Varrone e Agostino, la gerarchia cattolica
e la Religione di Roma Antica

Seguire la Religione di Roma Antica
Capitolo decimo

di Claudio Simeoni

Medusa - Musei Capitolini di Roma

Varrone e Agostino, la gerarchia cattolica e la Religione di Roma Antica

Ho già risposto perché esistono nella Società Romana Dèi considerati così importanti da avere un culto pubblico ed essere Dèi riconosciuti da tutti gli abitanti di Roma e Dèi che, al contrario, hanno un culto privato o sono religiosamente pensati nel momento stesso in cui la loro azione è riconosciuta dagli uomini. Dèi che non hanno culto perché sono vissuti e riconosciuti nelle azioni e nelle modificazioni dell'ambiente. Dèi che possono essere semplicemente invocati o evocati in situazioni contingenti della vita delle persone. La Religione di Roma Antica è una religione sciamanica dove ogni azione e ogni condizione dell'esistenza è la manifestazione di un Dio e gli uomini, agendo su di lui, possono modificare la trasformazione indotta dall'azione del Dio a loro favore. I cristiani, davanti alle condizioni del mondo, supplicano il loro Dio padrone affinché intervenga in loro favore. Gli abitanti di Roma Antica davanti alle condizioni del mondo cercano le relazioni fra gli Dèi che hanno generato quelle condizioni e manifestano gli Dèi dentro di loro nell'oggettività per modificare le condizioni della loro esistenza.

Scrive Agostino d'Ippona:

Chi può dubitare infatti che è meglio avere una buona mente anziché una memoria, vasta quanto si voglia? Chi ha una buona mente non è cattivo; ci sono invece uomini molto malvagi che posseggono una memoria sorprendente e sono anzi tanto peggiori quanto meno possono dimenticare i loro cattivi pensieri. Eppure Minerva è tra gli dèi eletti, mentre la dea Mente è sommersa da una schiera vile! Che dire poi di Virtù e Felicità? Su di loro mi sono alquanto dilungato nel quarto libro; pur considerandole delle dee, non si è voluto collocarle tra le dee elette, come invece si è fatto con Marte e con Orco, l'uno che provoca la morte, l'altro che l'accoglie.

Agostino d'Ippona, La città di Dio, Editore Bompiani, 2015, pag. 341

Anche in questo passo ci viene rivelata la mentalità di Agostino d'Ippona.

Quando Agostino d'Ippona afferma " Chi può dubitare infatti che è meglio avere una buona mente anziché una memoria, vasta quanto si voglia?" sta anteponendo il concetto di "oggetto posseduto" da un individuo a quanto l'individuo ha costruito nella sua esistenza. Un individuo costruisce la sua mente analitica, costruisce la qualità della sua memoria. Quando questo che ha costruito viene espresso nella sua attività, quest'individuo è la sua mente analitica ed è la sua memoria. La memoria e la mente analitica rappresentano l'individuo nel mondo in cui vive affrontando i fenomeni che dal mondo giungono a lui.

Io non possiedo la mente, io ho costruito la mia mente. Io non possiedo la memoria, io ho costruito la qualità della mia memoria. Questi Dèi, chiamateli Mens oppure alla greca Mnemosine, sono sorti dentro di me e io li ho alimentati esprimendoli nelle mie azioni. Li ho espressi, ho scelto, in quelle scelte ho riversato le mie emozioni e mi sono plasmato e ora: ecco la mia mente; ecco la mia memoria. Ecco la Mens dentro di me, ecco la Mnemosine dentro di me.

La Mens o la Mnemosine che si esprime attraverso me non dice dove e in che direzione devo usare la Mens o la Mnemosine dentro di me. Mens o Mnemosine non possono essere considerate malvage perché è la mia volontà che ha fatto le scelte che hanno portato a costruire Mens o Mnemosine dentro di me.

La mente analitica che esprimo è Minerva. Minerva che si esprime dentro di me come Mens e diventa Mens perché io non posso contenere Minerva (Atena non fu contenuta nemmeno dalla testa di Zeus) ma posso alimentare solo quella porzione di Minerva che io trasformo alimentandola dentro di me come Mens e con cui affronto una tipologia di fenomeni nella mia quotidianità.

Ora diciamo qualche cosa che Agostino d'Ippona non comprende: tutte le Mens, in tutti gli Esseri dell'Universo che hanno coscienza di sé, sono il corpo fisico di Minerva che come tante cellule abitano i viventi e i viventi, usando la loro Mens alimentano e trasformano Minerva: la Minerva Universale. La Minerva Universale soccorre ogni Essere che esprime la sua Mens quando gli Esseri viventi usano la loro mente per affrontare le sfide quotidiane nella direzione in cui la Minerva universale ha progettato.

