Varrone e Agostino d'Ippona, gli Dèi considerati maggiori

Seguire la Religione di Roma Antica
Capitolo ottavo

di Claudio Simeoni

Medusa - Musei Capitolini di Roma

Varrone e Agostino d'Ippona, gli Dèi considerati maggiori nella religione di Roma

La Religione di Roma Antica è una religione dell'azione. La Religione di Roma Antica non descrive la "verità degli Dèi", ma incontra gli Dèi nelle azioni ed è attraverso le azioni che la religione di Roma Antica riconosce la presenza degli Dèi nella quotidianità degli uomini.

Marco Terenzio Varrone (116 a.c.-27 a.c.) scrive un libro in cui ricapitola la Religione di Roma. Si tratta del libro Antiquitates rerum humanarum et divinarum. Il libro è stato distrutto dai cristiani ed è andato perduto. Tuttavia, Varrone riceve gli insulti di Agostino d'Ippona (354 d. c.-430 d. c.) che diffama la Religione Romana tentando di ridicolizzarne gli Dèi.

La necessità di Agostino d'Ippona di aggredire la Religione di Roma come descritta da Varrone dimostra come la Religione di Roma fosse ancora viva e presente se non altro nei racconti e nell'educazione anche ai tempi di Agostino d'Ippona nel V secolo d. c.

Quando Agostino d'Ippona scrive " De civitate Dei contra Paganos" o più comunemente "La città di Dio", fra il 413 e il 426 d. c. Pretestato è morto da 30 anni e l'imperatore era Onorio e Costanzo III. Imperatori cristiani che perseguivano con la tortura e la morte tutte le manifestazioni di religiosità diverse dal cristianesimo.

Agostino d'Ippona è estraneo alla Religione di Roma Antica, antica anche per lui, nato e vissuto in un ambiente cristiano, anche se eretico, è educato cristianamente, in particolare dalla madre, e tutta la sua vita è una continua ricerca del potere e del dominio dell'uomo sull'uomo. Per farlo deve diffamare ogni cosa che gli può ostacolare l'idea di dominio e, fra le altre cose, c'è la descrizione di questa Religione di Roma Antica che appare così strana e incomprensibile ai suoi occhi che vedono solo un mondo morto e silenzioso creato dal suo Dio padrone con cui egli si identifica.

La Religione di Roma Antica, dove il corpo degli Dèi è un corpo di azioni, gli appare estraneo e pericoloso per il cristianesimo. Agostino d'Ippona ha la necessità di diffamare l'antica religione di Roma come descritta da Varrone. Avrebbe potuto fare la stessa operazione con i Fasti di Ovidio, ma Agostino d'Ippona non aveva paura dei Fasti di Ovidio, ma degli Dèi di Varrone.

Non voglio fare una disamina del pensiero di Agostino d'Ippona, qui mi interessa mettere in luce il meccanismo di diffamazione, che è un meccanismo di guerra, messo in atto da Agostino d'Ippona contro l'Antica Religione di Roma in relazione agli Dèi e a come i cristiani hanno aggredito e diffamato ideologicamente gli Dèi dell'Antica Roma.

Le citazioni, anche se lunghe e articolate, mi servono per far comprendere che cosa deve affrontare una persona che chiama sé stessa Pagana e vuole riferirsi alla Religione dell'Antica Roma qualora volesse o intendesse riprendere gli antichi culti. Non si può fingere che Agostino d'Ippona non abbia detto nulla e non si può fingere che il cristianesimo non si sia costruito macellando le Antiche Religioni non solo per quanto riguarda gli uomini, ma anche e soprattutto ha macellato il loro modo di pensare e di vivere il mondo.

Io prendo in esame una piccola frazione del libro "La città di Dio" per gli scopi che ha questo scritto di riflessione sul significato del "Seguire il culto dell'Antica religione di Roma". La volontà diffamatoria di Agostino d'Ippona la troviamo citata più volte nel suo testo. La contrapposizione che fa Agostino d'Ippona è molto semplice: o ami gli uomini e la società oppure ami Dio. Ed è la scelta posta da Gesù: o ami Gesù o ami gli uomini (padre, madre, fratelli, ecc.). Se ami Dio devi essere disposto a macellare gli uomini, a diffamarli, a distruggerli per la gloria di Dio. Se ami gli uomini, devi essere ammazzato affinché Dio trionfi. E' il significato delle "due città" di cui Agostino d'Ippona parla alla fine del "Libro XIV".

Scrive Agostino d'Ippona:

Nel corso di un unico libro Varrone raccomanda questi dèi come eletti: Giano, Giove, Saturno, Genio, Mercurio, Apollo, Marte, Vulcano, Nettuno, Sole, Orco, padre Libero, Tellus, Cerere, Giunone, Luna, Diana, Minerva, Venere, Vesta; venti in tutto, dodici maschi e otto femmine. Questi numi sono detti eletti per incarichi più importanti che hanno nel mondo o perché sono più famosi presso i popoli e viene loro tributato un culto più importante?

