesta per bottiglie che indicasse il vino, cioè il contenente per indicare il contenuto. Allo stesso modo, con una statua dalle sembianze umane si indica l'anima razionale, poiché in tal modo sarebbe contenuta come in un vaso questa natura che è la stessa di Dio o degli dèi.

Agostino d'Ippona, La città di Dio, Editore Bompiani, 2015, da pag.339-344

Gli Dèi dell'Antica Roma Repubblicana si potevano rappresentare sia sotto forma di immagini, sia sotto forma di oggetti che ne indicassero le caratteristiche capaci di attirare l'attenzione delle persone.

Per la Religione di Roma Antica, gli Dèi abitavano il mondo, il cibo, il vino, le relazioni sessuali, le relazioni famigliari, le relazioni sociali, le relazioni di lavoro, ecc. erano tutte manifestazioni degli Dèi che abitavano con gli uomini e con gli uomini condividevano quanto uomini e Dèi costruivano.

Questa familiarità di uomini e Dèi era qualche cosa di sconosciuto per Agostino d'Ippona che mette il suo Dio al di fuori della vita, al di fuori della portata degli uomini, in modo da essere colui che dice agli uomini che cosa il suo Dio vuole o non vuole. Il Dio dei cristiani non vive le fatiche degli uomini e non vive il piacere che possono vivere gli uomini. Il Dio dei cristiani si nutre della sofferenza degli uomini e si compiace del dolore degli uomini. Il Dio dei cristiani è l'assassino che dice agli uomini come devono o non devono fare sesso e, per questo, macella tutti gli abitanti di Sodoma e Gomorra.

Agostino d'Ippona non è in grado di scorgere Venere in un bel collo di donna, come non è in grado di cogliere Venere nel rapportarsi con le persone perché lui, in quanto inviato di Dio, pretende che le persone si mettano in ginocchio davanti a lui sollecitando l'imperatore Onorio a macellare i non "credenti".

Gli antichi, con le statue rappresentavano gli Dèi nella razionalità. Dèi come uomini e donne con le caratteristiche del loro essere nel mondo che si manifestava nella ragione. Opi è rappresentata dalla cornucopia simbolo dell'abbondanza, ma la soddisfazione, derivata dall'abbondanza, era espressione di Opi. Cerere ha in mano grano simbolo della crescita, ma il crescere e l'espandersi è la manifestazione di Cerere dentro ogni Essere della Natura. Nettuno ha in mano il tridente simbolo del mare, a il mare, in quanto mare, è Nettuno e il desiderio del mare è Nettuno che si esprime dentro ogni Essere della Natura. Nei simboli e nelle immagini richiami alla mente gli Dèi che ti stanno attorno e li alimenti dentro di te, li evochi, e quegli Dèi danno forza ed emozioni alle azioni affinché, nell'evocarli, ogni uomo o donna possa diventare un Dio.

Puoi collocare delle bottiglie di vino e in quelle bottiglie veder Liber Pater, Dioniso. Puoi pensare allo sconfitto dell'esistenza che beve pur di non farsi strumentalizzare dal nemico che lo ha distrutto; oppure puoi vedere il nato tre volte. Colui il cui corpo viene smembrato dai Titani per partorire il proprio corpo luminoso, il Genio o la Iuno, che è diventato.

La razionalità la puoi solo rappresentare in fattezze umane. Così Minerva in fattezze umane rappresenta l'intelligenza progettuale degli uomini che costruiscono e trasformano il loro ambiente.

La Religione di Roma era la vita che si manifesta da parte di donne e uomini che costruiscono un futuro possibile in un mondo di Dèi dove essi stessi si fanno Dèi nel momento in cui progettano il loro futuro. Un mondo che Agostino d'Ippona disprezza perché è impaurito dagli uomini consapevoli di sé preferendo un mondo di uomini paurosi e rinunciatari che pregano il suo Dio padrone affinché risolva i loro problemi.

Dice il Gesù dei cristiani:

"Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena."

Vangelo di Matteo 6, 25-34

Questo è l'ideale di Agostino d'Ippona: uomini supplici, poveri, abbandonati a sé stessi che supplicano l'intervento del loro Dio padrone. Nella Religione Antica gli uomini erano attivi perché gli Dèi germinavano dentro di loro ed essi riconoscevano gli Dèi nelle loro stesse azioni e mentre agivano venivano invasi dalla forza divina dei costruttori della vita. Una forza divina che nata dall'uovo luminoso in Nera Notte all'inizio del tempo pervade la materia spingendola a diventare cosciente e consapevole.