Prendiamo in esame "Virtù". Che cos' è la Virtù? E' l'atteggiamento dell'uomo nel mondo in cui vive che tende a migliorare sé stesso in armonia con il mondo. L'uomo si mette al servizio del mondo perché il benessere del mondo alimenta il proprio benessere. La Virtù è un Dio che sorge nell'Essere Umano e che lo porta a considerare il mondo come la propria casa. Possiamo parlare degli aspetti divini che caratterizzano la virtù di una persona. Possono essere diversi da cultura a cultura, da insieme sociale ad insieme sociale, ma una persona rivela il Dio Virtù quando si apre al mondo e mette in armonia i propri bisogni e le proprie necessità con i bisogni e le necessità del mondo.

La virtù che il Dio dei cristiani chiede ai suoi adoratori è l'umiltà e l'obbedienza davanti a lui; il cristiano chiama obbedienza, umiltà e sottomissione, virtù.

Ma il Dio Virtù non si sottomette a nessuno perché come Virtù vede nell'altro un soggetto uguale a sé stesso. Così dall'altro chiede il medesimo rispetto. La Virtù della persona religiosa Pagana è quella di essere considerato uguale agli Dèi che manifesta e con i quali stipula il contratto, gli accordi, quando li evoca nella propria quotidianità.

Domanda: un cristiano potrebbe mai considerarsi uguale al suo Dio e pretendere che il suo Dio sottostia alla medesima legge che è imposta a lui? Un cristiano supplica Dio, non può pretendere che il suo Dio ottemperi agli impegni.

E parliamo di Felicità. Felicità è un Dio che si manifesta come soddisfazione ed euforia nell'uomo che lavora. Nell'uomo che progetta, nell'uomo che coraggiosamente modifica la realtà in cui vive in vista di un possibile futuro. Ha progettato, ha lavorato, ha faticato, poi ha realizzato il suo obbiettivo. Tutta la tensione si scarica, l'uomo si rilassa mentre in lui un Dio sorge nella sua soddisfazione.

Non si è voluto collocare le Dee Vitus e Felicità assieme a Marte e Orco? Scelte della società di Roma che ritiene che risolvere le contraddizioni nelle quali si vive, Marte, porti alla felicità di ogni singolo individuo. Spesso le contraddizioni sono una questione sociale, un patrimonio collettivo, che la società deve affrontare collettivamente mentre, Felicità, si esprime dentro ogni Essere che nella collettività ha lavorato per risolvere la contraddizione. Forse qualche persona di quella società non ha collaborato attivamente, forse ha qualche rimpianto per ciò che avrebbe potuto fare quando poteva farlo e ora, anziché sorgere Felicità dentro di lui, sorge Rimpianto.

Scrive Agostino d'Ippona:

Vedendo dunque anche gli dèi eletti affaccendati in queste operazioni minute, che minuziosamente sono state distribuite fra moltissimi di loro, come un Senato che opera sullo stesso piano della plebe, ed accorgendoci che taluni dèi, che non si è pensato mai di privilegiare, hanno funzioni di gran lunga superiori e più importanti di quelle degli dèi eletti, rimane da pensare che essi furono considerati eletti e speciali non per l'importanza delle loro funzioni, ma perché hanno avuto la buona sorte d'essere più conosciuti dal popolo. Anche Varrone, in proposito, afferma che a taluni dèi padri e dee madri sia capitato di cadere nell'oscurità, come capita agli uomini.

Agostino d'Ippona, La città di Dio, Editore Bompiani, 2015, pag. 341

Varrone aveva scritto che un tempo c'erano degli Dèi importanti la cui importanza decadde e furono dimenticati. Questo accadde in ogni popolo antico, sia perché i popoli si fondono con altri e nella fusione perdono alcune caratteristiche prendendone altre, sia perché la stessa forza divina può essere ricordata con nomi diversi. Come Strenua, Salus, Febris, Igea, Esculapio, ecc. Poi, magari, Strenua viene ricordata ancor oggi nelle Strenne, i regali, delle feste di fine anno, ma dimenticata come Dio che mantiene quell'equilibrio nei corpi che chiamiamo "Salute". I nomi degli Dèi cambiano o decadono, non gli Dèi che possono essere chiamati con molti e vari nomi.

In una società "democratica", come fu la Repubblica Romana, ci sono funzioni, lavori e ruoli dove gli Dèi, che gli uomini considerano importanti per la società o per la vita, sono e non necessariamente sono gli Dèi che emergono nell'Essere Umano e che l'Essere Umano manifesta nelle sue azioni.