Nel primo caso, non dovremmo incontrarli in mezzo a quella schiera di divinità quasi plebee che hanno incarichi insignificanti. Facciamo il caso di Giano: al momento del concepimento, da cui nascono quegli interventi ripartiti minutamente fra dèi minuti, è lui che apre all' accoglimento del seme. Per lo stesso motivo è presente Saturno; c'è Libero, che libera nel maschio l'espulsione del seme, e così Libera, che identificano con Venere e che offre un analogo aiuto alla femmina, anch'essa liberata dopo l'emissione del seme. Tutti questi sono chiamati dèi eletti. Ma vi è pure Mena, la quale presiede al flusso mestruale, ma che non è nobile pur essendo figlia di Giove; un compito analogo a questo, nel libro dedicato agli dèi eletti, Varrone lo assegna alla stessa Giunone, che è pure regina di questi dèi, ed anche a Lucina, associata a Mena, sua figliastra. Vi sono infine due dèi assolutamente sconosciuti, Vitumno e Sentino, che danno al concepito l'uno la vita, l'altro la sensibilità. E' incredibile che, pur nella loro autentica umiltà, i loro doni superino di gran lunga quelli di tanti dèi aristocratici ed eletti. Senza la vita e la sensibilità, ciò che una donna porta in grembo sarebbe infatti qualcosa di assolutamente spregevole, da paragonare alla polvere e al fango.

Agostino d'Ippona, La città di Dio, Editore Bompiani, 2015, pag. 338-339

Iniziamo a considerare questa prima premessa. Noi viviamo in un immenso mondo; ciò è innegabile! L'immenso mondo in cui viviamo è fatto di azioni, azioni che facciamo e azioni che subiamo e che provocano una continua trasformazione di un presente mai uguale a sé stesso; ciò è innegabile! Noi, come Esseri della Natura e Esseri Umani in particolare, diciamo che un'azione modifica il presente e che un'azione è intelligente quando quell'azione modifica il presente per soddisfare le nostre necessità o i nostri bisogni; ciò è innegabile! Quando noi osserviamo un'azione presupponiamo che ci sia un soggetto che la compie. Spesso lo individuiamo tipo "il libro cade a terra perché lui lo ha spinto", ma le azioni sono due, una che il libro cade a terra e l'altra perché è stato spinto. Però io posso assistere all'azione che il libro è caduto a terra senza vedere che qualcuno lo ha spinto. Alla mia percezione un'azione appare come un oggetto in sé, solo la mia ragione cerca di trovare una causa e, quando non la trova, se la inventa, tipo "Dio ha fatto cadere il libro".

L'azione viene vissuta come un oggetto in sé e dall'insieme delle azioni si può dedurre un tipo di mondo, un tipo di realtà, sconosciuta ed estranea non solo al cristianesimo, ma anche a tutta la filosofia greca e in particolare al platonismo, allo stoicismo e al neoplatonismo. La filosofia greca non tratta il mondo dell'azione, tratta solo il mondo come forma e quantità.

Se dalle mie azioni si può dedurre la mia intelligenza e le mie intenzioni, nulla vieta che io non sia portato a dedurre che ogni azione, che si manifesta nel mondo in cui vivo, è espressione di intelligenza e di intenzioni. Dal momento che le azioni sono molte e molte sono le intenzioni, non posso far altro che pensare che equilibri e adattamenti si producano nell'immenso delle azioni e nell'immenso delle intenzioni che entrano in relazione.

L'azione è un mondo che appartiene alla dimensione tempo, come il mutamento, la trasformazione e il divenire, ma l'uomo vive nella dimensione tempo, bloccando in esso la sua coscienza, solo quando sospende la ragione nel corso dell'azione. Dopo di che, la ragione riprende il controllo della coscienza e descrive la qualità dell'azione, l'importanza dell'azione, la collocazione dell'azione nel mondo in cui quella ragione agisce. La ragione conferisce una forma ad una qualità alle azioni e le attribuisce ad un soggetto altro la cui presenza genererebbe quelle e solo quelle azioni.

Nell'immenso delle azioni e nell'immenso delle intenzioni, la ragione umana ritaglia una porzione che può più o meno descrivere e che diventa, per il nato nella natura, la sua forma del mondo. La ragione non percepisce le azioni in quanto azioni ma le trasforma in forma a cui dà un nome e da quest'azione della ragione, una parte delle azioni diventano gli Dèi. Dèi che formano il mondo della ragione e che la ragione tenta di fissare per poter descrivere il mondo in cui vive e dal quale subisce azioni che la costringono a modificarsi. E' la mediazione che la ragione fa per separare la coscienza da un immenso fenomenologico che potrebbe travolgerla. L'immenso fenomenologico rimane abitato dal corpo. Il corpo si trasforma e si adatta nelle relazioni con i fenomeni del mondo, ma la ragione tende a salvare la salute mentale della coscienza anche se, quando limita eccessivamente il campo del conosciuto, costringe la coscienza a farneticare, delirare, per immaginare una realtà dalla quale è separata.