Scrive Agostino d'Ippona:

Questi sono i misteri della dottrina che un uomo così dotto aveva scandagliato per poter giungere ad una spiegazione del genere. Ma, o uomo intelligentissimo, hai forse perduto tra i misteri di tale dottrina quella saggezza per mezzo della quale giudiziosamente ti è parso che quanti per primi hanno introdotto immagini tra i popoli hanno tolto alle proprie città il timore e aumentato l'errore, e che ti ha fatto osservare che gli antichi Romani venerarono gli dèi in modo più puro senza immagini? Il loro comportamento fu per te tanto autorevole da darti il coraggio di criticare i loro discendenti. Se infatti anche il culto più arcaico avesse riconosciuto le immagini, probabilmente circonderesti di un timoroso silenzio questo tuo modo, ancorché vero, di considerare negativamente le immagini, e così celebreresti con più elevata loquacità i misteri di questa dottrina, fatti di finzioni funeste e vuote. Eppure la tua anima così dotta e intelligente (e per questo ti compiangiamo molto) per mezzo di questa dottrina non è riuscita ad arrivare al suo Dio, dal quale (e non col quale) è stata fatta, del quale è creatura e non parte; Egli che non è anima universale, ma creatore di ogni anima, e grazie alla sua luce ogni anima può divenire beata, se non mostra ingratitudine verso la sua grazia.

Agostino d'Ippona, La città di Dio, Editore Bompiani, 2015, da pag.339-344

E vero, Varrone era un individuo dotto, cosa che non si può dire di Agostino d'Ippona che va annoverato fra i criminali. Quando sta per morire, in Africa stanno arrivando i Vandali cristiani, ma ariani (seguaci di Ario). Agostino d'Ippona nel suo delirio vede la fine del mondo.

Varrone è arrivato agli Dèi, li ha descritti raccontando storie che alle orecchie di Agostino d'Ippona sono apparse incomprensibili. Lui che si mette in ginocchio davanti al suo Dio padrone "creatore di ogni anima" e delira di un Dio creatore, di un'anima immaginando sé stesso "profeta di Dio", non riesce a capacitarsi come ci siano delle persone capaci di vivere affrontando la loro vita. Persone che arano, seminano e raccolgono perché si preoccupano del futuro sia della società che di ogni singolo uomo.

Varrone non ha parlato di idolatria. L'antica Religione di Roma non adorava le statue, con le statue rappresentava gli Dèi, simboleggiavano il divino che sorge e si esprime fra gli uomini.

Varrone non ha "un'anima dotta e intelligente", Varrone è dotto ed intelligente. La conoscenza l'ha costruita lavorando giorno dopo giorno e ha aperto la sua sensibilità emotiva nel tentativo di comprendere il mondo in cui abita.

Agostino d'Ippona, al contrario di Varrone, non abita il mondo in cui vive. Lui desidera essere il padrone del mondo, possederlo e violentarlo affinché il mondo si metta in ginocchio davanti al suo Dio.

Un solo amore, l'amore per la vita, ha indotto gli uomini a costruire le loro città. Uomini che hanno raccolto le pietre, le hanno disposte in maniera funzionale mettendole una sull'altra, giorno dopo giorno. Uomini che guardavano al loro futuro e alla loro sicurezza sia per sé che per i loro figli. Questo è stato possibile perché quegli uomini hanno saputo ascoltare gli Dèi che emergevano dentro di loro. Hanno ascoltato le loro intuizioni, hanno usato l'intelligenza dei loro corpi e si sono preoccupati del domani.

Questi uomini era quelli a cui sorridevano gli Dèi:

" Giove sorrise, e soggiunse: "Con questi mezzi cerca di scongiurare i miei dardi, o uomo non indegno del colloquio con gli dei"."

Il cristianesimo porta l'odio per gli uomini che amano la vita. Un odio violento affinché gli uomini si sottomettano al suo Dio padrone che terrorizza gli uomini con fiamme in cui bruciarli o diluvi universali possibili con cui terrorizzarli. L'odio cristiano semina dolore e distruzione, miseria e indigenza e gli indigenti sognano "mari di tocio e montagne di polenta". Ed ecco Agostino d'Ippona mentre costruisce miseria, morte e distruzione, indicare la "città di Dio" come luogo dove la miseria e la morte, da lui imposta agli uomini a maggior gloria del suo Dio, non c'è perché ad attenderli ci sarebbero "mari di tocio e montagne di polenta". Invece, dopo la miseria c'è ancora la miseria perché l'infinito, l'eterno, è costruito dall'uomo mentre ricerca la felicità risolvendo i problemi della sua vita quotidiana.

Varrone ha indicato la via dell'infinito agli uomini mentre Agostino d'Ippona li sacrificava bruciandoli in olocausto per la gloria del suo padrone.

Marghera, 09 febbraio 2021

 

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

Membro fondatore
della Federazione Pagana

Piaz.le Parmesan, 8

30175 Marghera - Venezia

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

 

 

 

Indice dei temi Seguire la Religione di Roma Antica

Argomenti

Torna all'indice di Religione Pagana

Tracce del tempio di Mater Matuta - Roma