Rimane in Agostino d'Ippona la visione assolutista, gerarchica, di una società governata da un imperatore che è tale per volontà di Dio. Un imperatore che ha spostato la sede del suo potere da Roma a Ravenna e che vive tremante per l'arrivo in Italia dei Goti di Alarico che lui ha tradito perché incapace di onorare gli accordi che aveva sottoscritto.

Privilegi e schiavitù sono le categorie sociali che girano nella testa di Agostino d'Ippona e non si capacita come alcuni Dèi siano considerati importanti mentre altri Dèi sono meno celebrati dai Romani.

Scrive Agostino d'Ippona:

Se dunque è probabile che la Felicità non fu ammessa tra gli dèi eletti, poiché si giunge a tale onore fortuitamente e non in base a certi meriti, almeno avrebbero potuto collocare in mezzo a loro, o piuttosto in cima, la Fortuna, considerata come una dea che concede i suoi doni come capita e non seguendo un disegno razionale. Questa sarebbe dovuta stare al di sopra di tutti gli dèi eletti, tra i quali esibire il proprio potere, visto che li vediamo eletti non per l'eccellere della virtù o per una giustificata felicità, ma proprio per il potere arbitrario della Fortuna, come viene considerato dai suoi fedeli. Infatti anche un uomo così eloquente come Sallustio si riferisce indubbiamente a questi dèi quando afferma: "Fortuna signoreggia ogni popolo, ed a capriccio suo non a ragione, lo illustra o l'oscura". Del resto, non si spiega in altro modo perché viene celebrata Venere e dimenticata la Virtù, quando entrambe sono considerate dee ed i loro meriti non sono neppure paragonabili.

Agostino d'Ippona, La città di Dio, Editore Bompiani, 2015, pag. 341-342

Un discorso a parte va fatto per Fortuna. Agostino d'Ippona dice che la Dea Fortuna dovrebbe stare sopra tutti gli Dèi perché l'onore di essere Dèi eletti lo si deve a Fortuna. Per fare la sua riflessione assolutista, Agostino d'Ippona cita Sallustio nella "Congiura di Catilina".

Fortuna sta alla Religione di Roma come Caos sta alla Religione Greca. Solo che mentre Caos nella Religione Greca prefilosofica aveva una dimensione cosmica, Fortuna ha una dimensione pragmatica rispetto alla vita degli uomini. Un ordine emerge dal Caos, ma l'ordine che emerge non ordina il Caos. Si limita a costruire un terreno conosciuto, che funziona in base a norme e principi. Questo terreno diventa un'isola nel Caos. Un'isola di conosciuto in un immenso sconosciuto e inconoscibile. L'uomo vive in quest'isola conosciuta la quale è continuamente bombardata da fenomeni provenienti dal Caos. Fenomeni generati dall'inconoscibile e fenomeni generati dallo sconosciuto, per quanto una ragione tenti di ordinare il mondo, lo sconosciuto in cui vive è sempre maggiore di quanto conosce.

Dallo sconosciuto emergono fenomeni che possono favorire i progetti di un individuo o lo possono danneggiare. Questo presentarsi di condizioni si chiama Fortuna. L'uomo coraggioso ha passato a vita ad attrezzarsi affrontando i problemi quotidiani e per questo è pronto per affrontare gran parte dei fenomeni che emergono dallo sconosciuto che convive col proprio conosciuto.

Nessuno prega Fortuna. Fortuna si presenta nell'uomo attrezzato per affrontare i fenomeni del mondo perché l'uomo attrezzato non è vissuto ignorando né i problemi né la società in cui vive. L'uomo attrezzato ha lavorato, ha trasformato il suo presente mettendosi nella posizione più favorevole all'arrivo dello sconosciuto. E' caduta la frana, ma nel costruire la casa ho analizzato il terreno e la frana non me l'ha distrutta.

La Virtù viene celebrata, ma il concetto di Virtù non è quello cristiano. La Virtù degli uomini che vivono empaticamente le condizioni del loro mondo è celebrata. Non viene celebrato il senso della Virtù cristiana intesa come bigottismo ed esaltazione dell'astinenza sessuale. Non viene celebrata la Virtù in contrapposizione alla sessualità che Venere ispira fra gli uomini anche quando si vuole intendere Venere esclusivamente come un modello sessuale e non come "venerare" quel Dio che sorge nell'Essere Umano e che lo rende gentile, affabile, attento, affascinate e desiderabile nel mondo in cui vive.