Tutto questo per spiegare ad Agostino d'Ippona il significato di "eletto". La mia ragione descrive un mondo formato da un numero limitato di Dèi che sono a fondamento del mio modo di vivere il mondo e con quegli Dèi costruisco i miei cammini esistenziali. Quando più persone vivono la stessa condizione culturale e condividono la medesima percezione della realtà, ecco che quegli Dèi, che la mia ragione ha eletto a fondamento della mia coscienza, diventano patrimonio comune dell'insieme culturale in cui vivo. Ci sono infiniti altri Dèi e ognuno dei singoli soggetti che compongono l'insieme sociale può aggiungerne o variarli per le sue scelte esistenziali, ma quelli rimangono il patrimonio comune da cui la società non può prescindere.

Proviamo brevemente a significare i 20 Dèi "eletti" citati da Agostino d'Ippona ed elenchiamo brevemente il motivo perché sono importanti nella vita religiosa delle persone di Roma Antica. Giano, Giove, Saturno, Genio, Mercurio, Apollo, Marte, Vulcano, Nettuno, Sole, Orco, padre Libero, Tellus, Cerere, Giunone, Luna, Diana, Minerva, Venere, Vesta

Giano: Due teste, passato e futuro. L'agire nel presente dell'uomo che forgiato nel passato costruisce il futuro;

Giove: l'Atmosfera che respiriamo;

Saturno: l'uomo capace di uscire dai confini della ragione, entrare nello sconosciuto che lo circonda e risolvere i problemi quotidiani usando elementi che chi rimane nella ragione non vede o considera.

Genio: il Dio che cresce, costruito dall'Essere Umano che affronta le condizioni della sua vita coinvolgendo le sue emozioni; dentro il corpo fisico dell'Essere Umano, l'Essere Umano costruisce il proprio corpo di energia che si nutre della sua esperienza. Genio è il Dio che quell'Essere Umano diventerà per trasformare la morte del corpo fisico in nascita del suo corpo luminoso (per le donne si chiama Juno).

Mercurio: lo scorrere delle voci fra gli uomini. E' il Dio che si realizza negli scambi, nel commercio, nel profitto e in tutte quelle forme che danno profitto, furto compreso.

Apollo: il principio maschile della vita. Il principio maschile degli Esseri Umani, con tutti i suoi pregi e tutti i suoi difetti.

Marte: la contraddizione, la contrapposizione, la costruzione della vita che si realizza mediante una relazione emotiva in cui le parti della relazione non sono più le stesso dopo la relazione. Oggi lo potremmo chiamare l'evoluzione (in senso Darwiniano) come Dio.

Vulcano: la condizione esterna che spazza via ogni cosa e costringe una parte di mondo a ricominciare da capo.

Nettuno: le acque, il mare come Coscienza di Sè.

Sole: il Sole come Coscienza di Sé che permette la vita;

Orco: il mondo del silenzio; per estensione il mondo oltre la morte del corpo fisico.

Liber Pater (Dioniso): il "nato tre volte" rinato a nuova vita dopo lo smembramento dei Titani

Tellus: la terra. La coscienza della Terra su cui poggiamo i piedi.

Cerere: la libertà che permette agli Esseri Umani di crescere e di trasformarsi.

Giunone: la natura che nello specifico è la nascita, ogni nascita di ogni Essere della Natura.

Luna: La Luna come Coscienza di Sé che illumina la notte e il cammino nella conoscenza di ogni viandante.

Diana: il principio femminile della vita. Il principio femminile in sé che nessuno può possedere.

Minerva: mens, la mente, l'intelligenza progettale che tutti possono usare, ma nessuno può possedere in esclusiva.

Venere: il venerare, la gentilezza e la fascinazione con cui si cammina nel mondo e ci si relazione con uomini e donne nella vita. Tutti devono possedere Venere. Non possiede Venere chi fa violenza per la violenza nel mondo.

Vesta: il fuoco perenne che arde in ogni uomo e donna. Il fuoco perenne della casa. La forza degli uomini perché la vita non peggiori.

Questi Dèi da soli costituiscono un complesso di idee religiose incomprensibili per un cristiano. Un nucleo ideologico da cui tutto si dipana e si moltiplica. Che forse potremmo parlare se il Sole si spegne? O se non ci fosse l'atmosfera? O il mare? O il pianeta su cui poggiamo i piedi? O se non riconoscessimo l'intelligenza progettuale? O non avessimo il fuoco?

Certo, poi ci sono altri Dèi, come Mena, le mestruazioni. Ma potrebbe esistere senza il principio femminile della vita? O senza Giunone Lucina? Le mestruazioni sono la manifestazione di un Dio dentro l'Essere Umano femminile ( i cristiani e gli ebrei chiamano impuro quello stato della donna e costringevano la donna ad umiliarsi)

Gli Dèi sono infiniti e ogni volta che un Dio agisce crea le condizioni affinché altri Dèi possono germinare. Come poteva un uomo violento come Agostino d'Ippona comprendere l'oggetto, il mondo, che voleva stuprare in nome e per conto del suo Dio?

 

Marghera, 07 febbraio 2021

 

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

Membro fondatore
della Federazione Pagana

Piaz.le Parmesan, 8

30175 Marghera - Venezia

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

 

 

 

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