Scrive Agostino d'Ippona:

Se invece si ritiene più meritevole di onore ciò che è ricercato dai più, così come Venere è richiesta più della Virtù, perché si celebra la dea Minerva e si dimentica la dea Pecunia? Eppure nel genere umano il possesso ha più seguaci della scienza, ed anche tra coloro che coltivano un'arte raramente puoi trovare qualcuno che non voglia ricavare un qualche guadagno da essa; ciò che conta per la maggioranza è lo scopo per cui si realizza qualcosa, più che il mezzo che permette di realizzarlo. Se dunque questa selezione di dèi è dipesa dal giudizio insensato di molti, perché la dea Pecunia non è stata anteposta a Minerva, visto che molti lavorano proprio per il denaro? Se invece questa distinzione dipende dalla sapienza di pochi, perché non s'è anteposta la Virtù a Venere, come sicuramente vorrebbe la ragione? Ma almeno la stessa Fortuna - la quale, come ho avuto modo di dire, per esplicito riconoscimento di chi ne riconosce tutto il potere, domina ovunque, innalzando o abbassando tutte quante le cose a capriccio piuttosto che secondo verità, che ha potuto tanto anche nei confronti degli dèi, innalzando o abbassando chi voleva secondo l'arbitrarietà dei suoi giudizi - avesse avuto un posto di riguardo tra gli dèi eletti, visto che anche su di loro il suo potere è così grande! Se così non è stato, dovremmo allora imputarlo solo al fatto che la stessa Fortuna ha avuto una fortuna avversa? In tal caso si è avversata da sola, nobilitando gli altri senza nobilitare se stessa!

Agostino d'Ippona, La città di Dio, Editore Bompiani, 2015, pag. 342

Tutta l'ideologia di Agostino d'Ippona si riduce al controllo dell'individuo. L'individuo ridotto a merce e il denaro elevato ad idolo ideale da Agostino d'Ippona. Pecunia e Argentinus erano la ricchezza prodotta dal lavoro che ha in Opi l'abbondanza e la sovrabbondanza dei beni che soddisfano i bisogni degli uomini. Agostino d'Ippona non vede in Pecunia un mezzo usato dagli uomini per soddisfare i loro bisogni, ma vede in Pecunia il potere del possesso attraverso il quale possedere gli uomini, le loro emozioni e i loro desideri.

Per Agostino d'Ippona il possesso è superiore all'arte, alla capacità di lavorare, alla capacità di produrre la ricchezza. Possedere la ricchezza consente ad Agostino d'Ippona di controllare chi produce la ricchezza che, in quanto produttore, non vive della nobiltà di chi possiede ricchezza per controllare e sottomettere chi la ricchezza la produce.

Allo stesso modo, Agostino d'Ippona considera Venere, quando si esprime nel piacere sessuale, inferiore alla Virtù quando la si considera come castità e rinuncia al piacere sessuale. E' una questione di scelte. Paolo di Tarso era sessualmente impotente ed elevò la sua impotenza a dono di Dio che i suoi seguaci dovevano invidiare e alla quale i suoi seguaci dovevano tendere.

Detto questo, gli uomini non lavorano per il denaro, ma per il benessere. Che poi, nella società, il benessere viene misurato attraverso il denaro è solo un mezzo di misura, non l'oggetto a cui l'uomo tende. La pulsione che emerge nell'uomo è quella della necessità di agire per modificare le condizioni del proprio presente affrontando la contraddizione esistenziale fra sé e la natura. Una contraddizione che l'uomo affronta con l'emergere di Marte dentro di sé e che porta all'emergere di Pecunia come Dio costruito dentro all'uomo mediante la soluzione della contraddizione fra sé e il mondo. E perché non citare Argentinus che emerge dentro agli uomini che speculano col lavoro di altri accumulando ricchezze? Loro vendono il prodotto di altri uomini ed acquistano il prodotto di altri uomini per rivenderlo. Nell'uno e nell'altro passaggio impongono un sovraprezzo che diventa la ricchezza che loro accumulano che non è diversa dalla borsa di denari nelle mani di Mercurio.

E perché non citare Fortuna anche in quest'ambito? In fondo l'intuizione e la conoscenza emerge dentro all'Essere Umano. Quando hai avuto la sensazione che la tua nave dovesse partire con le merci? L'hai fatta partire oggi, perché avevi fretta, e la nave è affondata nella tempesta; l'hai fatta partire ieri perché temevi i venti e hai fatto un buon profitto. Hai ascoltato dentro di te le sollecitazioni del mondo. Hai interpretato le sensazioni del mondo o non hai ascoltato le sensazioni de mondo. Solo tu hai permesso a Fortuna di emergere dentro di te; solo tu hai impedito alla Dea Fortuna di emergere dentro di te.

 

Marghera, 09 febbraio 2021

 

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

Membro fondatore
della Federazione Pagana

Piaz.le Parmesan, 8

30175 Marghera - Venezia

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

 

 

 

Indice dei temi Seguire la Religione di Roma Antica

Argomenti

Torna all'indice di Religione Pagana

Tracce del tempio di Mater Matuta - Roma